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L’ECONOMIA DEL SI’

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: L’ECONOMIA DEL SI’

Messaggioda mariok il 05/10/2016, 14:04

S' perché le regioni sono un modello di corretta gestione e di bilanci in ordine!

E poi il debito pubblico è il consolidato di tutta la pubblica amministrazione e proprio perché non c'è una completa autonomia impositiva e si procede in gran parte mediante trasferimenti, la tasca è una.

Il federalismo fiscale voluto un tempo dalla lega si è rivelato impossibile, per i grandi squilibri economici che ci sono in questo paese.

Rimanere in mezzo al guado presenta tutti i difetti sia di un sistema che dell'altro.

Io toglierei dalle mani delle regioni anche la sanità. Che senso ha che in una regione certe cure siano assicurate ed in altre no?

Né sinceramente, sul piano della democrazia, mi sento più rappresentato dalla regione che dal governo centrale.
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Re: L’ECONOMIA DEL SI’

Messaggioda flaviomob il 05/10/2016, 15:28

Le regioni sono governate col premio di maggioranza. Dunque ciò che non ha funzionato si vuole applicare anche al parlamento nazionale?

La spesa pubblica regionale è estremamente disomogenea. Invece di punire gli spendaccioni, riportare tutto allo stato centrale (Pantalone) significa penalizzare le autonomie locali che funzionano meglio e continuare a buttare soldi in quelle che sprecano e basta.

https://politicasemplice.it/blog/giomax ... le-regioni

Il patto di stabilità a cosa è servito? A penalizzare i comuni che avevano riserve e attivi di bilancio.

Volete chiudere le regioni? Beh chiudete quelle che sprecano e spandono.

http://impresalavoro.org/qualita-spesa- ... -italiane/


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Re: L’ECONOMIA DEL SI’

Messaggioda Robyn il 05/10/2016, 18:32

La riforma del titolo V non la definirei una riforma centralista,perche semplicemente riporta alla competenza esclusiva dello stato materie che è ovvio non possano essere federalizzate come trasporti e energia.Pensiamo se per fare una strada a scorrimento veloce che attraversa tre regioni si debba aspettare l'ok delle regioni che in molti casi può anche essere un veto.Poi c'è la regola della supremazia.Per ex quando le regioni legiferano può accadere che le legislazioni sono troppo ad arlecchino l'una diversa dall'altra.Allora lo stato interviene a fissare dei principi all'interno del quale le varie regioni possono legiferare.Infatti nello stato federale la costituzione prevale sempre sulle singole costituzioni regionali.Poi c'è il tema delle province meglio se rimanevano finanziate con tassazione inversa dal cittadino verso il centro
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Re: L’ECONOMIA DEL SI’

Messaggioda Robyn il 05/10/2016, 21:39

Dilemma delle province risolto esistono in costituzione le città metropolitane cioè gli enti di vasta area che raccolgono più comuni sono più piccole geograficamente ed hanno le stesse competenze delle province.In merito all'elezione del senato i consigli eleggono proporzionalmente ai voti ottenuti da ogni lista i senatori e un sindaco uno per regione.Allora le legge deve privilegiare secondo i resti più alti i partiti che non hanno avuto seggi.Quale sindaco eleggerà la regione?Non è specificato quindi un sindaco di un partito piccolo.Questo non permette a nessun partito di avere la maggioranza.Il dl boschi non è vero che elimina la competenza concorrente con le regioni ma ne mantiene alcune
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Re: L’ECONOMIA DEL SI’

Messaggioda Robyn il 06/10/2016, 0:45

simulazioni della composizione del senato e metodo Hare
http://www.repubblica.it/politica/2014/ ... -93397810/
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Re: La finanza del NO

Messaggioda trilogy il 06/10/2016, 9:46

flaviomob ha scritto:
L'Huffington Post | Di Claudio Paudice

"Un ponte verso il nulla". Il Financial Times ci ripensa e stronca la riforma costituzionale di Renzi. Con un editoriale di Tony Barber, il quotidiano della City di Londra critica la legge che sarà sottoposta al referendum il prossimo 4 dicembre. Secondo Ft le riforme "faranno poco per migliorare la qualità del governo, della legislazione e della politica", perché "quello di cui l'Italia ha bisogno non sono più leggi da approvare più rapidamente ma meno leggi e migliori''. Soprattutto leggi che poi vengano applicate e non bloccate dalla burocrazia......


