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At 23:50 28.06.00 , box.tin.it da Rho wrote: >Per I problemi dei contributi, seri perche' in Italia costituiscono (per le >aziende) il 27 % o quasi del salario, si potrebbe anche incentivare una >forma di contratto che non sia di dipendenza, per le categorie meno a >rischio, come I laureati o diplomati con competenze specifiche e richieste >dal mercato, quindi con meno problemi in caso di licenziamento. In tal modo >I lavoratori indipendenti sarebbero invogliati a premunirsi dal punto di >vista previdenziale, conferendo alcune risorse proprio a questo scopo. Ok, mettiamo un po' di puntini sulle <i>. Per prima cosa i contributi sono piu' alti del 27%. Variano da categoria a categoria ma il dato medio pubblicato da OECD per l'Italia parla del 41.9% suddiviso in 9.9% a carico del lavoratore (i contributi che lui vede in busta) ed un 32% a carico dell'impresa. Questo solo per i contributi. A parte abbiamo un 12% di prelievo fiscale in busta (percentuale calcolata sul lordo azienda) che porta il totale a quasi il 54%. Perche' i contributi siano cosi' alti credo che ormai lo sappiamo. Spesa pensionistica gonfiata dalle pensioni di anzianita' (1/3 della spesa pensionistica) e base retributiva ristretta sia dal sommerso che dalle convenienze tra regimi contribitivi diversi. Regimi previdenziali diversi tra dipendenti ed indipendenti invogliano le aziende a preferire i secondi, per pagare meno contributi. Totale? 56 milioni di abitanti e solo 12 milioni di lavoratori dipendenti. Come seconda cosa direi che in tutti i paesi civili la previdenza e' un obbligo, non una libera facolta' (da invogliare) e come terza cosa ricordo che questo obbligo e' universale per cui non ci possono essere trattamenti di favore o sconti per particolari categorie. Questo comporta che il lavoratore indipendente paga "normalmente" le stesse percentuali dei dipendenti, nel cosiddetti "paesi normali". Godono della stessa pensione e pagano le stesse aliquote. Essendo imprenditori di se stessi, pagano entrambe le quote, sia quella aziendale che quella individuale ma la scontano integralmente dalle imposte. Perche' in Italia non sia cosi' e' da attribuire a mio avviso al fatto che malgrado la sconfitta del fascismo in realta' il Paese e' diventato la partria delle corporazioni, dei mille sindacati corporativi e non, delle eccezioni, delle esenzioni fiscali, dei regimi di favore dati per bilanciare altri regimi dati ad altri e via dicendo di anno in anno. >Molte aziende sarebbero liete di avere contratti piu' liberi, ma molti >lavoratori hanno paura delle troppe tasse e pastoie burocratiche per la >gestione di se stessi come aziende. Ottimo quadro. Una alternativa di sopravvivenza diventa quindi il ricorso al lavoro sommerso che in effetti in Italia e' ai vertici esattamente come lo e' il carico previdenziale. Una banale analisi di correlazione dimostra una alta affinita' tra l'intensita' del prelievo contributivo e fiscale ed il volume del lavoro sommerso in rapporto al PIL. Sempre con analisi di correlazione si trovano grandi affinita' tra il nero e la complessita' del sistema legislativo (numero delle leggi e complessita' delle norme) e del sistema fiscale. Burocrazia, contributi troppo alti, troppe leggi contorte e contraddittorie sono nemici del lavoro vero e amici del lavoro nero. Dettagli su: http://rost.trevano.ch/~forti/lavoronero.html >Ditemi perche' un professionista freelance (una figura emergente) deve >garantire con tutto se stesso e la propria proprieta' il proprio lavoro, >cosa che invece non e' richiesto se non nella misura del capitale sociale ad >una srl. E' come se la srl non fosse fatta di persone. Questo "limite" e' la base di sopravvivenza del sistema. Quando io vendo una apparecchiatura da 100 milioni ad una srl con il capitale di 20, so cosa rischio. Se la vendo ad un privato so che posso ricuperare il 