Nel comunicato del PD viene sostenuta la tesi che la legge preveda che non si possa accorpare il Referendum ad altre elezioni. Questo non è affatto corretto, un accorpamento si poteva fare e lo dimostra la storia (ne avevo parlato nella guida utile del Referendum “Trivelle” del 6 marzo 2016). Devo fare un passo indietro nel tempo, ossia all’anno 2009 quando i referendum abrogativi vennero accorpati assieme alle elezioni amministrative (precisamente in corrispondenza ai ballottaggi). Affinché potesse avvenire l’accorpamento venne fatta una legge ad hoc, la n.40 del 28 aprile 2009. All’epoca era in carica il Governo Berlusconi IV.
In contraddizione al comunicato del Partito Democratico posso citare le dichiarazioni del Ministro dell’Interno Angelino Alfano, il quale aveva rilasciato informazioni diverse. A sollevare la questione fu il deputato SEL Arturo Scotto presentando un’interrogazione a risposta immediata in assemblea il 2 febbraio 2016. La risposta di Alfano arrivò il 3 febbraio:
Premetto che la legge n. 352 del 1970, che disciplina l’istituto referendario, non contiene espresse previsioni sulla possibilità o meno di abbinamento del referendum abrogativo con le consultazioni elettorali amministrative. Va anche considerato che la norma sull’election day contiene elementi in questo senso, in quanto ha considerato a parte l’esigenza di accorpamento dei referendum, distinguendoli dalle altre forme di espressione della volontà popolare.
Ciò detto, la celebrazione contestuale di consultazioni referendarie e delle elezioni amministrative incontra anche difficoltà di natura tecnica e non superabili in via amministrativa. Mi riferisco, in particolare, alla diversa composizione degli uffici elettorali, alla ripartizione degli oneri e all’ordine di successione delle operazioni di scrutinio. Per quanto riguarda il primo aspetto, le norme prevedono proprio che l’ufficio di sezione sia composto da quattro scrutatori per le consultazioni amministrative, mentre per quelle referendari ne sono previsti tre. Per ciò che concerne il secondo aspetto, occorre rilevare che alle spese per le amministrative concorrono pro quota, insieme allo Stato, anche gli stessi comuni interessati al voto. In questo caso mancherebbe un criterio legislativo per la distribuzione del peso finanziario della consultazione referendaria, che, ovviamente avendo carattere nazionale, finirebbe per coinvolgere una platea più ampia di amministrazioni locali rispetto a quelle che andranno a rinnovare i loro organi elettivi nella prossima finestra elettorale.
Relativamente al terzo aspetto va osservato come, in caso di contemporaneo svolgimento di più consultazioni elettorali, è sempre la legge a determinare l’ordine di scrutinio e ciò per l’evidente ragione a cui sono sottese esigenze di garanzia e trasparenza di definire in maniera dettagliata tutte le diverse operazioni, escludendo ogni discrezionalità.
L’assenza di disposizioni specifiche sull’accorpamento tra referendum ed elezioni amministrative renderebbe inevitabile, pertanto, un intervento di carattere legislativo, non avendo né il Governo né il Ministro dell’interno alcun potere decisionale per disporre autonomamente e con strumenti amministrativi l’abbinamento delle due diverse consultazioni. In effetti, nel 2009, per consentire lo svolgimento contestuale del secondo turno di ballottaggio delle elezioni amministrative e i referendum abrogativi in materia elettorale, fu necessario ricorrere ad una legge ad hoc, la n. 40, emanata nell’aprile di quell’anno.
http://www.bufale.net/home/disinformazi ... ufale-net/
Ora rischiamo pure di pagare le multe UE:
“Ora che il referendum non ha raggiunto il quorum, gli italiani rischiano di dover pagare una multa all’Europa”. Questa la tesi del Movimento No Triv, secondo cui l’emendamento alla legge di Stabilità che la consultazione mirava a modificare è in contraddizione con la normativa europea sulla libera concorrenza. La legge italiana, infatti, prevede che i titoli già rilasciati siano prolungati fino “alla durata di vita utile del giacimento”, mentre la direttiva 94/22/CE va in direzione opposta, dettando regole chiare per garantire competitività economica e accesso non discriminatorio alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi. In altre parole: libero mercato. In nome del quale la norma europea in questione stabilisce che “la durata dell’autorizzazione non superi il periodo necessario per portare a buon fine le attività per le quali essa è stata concessa”. Secondo questo principio, quindi, non si possono rilasciare concessioni a tempo indeterminato.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... e/2647966/