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[GARGONZA:9116] R: Re: La società sono io
Piero DM
Lunedi`, 10 Luglio 2000
----- Original Message -----
From: Giovanni Cominelli
> Che in Italia la cultura e i comportamenti di mercato e di libera
> concorrenza non esistono.
> Che la sinistra dovrebbe pensare e praticare i mercati, incominciando a
> far funzionare l'Antitrust contro i grandi poteri pubblici e privati.
> Quello che accade è, purtroppo, l'opposto.
> Il guaio è che anche la destra si accinge a fare lo stesso.
Caro Giovanni, è possibile che il mio intervento sia stato preso come un "io
narrante" retorico ed esemplificativo: io parlavo invece in prima persona in
senso proprio, e dunque come testimonianza concreta di chi vive la mancanza
di libero mercato tutti i giorni e la paga in solido.
Uno dei motivi - credo di averlo anche detto , se non ricordo male - per cui
non ho votato il rinnovo della fiducia alla giunta regionale di
Badaloni-Ulivo è stato quello di aver visto all'opera la giunta stessa nel
settore della formazione.
Non sono tanto gli astratti "indirizzi" o le scelte di merito per i corsi,
su cui si potrebbe discutere ma che nell'insieme non sono tanto scandalosi.
Il problema vero è l'impostazione ideologica, ossia il riconoscimento
prevalente o esclusivo di alcuni soggetti ammessi ad operare(in base ad una
scandalosissima, questa sì, ipotesi di identità "sociale" del tutto
ipocrita) che crea di fatto una vera e propria mafietta di soggetti
privilegiati, con tutto l'ovvio codazzo di clientelismo e di potere.
Tanto per essere chiari, ripeto che tali soggetti privilegiati sono:
emanazioni sindacali e confindustriali, congregazioni religiose, consorzi di
grandi imprese e banche, associazioni "senza fini di lucro", enti locali.
I reprobi sono le piccole imprese, le persone fisiche, le società
trasparentemente private e "normali".
Oltre alla normativa nel suo complesso che impone questa situazione, ci sono
bandi e programmi (per esempio, quelli per i corsi ai detenuti) che
escludono espressamente e senza alcun motivo logico solo ed esclusivamente
questi soggetti "normali" dalla possibilità di concorrere.
Per gli enti locali la questione andrebbe stralciata dall'insieme, in quanto
c'è una certa logica accettabile nel considerali in modo preferenziale:
purtroppo (guarda caso) gli enti locali - comuni e comunità montane - sono
gli ultimi tra i privilegiati, essendo trattati tutt'altro che bene.
Anzi, con una logica che ha del demenziale, si impedisce che questi enti
locali possano lecitamente e permanentemente dotarsi, per esempio, di
materiale informatico, approfittando dell'effettuazione di qualche corso di
formazione: si impone il noleggio, con costi assurdamente calcolati in base
a parametri cervellotici, di poco inferiori a quello di un acquisto
definitivo. Lo stesso vale per altre voci di spesa, con l'effetto di indurre
praticamente gli enti che vogliono superare questo assurdo a comportamenti
tortuosi e "illegali".
Le società "normali" e le persone fisiche, naturalmente, alla fine lavorano
ugualmente, ma in regime di semi-illegalità, sottoposti all'arbitrio dei
detentori delle rendite di posizione e non potendo mai maturare di un
curriculum tecnico-professionale adeguato a quello che hanno effettivamente
prodotto.
L'ipocrisia del "senza fini di lucro" comporta vari altri inconvenienti,
oltre alla falsificazione della libertà professionale e di mercato.
Comporta per esempio che nella griglia delle "spese ammesse" ci siano ampi
spazi per materiali e per costi accessori (pulizie, segreteria, etc, che
sono coerenti con l'etica ministerial-parrocchiale che il Burocrate
conosce), e spazi ristrettissimi per voci come la "progettazione" - che
nella morale del Burocrate ha una pericolosa attinenza evidentemente con la
creatività, ossia con la competenza e quindi con l'anormalità, anche perché
in realtà il Burocrate è scemo, ma non è fesso, e ha capito benissimo che
questo è l'unico spazio in cui si può ricavare qualche soldo legale per chi
lavora ai contenuti del corso, ossia per quei delinquenti dei privati
normali che dichiarano ingenuamente di avere "fini di lucro".
Questo quadro surreale - che è tanto più surreale se uno si addentra
veramente nella pratica del settore e non si limita ad uno sguardo
d'insieme - è purtroppo presente come impostazione ideologica anche in altri
campi, ed è uno dei limiti più gravi e deleteri della sinistra.
Riguarda per esempio l'individuazione delle "categorie sociali protette" o
proteggibili.
Proprio in questi girni mi sono capitati sotto il naso un paio di casi in
cui due distinti gruppi di "donne" hanno avuto l'idea di mettere in piedi
delle attività commerciali: donne adulte e mature, con una ditta alle spalle
alla quale hanno deciso di affiancare un ulteriore attività.
Approfittando del fatto di non "comparire" in prima persona, hanno potuto
usufruire di finanziamenti nel quadro della "imprenditoria femminile",
insomma un vero e proprio furto: un furto al femminile, uno dei tanti, che
si aggiunge ai tanti furti al giovanile e via proteggendo.
Dov'è l'inghippo?
Io dico che l'inghippo sta alla radice, cioè nell'idea di dividere i
cittadini in categorie da proteggere o da ignorare, invece di assicurare un
habitat sano per tutti.
Ma, lascindo stare questa mia idea, l'inghippo sta nel fatto che ai progetti
e ai finanziamenti possono accedere più facilmente (dare garanzie, mettere
agevolmente una parte di capitale proprio, anticipazioni, fidejussioni, etc)
proprio quelli che non ne hanno bisogno.
Questa interpretazione dello "stato sociale" è stupida, ipocrita, ingiusta e
inefficiente, e finisce per avere tutti i difetti dello "stato etico" senza
averne almeno il pregio di assicurare una Pax Autoritaria generalizzata.
= Piero DM =
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