100% del valore (agendo per vie legali). Se il privato a sua volta vuole tutelarsi si da' una forma societaria, il che significa che dice a tutti i fornitori <<ecco: questo e' il limite per cui mi impegno a rischiare>>. Poiche' i bilanci di una societa' sono (devono essere) pubblici, ogni fornitore puo' calcolare il suo fattore di rischio, vedendo di quanto e' esposta la societa' cliente a cui sta vendendo. Tenete presente che a proposito di "paesi normali" la normativa civilistica impone che nessuna societa' possa avere debiti superiori al capitale sociale. Nel caso svizzero, di cui chiedi piu' sotto, i debiti non possono superare la meta' del capitale sociale (ovviamente per difendere i fornitori dal rischi di fallimenti a catena) e quindi un Berlusconi non avrebbe potuto avere i debiti che aveva. Sarebbe stato fatto fallire d'ufficio prima, direttamente dagli organi dello stato e non avrebbe potuto avere tutto quel potere che scaturisce dall'avere tanti debiti. >Questo limite >legislativo impone a chiunque,per tutelarsi di formare una srl (20 milioni >pronti via), investire in qualcosa di minimale per il proprio lavoro, >lavorare alcuni mesi, emettere fatture e aspettare altri tre quattro mesi > a volte sei e a me e' capitato ben 9 mesi) prima di incassare qualcosa, e >provate a protestare in Italia se qualcuno non vi paga una fattura! Come >minimo dovrete essere in grado di documentare per filo e per segno tutti I >termini e I minimi contributi della fattura, anche se avete un contratto e >se avete lavorato per mesi, e poi alla fine vi accorderete per il 60% - 80% >della fattura e avrete perso un cliente. Il cliente ovviamente non avra' >nessuna multa per ritardato pagamento o per danni provocati o mancato >rispetto di un contratto. Ricordo a questo proposito che il record negativo in fatto di ritardo nel pagamento era, alcuni anni fa (non so oggi), il sistema delle USL e cio' lo Stato stesso. Piu' di 1000 giorni di ritardo medio, con punte di 1'800-2'000 giorni per le USL siciliane (vado a memoria ma non credo di sbagliare piu' di tanto). >Se non erro in Svizzera e' un ente federale che si occupa del recupero >crediti, e negli USA una societa' protestata riceve subito una bella visita >della finaza, con tutto quello che ne puo' conseguire (quando si cerca di >spiegare agli USA che una fattura scaduta da 30 giorni non e' stata pagata e >non lo sara' per altri 60-70 giorni, non riescono a capire e chiedono subito >un intervento di avvocati, finanza, etc... : o sono abituati veramente in >modo diverso o sono attori eccezionali ). Esiste una legge quadro federale svizzera che si occupa dei fallimenti e del recupero del credito ma il compito esecutivo e' cantonale, in base ad una legge attuativa locale. In caso di "sofferenze" ci si rivolge ad un ufficio cantonale, il quale verifica la regolarita' del titolo di credito (fattura) e si occupa della riscossione e di tutta la procedura esecutiva, fino al pignoramento ed al fallimento, il tutto nell'ambito di una procedura che prevede ovviamente reclamo e ricorso di tutte le parti in causa davanti ad un giudice. In conclusione, l'Italia non e' un paese normale e ne paga pesantemente le conseguenze. Tuttavia ci sono resistenze al cambiamento che sono legate al suo stesso essere "anormale". Tutti questi regimi particolari (esenzioni per categoria, categorie forti ecc) hanno creato nicchie di potere e di privlegio (come per esempio le pensioni di anzianita' e la burocrazia sanitaria) e costoro resistono al cambiamento per mantenere il proprio status. Il dramma e' che costoro trovano rifugio non solo a destra ma anche a sinistra (ed al centro) ed il paese non riesce a sboccarsi. Questo noi lo sappiamo ma per dirla con Cacciari il fatto di saperlo non ci fa fare alcun passo avanti in quanto <<chi sa non puo' e chi puo' non sa>> (o fa finta di non sapere, aggiungerei). Saluti a tutti, Francesco Forti ![]() |