[GARGONZA:9173] R: ci interessa quel conflitto?
gennaro casciello  Lunedi`, 17 Luglio 2000

Credo che quel conflitto ci interessi , non tanto per il gusto della
polemica o per piangerci addosso ( altra caratteristica peculiare degli
italiani ), quanto per quello che ne è derivato e  che sarebbe giusto
portare più spesso a galla :

di Giovanni Ruggeri - Gli affari del presidente ;
di Sisti-Gomez - L ' intoccabile .

Anzi ,se fossimo in un paese dove la sinistra fa la sinistra , anziché
preoccuparsi della sparate del berlusca su Zoff , la stessa si dovrebbe
preoccupare , come suggerisce Curzio Maltese , di enfatizzare agli occhi
della pubblica opinione gli strafalcioni politici del sciur berlusca .
Trovo quantomeno singolare ( ma probabilmente anche la sinistra non vuole
risolvere i problemi ) che siano state trascurata la penetrazione capillare
delle notizie . E non capisco perché non ci si batta nelle sedi politiche
per rendere il percorso della giustizia più veloce .
Non credo ci sia molto da sperare : la delinquenza è più veloce dello stato
nel cambiare continuamente forma , adattandosi immediatamente alle mutate
condizioni del mercato .
Possibile che non si riesca a trovare la strada per non tornare
completamente in braccio alle organizzazioni malavitose e alle logge
massoniche ?
Penso che la strada si possa e si debba trovare .
Se tali sforzi la sinistra non fa è perché ha qualcosa da nascondere ?

Gennaro Casciello .













-----Messaggio originale-----
Da: gargonza@perlulivo.it [mailto:gargonza@perlulivo.it]Per conto di
Rosanna Tortorelli
Inviato: sabato 15 luglio 2000 11.10
A: Multiple recipients of list GARGONZA
Oggetto: [GARGONZA:9166] ci interessa quel conflitto?


almeno a noi... interessa quel conflitto?
ciao
rosanna

http://www.repubblica.it/quotidiano/repubblica/20000715/commenti/14valen.htm
l

A chi interessa
quel conflitto
di GIOVANNI VALENTINI
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"DEL conflitto di interessi ai cittadini non solo non importa niente, ma lo
considerano una garanzia assoluta che chi è incaricato della responsabilità
di
governo non abbia bisogno di fare i propri interessi, di rubare, avendo una
posizione propria che gli consente di disinteressarsi dei suoi interessi per
interessarsi di quelli del paese (da una dichiarazione di Silvio Berlusconi,
nella conferenza-stampa della Casa delle Libertà - Adnkronos, 6 luglio
2000).

"Credo che sia del tutto legittimo dire all'onorevole Berlusconi che se non
vuole trovarsi in una condizione anomala e inaccettabile per uno statista di
un
paese democratico, deve essere lui a risolvere, e non la legge, il problema
del
conflitto di interessi" (da un intervento di Massimo D'Alema, alla Festa
dell'Unità di Roma, Terme di Caracalla - Agenzia Ansa, 9 luglio 2000).

