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Carissimo Piero, ho letto con forte ed altissima attenzione il tuo intervento ed ho decifrato innanzitutto una tua elevata sensibilità politica, una tua stimabile esperienza civile e civica culturale, ma anche, come tutto il popolo di sinistra, tra cui io in prima linea, una forte depressione ed un abbattimento sconfortevole umorale ed intellettuale. Hai ragione certamente quando dici che l'Ulivo poco si è distinto programmaticamente tramite una connotazione ideologica di appartenenza comune: si è parlato più di leader e premier e meno di idee e di punti programmatici culturali fortemente connaturati rispetto alla storica cultura e patrimonio intellettuale nobile da cui deriviamo. Io sono convinto che ora, però, da qualche tempo a questa parte, qualcuno ha iniziato nuovamente all'ombra degli ammuffiti muri delle segreterie di palazzo, tanto lontane dalla gente, dal popolo rappresentato e da rappresentare, a voler imporsi autorevolmente avvallandosi anche di vecchie tecniche di forte connaturazione opportunistica di genere partitistico: qualcuno al "centro" in quell'ipotetico centro di cui tanti ne parlano ma che non comprendo oggi giorno quale riferimento culturale e civile abbia (chi è il popolo di centro? e poi è mai esistito un popolo di centro? chi sono i moderati? ma quale connotazione ideologica e quali bisogni sociali possiede questo fantomatico e storico popolo di centro?) scalpitano e vogliono imporre forzosamente uomini di connotazione fortemente liberista alludo all'indicazione di Fazio da parte di Castagnetti, leader dei popolari, come ipotetico leader di centrosinistra, colui che fino a poco tempo fa criticava ad ogni piè sospinto le illuminate manovre finanziarie del vero governo di cnetrosinistra fino ad oggi esistito, il Governo Prodi, perchè, secondo lui, imponevano tasse troppo onerose per i piccoli imprenditori, maggiormente propensi a risparmiare, più che ad investire), qualcuno ha cercato di delegittimare fin dall'inizio D'Alema, considerandolo un premier ex-comunista troppo pericoloso per l'equilibrio geoparlamentare canonico italiano, mi riferisco allo SDI, oggi fedele ossequiante del dottor sottile presidente del consiglio, fino a ieri fischiato dalle platee della base militante ed oggi esaltato come uomo dalle grandi capacità politiche di tessitore od inzittitore delle voci dissenzienti (è proprio un professore!:-) ). Questa è la coalizione attuale, questo è il nuovo Ulivo, o come esso si chiama. Bella cosa: Prodi da Bilbao ne ha già funereamente e giustificatamente cantato le esequie; non certo perchè Amato non ha cercato di inserire nella rosa dei ministri uno dei suoi collaboratori tecnici, quindi altamente competente; ma anzi, perchè ha visto come in Italia stanno procedendo gli scenari della bagarre politica di Roma. Indizio altamente preoccupante dato da parte di uno dei suoi padri fondatori, che aveva fino all'ultimo cercato di ridare a questa nova politica, di cui tu giustamente parli, una nuova configurazione unitaria di sintesi aristotelica, come tu giustamente dici, tra le varie anime politiche ed ideologiche. Il surplus elettorale avrebbe cercato certamente di identificarsi con un programma democratico, civile, progressista e nettamente riformista basante il governo Prodi fin dal suo inizio: un programma che andava aldilà dei partiti, dei singoli orticelli "guicciardiniani" di via Botteghe Oscure, ovvero di Piazza del Gesù, ovvero di via del Corso. Era un programma, quello originale dell'ULIVO, altamente civilizzante e fondato sulla partecipazione attiva della gente: aldilà della formula innovativa del panorama italiano che tentava di unire manzonianamente parlando, cari amici popolari scalpitanti, l'etica laica e l'etica cattolica, riusciva dare un senso alla rappresentanza politica parlamentare, riusciva dare un orgoglio politico alla gente, al popolo, di connaturarsi con quel determinato programma, mezzo per raggiungere quelle determinate risposte a quei determinati bisogni e quelle determinate mete che tanti da sempre, fin dai tempi di Garibaldi, si voleva raggiungere: l'unione europea e la presenza dell'Italia in prima linea, come baluardo non solo di supporto economico, ma di espressiva connotazione culturale continentale. "Senza l'Italia in Europa - diceva Romano - l'Europa non sarebbe esistita"; ma ce l'abbiamo fatta, con sacrifici, ma con grande senso di unità: lì in quel momento i partiti hanno saputo soffocare sapientemente le proprie pretese e la violenta tutela agguerrita di un retaggio particolarista tipico di un proprio passato remoto (allora non si parlava nè di centri nè di gambe, ma si parlava per un qualcosa di interesse collettivo e generale). Il centrosinistra vinse in tutte le competizioni elettorali del 1998. Poi è iniziata la fase del declino drammatico, il decadentismo di sinistra: nasce un governo di compromesso tra forze eterogenee (da una parte i riformisti, dall'altra