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[GARGONZA:9106] Bravo il Barak
Rolando Alberto Borzetti
Domenica, 09 Luglio 2000
Scontro sulla trattativa coi palestinesi, tre partiti
lasciano la coalizione. Esecutivo in minoranza in Parlamento
Israele, governo in crisi
Barak: andrò a Camp David
ENRICO FRANCESCHINI
GERUSALEMME - E' costata cara a Ehud Barak la decisione di andare a Camp
David: tre partiti della sua coalizione lo hanno abbandonato, il governo è
caduto, e il premier di Israele si è ritrovato di colpo a guidare una
minoranza in Parlamento. Il leader laburista aveva l'appoggio di 68 deputati
sui 120 della Knesset, una fragile, eterogenea, litigiosa alleanza di
centro- sinistra, rimasta insieme per un anno esatto; ora di deputati gliene
restano soltanto 42, dopo le dimissioni del partito dei Russi (4 seggi), di
Shas (17) e del partito Nazional-Religioso (5). Motivo della rottura: il
vertice negli Stati Uniti, a Camp David, la residenza di campagna del
presidente americano che da martedì ospiterà Barak e Arafat.
Per i partiti israeliani di centro, il premier si appresta a fare
concessioni inaccettabili e rifiuta di stabilire insieme a loro i punti
fermi su cui non si può trattare. In realtà, questa è un po' come la
scoperta dell'acqua calda: i moderati conoscevano le intenzioni di Barak, ma
sono sempre stati scettici sull'opportunità di un accordo con i palestinesi.
E arrivato il momento della verità, sono obbligati a farsi da parte. Non a
caso, i tre partiti che ieri hanno abbandonato Barak militavano nel governo
di centro-destra guidato da Netanyahu fino allo scorso anno.
Può andare lo stesso al summit il premier di un governo che non esiste più?
Barak - e oggi lo ha ripetuto - ritiene di sì, per due ragioni. La prima è
che in Israele il primo ministro viene eletto direttamente dal popolo,
mentre con un secondo voto separato gli elettori scelgono il partito a cui
dare la loro preferenza. Barak ha vinto le elezioni del maggio '99 con il 54
per cento dei voti, gli israeliani sapevano che voleva fare la pace con i
palestinesi, quindi ora lui si sente autorizzato a proseguire la trattativa
fino in fondo. La seconda ragione è che Barak ha la possibilità di formare
un nuovo governo, aggiungendo ai 42 seggi di cui dispone una decina di seggi
di partiti radicali laici (che rifiutavano di sedere in un governo coi
religiosi) e facendosi poi appoggiare "dall'esterno" da una decina di
deputati dei partiti arabo-israeliani. In gergo si chiama "governo di
minoranza", comunque utile a sopravvivere.
Tanto, se a Camp David ci sarà uno storico accordo, Barak dovrebbe poi
sottoporlo a un referendum nazionale e contemporaneamente potrebbe indire
elezioni anticipate. Mentre se a Camp David non ci sarà accordo, Israele
dovrà pensare a un nuovo conflitto, anziché a un nuovo governo.
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