HANNO ragione tutti e due, Silvio Berlusconi e Massimo D'Alema, l'uno a dire
che
agli italiani non interessa il conflitto di interessi e l'altro che il
Cavaliere
dovrebbe risolvere il problema da solo, senza neppure aspettare una legge.
Ha
ragione Berlusconi perché è vero che la questione, forse anche per colpa di
certi eccessi polemici (e per parte sua chi scrive fa autocritica), è stata
ormai metabolizzata dall'opinione pubblica; la gente non la capisce e non la
sente; ritiene in genere che sia una strumentalizzazione o peggio una
persecuzione politica. E ha ragione anche D'Alema, perché è altrettanto vero
che
per Berlusconi, tanto più se tornerà alla guida del governo, questa resterà
una
palla di piombo al piede da trascinarsi dietro per il mondo.
Per quanto infatti alla maggioranza degli italiani possa non interessare, il
problema conserva invece un certo peso sul piano internazionale. Nel quadro
di
un'economia globalizzata, in cui i sistemi produttivi e commerciali tendono
a
integrarsi, la concorrenza aumenta e le regole diventano sempre più
sovranazionali, è impensabile che un capo di governo partecipi a un vertice
del
G7 o del Fondo monetario, a una riunione del Parlamento europeo o della
Banca
europea, essendo nel contempo proprietario di un impero televisivo e
soprattutto
concessionario pubblico, detentore cioé di concessioni rilasciate dallo
Stato,
controparte di se stesso. Diciamo che un tale premier sarebbe
impresentabile,
come se arrivasse a un summit armato di pistola e mitragliatrice oppure
accompagnato da un seguito di nani e ballerine.
Di chi è la colpa di tutto ciò? Perché la sinistra, o meglio il
centrosinistra,
non è riuscito finora ad approvare una legge sul conflitto di interessi? E
perché ha lasciato marcire in Parlamento il disegno di legge unificato
(n.3236)
che reca tra le altre anche la firma del medesimo onorevole Berlusconi?
Certo, è
stato un errore accantonare o rimuovere il problema: e può anche darsi che
qualcuno abbia pensato di usarlo come moneta di scambio, come strumento di
pressione o perfino di ricatto, per trattare con il centrodestra al tavolo
delle
riforme istituzionali. Quel progetto fu approvato a larghissima maggioranza
dalla Camera il 22 aprile 1998, addirittura con una "standing ovation",
tutti in
piedi ad applaudire la storica votazione. Da allora sono passati più di due
anni, il provvedimento è rimasto lettera morta e il leader del Polo ha
sempre
avuto gioco facile a rinfacciare una tale inerzia al centrosinistra.
Ma che cosa prevede quel testo? Prevede per esempio all'articolo 1 che "i
titolari di cariche di Governo, nell'esercizio delle loro funzioni, devono
dedicarsi esclusivamente alla cura degli interessi pubblici". Già, proprio
così:
e volete che Berlusconi, una volta tornato a palazzo Chigi, non si dedichi
anima
e corpo alla cura degli interessi pubblici? Ormai è tanto ricco che non ha
di
meglio da fare. Nello stesso articolo, si stabilisce anche che gli uomini di
governo "hanno l'obbligo di astenersi da ogni atto idoneo a influenzare
specificamente, in virtù dell'ufficio ricoperto, i propri interessi". E qui
non
si può più dubitare del disinteresse e della correttezza di Berlusconi,
anche
perché lui i suoi affari li ha già sistemati per sempre la volta precedente,
quando arrivò al governo con un'azienda che aveva all'incirca cinquemila
miliardi di debiti e in pochi mesi riuscì abilmente a sistemare tutto.
Il disegno di legge sul conflitto di interessi prevede inoltre che gli
uomini di
governo non possono "ricoprire cariche o uffici in imprese che abbiano
rapporti
di concessioni con pubbliche amministrazioni", ma ormai Berlusconi ha già
affidato ai figli la guida dell'azienda e comunque c'è sempre il fedele
Fedele
Confalonieri a presidiare la situazione. E infine, l'articolo 7 prescrive
che
l'interessato, entro 45 giorni dall'assunzione delle carica, "decide
l'alienazione totale o parziale delle attività economiche ovvero il
trasferimento delle stesse a un trust istituito a norma della Convenzione
dell'Aja". Che altro si vuole di più?
In realtà, andrebbe tutto bene se non fosse per il fatto che Berlusconi non
produce automobili o computers, non possiede soltanto quote azionarie di una
o
più società di capitali, ma controlla di fatto un grande impero mediatico. E
a
differenza delle partecipazioni finanziarie o industriali, delle proprietà
mobiliari o immobiliari, le reti televisive non si possono "sterilizzare",
non
si può cioé congelare la loro gestione nelle mani di un blind-trust, un
fondo
più o meno cieco, in modo da renderle neutrali. Qui non si tratta, insomma,
di
impedire che il governante influenzi con le proprie decisioni i propri
interessi
televisivi, bensì d'impedire al contrario che questi influenzino i suoi
interessi politici.
Quanto all'ineleggibilità del titolare di concessioni pubbliche, stabilita
da
un' antica legge del '57, la Giunta per le elezioni di Montecitorio decretò
già
nel '94 che Berlusconi non era il proprietario dell'azienda, ma solo
l'azionista
di riferimento. E ora D'Alema avverte giustamente che una nuova legge,
riveduta
e corretta, "verrebbe considerata liberticida da almeno una metà del paese".
Non
resta perciò che affidarsi al buon senso e al buon cuore del Cavaliere:
nella
speranza che oltre a risolvere tutti i problemi italiani, dalla guida
dell'economia a quella della Nazionale di calcio, sappia risolvere "motu
proprio" anche quello macroscopico del suo conflitto d'interessi.

"L'ITALIANO ha un tale culto per la furbizia che arriva persino all'
ammirazione
di chi se ne serve a suo danno" (da "Codice della vita italiana" di Giuseppe
Prezzolini, articolo 16, 1917 - su segnalazione del lettore Giuseppe
Grazioso).

g.valentini@repubblica.it

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Rosanna Tortorelli - Milano
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