[GARGONZA:9230] R: RE: Lega Nord: insulti e mancata censura - Forti
Piero DM  Lunedi`, 24 Luglio 2000


----- Original Message -----
From: Michele Corvo

> Vorrei ricordare che il flusso migratorio ha essenzialmente interessato le
> attivita' industriali, con afflusso di povera gente ignorante e bisognosa
di
> lavoro, che ha vissuto per anni in condizioni non dignitose pur di vivere,
e
> che ha contribuita con onesta manodopera retribuita allo sviluppo italiano
> del dopoguerra.

Sono perfettamente d'accordo, e del resto mi pare di aver detto con
chiarezza le stesse cose nel mio intervento.
Poiché, tuttavia, lo scopo dell'intervento stesso non era quello di
difendere o di accusare il sud, capisco che alcuni concetti abbiano bisogno
(per chi ha invece questo scopo) di essere sistemati e dichiarati in modo
differente.

> Sapresti dirmi con quali criteri venivano assunte le persone nelle aziende
> del Nord durante lo stesso periodo? I familiari e amici dei dipendenti
erano
> favoriti nell'assunzione o sicuramente scartati?

Non credo che le aziende private medie o piccole assumessero su base
nepotistica o clientelare, a prescindere dalla competenzao o dall'effettiva
necessità. Per le grandi il discorso sarà stato forse un po' diverso.
In ogni caso, questo scaricamento di barile non toglie nulla al senso del
discorso: aggiunge semmai qualche elemento amaro in più
Il problema di cui si discuteva, però, era quello della devastazione dello
stato, della burocrazia, della cultura del lavoro, del cleintelismo al
servizio della politica, etc, cose tutte che riguardano come puro dato di
fatto il flusso di lavoratori dal Mezzogiorno a Roma (ministeri e parastato)
e nei vari uffici dipendenti dalla P.A. diffusi in Italia.
Cercare di negare o peggio ancora di trovare scusanti non solo non serve in
nulla a difendere la gente meridionale, ma ottiene l'effetto opposto.

> Veramente credo che tanti siano arrivati allo stipendio lavorando e non
> rubando nulla proprio a nessuno.

Si sta parlando del fenomeno come tale, e non si fa un elenco nominativo dei
buoni e dei cattivi - e quanto a questo, direi perfino che di "cattivi" non
ce ne sono veramente, neppure tra coloro che hanno pagato per un concorso e
hanno scaldato sedie per vent'anni, forse.
Il punto è invece che per guadgnarsi onestamente la pagnotta, lavorando,
questo benedetto lavoro bisogna pure agguantarlo: le politiche clientelari
poco si curano di chi lavora e chi no, ma scattano nel momento in cui il
lavoro si conquista, a beneficio di alcuni e a a danno di altri che ne
rimangono esclusi.
Il problema dello stato e del parastato è comunque che la pletora di
personale e i meccanismi perversi della burocrazia rendevano vano anche il
lavoro di coloro che lavoravano veramente.

> E' interessante leggere che lo sfruttamento e' partito con I Borboni,
> giungendo al fascismo, senza passare dai Savoia, cioe dalle
amministrazioni
> del  Nord, con un buco storico di circa 60 anni.
> Dal 1860 , dopo la caduta dei Borboni, le prime grandi opere pubbliche nel
> Sud furono fatte dal Fascismo.

Anche qui, non intendevo fare una nomenclatura dei mali e degli oppressori
del sud, ma ricordare appena un tracciato storico per altro ben noto.
Della presenza dei Savoia mi sembra di aver accennato corposamente, in altre
righe.
Il problema non è stare a fare le pulci su una parola presente o mancante
 e perché mai poi dovremmo omettere scientemente i Savoia?) ma di voler
accettare il senso del discorso nel suo insieme o no.
Per esempio, in tutto il discorso non ho mai fatto cenno alla mafia e alla
camorra, che pure sono fenomeni socio-politici antichi, risalenti appunto
alle epoche borboniche e anche prima. L'omissione è voluta, per non
appesantire ulteriormente il testo, laddove è ovvio che il fenomeno mafiso
costituisce un veleno che ha condizionato lo sviluppo del mezzogiorno, etc.
Io già non sono breve, ci manca che mi metto ad elencare puntigliosamente
tutti i soggetti, anche quelli più ovvi e più risaputi: preferisco dare
spazio ai ragionamenti, più che agli elenchi.

