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[GARGONZA:9229] RE: Lega Nord: insulti e mancata censura - Forti
Michele Corvo
Lunedi`, 24 Luglio 2000
Vorrei rispondere a Piero. Gli interventi di Francesco sono preceduti da un
prompt (>), quelli di Piero in risposta da due prompt (>), I miei sono senza
prefissi.
>Per esempio e' giusto che un insegnante elementare arrivi in provincia di
>varese, proveniendo dalla calabria, sempre con punteggi altissimi e che si
>vanti pure di aver pagato per essere davanti a tutti in graduatoria? E che
poi >quando lo senti insegnare capisci che non solo non sa parlare italiano
ma >nemmeno conosce le materie(...)
>>Quello che dice Francesco è vero: il clientelismo, la condizione spesso
>>disperata delle regioni meridionali, antiche abitudini familistiche
>>diventate logica di clan, etc, hanno portato un flusso di "emigrazione" e
>>urbanizzazione dal sud al centronord di tipo molto, molto discutibile.
>>Discutibile sul piano amministrativo ed economico: ministeri, istituzioni
>>ed enti (spesso essi stessi già inutili) sono stati inzeppati di personale
>>scarsamente qualificato, al solo scopo di offrire uno
>>stipendio a masse di disoccupati.
Vorrei ricordare che il flusso migratorio ha essenzialmente interessato le
attivita' industriali, con afflusso di povera gente ignorante e bisognosa di
lavoro, che ha vissuto per anni in condizioni non dignitose pur di vivere, e
che ha contribuita con onesta manodopera retribuita allo sviluppo italiano
del dopoguerra.
>>è facile immaginare le conseguenze per la vita di una città-stato, nella
>>quale in moltissimi gangli e anfratti della P.A. si sono gradatamente e
>>saldamente sistemate le teste di ponte di intere catene di sant'antonio
>>familiari, di gente del sud e delle zone depresse del centro: non solo i
>>concorsi alle poste o ai ministeri, ma perfino il lavoro di portiere di
>>condominio o di cameriere era spesso "riservato" all'amico o al cognato in
>>attesa in qualche paesino del mezzogiorno - e ovviamente anche posti in
>>Rai, nelle redazioni di giornali, all'università, nei centri di ricerca,
>>insomma una catena di sant'antonio per ogni livello sociale o culturale.
Sapresti dirmi con quali criteri venivano assunte le persone nelle aziende
del Nord durante lo stesso periodo? I familiari e amici dei dipendenti erano
favoriti nell'assunzione o sicuramente scartati?
>>Discutibile sul piano etico e civile: quelle masse di poveracci
disoccupati,
>>spesso di origine contadina o paesana (o di una classe colta senza
sbocchi)
>>arrivavano a quello "stipendio"
>>tramite le uniche vie a loro note o consentite dagli interessi dei
notabili
>>politici e dalle abitudini di una solidarietà familistica tipicamente ma
non
>>esclusivamente meridionale, nata in un antico contesto culturale contadino
>>e inevitabilmente degenerata, in un contesto diverso di tipo moderno e
>>industriale.
Veramente credo che tanti siano arrivati allo stipendio lavorando e non
rubando nulla proprio a nessuno.
>>Naturalmente, prima di dare giudizi morali o peggio ancora
"etnico->>razziali" sulle persone, bisogna capire che cosa significa lo
stato di >>necessità - ossia bisogna guardare il fenomeno mettendosi dal
punto di >>vista materiale, concreto, di questa gente, e guardare bene che
cosa era (e >>tuttora è) la società meridionale, quale sia stata la
degenerazione imposta >>da secoli e decenni di sfruttamento e di dominio
borbonico prima, >>ecclesiastico sempre, fascista poi, latifondista in
genere.
E' interessante leggere che lo sfruttamento e' partito con I Borboni,
giungendo al fascismo, senza passare dai Savoia, cioe dalle amministrazioni
del Nord, con un buco storico di circa 60 anni.
Dal 1860 , dopo la caduta dei Borboni, le prime grandi opere pubbliche nel
Sud furono fatte dal Fascismo. In questo momento c'e una intensa corrente di
pensiero che sta rivaluatndo I Borboni, e non da' una uguale luce
dell'azione dei Savoia. Immagino che tutti sappiate in quale perodo nacque
il brigantaggio e perche'.
>>Quella descritta in modo così negativo non è la"gente meridionale", ma lo
>>stato e la P.A. italiane, creati concordemente dalla gente del nord e del
>>sud con un più o meno tacito patto di spartizione dei poteri e delle
>>funzioni: noi commerciamo, voi raccomandate, noi dirigiamo aziende, voi
>>dirigete enti e istituzioni, noi compriamo e vendiamo leggi per il bene
>>dell'azienda di famiglia, voi comprate e vendete pezzi di stato per il
bene
>>della clientela, noi tramandiamo a figli e nipoti capannoni e abusi
edilizi,
>>voi posti nei ministeri e scempi urbanistici, voi imbrogliate nei punteggi
e >>nei concorsi, noi nei bilanci, etc.
Credo che la visione che dai e' quella di una regia occulta dei fatti
italiani del dopoguerra. Una regia non capisco di chi e per quali motivi,
visto che adesso tutti sono diventati bravi e gli Italiani nati fino agli
ottanta sono tutti morti, quelli di adesso sono nati all'incirca dal 1992.