Si può essere d'accordo nella sostanza. Però abbiamo il bicamerale perfetto ma le leggi che produce fanno schifo. In parte è la qualità di chi siede in parlamento, in parte il continuo ping pong che porta a stravolgere ogni proposta di legge per poi emanare provvedimenti privi di ogni logica coerenza.

Sull'altro aspetto sono daccordo. Il vero problema dell'Italia è nella Pubblica Amministrazione. Il Parlamento fa le leggi poi non succede nulla. Finiscono nella palude dei burocrati ministeriali dove vengono affossate, stravolte da circolari interpretative, ricorsi vari. IL problema però è che appena si fa qualche cosa per affrontare questo aspetto, apriti cielo. Vedi il caso dell'agenda digitale dove arriva un manager del livello di Piacentini e fioccano le polemiche a non finire.
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Re: La finanza del NO

Messaggioda pianogrande il 06/10/2016, 22:27

trilogy ha scritto:
flaviomob ha scritto:
L'Huffington Post | Di Claudio Paudice

"Un ponte verso il nulla". Il Financial Times ci ripensa e stronca la riforma costituzionale di Renzi. Con un editoriale di Tony Barber, il quotidiano della City di Londra critica la legge che sarà sottoposta al referendum il prossimo 4 dicembre. Secondo Ft le riforme "faranno poco per migliorare la qualità del governo, della legislazione e della politica", perché "quello di cui l'Italia ha bisogno non sono più leggi da approvare più rapidamente ma meno leggi e migliori''. Soprattutto leggi che poi vengano applicate e non bloccate dalla burocrazia......


Si può essere d'accordo nella sostanza. Però abbiamo il bicamerale perfetto ma le leggi che produce fanno schifo. In parte è la qualità di chi siede in parlamento, in parte il continuo ping pong che porta a stravolgere ogni proposta di legge per poi emanare provvedimenti privi di ogni logica coerenza.

Sull'altro aspetto sono daccordo. Il vero problema dell'Italia è nella Pubblica Amministrazione. Il Parlamento fa le leggi poi non succede nulla. Finiscono nella palude dei burocrati ministeriali dove vengono affossate, stravolte da circolari interpretative, ricorsi vari. IL problema però è che appena si fa qualche cosa per affrontare questo aspetto, apriti cielo. Vedi il caso dell'agenda digitale dove arriva un manager del livello di Piacentini e fioccano le polemiche a non finire.


Stesso discorso vale, pari pari, per il proporzionale.
Leggi eterogenee e pasticciate per accontentare anche il singolo parlamentare di quello 0,3 che può far cadere il governo.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: L’ECONOMIA DEL SI’

Messaggioda flaviomob il 06/10/2016, 23:00

Proporzionale o maggioritario non sono in discussione nel referendum. Peraltro gli elettori si sono già pronunciati a favore del maggioritario nel 1991.

La riforma della Costituzione proposta riporta ad un centralismo obsoleto e penalizzante per le realtà locali più virtuose, crea un senato inutile e irrilevante sul piano numerico che nulla ha a che vedere con il Bundesrat tedesco - per il quale sarebbe necessaria una ben più efficace e radicale riforma in senso federale, con autonomia impositiva dei centri di spesa che impedirebbe le spese scellerate del passato ma anche l'ottusità del "patto di stabilità" - mentre alla camera si mantiene uno spropositato numero di parlamentari, gran parte "nominati".

Ognuno poi può trarre le conclusioni che vuole, però affermazioni sconclusionate riguardo a votare no "come Brexit" o aggravente per la crisi economica sono ridicole, così come allisciarsi gli elettori con promesse pelose su pensioni e ponte.
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Re: L’ECONOMIA DEL SI’