> Credo che la visione che dai e' quella di una regia occulta dei fatti
> italiani del dopoguerra. Una regia non capisco di chi e per quali motivi,
> visto che adesso tutti sono diventati bravi e gli Italiani nati fino agli
> ottanta sono tutti morti, quelli di adesso sono nati all'incirca dal
1992.
> Penso che in realta' le cose non hanno una lettura cosi' semplice e
> semplicistica, ma sono state la causa di un processo evolutivo
> complesso,difficilmente spiegabile in poche riche, dove ha pesato in modo
> maggiore che in altri paesi europei la presenza di un forte PCI che poteva
> andare al governo, con grosse preoccupazioni degli altri paesi
occidentali.

Nessuna regia occulta, ma un fenomeno - come ho detto - di tacita
spartizione, in base a dati di fatto, opportunismi politici e il percorso
delle vie più brevi per avere consenso o per fare soldi.
Se questa sembra essere una lettura semplice, io direi che ributtare tutto e
sempre sul versante della guerra fredda e del fattore K è un luogo comune,
che nulla spiega sul piano concreto dei costumi e dei comportamenti - e in
ogni caso anche la guerra fredda e tutto il resto non farebbero altro che
aggiungersi ad altri dati di fatto storici, nel delineare la situazione
creata.
Quello che gli intellettuali meridionali e la gente comune dovrebbe fare
(cominciando da me, che nel confronto nord-sud mi ritengo orgogliosamente un
meridionale) è di smetterla nel ricercare sempre e soltanto cause "aliene"
ai malanni del sud, o letture storiche eccessivamente vittimistiche: la
"responsabilità" della società meridionale non significa necessariamente
"colpa", ma è una responsabilità fuori discussione, così come fuori
discussione è il suo ruolo nel gioco delle parti che ha dato luogo
all'Italia repubblicana che conosciamo.
Io, per esempio, nel giudicare Roma non mi limito agli strati popolari
"buoni" (er core de Roma nostra), ma mi rendo conto delle rewsponsabilità
oggettive che la storia della città possiede, storia papalina e aristocrazia
nera, squali e speculatori compresi, tutti più o meno romani, tutti
cialtroni  corresponsabili dello scempio della città, in combutta con i
piemontesi o con i mafiosi, o con i cumenda lombardi, etc.

> Su questo sono d'accordo, soprattutto se consideri le grandi aziende delle
> grandi famiglie del Nord alla stessa stregua delle P.A. (la Fiat non ha
> ancora pagato l'Alfa Romeo, e ha venduto le auto alla GM e I treni alla
> Alstom quando ha capito che l'era della cuccagna era finita. L'era per
> intenderci del controllo di Telecom con 1%. Altro che trucchi dei
> meridionali per I punteggi, questa era roba da camminatori sull'acqua e da
> scandalo finanziario internazionale)

> >Il cuore del sistema clientelare sudista è stato in Sicilia, Calabria e
> >Campania.

> Come mai non c'e' la Puglia/Basilicata/Sardegna/Molise? Non e' che fai
> confusione con il sistema mafioso?

Perché il cuore era in Campania, Calabria e Sicilia - se volessimo per altro
limitarci alla (sacrosanta) polemica anti-DC, anche il Molise, la
Bassilicata, la Sardegna e la Puglia farebbero comodo.
Il fatto che quelle tre regioni corrispondano al sistema
mafioso-camorristico non è comunque un caso, e si ricollega alla forza e
alla natura del clientelismo e dell'apptopriazione dello stato da parte di
quei pezzi di partito che hanno le loro radici nelle regioni stesse.