Penso che in realta' le cose non hanno una lettura cosi' semplice e
semplicistica, ma sono state la causa di un processo evolutivo
complesso,difficilmente spiegabile in poche righe, dove ha pesato in modo
maggiore che in altri paesi europei la presenza di un forte PCI che poteva
andare al governo, con grosse preoccupazioni degli altri paesi occidentali.
Questa preoccupazione ha spinto la politica italiana ad una gestione errata
della cosa e del debito pubblico, tesa al mantenimento di posizioni di
elettorato con mezzi di appesantimento della finanza pubblica.
A danno e a vantaggio di tutti.
Nel Sud la situazione e' stata resa drammatica dalla presenza di
organizzazioni mafiose parallele e dentro lo Stato che hanno di fatto
impedito ogni possibile progresso, con una gestione millimetrica del
territorio, utilizzando non solo spartizioni e commistioni, ma armi da fuoco
anche contro onesti e inermi (perche' indifesi dallo Stato) cittadini.
>>fingendo di non sapere che quella stessa
>>burocrazia farraginosa e surreale è la stessa che ha consentito (proprio
>>essendo così fatta) di far scivolare nelle tasache di centinaia di
>>imprenditori settentrionali sovvenzioni e sgravi d'ogni genere; che quella
>>politica gestita dal bizantinismo degli avvocaticchi borbonici ha costruto
>>leggi e leggine ad hoc per insediamenti industriali in spregio d'ogni
regola
>>e buon senso, per un sistema bancario e assicurativo capace di drenare
>>risorse in tutto il territorio nazionale per metterlo a disposizione
>>dell'industria settentrionale, etc - laddove per "industria" e
imprenditori
>>s'intende soprattutto la "grande" industria e i grandi gruppi speculativi,
>>più che la miriade delle piccole imprese di imprenditori veri che hanno
>>tuttavia beneficiato di un tessuto produttivo e di un indotto di notevole
>>livello.
Su questo sono d'accordo, soprattutto se consideri le grandi aziende delle
grandi famiglie del Nord alla stessa stregua delle P.A. (la Fiat non ha
ancora pagato l'Alfa Romeo, e ha venduto le auto alla GM e I treni alla
Alstom quando ha capito che l'era della cuccagna era finita. L'era per
intenderci del controllo di Telecom con 1%. Altro che trucchi dei
meridionali per I punteggi, questa era roba da camminatori sull'acqua e da
scandalo finanziario internazionale)
>>Il cuore del sistema clientelare sudista è stato in Sicilia, Calabria e
>>Campania.
Come mai non c'e' la Puglia/Basilicata/Sardegna/Molise? Non e' che fai
confusione con il sistema mafioso?
>>Il cuore di quello aziendale nordista era in Lombardia, Piemonte e
>>Veneto.
Veramente era Piemonte-Lombardia-Liguria, il Veneto era povero allora.
> Ora e' tempo di mettere fine a questo stato di cose. Il federalismo lo
>consente.
> In uno stato centralizzato e' possibile che il furbo a Enna ottenga il suo
>vantaggio
> a scapito di uno di Varese e che il furbo di Milano faccia lo stesso a
>scapito di
> del cittadino di Palermo. Con il federalismo cio' non e' possibile. Ogni
>vantaggio
> (comportamento politicamente virtuoso) rimane circoscritto al territorio
>che lo
> adotta. Idem per i comportamenti non virtuosi, i quali non possono essere
>scaricati
> su tutti ma vengono pagati da chi li adotta.
>>Non sono sicuro che sia possibile adottare un sistema federale che
>>risponda
>>a questo schematismo, ma non sono neppure sicuro che questo schema sia
>>quello giusto, sotto alcuni punti di vista.
>>Per esempio, con la libera circolazione dei lavoratori e dei diplomi in
>>ambito addirittura europeo, questa separatezza regionale-federale mi
>>sembra inattuabile.
>>C'è poi un altro problema, molto più complesso e pesante.
>>L'economia - quindi le aziende, i capitali, le istituzioni finanziarie, i
>>movimenti di merci e di denaro, etc - è molto meno circoscrivibile delle
>>leggi sui concorsi e sui diplomi, e delle leggi elettorali.
>>In un'epoca di globalizzazione e di telecomunicazioni su scala planetaria,
>>il peso delle politiche autonome in materia di lavoro e di industria mi
>>sembra di scarso rilievo, o almeno inerente ad un livello produttivo di
>>piccola entità, rispetto ai grandi capitali e i grandi movimenti.
Sono concorde con te. Il fatto e' che in Italia si pensa ancora che il
problema di mancato sviluppo deriva dalla mancanza di una riforma di tipo
federale. In realta', per I motivi che hai elencato, in Italia esiste una
forte spinta economica e produttiva da parte della piccola e media industria
che e' impreparata a reggere il confronto tecnologico con l'estero, dove
invece predominano grandi complessi forti e innovativi. Questo schiaccia la
nostra industria in settori non tecnologicamente avanzati, facendo preferire
produzioni grossolane o distribuzione di servizi (che usano tecnologie
altrui).
Gli investimenti nelle tecnologie sono prima di tutto un problema
psicologico e culturale , e poi un problema pratico. Costruire un nuovo
capannone costa molto di piu' di attrezzarsi dal punto di vista informatico,
pero' per il primo qualsiasi piccolo imprenditore e' capace a dirigere e
comprendere I lavori, per il secondo caso un po' meno.
Michele Corvo.
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