[RIFORMANDO:433] Re: Devolution e democrazia
Francesco Paolo Forti  Martedi`, 11 Aprile 2000

> Organization:  Comunita` per L'ULIVO
> Date:          Tue, 11 Apr 2000 01:00:08 +0200
> From:          "Piero S. Graglia"

> Sono sempre stato contrario a parlare di "federalismo" nel caso italiano per
> questi motivi, che non sono solo motivi nominalistici, ma teorici e
> fondativi di un approccio federalista.
> 
> I nostri padri costituenti, inoltre, quando affermavano che la forma
> repubblicana non poteva essere oggetto di revisione costituzionale (e
> dichiaravano la repubblica italiana una e indivisibile) pensavano alla
> repubblica parlamentare unitaria, e non alla repubblica federale.

Cio' a cui pensavano i padri costituenti a mio avviso ha forza minore
rispetto a cio' che c'e' scritto. Anche perche' tutti potrebbero dire
cio' che vogliono a proposito di cio' che i padri costituenti pensavano. 
Ma in ogni caso vale ancor di piu' il principio di liberta' per cui se
un popolo decide di volere a maggioranza il federalismo (ho detto "se")
non ci sono vincoli legati a cio' che pensavano i padri costituenti. 
Loro pensavano nella realta' di allora. Noi pensiamo e decidiamo nella
realta' di oggi e la sovranita' appartiene al popolo (a quello vivo). 

> L'unica via, per una riforma delle funzioni e dei compiti delle regioni, e
> quindi quella di parlare di decentramento e autonomia con potere di
> imposizione fiscale: federalismo e fuori luogo, almeno dal punto di vista
> tecnico della teoria dello stato federale. D'altronde, lo stesso Vannino
> Chiti si e posto su questa strada, e solo su questa mi trovo a mio agio. Una
> strada che permette di conservare il nocciolo qualificante del federalismo
> (le decisioni prese ad un livello il piu possibile vicino ai cittadini, su
> questioni che interessano porzioni limitate del territorio, con risorse
> reperite localmente per la maggior parte) senza scomodare per questo i sogni
> di Padania indipendente e "sovrana", di Toscana libera e "sovrana" o
> qualsiasi altra amenita che frulla nel capo dei cosiddetti federalisti della
> Lega. 

Questo tuo pensiero attiene al libero convinciento politico di ognuno.
Per te quella e' l'unica via. Per altri la via puo' essere diversa. 
Io mi considero un federalista e so che esso e' diverso dal decentramento.
Vedo i guasti del decentramento e non voglio aumentarli. 
Il nocciolo qualificante del federalismo e' dato dal legame tra
responsabilita' ed autorita' locale (prendiamo ad esempio quel
testo di Einaudi) e l'autorita' locale non esiste nel decentramento 
ma solo nel federalismo. Autorita' che deve per forza essere legata
ad un concetto di sovranita' dal basso, non "concessa dall'alto", per
esempio. Autorita' che deve basarsi su uno stato (locale) di diritto,
per esempio. Autorita' che quindi deve avere i suoi tre poteri, per
esempio. Altrimenti e' solo una burla, una pantomima, una presa
in giro. Ora il fatto che un avversario politico (la lega) spari le sue
bordate attorno al tema "padania" non deve per questo farci abbandonare
i concetti e principi giusti del federalismo. Caso mai dobbiamo essere
piu' coerenti ed invece di immaginare i macro stati alla Miglio
dovremmo concentrarci di piu' sul micro-federalismo, sui poteri
comunali e distrettuali. In modo da ricostruire dal basso tutti i 
livelli che ci sono in un complesso federale (cosi' anche i puristi
dell' ex pluribus unum sono appagati). 

Inoltre una ultima considerazione di principio. Anzi sui principi.
Il federalismo e' basato su una serie di principi, i piu' noti dei 
quali sono sussidiarieta' e cooperazione. Questi funzionano
a strati (dal basso, in senso orizzontale e verticale) e funzionano
se chi decide come applicarli ha una prioritata' dal basso
ed ha la sovranita' di poter decidere. 
Partendo quindi dalle comunita' locali, anche dalla persona.  
Il fatto che nel passato alcuni paesi lo abbiano fatto unendo
staterelli non impedisce a noi di applicare gli stessi principi se
vogliamo un risultato finale simile. Cio' che conta e' l'assetto finale in 
cui i principi possono essere applicati e danno il loro frutto operativamente. 

Se poi per motivi di "purezza storica" vogliamo chiamare "federalismo"
quello accaduto in passato (ex pluribis unum) ed in un altro modo (che
ne so? devoluzione, sarchiappone) quello che segue il percorso 
inverso, a me sta benissimo. Non ne faccio un problema di nomi. 
Il fatto che la teoria possa essere costruita esaminando un 
percorso storico (quello dei paesi federali) non significa che 
poi quella teoria identifica, con quel nome, quel percorso.

La teoria federalista si basa solo sui principi cosiddetti federalisti
(sussidiarieta', cooperazione, competizione, solidarieta')
e sulla capacita' ed abilita' degli esseri umani si saperli 
applicare in ogni realta' ed in ogni momento storico, trovandone
ogni volta un equilibrio diverso. 

Ma, ripeto, se il termine "federalismo" ormai bruciato dalla Lega, 
urta i piu',  concentriamoci sui contenuti, il nome lo troveremo dopo. 

Saluti,
Francesco F.
http://come.to/federalismo

PS: sui principi del federlalismo, c'e' questo testo del professor
Attilio Danese, che rappresenta la visione e impostazione cattolica
del federalismo. http://rost.trevano.ch/~forti/prinhtm1.htm




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