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Un referendum di cui non si parla

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Un referendum di cui non si parla

Messaggioda flaviomob il 08/03/2016, 16:23

Ovvio per tutti tranne che... per uno... :lol:


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Re: Un referendum di cui non si parla

Messaggioda franz il 09/03/2016, 8:20

Discorso che dovrebbe essere capito da chi discute tramite un PC fatto anche di plastica, assemblato trasportando cose in giro per il mondo, trasmesso usando cavi rivestiti di plastica, prodotti e installati usando un sacco di camion, da qualcuno che veste almeno in parte sintetico, vive in ambiente urbano, facendo uso di mezzi di trasporto. 8-)
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Re: Un referendum di cui non si parla

Messaggioda gabriele il 09/03/2016, 9:02

franz ha scritto:Discorso che dovrebbe essere capito da chi discute tramite un PC fatto anche di plastica, assemblato trasportando cose in giro per il mondo, trasmesso usando cavi rivestiti di plastica, prodotti e installati usando un sacco di camion, da qualcuno che veste almeno in parte sintetico, vive in ambiente urbano, facendo uso di mezzi di trasporto. 8-)


Francesco, potrei dirti che questo tuo stesso discorso potrebbe averlo fatto anche l'uomo dell'ottocento contro l'industrializzazione che stava arrivando, criticando coloro che la appoggiavano nella stessa maniera: "chi discute tramite la carta fatta di cellulosa utilizzando penna e calamaio, assemblati trasportando cose in giro per il mondo usando carri, cavalli e navi a vela, da qualcuno che veste almeno in parte con cotone, vive in ambiente rurale, facendo uso di mezzi di trasporto che non sono i piedi." :mrgreen:
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Re: Un referendum di cui non si parla

Messaggioda franz il 09/03/2016, 19:25

gabriele ha scritto:Francesco, potrei dirti che questo tuo stesso discorso potrebbe averlo fatto anche l'uomo dell'ottocento contro l'industrializzazione che stava arrivando, criticando coloro che la appoggiavano nella stessa maniera: "chi discute tramite la carta fatta di cellulosa utilizzando penna e calamaio, assemblati trasportando cose in giro per il mondo usando carri, cavalli e navi a vela, da qualcuno che veste almeno in parte con cotone, vive in ambiente rurale, facendo uso di mezzi di trasporto che non sono i piedi." :mrgreen:

Giusto, solo che dimentichi un fattore. Oggi, solo oggi, col senno di poi, sappiamo che invece di penna e calamaio usiamo il computer che usa la corrente e, bene precisarlo, non sappiamo affatto cosa useremo tra 40 anni. Ora quindi torniamo all'ottocento: se uno avesse proposto di usare come fonte di energia la merda di cavallo tritata (abbondava, credimi, non si sapeva più dove metterla ed in certi posti usano quella di cammello) avrebbe per forza avuto ragione? No, milioni di persone potevano fare proposte alla cazzo. E sarebbero stati tutti (giustamente) criticati dalle persone di buon senso. Una sola proposta ha avuto un percorso di successo. Ed è stato il mercato decidere, non chi critica. Allora io ti dico che oggi il tuo computer è fatto di plastiche (nei cavi, nella tastiera, nel mouse, in gran parte del monitor) ed oggi questo è possibile solo grazie al petrolio. Non so domani ma per ora dalle energie alternative (solare, eolico) nessuno puo' produrre plastica, polimeri, energia a basso costo. Conosco l'oggi e vedo che molti compagnucci, o presunti tali, preferiscono finanziare intollerabili e lontane satrapie arabe o russe piuttosto che ottenere lo stesso materiale a pochi km da casa.
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Re: Un referendum di cui non si parla

Messaggioda gabriele il 09/03/2016, 20:54

franz ha scritto:
gabriele ha scritto:Francesco, potrei dirti che questo tuo stesso discorso potrebbe averlo fatto anche l'uomo dell'ottocento contro l'industrializzazione che stava arrivando, criticando coloro che la appoggiavano nella stessa maniera: "chi discute tramite la carta fatta di cellulosa utilizzando penna e calamaio, assemblati trasportando cose in giro per il mondo usando carri, cavalli e navi a vela, da qualcuno che veste almeno in parte con cotone, vive in ambiente rurale, facendo uso di mezzi di trasporto che non sono i piedi." :mrgreen:

Giusto, solo che dimentichi un fattore. Oggi, solo oggi, col senno di poi, sappiamo che invece di penna e calamaio usiamo il computer che usa la corrente e, bene precisarlo, non sappiamo affatto cosa useremo tra 40 anni. Ora quindi torniamo all'ottocento: se uno avesse proposto di usare come fonte di energia la merda di cavallo tritata (abbondava, credimi, non si sapeva più dove metterla ed in certi posti usano quella di cammello) avrebbe per forza avuto ragione? No, milioni di persone potevano fare proposte alla cazzo. E sarebbero stati tutti (giustamente) criticati dalle persone di buon senso. Una sola proposta ha avuto un percorso di successo. Ed è stato il mercato decidere, non chi critica. Allora io ti dico che oggi il tuo computer è fatto di plastiche (nei cavi, nella tastiera, nel mouse, in gran parte del monitor) ed oggi questo è possibile solo grazie al petrolio. Non so domani ma per ora dalle energie alternative (solare, eolico) nessuno puo' produrre plastica, polimeri, energia a basso costo. Conosco l'oggi e vedo che molti compagnucci, o presunti tali, preferiscono finanziare intollerabili e lontane satrapie arabe o russe piuttosto che ottenere lo stesso materiale a pochi km da casa.


