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At 16:30 25.06.00 , Salvatore CAMAIONI wrote: > C'è una contraddizione tra l'auspicio di un regime federale ed il >desiderio di "smantellare la burocrazia locale, regionale e provinciale" (e >perché non anche quella comunale?). Uno Stato federale alleggerisce la >burocrazia statale ma la sostituisce con quella locale, ovviamente. Se la >burocrazia locale è migliore di quella centrale si sarà fatto un progresso, >ma se la classe dirigente locale, selezionata sulla falsariga di quella >nazionale, non è diversa da quella statale si sarà disarticolato lo Stato >senza alcun costrutto. Giustamente si dice "se....". Come se le ipotesi fossero di pari peso. Ma e' piu' facile avere una pessima burocrazia in una piccola comunita', dove i cittadini possono, se vogliono, controllare oppure oppure averla un un grande stato centrale, dove i cittadini non riscono a controllarla, nemmeno se vogliono? Quando una piccola comunita' deve autogovernarsi ed autofinanziarsi allora se e' intelligente di dota di una amministrazione snella, leggera e di poco costo fiscale. Un grosso stato centrale invece e' piu' facile che usi una grossa e pesante burocrazia come strumento di potere. >Il federalismo però non si occupa soltanto di >'burocrazia', cioè di decentramento amministrativo, ma anche di >decentramento legislativo e giurisdizionale: in sintesi, alle regioni viene >trasferito tutto quello che si può, tranne le funzioni essenzialissime >(difesa, politica estera...) che rimangono allo Stato federale. In >prospettiva >anche l'istruzione e l'ordine pubblico potranno essere lasciati alla >autonomia della regioni, che potranno disciplinarle a loro piacimento, con >tutte le conseguenze immaginabili. Si dice "a loro piacimento", come se fossero governate da despoti o da monarchi bizzosi e capricciosi. Non dimentichiamo che la base di tutto rimane sempre la democrazia per cui le scelte locali sui temi colaci saranno pur sempre scelte democratiche. >Col federalismo fiscale, infine, le >risorse prodotte da ciascuna regione vi rimarranno, salvo una quota da >conferire allo Stato federale;con la conseguenza che i divari già esistenti >tra regioni ricche e regioni povere diverranno incolmabili e cronici per la >minor disponibilità finanziaria dello Stato ad aiutare le regioni più >bisognose di sostegno. Appunto, occorre definire quella quota da conferire allo stato federale in modo che esso possa finanziare i suoi compiti, compresa la solidarieta' tra territori. Il sistema migliore per farlo e' quello detto "a finanze separate". Non quote di "gettito distribuito" ma imposizioni diverse e coordinate emesse da ogni sovranita'. Io qui in Svizzera ricevo a casa tre "fatture fiscali". Una dal comune, una dal cantone ed una dalla federazione. Ognuno usa quel gettito per i suoi compiti. Per esempio da noi c'e' una compensazione cantonale tra comuni, in modo che i comuni piu' ricchi versino ai comuni piu' poveri ed anche il cantone fa la sua parte. A ben vedere questo genere di compensazione e' ancora piu' importante di quella dallo stato alle regioni, perche' bisogna prima mettere in grado di funzionare i comuni, che sono la base della vita democratica. E' questo il modo che potra' colmare il divario, creato da piu' di un secolo di stato unitario. Dice poi Claudio Balducci: >d'accordo sulla prima parte. Questa ultima invece mi sembra un pochino >semplificata. La lotta per l'unita' d'Italia e' stata prima di tutto lotta >per l'indipendenza. L'indipendenza richiede una forma: centralizzata o >federale. Le condizioni storiche hanno fatto vincere una di queste opzioni. >L'elemento trascinante era comunque l'indipendenza. L'Austria era molto ben >organizzata, ottima amminisrazione. Meglio della nostra, migliore di quella >che siamo riusciti a mettere in piedi da soli. L'unita' d'Italia fu fatta con l'auito della Francia, che fu ringraziata cedendo confini "invisibili" come la corsica, le cinque terre e la savoia, se non ricordo male. L'intervento della Francia in fondo aiuto' l'espansione del Piemonte e ci regalo' quella che era considerata la peggiore burocrazia della penisola, distruggendo, quel che e' peggio, ottimi esempi di micro amministrazioni (come il ducato di Parma). >Tuttavia un popolo e' qualcosa di piu' della sua capacita' amministrativa. >Nel bene e nel male. E' anche cio' che costituisce i confini - che non si >vedono - ma che non si puo' non difendere. Chi li ha difesi o ha lottato per >costituirli merita qualcosa di piu' che non esser liquidato con una >battuta - seppur detta con spirito polemico-propositivo. Battute a parte, allora dovremmo anche ricordare episodi come Bronte o come il brigantaggio nell'Aspromonte, l'indipendentismo siciliano. Dovremmo ricordare le decine di milioni di emigrati che lasciarono il paese (ed i suoi confini in cui si moriva di fame) ad ondate tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900. Sono d'accordo nel non semplificare ma allora vediamo il quadro tragico della Unita' d'Italia nel suo insieme. Saluti, Francesco Forti ![]() |