> Il cuore di quello aziendale nordista era in Lombardia, Piemonte e
> Veneto.
>
> Veramente era Piemonte-Lombardia-Liguria, il Veneto era povero allora.

In tutto il mio intervento sono sempre stato in bilico tra l'imperfetto e il
presente-passato prossimo: ho scelto l'imperfetto, affidandomi alla buona
volontà di chi legge per estrapolare l'estensione temporale di ogni
fenomeno.
Il Veneto povero era comunque una regione potenzialmente diversa dal
mezzogiorno, e la politica democristiana (anche qui clientelare, in altra
forma) ha generato un tessuto di piccole imprese invece che una fabbrica di
diplomi e di concorsi. Gli ultimi vent'anni vedono un Veneto ricco e
democristiano e a questi soprattutto mi riferivo.
Anche in questo caso, il cuore industriale dell'Italia risiede in queste
regioni, nonostante la potenza economica che hanno le Marche, la Liguria,
l'Emilia Romagna: il caso del Veneto segue un percorso diverso, ma proprio
per questo è utile per capire le ragioni di una diversità che non è
esclusivamente riducibile a meccanismo storico basato su ricchezza-povertà,
ma su una serie complessa di fattori geo-economici e sociali.

> Gli investimenti nelle tecnologie sono prima di tutto un problema
> psicologico e culturale , e poi un problema pratico. Costruire un nuovo
> capannone costa molto di piu' di attrezzarsi dal punto di vista
informatico,
> pero' per il primo qualsiasi piccolo imprenditore e' capace a dirigere e
> comprendere I lavori, per il secondo caso un po' meno.

Con tutto il rispetto per l'informatica, la tecnologia non è solo
informatica.
E' tecnologia anche un'azienda agricola moderna, o la possibilità di
ricorrere a risorse energetiche alternative a basso costo, per esempio.
Molte delle cosiddette "potenze industriali" hanno vaste zone che sono in
realtà zone agricole molto ben condotte, ad alto reddito, e non sono fatte
solo di ciminiere o di microchip.
Inoltre le infrastrutture - sebbene siano catalogabili tra le dotazioni di
base di una società produttiva e non siano certamente "alta tecnologia" -
sono un handicap gravissimo, quando non ci sono o sono carenti.
La società meridionale manca delle grandi industrie trainanti - che fanno
girare capitali, anche in misura ressiduale, a prescindere dalla loro
eventuale storia di capitalismo assistito - e dell'indotto e del tessuto
produttivo collaterale, materiali, officine, concessionarie, tecnici,
manodopera specializzata, interscambi, e insomma tutto ciò che rende
relativamente facile impiantare il famoso capannone - per non parlare del
credito bancario.
Io sento una specie di rigetto, quando sento parlare di "industria
turistica" come missione per il sud, ma ritengo invece che l'agricoltura
sarebbe un'eccellente investimento industriale - con tutto l'indotto che ne
consegue ovviamente, compresa l'alta tecnologia.
D'altra parte, è una follia parlare di turismo, senza un tessuto produttivo
forte di carattere generale, dato che si creerebbe una specie di grande
Costa Smeralda, che importa la gran parte dei materiali e dei capitali da
chissà dove, offrendo in cambio solo qualche migliaio di posti da cameriere
o da sguattero - o magari qualche decina di cooperative di "giovani"
debitamente finanziate, per fare accogliea turistica o grafica pubblicitaria
per i cartelloni degli stsbilimenti e le discoteche. Una grafica molto
hi-tech, ovviamente, con l'uso dei computer più recenti e dei plotter più
costosi, e le agenzie di coloocamento per i camerieri ugualmente superdotate
di PC velocissimi e collegatissimi in rete :-)

= Piero DM =





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