Non mi sembra che le fonti alternative siano merda di cavallo tritata. Anzi.

Dico solo di non chiudere le porte all'innovazione, altrimenti diventiamo una nazione di retrogradi.
Nel mio intervento comunque non dicevo di escludere ma di differenziare il più possibile. Diamo una possibilità a qualcos'altro. Sarà poi il mercato a decidere
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Re: Un referendum di cui non si parla

Messaggioda franz il 09/03/2016, 21:43

gabriele ha scritto:Non mi sembra che le fonti alternative siano merda di cavallo tritata. Anzi.

Dico solo di non chiudere le porte all'innovazione, altrimenti diventiamo una nazione di retrogradi.
Nel mio intervento comunque non dicevo di escludere ma di differenziare il più possibile. Diamo una possibilità a qualcos'altro. Sarà poi il mercato a decidere

Era un esempio come un altro. Come milioni, appunto. Trattasi comunque di prodotto energetico (cavallo o cammello, anche ora funziona ma non è efficente) ma l'innovazione puo' farci apparire scenari inaspettati (migliori) anche tra 10 minuti. E tra pochi anni solare ed eolico potranno apparirci tra un po' di anni come "merda tritata". Senza contare che oggi non possono produrre materie plastiche e che nulla è all'orizzonte come possibilità di produrre materie plastiche da eolico e solare.
Sono d'accordo nel differenziare ma a me pare che invece qui si vogliano a) punire alcune fonti e b) sovvenzionarne altre. Per non dire di c) che è vietarne altre ancora. Se unisci punire, sovvenzionare e vietare, mi chiedo dove tu veda la possibilità del mitico "mercato" di poter decidere. Liberamente.
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Re: Un referendum di cui non si parla

Messaggioda gabriele il 10/03/2016, 9:28

franz ha scritto:
gabriele ha scritto:Non mi sembra che le fonti alternative siano merda di cavallo tritata. Anzi.

Dico solo di non chiudere le porte all'innovazione, altrimenti diventiamo una nazione di retrogradi.
Nel mio intervento comunque non dicevo di escludere ma di differenziare il più possibile. Diamo una possibilità a qualcos'altro. Sarà poi il mercato a decidere

Era un esempio come un altro. Come milioni, appunto. Trattasi comunque di prodotto energetico (cavallo o cammello, anche ora funziona ma non è efficente) ma l'innovazione puo' farci apparire scenari inaspettati (migliori) anche tra 10 minuti. E tra pochi anni solare ed eolico potranno apparirci tra un po' di anni come "merda tritata". Senza contare che oggi non possono produrre materie plastiche e che nulla è all'orizzonte come possibilità di produrre materie plastiche da eolico e solare.
Sono d'accordo nel differenziare ma a me pare che invece qui si vogliano a) punire alcune fonti e b) sovvenzionarne altre. Per non dire di c) che è vietarne altre ancora. Se unisci punire, sovvenzionare e vietare, mi chiedo dove tu veda la possibilità del mitico "mercato" di poter decidere. Liberamente.


A parte il fatto che dalle deiezioni (tritate o non tritate) si ricava veramente energia, non capisco assolutamente il paragone. Forse per dimostrare che senza le sovvenzioni statali alcune rinnovabili non avrebbero mercato?
Certamente vero. Ma come si fa ad avere spazio nel mercato energetico (di questo parlo) in un mondo in cui lo stesso mercato è dominato dallo strapotere dei petrolieri? L'unico modo è l'intervento statale.

Qui ci ricolleghiamo ad un altro post nel quale si parlava del limite fra lo stato e il mercato, ovvero di economia.
Non voglio andare OT, quindi sarò sintetico. Se l'economia la misuriamo esclusivamente con il valore monetario, il tuo ragionamento non fa una grinza. Un prodotto che non è competitivo, soprattutto sotto pressione, deve perire.
Se invece l'economia la misuriamo anche con la sostenibilità planetaria, lo Stato, o meglio gli Stati, devono per forza intervenire sul mercato al fine di salvaguardare un bene supremo: il pianeta nel suo insieme e la conseguente libera esistenza di ogni essere umano.

Ora si deve capire quanto, ad esempio, la costruzione di un pannello solare inquini in termini di utilizzo petrolifero, cioè quanti inquinanti vengono sprigionati per la sua produzione relazionandola alla produttività complessiva del suo ciclo vitale mettendo il tutto in relazione al consumo di petrolio (da petrolio grezzo a combusto passando per tutti i cicli di raffinazione e commercializzazione, trasporto compreso).

