[GARGONZA:9251] Benchmark, ovvero la politica comparata
Francesco Paolo Forti  Martedi`, 25 Luglio 2000

Cari amici,
volevo cambiare il titolo "amo la svizzera" di Piero Graglia in "amo l'Italia" 
ma invece riprendo un filone che Gasby, Baruzzi ed io lanciammo su 
pro-prodi alcuni anni fa. 

>Restano dei punti bui, e questi Francesco li conosce certamente. Tra essi
>metto sicuramente le pari opportunitą, non sempre garantite tra uomo e
>donna, ma si tratta di un processo in corso, e non inficia, almeno a mio
>parere, la bontą di una ricetta federale sulla quale dovremmo meditare noi
>subalpini.

Certo che li conosco, caro Piero. Premettevo appunto che nulla e'
perfetto, tutto e' perfettibile. Converrai che e' piu' facile perfezionare
i sistemi dinamici, piuttosto che quelli statici, perche' questi ultimi 
procedono a strappi, con il freno a mano tirato, opponendo resistenza
ad ogni cambiamento. Poi sembrano cedere di colpo e si riprendono
con una forte restaurazione. 

Ma veniamo al punto: 
perche' il titolo "benchmark"? Perche' l'uomo sceglie tra alternative. 
Se ha una sola strada, non puo' scegliere. Sceglie realmente solo se 
ha davanti a se' piu' di una possibilita'. Ecco perche'  e' meglio scattare
due foto dello stesso evento. Su una foto troverai un sorriso, uno
sguardo, un gioco di luce che ti piace piu' dell'altra foto.
Ecco perche' un negozio con piu' scelta di televisori ti permette di trovare 
il tuo modello. Scegliamo il partner (o veniamo scelti), scegliamo il luogo in 
cui vivere, gli oggetti del nostro vivere quotidiano. Scegliamo il "migliore" 
solo attraverso una comparazione tra oggetti e situazioni differenti. 
A volte e' una scelta razionale, a volte non lo e' , oppure non 
riusciamo a cogliere una razionalita'. 

In politica accade lo stesso? In parte si'. Nella vita di tutti i giorni
siamo di fronte a scelte: cambiare lavoro, cambiare citta', cambiare 
partito (negli anni '90 in modo esasperato). Ma se guardiamo alla
storia d'Italia degli ultimi 100 anni vedremo che milioni di italiani
hanno addirittura cambiato paese, andando in USA, in Germania,
in Belgio, Svizzera, Francia, UK, Argentina, Australia. E quanti
sono andati dal Sud al Nord, dal Veneto alla Lombardia. 
Quando si sta male in un posto, si scappa. Per sopravvivere. 

Tuttavia sarebbe meglio, quando le cose vanno male, cercare 
di cambiare la realta' in cui si vive. Sempre che sia possibile. 

Sia  che tu debba scappare, sia che tu voglia cambiare la 
realta' che vivi per migliorarla, un punto e' certo: devi conoscere
le diverse realta' che ti circondano. E devi conoscere la tua. 
Se fuggi, potresti cadere dalla padella alla brace. Idem se 
rimani e convinci gli altri ad intrapprendere una scelta che si 
rivela errata. 

La conoscenza quindi e' fondamentale. 
Chi esercita il potere ovviamente si difende. Prendi il caso 
della ex-URSS o della attuale Cina Popolare. I suoi abitanti, 
bombardati dalla propaganda interna ed all'oscuro dei dati
reali sulla vita negli altri paesi, erano (o sono) convinti di 
vivere nel migliore dei mondi possibili. Ecco la necessita' 
di un controllo ferreo del flusso di informazioni e di una
contropropaganda denigratoria dei paesi "cattivi". Se uno
sapesse che altrove si vive meglio (tramite una serie di 

esempi concreti) allora realizzerebbe di colpo di vivere male
e si ribellerebbe. Si chiederebbe subito come mai <da noi> non 
si puo' <fare come gli altri e vivere meglio> e, se si sentisse 
minoranza, al limite cercherebbe di scappare. 

L'attivita' di benchmarking e' quindi fondamentale in politica. 
<<da noi la scuola e' gratuita, anche i libri sono gratis>>
<<In quel paese c'e' meno disoccupazione>>, <<le tasse
sono piu' basse>>, <<il reddito e' piu' alto>>, <<La sanita'
e' migliore e non c'e' burocrazia>>. <<Si, ma la vita e' piu' cara>>. 
<<Certo ma gli stipendi sono altri, c'e' piu' lavoro e per chi 
lo perde e c'e' il reddito minimo garantito>>,
<<E poi qui ci sono gia' tanti italiani...>>. 

Non c'e' dubbio che l'emigrazione italiana ha gia' di fatto 
marcato in cento anni la graduatoria dei paesi in cui si vive 
e lavora meglio, cosi' come l'immigrazione mostra il flusso 
dai paesi in cui si sta peggio. E non mi pare che americani ,
tedeschi e svizzeri giungano in gran numero (magari 
clandestinamente) in Italia a cercare un futuro migliore. 
Non che l'Italia non sia un posto ad alta vivibilita', come 
dimostra il flusso turistico. Solo che pare sia il posto meno
adatto per lavorarci e farci crescere la famiglia. Va meglio 
per brevi vacanze e per i piu' nostalgici per tornarci quando
si va in pensione. 

