[RIFORMANDO:467] Caro Piero non demordere: andiamo avanti uniti, non laceriamoci proprio ora
Rizzo Alessandro  Lunedi`, 01 Maggio 2000

Carissimo Piero,
ho letto con forte ed altissima attenzione il tuo intervento ed ho decifrato
innanzitutto una tua elevata sensibilità politica, una tua stimabile
esperienza civile e civica culturale, ma anche, come tutto il popolo di
sinistra, tra cui io in prima linea, una forte depressione ed un
abbattimento sconfortevole umorale ed intellettuale.
Hai ragione certamente quando dici che l'Ulivo poco si è distinto
programmaticamente tramite una connotazione ideologica di appartenenza
comune: si è parlato più di leader e premier e meno di idee e di punti
programmatici culturali fortemente connaturati rispetto alla storica cultura
e patrimonio intellettuale nobile da cui deriviamo.
Io sono convinto che ora, però, da qualche tempo a questa parte, qualcuno ha
iniziato nuovamente all'ombra degli ammuffiti muri delle segreterie di
palazzo, tanto lontane dalla gente, dal popolo rappresentato e da
rappresentare, a voler imporsi autorevolmente avvallandosi anche di vecchie
tecniche di forte connaturazione opportunistica di genere partitistico:
qualcuno al "centro" in quell'ipotetico centro di cui tanti ne parlano ma
che non comprendo oggi giorno quale riferimento culturale e civile abbia
(chi è il popolo di centro? e poi è mai esistito un popolo di centro? chi
sono i moderati? ma quale connotazione ideologica e quali bisogni sociali
possiede questo fantomatico e storico popolo di centro?) scalpitano e
vogliono imporre forzosamente uomini di connotazione fortemente liberista
 alludo all'indicazione di Fazio da parte di Castagnetti, leader dei
popolari, come ipotetico leader di centrosinistra, colui che fino a poco
tempo fa criticava ad ogni piè sospinto le illuminate manovre finanziarie
del vero governo di cnetrosinistra fino ad oggi esistito, il Governo Prodi,
perchè, secondo lui, imponevano tasse troppo onerose per i piccoli
imprenditori, maggiormente propensi a risparmiare, più che ad investire),
qualcuno ha cercato di delegittimare fin dall'inizio D'Alema, considerandolo
un premier ex-comunista troppo pericoloso per l'equilibrio geoparlamentare
canonico italiano, mi riferisco allo SDI, oggi fedele ossequiante del dottor
sottile presidente del consiglio, fino a ieri fischiato dalle platee della
base militante ed oggi esaltato come uomo dalle grandi capacità politiche di
tessitore od inzittitore delle voci dissenzienti (è proprio un
professore!:-) ).
Questa è la coalizione attuale, questo è il nuovo Ulivo, o come esso si
chiama.
Bella cosa: Prodi da Bilbao ne ha già funereamente e giustificatamente
cantato le esequie; non certo perchè Amato non ha cercato di inserire nella
rosa dei ministri uno dei suoi collaboratori tecnici, quindi altamente
competente; ma anzi, perchè ha visto come in Italia stanno procedendo gli
scenari della bagarre politica di Roma.
Indizio altamente preoccupante dato da parte di uno dei suoi padri
fondatori, che aveva fino all'ultimo cercato di ridare a questa nova
politica, di cui tu giustamente parli, una nuova configurazione unitaria di
sintesi aristotelica, come tu giustamente dici, tra le varie anime politiche
ed ideologiche.
Il surplus elettorale avrebbe cercato certamente di identificarsi con un
programma democratico, civile, progressista e nettamente riformista basante
il governo Prodi fin dal suo inizio: un programma che andava aldilà dei
partiti, dei singoli orticelli "guicciardiniani" di via Botteghe Oscure,
ovvero di Piazza del Gesù, ovvero di via del Corso.
Era un programma, quello originale dell'ULIVO, altamente civilizzante e
fondato sulla partecipazione attiva della gente: aldilà della formula
innovativa del panorama italiano che tentava di unire manzonianamente
parlando, cari amici popolari scalpitanti, l'etica laica e l'etica
cattolica, riusciva dare un senso alla rappresentanza politica parlamentare,
riusciva dare un orgoglio politico alla gente, al popolo, di connaturarsi
con quel determinato programma, mezzo per raggiungere quelle determinate
risposte a quei determinati bisogni e quelle determinate mete che tanti da
sempre, fin dai tempi di Garibaldi, si voleva raggiungere: l'unione europea
e la presenza dell'Italia in prima linea, come baluardo non solo di supporto
economico, ma di espressiva connotazione culturale continentale.
"Senza l'Italia in Europa - diceva Romano - l'Europa non sarebbe esistita";
ma ce l'abbiamo fatta, con sacrifici, ma con grande senso di unità: lì in
quel momento i partiti hanno saputo soffocare sapientemente le proprie
pretese e la violenta tutela agguerrita di un retaggio particolarista tipico
di un proprio passato remoto (allora non si parlava nè di centri nè di
gambe, ma si parlava per un qualcosa di interesse collettivo e generale).
Il centrosinistra vinse in tutte le competizioni elettorali del 1998.
Poi è iniziata la fase del declino drammatico, il decadentismo di sinistra:
nasce un governo di compromesso tra forze eterogenee (da una parte i
