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dapprima in affitto dall’Inpdai, che ne era il proprietario (per un canone mensile tra i 2 mila e i 3 mila euro: il rinnovo del contratto di locazione del 2000, prima dell’acquisto, parla di 71.562.540 lire l’anno), ha cambiato proprietà solo nel 2011 per 3.415.700 euro, cifra considerata molto al di sotto (qualcuno disse la metà) del valore effettivo di mercato degli appartamenti.
L’EX PRESIDENTE DC
De Mita, l’attico di via in Arcione in vendita per 11 milioni
A due passi da piazza di Spagna e Fontana di Trevi l’appartamento ospita dal 1988 l’ex esponente democristiano. Si sviluppa su due piani ed è grande 630 metri quadrati
di Lilli Garrone
La spending-review potrebbe aver contagiato anche casa De Mita. Secondo indiscrezioni, la famiglia dell’ex presidente della Democrazia Cristiana avrebbe messo in vendita il grande appartamento di via in Arcione per una cifra vicina agli 11 milioni di euro. Così, con trattative segretissime e una buona dose di mistero, dovrebbe passare di mano una delle più celebri abitazioni «politiche» di sempre, uno dei simboli del potere della Prima Repubblica. È qui che Luigi Ciriaco De Mita - ancora in attività, eletto nel 2014 sindaco di Nusco, il paese di quattromila abitanti dove è nato nel 1928 - si trasferì poco dopo la nomina a presidente del Consiglio, nel 1988.
L’annuncio sui siti degli immobili di lusso, parla di un «prestigioso attico di 630 metri quadri a via in Arcione, a due passi da piazza di Spagna, Fontana di Trevi e piazza Barberini...con 530 metri quadri di appartamento su due piani e 93 metri quadri di verande...», più le terrazze: altri 200 metri quadri. Impossibile, però, vedere immagini e saperne di più, nonostante gli accrediti. Il giovane portiere dello stabile, Alessandro, nega disperatamente: «Ma no, non ne so nulla, la famiglia vive ancora qui...». Quanto ai pochissimi abitanti rimasti nei dintorni, sembrano ignari di tutto: «Da queste parti non si sa mai niente... Una signora ha messo in affitto un negozio e poi ha cambiato tre volte numero di telefono», sottolineano. Le voci, però, trovano anche conferme illustri, seppure sotto la garanzia del rispetto più rigoroso dell’anonimato.
Cause e inchieste
Il mistero, del resto, ha circondato da sempre questa casa-simbolo della Prima Repubblica, dall’arredo sontuoso ma conosciuta anche per i cacio-cavallo di Avellino che erano appesi sul retro della terrazza. Anni di cause e inchieste giudiziarie non sono mai riusciti del tutto a svelare le vicissitudini dell’ appartamento: dapprima in affitto dall’Inpdai, che ne era il proprietario (per un canone mensile tra i 2 mila e i 3 mila euro: il rinnovo del contratto di locazione del 2000, prima dell’acquisto, parla di 71.562.540 lire l’anno), ha cambiato proprietà solo nel 2011 per 3.415.700 euro, cifra considerata molto al di sotto (qualcuno disse la metà) del valore effettivo di mercato degli appartamenti.
Dimensioni misteriose
Persino le reali dimensioni dell’immobile sono avvolte nel mistero: per far spazio alla famiglia del potente politico, la moglie Anna Maria e due dei quattro figli, Antonia e Giuseppe, furono infatti uniti tre appartamenti al quarto e quinto piano del settecentesco palazzo Gentili del Drago. Tutto fu poi restaurato ad arte e blindato con vetri antiproiettile, solidi pannelli contro gli sguardi indiscreti e porte d’acciaio (si disse che i lavori furono pagati dal Sisde, il servizio segreto, per motivi di sicurezza). Marmi, maioliche, parquet e rifiniture di grande pregio, andarono a impreziosire il tutto, secondo i dettami e i gusti della famiglia De Mita. Che, sulle maniglie di ottone delle porte di casa, aveva anche inciso le sue iniziali stilizzate e intrecciate. Adesso, forse, dovranno essere cambiate.
5 agosto 2016 | 07:37
trilogy ha scritto:Non sono mica metalmeccanici...http://www.repubblica.it/politica/2016/ ... ef=drnh7-1
mariok ha scritto: occorrerebbe istituire un serio monitoraggio dei patrimoni da parte della magistratura contabile e chiedere al politico che presenti incrementi significativi del patrimonio la documentazione sulla provenienza di tali risorse, pena la decadenza e l'inibizione da ogni carica pubblica, senza le solite richieste di arresto cautelare e gli interminabili processi per concussione che vanno regolarmente in prescrizione.
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