[RIFORMANDO:522] Tu quoque, Gramsci, foederalis?
Salvatore CAMAIONI  Domenica, 04 Giugno 2000

    Ha scritto Francesco P. Forti:

>Ma vorrei anche stupirvi sui colori del federalismo. Salvatore ha
>dimenticato un po' di rosso. Antonio Gramsci aveva intuito che
>accanto alla lotta di classe esiste un problema territoriale.
>Cosi' scrivendo nel '23, credo, alla direzione del Partito per proporre
>un nuovo giornale, che diventera' storico ed esiste ancora oggi,
>affronta il tema del "patto" tra operai e contadini (in opposizione e
>per il superamento del famoso "blocco storico") ed i patti come
>sappiamo sono federativi.
>
><<Io propongo - scrive Gramsci il 12 settembre - come
>titolo _L'Unita'_ che avra' un significato per gli operai e avra'
>un significato piu' generale, perche' credo che, dopo la decisione
>dell'esecutivo allargato sul governo operaio e contadino, noi dobbiamo
>dare importanza specialmente alla questione meridionale, cioe' alla
>questione in cui il problema dei rapporti fra operai e contadini si
>pone non solo come problema di rapporto di classe, ma anche e specialmente
>come un problema territoriale, cioe' come uno degli aspetti della questione
>nazionale. Personalmente io penso che la parola d'ordine "governo operaio
>e contadino" debba essere adattata all'Italia cosi':
>"Repubblica federale degli operai e dei contadini">>
>
>Caro Salvatore, e' ciellino anche Gramsci?

    Certamente no.
Nella pratica del commercio sono diffuse tecniche, anche molto sofisticate,
di réclame finalizzate alla vendita della propria merce che, se contenute
entro certi limiti, sono tollerate e lecite. Ma se si eccedono i limiti
determinati dalle consuetudini del settore si compie un illecito, perché a
nessuno deve essere consentito di sorprendere l'altrui buona fede. Oltre un
certo limite non c'è più il corretto advertising ma la frode in commercio.
    Queste riflessioni mi vagolavano per la mente dopo aver letto, da
Francesco P. Forti, che anche il marxista Antonio Gramsci, padre nobile del
comunismo italiano (e dei suoi sottoprodotti), sarebbe stato un federalista
ante litteram, cioè ante Bossi (e sottomarche varie). E, non avendo sinora
mai letto un sol rigo delle opere filosofico-politiche di quel martire del
fascismo, ho sentito il bisogno di una breve documentazione per verificare
lo scoop di Francesco.
    Ho quindi potuto accertare -ma non essendo un esegeta del pensatore
sardo accetto sin d'ora correzioni- che la riflessione filosofica di Gramsci
non era concentrata sulla forma dello Stato ma sul modo in cui conquistarlo
da parte delle classi sociali subalterne, ed in particolare di quella
operaia, che ne erano state sino a quel momento escluse. In questa chiave di
lettura il riferimento alla "repubblica federale degli operai e dei
contadini" non aveva nulla a che vedere con il "federalismo" di cui oggi
parliamo, ma significava soltanto ricerca di una "alleanza" - cioè di un
patto, di quel "foedus" di cui parlavano i latini, che Gramsci conosceva
molto bene in virtù di una ragguardevole cultura umanistica e che
costituisce la radice semantica dell'espressione "federazione" e derivati-
dei contadini con la classe operaia, al fine di rimuovere gli equilibri che
si erano determinati in Italia a partire dal Risorgimento, sottraendo i
contadini all'egemonia degli agrari, cioè della proprietà terriera, che con
la Chiesa formava un blocco storico conservatore ed egemone. Gramsci non
poteva certo disconoscere che in uno stato federale si mettono assieme
entità politico-territoriali e non classi sociali. Il "patto" che Gramsci
proponeva tra contadini ed operai era sicuramente un patto federativo, che
poneva cioè un'alleanza, ma non è vero che "tutti" i patti sono federativi;
non lo sono, ad esempio, gli accordi tra soggetti conflittuali (es.
sindacati e confindustria), che quando trovano una linea di accordo
risolutivo della vertenza fanno un patto ma non stabiliscono certo
un'alleanza o una "federazione".
    Caro Francesco, capisco ed apprezzo i tuoi sinceri sforzi per
accreditare a sinistra il tuo modello federalistico, nel quale riponi tanta
fiducia, ed in questo senso interpreto certe forzature per rendere più
appetibile la 'merce' da te reclamizzata; ma arruolare tra i federalisti
addirittura Antonio Gramsci mi sembra una forzatura inaccettabile, proprio
come una piccola ma imperdonabile "vendita di prodotti [politici] con segni
mendaci" (art.517 c.p.).
    Cordiali saluti.
Salvatore Camaioni



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