riformisti, dall'altra gli ex massoni cossighiani), purtroppo l'unico
necessario in quel momento, se qualcuno non avesse rotto quando non ce ne
era assolutamente bisogno e motivo; rinasce qualche mese dopo un governo
rimpastato velocemente, troppo velocemente; qualcuno parla di tagli alle
pensioni, in prima fila il dottor sottile, qualcuno parla di criticabili
progetti sulla destinazione futura del TFR dei lavoratori, qualcuno esorta
da Londra alla promozione di un documento che inneggiava indistintamente
alla flessibilità, come nuovo valore del futuro mondo del lavoro della
globalizzazione, qualcuno fa il premier assoluto senza possibilità di
dialogo interno collegiale con le altre componenti coalizionali.
La par condicio, intanto, giace in Parlamento, dopo tanti mesi di esitazione
a vararla, per paura di compromettere un dialogo con Berlusconi mai esistito
o basato su temporanee intese ipocrite.
Oggi ci ritroviamo con questa eredità: c'è ancora chi ostinatamente dice che
l'insuccesso del centrosinistra è dovuto al fatto che l'elettorato moderato
ha votato il centrodestra.
A parte il fatto che chi vota il centrodestra significa che accetta di
legittimare chi finora ha presentato un progetto di destabilizzazione dello
stato sociale, di espulsione, basata su criteri insostenibili, puramente
razzista di uomini e donne che cercano riparo da una situazione nazionale
disperata ed immediatamente non neutralizzabile, di costruzione di un Paese
altamente corporativista ed altamente basato su logiche di esclusione
sociale del più debole: ma mi domando se questo potrebbe essere il nostro
elettorato papabile?
Questo, cari amici popolari non è certamente elettorato moderato, come voi
dite, questo è un elettorato richiedente scelte decisionali politiche ben
connotate ideologicamente e coraggiose negativamente parlando.
E' l'elettore disoccupato cinquantenne, che non ha più futuro, nè assistenza
sociale di base, emarginato perchè non titolare effettivo dei suoi diritti
di cittadinanza ad astenersi; è il giovane disoccupato o vicino alla fine
dei suoi studi, incerto sul proprio futuro da cittadino lavoratore,
impossibilitato a programmarsi un futuro sicuro e certo, quindi in cerca di
un'identità forte del proprio ruolo civico e civile nella costruzione del
progresso sociale e civile di uno stato; è l'elettore giovanissimo che non
riesce ad avere un momento di sviluppo e confronto culturale che gli
garantisca una maturazione ideale della propria connotazione personalistica
culturale ed intellettuale, ma che è schiavo della futile logica
superficiale del consumismo esasperato e del dominio nichilista oppressivo
ed omologante dell'informazione di massa mediatica di basso retaggio; è il
ragazzo di periferia solo, abbandonato a sè stesso, senza un riferimento
istituzionale statale o civile (la famiglia, la scuola, le strutture
pubbliche di assistenza) senza capacità progettuale, che vive alla giornata
senza riferimenti culturali nobilitanti, alienato e totalmente dedito alla
violenza, unico sfogo di una personalità inesistente.
Ecco chi non vota, cari amici popolari, cari amici del nuovo "centro"; ecco
chi non vota e chi potrebbe essere il surplus della coalizione caro Piero.
Da questo un surplus progettuale incisivo e decisamente sensibile al
sociale, al collettivo, alla costruzione di un nuovo patto di solidarietà
civile, di tutela dei valori civici di base della cultura repubblicana e
costituzionale del Paese: la difesa della pluralità, la difesa della
valorizzazione dell'impiego, la difesa dei diritti di chi lavora e del
diritto al lavoro.
Noi ancora crediamo che il lavoro sia una delle possibilità dell'essere
umano di poter sentirsi importante e parte integrante ed interattiva di
un'unica comunità, rispettoso della collettività e del benessere generale,
in totale interazione con l'ambiente.
Questo è l'idem sentire che dovrebbe unire le anime della sinistra italiana.
Questo deve essere il rinnovato impegno politico e civile: un impegno
coraggioso, ma altamente e fortemente vincente.
Questo è il nostro impegno che in questa sede telematica, spero non solo
telematica, come dice Sandro, dobbiamo cercare di attuare creando un momento
comune di riflessione viva ed attivamente cosciente della realtà contingente
e del patrimonio storico cui fanno riferimento coloro che appartengono da
sempre ad un unico condominio: il condominio dei "RIFORMISTI".
Saluto gli amici, saluto te, carissimo Piero, saluto Francesco che si è
prodigato gentilmente ad inserirmi lestamente nella lista, attendendo tue
risposte, saluto nella totale speranza di poter dare un mio contributo
intellettuale, ma non solo, anche fisico, se c'è bisogno di fare
testimonianza in alcune circostanze di fatto: i cortei degli operai non
esistono più da quando esiste la new economy, ma nuove forme di impegno di
testimonianza civile e civica esistono ancora.

un saluto dal vostro nuovo iscritto ventiduenne universitario

Alessandro Rizzo

alessandro.rizzo@flashnet.it









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