Messaggioda Robyn il 06/10/2016, 23:40

Questo non è vero perche per le realtà più virtuose la riforma introduce il federalismo differenziato che le premia.Per quel che riguarda l'autonomia di spesa la riforma non modifica nulla e la tassazione può essere inversa dal cittadino verso il centro passando per per i vari livelli comuni,citta metropolitane"ex province,ma molto più piccole",regioni,centro.In relazione al senato anche in Germania è differenziato con elezione di secondo grado e da noi rimane una camera di riflessione.Sulla riduzione dei parlamentari era meglio non diminuire drasticamente i senatori per non incidere sugli equilibri che è possibile pensare adesso con la legge elettorale.La norma transitoria prevede il metodo Hare che assegna i seggi in modo proporzionale e premia i partiti più piccoli con il recupero dei resti.La legge a differenza di una prima formulazione,nel quale i sindaci dei capoluoghi di regione sarebbero diventati senatori consegnando la maggioranza assoluta ad un partito,prevede che la lista sia unica ed in questa sono candidati consiglieri e sindaci cosa che teoricamente non consegna la maggioranza a nessun partito.La legge dovrebbe prevedere le modalità di scelta degli elettori.In merito al governo meglio il westminster,il presidente investe il presidente del consiglio,fiducia e sfiducia del parlamento nomina e revoca dei ministri dal presidente e senza la sfiducia costruttiva
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Re: L’ECONOMIA DEL SI’

Messaggioda flaviomob il 07/10/2016, 23:57

La Germania è una repubblica federale e il bundesrat esiste dal 1871. L'Italia non è una repubblica federale.

Dopodiché bisognerebbe indagare bene come si costituisce, se si segue il modello tedesco, un "senato federale".

Per esempio, all'atto della sua fondazione il voto del bundesrat era vincolante su molti temi, persino su di un'eventuale dichiarazione di guerra. Con la riforma Boschi questa prerogativa diventa esclusivamente del presidente del consiglio (non più del presidente della repubblica).

Un altro codicillo tedesco recita che:
Il Bundesrat partecipa innanzitutto al procedimento di revisione costituzionale. Affinché una legge di riforma della legge fondamentale entri in vigore è richiesta accanto all'approvazione del Bundestag anche il voto favorevole del Bundesrat, che deve approvare la riforma costituzionale con la maggioranza dei due terzi dei voti (cioè almeno 46 voti). (Wikipedia)


Non è quindi prevista la possibilità di una maggioranza semplice con successivo referendum costituzionale.

Per l'elezione del presidente della repubblica la riforma Boschi prevede che dopo l'ottavo scrutinio si possa procedere a maggioranza assoluta, il che rende quasi irrilevante il senato (100 contro 630)-

Il Bundesrat elegge con la maggioranza dei due terzi la metà dei giudici della Corte costituzionale federale.


Anche qui, lo squilibrio rispetto alla riforma italiana è evidente.

In Germania il voto del bundesrat è vincolante per tutte le questioni inerenti gli enti locali e i trattati internazionali. Con la riforma Boschi invece la camera potrà sempre superare un voto contrario del senato

Solo nel caso di leggi che riguardano le competenze regionali, il voto del Senato è obbligatorio.

...se si tratta di leggi che riguardano le competenze legislative esclusive delle Regioni o leggi di bilancio, la Camera può 'superare' le modifiche volute del Senato solo a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
http://www.repubblica.it/politica/2015/ ... 124904893/


Inoltre anche sui trattati internazionali, a differenza del bundesrat tedesco (vincolante)
solo la Camera approverà le leggi di amnistia e indulto, e le leggi che recepiscono i trattati internazionali (a meno che non riguardino l'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea, e in quel caso anche il Senato deve approvarle).


La cosa più grave e contraddittoria, però, è la forte spinta all'accentramento che viene data dalla parte che riguarda il rapporto stato/regioni: che senso ha introdurre un simulacro di senato federale per poi imporre un pasticciaccio del genere, romanocentrico in molti aspetti, aperto a ricorsi continui alla Corte suprema in altri?

E perché mai raccogliere tutte le modifiche costituzionali (ben 40 articoli) in un'unico quesito referendario?

Io credo che, dato che siamo un paese cattolico individualista in perenne cerca di un redentore, finiranno col prevalere (di poco) i Sì accentrando ancora di più i poteri del governo e del presidente del consiglio su partiti, enti locali, camera e senato (di nominati dai partiti stessi). Le conseguenze saranno gravi e si riproporrà da molti territori una forte spinta autonomista / secessionista determinata dalle conseguenze nefaste di questo accrocchio arzigogolato. A quel punto, se M5S dimostrerà di fallire nel governo locale delle grandi metropoli, nel Nord tornerà una Lega estremamente potente che raccoglierà buona parte del malessere dell'elettorato, non soltanto di destra. Magari si romperà lo stato nazionale e rimarrà una "mezza Italia" in Europa, cosa che non dispiacerebbe poi troppo ai tedeschi...


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