[RIFORMANDO:565] Locale e centrale
Francesco Paolo Forti  Domenica, 25 Giugno 2000

At 16:30 25.06.00 , Salvatore CAMAIONI wrote:

>    C'è una contraddizione tra l'auspicio di un regime federale ed il
>desiderio di "smantellare la burocrazia locale, regionale e provinciale" (e
>perché non anche quella comunale?). Uno Stato federale alleggerisce la
>burocrazia statale ma la sostituisce con quella locale, ovviamente. Se la
>burocrazia locale è migliore di quella centrale si sarà fatto un progresso,
>ma se la classe dirigente locale, selezionata sulla falsariga di quella
>nazionale, non è diversa da quella statale si sarà disarticolato lo Stato
>senza alcun costrutto. 

Giustamente si dice "se....".  Come se le ipotesi fossero di pari peso.
Ma e' piu' facile avere una pessima burocrazia in una piccola
comunita', dove i cittadini possono, se vogliono, controllare oppure
oppure averla un un grande stato centrale, dove i cittadini non 
riscono a controllarla, nemmeno se vogliono? Quando una piccola 
comunita' deve autogovernarsi ed autofinanziarsi allora se e' 
intelligente di dota di una amministrazione snella, leggera 
e di poco costo fiscale. Un grosso stato centrale invece e'
piu' facile che usi una grossa e pesante burocrazia come strumento
di potere. 

>Il federalismo però non si occupa soltanto di
>'burocrazia', cioè di decentramento amministrativo, ma anche di
>decentramento legislativo e giurisdizionale: in sintesi, alle regioni viene
>trasferito tutto quello che si può, tranne le funzioni essenzialissime
>(difesa, politica estera...) che rimangono allo Stato federale. In
>prospettiva
>anche l'istruzione e l'ordine pubblico potranno essere lasciati alla

>autonomia della regioni, che potranno disciplinarle a loro piacimento, con
>tutte le conseguenze immaginabili. 

Si dice "a loro piacimento", come se fossero governate da despoti
o da monarchi bizzosi e capricciosi. Non dimentichiamo che la
base di tutto rimane sempre la democrazia per cui le scelte locali
sui temi colaci saranno pur sempre scelte democratiche. 

>Col federalismo fiscale, infine, le
>risorse prodotte da ciascuna regione vi rimarranno, salvo una quota da
>conferire allo Stato federale;con la conseguenza che i divari già esistenti
>tra regioni ricche e regioni povere diverranno incolmabili e cronici per la
>minor disponibilità finanziaria dello Stato ad aiutare le regioni più
>bisognose di sostegno.

Appunto, occorre definire quella quota da conferire allo stato federale
in modo che esso possa finanziare i suoi compiti, compresa la 
solidarieta' tra territori. Il sistema migliore per farlo e' quello detto
"a finanze separate". Non quote di "gettito distribuito" ma imposizioni
diverse e coordinate emesse da ogni sovranita'. Io qui in Svizzera
ricevo a casa tre "fatture fiscali". Una dal comune, una dal cantone
ed una dalla federazione. Ognuno usa quel gettito per i suoi compiti.
Per esempio da noi c'e' una compensazione cantonale tra comuni,
in modo che i comuni piu' ricchi versino ai comuni piu' poveri ed anche
il cantone fa la sua parte. A ben vedere questo genere di compensazione
e' ancora piu' importante di quella dallo stato alle regioni, perche' bisogna
prima mettere in grado di funzionare i comuni, che sono la base della
vita democratica. E' questo il modo che potra' colmare il divario, creato
da piu' di un secolo di stato unitario. 

Dice poi Claudio Balducci:
>d'accordo sulla prima parte. Questa ultima invece mi sembra un pochino
>semplificata. La lotta per l'unita' d'Italia e' stata prima di tutto lotta
>per l'indipendenza. L'indipendenza richiede una forma: centralizzata o
>federale. Le condizioni storiche hanno fatto vincere una di queste opzioni.
>L'elemento trascinante era comunque l'indipendenza. L'Austria era molto ben
>organizzata, ottima amminisrazione. Meglio della nostra, migliore di quella
>che siamo riusciti a mettere in piedi da soli. 

L'unita' d'Italia fu fatta con l'auito della Francia, che fu ringraziata cedendo
confini "invisibili" come la corsica, le cinque terre e la savoia, se non 
ricordo male. L'intervento della Francia in fondo aiuto' l'espansione del
Piemonte e ci regalo' quella che era considerata la peggiore burocrazia 
della penisola, distruggendo, quel che e' peggio, ottimi esempi di micro
amministrazioni (come il ducato di Parma). 

>Tuttavia un popolo e' qualcosa di piu' della sua capacita' amministrativa.
>Nel bene e nel male. E' anche cio' che costituisce i confini - che non si
>vedono - ma che non si puo' non difendere. Chi li ha difesi o ha lottato per
>costituirli merita qualcosa di piu' che non esser liquidato con una
>battuta - seppur detta con spirito polemico-propositivo.

Battute a parte, allora dovremmo anche ricordare episodi come Bronte
o come il brigantaggio nell'Aspromonte, l'indipendentismo siciliano. 
Dovremmo ricordare le decine di milioni di emigrati che lasciarono il
paese (ed i suoi confini in cui si moriva di fame) ad ondate tra la fine 
del 1800 e gli inizi del 1900. Sono d'accordo nel non semplificare ma
allora vediamo il quadro tragico della Unita' d'Italia nel suo insieme.

Saluti,
Francesco Forti



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