Ma l'attivita' di bencmarking, e soprattutto di analisi dei 
sistemi politico-economico altrui, e' fondamentale anche 
quando vogliamo cambiare la nostra realta'. Ed anche qui vale
il fatto che messi di fronte a tante realta' possiamo valutarle,
pesarle, cercare di comprendere i lati positivi scartando
quelli negativi. Non si tratta di fotocopiare, ovviamente, ma
di capire certi principi ispiratori delle riforme altrui e cercare
di adattarle. Questo lo si fa solo nel casi in cui si sia convinti
di stare male e di voler migliorare. Chi e' convinto che il
suo e' il miglior mondo possibile, non si guardera' mai in
giro ed anzi, come difesa psicologica, facilmente disprezzera'
l'erba del vicino. 

Questa tende ad essere soggettivamente "sempre piu' verde" 
della nostra ed e' per questo che un benchmark serio ci
potra' dare il parametro piu' oggettivo. Disoccupazione,
reddito, salute, educazione, numero di scuole, di laureati, numero 
di reati, valore aggiunto, incidenti stradali, letti di ospedale,
medici per abitante, durata della vita, lavoro nero, evasione,
pressione fiscale, nuovi posti di lavoro, inflazione ecc ecc. 

Chi detiene il potere, ed ha costruito un "sistema di potere" che lo
sostiene e che non vuole perdere, si difende dai tentativi comparativi 
in vari modi:

1) negando che la realta' indigena sia messa cosi' male.
2) negando che le realta' "aliene" siano cosi' ben messe e 
    denigrandole. 
I punti 1) e 2) di solito si incrociano cosi':
a) sottolineare i nostri pregi e minimizzare i nostri difetti
b) denigrare gli altri sollinenando difetti e non menzionando 
    i punti positivi. 
Un altro modo, molto usato, e' di sostenere che le realta'
"aliene" sono si' forse migliori della nostra ma anche che 
per qualche motivo cio' e' giustificato da due fatti:


a) o "loro" sono diversi e cio' che fanno loro da noi non funzionerebbe.
b) o "noi" siamo diversi e cio' che fanno loro da noi non funzionerebbe.

I due punti sono legati a doppio filo, visto che quando il caso a) viene
usato con tutti i paesi (usa, germania, svizzera, austria, australia,
canada, belgio...) e' evidente che i "diversi" non sono <loro> ma 
siamo piu' probabilmente <noi>. Sono quindi due facce della 
stessa medaglia. Vi dicono "loro sono diversi" ma in realta' stanno
dicendo "noi vogliamo rimanere diversi". Tutto bene, se noi siamo
soddisfatti della nostra condizione socio-politica. Tutto male in
caso contrario, perche' significa che il potere si prende gioco di noi,
spingendoci a perseverare nella nostra mala-situazione.

Qui, sia chiaro, cio' e' comprensibile come attivita' di contro
informazione, da parte di chi detiene il potere. 
Non e' invece comprensibile da parte di comuni cittadini, quasi 
che per una sorta di sindrome di Norimberga avessero deciso di 
stare empaticamente con il potere. Qui saremmo di fronte a
persone che a parole dicono di voler cambiare ma che nella pratica
sono dei perfetti conservatori. Ed infatti sia Gasby che il sottoscritto
notammo anni fa che una delle prime istantanee reazioni di tanti
amici e compagni di dibattito al tema "benckmarking" era una sorta
di subitanea inalberazione, difesa di amor patrio, attacco di ogni
valore positivo connesso ad altri paesi. Cio' avveniva facendo ricorso 
non alla difesa di una situazione indifendibile (quella italiana che tutti
conosciamo) ma come attacco ed accusa ad ogni pregio che veniva
portato a sostengno di una maggiore efficenza di altri paesi. Nel
caso, Gasby, Baruzzi ed il sottoscritto avevamo iniziato un benchmark
tra la situazione italiana e quella dei tre maggiori paesi federali di cui,
rispettivamente eravamo testimoni diretti.

La critica feroce alla realta degli altri paesi era messo in atto facendo 
abbondante ricorso ad una impressionante mole di luoghi comuni, misti 
ovviamente anche a cose vere (sappiamo che ogni paese ha comunque 
difetti). Il tutto faceva emergere una scarsa conoscenza delle realta'
degli altri paesi ed una sostanziale assuefazione alla disastrata
situazione italiana ("siamo fatti cosi', cosa ci possiamo fare"). 

Questa e' comunque una reazione psicogica nota fin dai tempi
antichi e nota come "la volpe e l'uva". Se non possiamo 
cambiare (oppure non ci riusciamo o abbiamo paura del
cambiamento) quale migliore autogratificazione che sostenere
che "l'uva tanto e' acerba"? 

Questo atteggiamento e' un sintomo di quanto sia corazzato
il nostro essere resistenti ai cambiamenti veri, quelli fattibili,
quelli che altri hanno gia' fatto e sperimentato. I cui risultati
sono verificabili. 

Saluti a tutti,
Francesco Forti



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