gli ex massoni cossighiani), purtroppo l'unico necessario in quel momento, se qualcuno non avesse rotto quando non ce ne era assolutamente bisogno e motivo; rinasce qualche mese dopo un governo rimpastato velocemente, troppo velocemente; qualcuno parla di tagli alle pensioni, in prima fila il dottor sottile, qualcuno parla di criticabili progetti sulla destinazione futura del TFR dei lavoratori, qualcuno esorta da Londra alla promozione di un documento che inneggiava indistintamente alla flessibilità, come nuovo valore del futuro mondo del lavoro della globalizzazione, qualcuno fa il premier assoluto senza possibilità di dialogo interno collegiale con le altre componenti coalizionali. La par condicio, intanto, giace in Parlamento, dopo tanti mesi di esitazione a vararla, per paura di compromettere un dialogo con Berlusconi mai esistito o basato su temporanee intese ipocrite. Oggi ci ritroviamo con questa eredità: c'è ancora chi ostinatamente dice che l'insuccesso del centrosinistra è dovuto al fatto che l'elettorato moderato ha votato il centrodestra. A parte il fatto che chi vota il centrodestra significa che accetta di legittimare chi finora ha presentato un progetto di destabilizzazione dello stato sociale, di espulsione, basata su criteri insostenibili, puramente razzista di uomini e donne che cercano riparo da una situazione nazionale disperata ed immediatamente non neutralizzabile, di costruzione di un Paese altamente corporativista ed altamente basato su logiche di esclusione sociale del più debole: ma mi domando se questo potrebbe essere il nostro elettorato papabile? Questo, cari amici popolari non è certamente elettorato moderato, come voi dite, questo è un elettorato richiedente scelte decisionali politiche ben connotate ideologicamente e coraggiose negativamente parlando. E' l'elettore disoccupato cinquantenne, che non ha più futuro, nè assistenza sociale di base, emarginato perchè non titolare effettivo dei suoi diritti di cittadinanza ad astenersi; è il giovane disoccupato o vicino alla fine dei suoi studi, incerto sul proprio futuro da cittadino lavoratore, impossibilitato a programmarsi un futuro sicuro e certo, quindi in cerca di un'identità forte del proprio ruolo civico e civile nella costruzione del progresso sociale e civile di uno stato; è l'elettore giovanissimo che non riesce ad avere un momento di sviluppo e confronto culturale che gli garantisca una maturazione ideale della propria connotazione personalistica culturale ed intellettuale, ma che è schiavo della futile logica superficiale del consumismo esasperato e del dominio nichilista oppressivo ed omologante dell'informazione di massa mediatica di basso retaggio; è il ragazzo di periferia solo, abbandonato a sè stesso, senza un riferimento istituzionale statale o civile (la famiglia, la scuola, le strutture pubbliche di assistenza) senza capacità progettuale, che vive alla giornata senza riferimenti culturali nobilitanti, alienato e totalmente dedito alla violenza, unico sfogo di una personalità inesistente. Ecco chi non vota, cari amici popolari, cari amici del nuovo "centro"; ecco chi non vota e chi potrebbe essere il surplus della coalizione caro Piero. Da questo un surplus progettuale incisivo e decisamente sensibile al sociale, al collettivo, alla costruzione di un nuovo patto di solidarietà civile, di tutela dei valori civici di base della cultura repubblicana e costituzionale del Paese: la difesa della pluralità, la difesa della valorizzazione dell'impiego, la difesa dei diritti di chi lavora e del diritto al lavoro. Noi ancora crediamo che il lavoro sia una delle possibilità dell'essere umano di poter sentirsi importante e parte integrante ed interattiva di un'unica comunità, rispettoso della collettività e del benessere generale, in totale interazione con l'ambiente. Questo è l'idem sentire che dovrebbe unire le anime della sinistra italiana. Questo deve essere il rinnovato impegno politico e civile: un impegno coraggioso, ma altamente e fortemente vincente. Questo è il nostro impegno che in questa sede telematica, spero non solo telematica, come dice Sandro, dobbiamo cercare di attuare creando un momento comune di riflessione viva ed attivamente cosciente della realtà contingente e del patrimonio storico cui fanno riferimento coloro che appartengono da sempre ad un unico condominio: il condominio dei "RIFORMISTI". Saluto gli amici, saluto te, carissimo Piero, saluto Francesco che si è prodigato gentilmente ad inserirmi lestamente nella lista, attendendo tue risposte, saluto nella totale speranza di poter dare un mio contributo intellettuale, ma non solo, anche fisico, se c'è bisogno di fare testimonianza in alcune circostanze di fatto: i cortei degli operai non esistono più da quando esiste la new economy, ma nuove forme di impegno di testimonianza civile e civica esistono ancora. un saluto dal vostro nuovo iscritto ventiduenne universitario Alessandro Rizzo alessandro.rizzo@flashnet.it ![]() |