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Corrado Truffi wrote: Soprattutto, continua a non convincermi la balla ideologica > della liberta di seclta nelal cura, secondo cui la sanità si compra e si > vende al mercato, quando è evidente che se io sto male non compro la cura ma > chiedo al medico (che è il venditore) la cura giusta: ossia io acquirente > non sono in situazione di parità informativa con il venditore, quindi il > mercato è falsato in partenza: è per quyesto che la sanità, a differenza > delle autostrade o dei telefoni, non può che essere un BENE PUBBLICO. La sanità (ma anche i telefoni e le autostrade) sono beni pubblici, nel senso che devono rispettare standards definiti in sede pubblica. L'offerta-gestione di tali beni non deve essere necessariamente statale. Può essere privata, profit o non profit. Ciò che è decisivo è che la qualità dell'offerta rispetti gli standard. Per accertare il rispetto dei quali, occorre istituire un'autorità "terza" tra offerta pubblica (statale e non statale) e utenti, che passi al vaglio l'offerta stessa. E' vero che esiste un'asimmetria informativa nel rapporto cittadini-sanità, così che la libertà di scelta appare una proclamazione demagogica, se non si elimina quella asimmetria. Ma la sua scomparsa non è garantita dal carattere statale dell'offerta sanitaria, bensì da un'authority esterna al gestore, sia esso statale o no statale. Il cortocircuito ideologico che la sinistra statalista fa è quello tra qualità dell'offerta e suo carattere statale, proprio mentre milioni di utenti fanno spesso l'esperienza opposta e scoprono che, almeno qualche volta, il privato convenzionato è meglio dello statale. Quando capiremo che statale non è uguale, di per sè, a qualità, avremo fatto un bel passo verso la comune esperienza di milioni di persone (che votano!)... Sul centralismo della Bindi non ho nulla da aggiungere a quanto detto da Forti. E soprattutto mi sembra sballata la critica del > centralismo in quanto le riforme Berlinguer sono state: > > 1) autonomia scolastica > 2) riforma dei cicli > 3) valutazione insegnanti > 4) parità scolastica Sì, queste le riforme. Ma: - l'autonomia scolastica è del tutto incompleta: manca quella finanziaria, manca quella di reclutamento, rimane il Ministero con forti connotazioni dirigistiche. Di fatto, è poco più che un timido decentramento. E, soprattutto, manca un Sistema nazionale di valutazione e controllo (tipo inglese o francese), che potrebbe consentire un'autonomia radicale delle scuole. - la riforma dei cicli: prima era 6+6, ora è diventata 7+5. Si sa che cosa che cosa mettere nel primo segmento, del tutto oscuro resta il secondo. - la valutazione degli insegnanti: il principio è buono, il metodo del concorso è pessimo. Tra l'altro ha fornito un buon alibi a quanti sostengono che gli insegnanti non possono essere valutati, perchè sono tutti uguali e, magari, tutti bravi. L'unico metodo sperimentato efficacemente in Europa è il Sistema nazionale di valutazione, che valuta le scuole, i singoli presidi, i singoli insegnanti. Ma poichè i sindacati, nessuno escluso, lo rifiutano, il Ministro ha combinato il pasticcio del concorso, che i sindacati, CGIL in testa, gli hanno suggerito, salvo poi tirarsi indietro, lasciando il Ministro in mezzo al guano... - la parità scolastica: si tratta, in realtà, di una mezza politica del diritto allo studio...O si applica anche qui il principio generale, che distingue tra carattere pubblico dell'offerta e gestione statale/non statale della medesima, con controllo "terzo" del Sistema nazionale di valutazione oppure è una presa in giro. Come tale è stata considerata. Come è evidente, le riforme fatte a metà spaventano i conservatori (Gilda compresa) e scoraggiano gli innovatori. Ecco perchè Berlinguer ha perso le riforme e il Ministero. Dal suo successore, totalmente incompetente sul piano tecnico e perciò nelle mani dell'apparato che ha già fatto fallire Berlinger, ci guardi Iddio. giocom -- Giovanni Cominelli - Milano Ineuntes, exeuntes, peregrinamur in terris... e-mail: giovanni.cominelli@tin.it sito web: www.giovannicominelli.org ![]() |