Aggiungo che esistono altri metodi per la produzione di materie plastiche. Alcune aziende producono plastica partendo dal mais (bioplastiche), con tutti i pro e i contro, ovviamente.
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Re: Un referendum di cui non si parla

Messaggioda franz il 10/03/2016, 22:36

Non se ne parlava, ma si comincia ora, piano piano.


No-Triv: il referendum truffa
9 marzo 2016
Ci sono tre ragioni che consiglierebbero di non andare a votare al referendum indetto dai no-Triv: primo, in realtà il quesito referendario non riguarda le trivelle; secondo, nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di gas, non di petrolio; terzo, la consultazione è stata indetta solo per riaffermare il potere delle Regioni sulle questioni energetiche

Il referendum contro la ricerca e l'estrazione degli idrocarburi nel mare Adriatico è una vera e propria truffa a danno dei cittadini che, in buona fede, pensassero di votare contro il pericolo di inquinamento delle nostre coste e per la salvaguardia del mare.

A parte le considerazioni economiche sulla rinuncia a investimenti e possibilità di lavoro in un settore in cui l'Italia gode di una buona reputazione sui mercati internazionali, ci sono tre ragioni che consiglierebbero di non andare a votare per non dare spago a degli azzeccagarbugli che, in maniera strumentale, agitano pericoli inesistenti per fini puramente politici, incuranti del danno che possono provocare al Paese e ai suoi cittadini.

In primo luogo, il quesito referendario non riguarda le trivelle, come si dice, bensì solo la possibilità eventuale di continuare a sfruttare, al momento della scadenza della concessione, giacimenti già in produzione da tempo e che potrebbero proseguire la propria attività che da molti anni va avanti senza alcun danno per l'ambiente, ed anzi agevolando la produzione di ottimi mitili che rappresentano il 25% della produzione complessiva di "cozze" di Ravenna.

In secondo luogo è bene precisare che nella stragrande maggioranza dei casi non si tratta di estrazione di petrolio, bensì di gas, che è ritenuto dagli stessi ecologisti una energia pulita, e che è stato alla base della crescita economica dell’Italia nel secondo dopoguerra grazie alle scoperte dell’Eni in val Padana.

La terza ragione è quella decisiva. Il referendum è stato promosso da molte Regioni, in prima fila la Puglia del governatore Emiliano, per ragioni squisitamente politiche e cioè per riaffermare il potere delle Regioni sulle questioni energetiche rispetto ai tentativi dello Stato di ricentralizzare certe politiche fondamentali per l'economia dell’intero Paese, come appunto i trasporti e l'energia. Le Regioni, specie quelle meridionali, non hanno certo ben meritato, nei passati decenni, per le loro scelte in campo economico e quindi non sembra proprio il caso di appoggiare questa loro pretesa.

La strumentalità del referendum è così evidente che lo stesso Emiliano per convincere i cittadini ad andare alle urne non esita a ricorrere alle argomentazioni più strampalate, tendenti a suscitare le più irrazionali paure o a rassicurare sulla possibilità di continuare a godere di tutte le comodità della vita moderna (riscaldamento, automobile, gas di cucina) anche senza la produzione dei nostri mari. Da ultimo, ad esempio, Emiliano è arrivato a sostenere che la Puglia produce energia da fonti rinnovabili sufficiente a soddisfare tutte le esigenze, compresa quella della mobilità, come se esistessero già auto elettriche o ad energia solare. Come tutti sanno il fabbisogno energetico italiano è coperto per oltre il 65% da idrocarburi dato che non abbiamo il nucleare (come in Francia) e non usiamo il carbone (come in Germania).

La verità è che esistono già numerose piattaforme vicino alle coste italiane che non hanno provocato alcun problema ecologico e che sono continuamente monitorate dalle autorità preposte allo scopo. Far leva sulle paure irrazionali per finalità della propria bottega politica è scorretto e truffaldino. Meglio non prestarsi a questi giochi di potere che poi finiscono per danneggiare il lavoro e le possibilità di crescita dell'intero Paese.
http://www.firstonline.info/Blogs/artic ... V9GT0x8Mjg


PS: non consiglieri mai di non andare a votare e nemmeno in questo caso faccio eccezioni.
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Re: Un referendum di cui non si parla

Messaggioda gabriele il 11/03/2016, 9:25

franz ha scritto:Non se ne parlava, ma si comincia ora, piano piano.


No-Triv: il referendum truffa
9 marzo 2016


Grazie Francesco. L'ho letto ma ci vuol tempo per assimilarlo ;-)
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Re: Un referendum di cui non si parla

Messaggioda gabriele il 11/03/2016, 11:15

I referendum sulle trivellazioni
Sono stati promossi da nove regioni, comitati e movimenti: dei sei quesiti ne è rimasto in piedi solo uno, ma su altri due c'è una questione aperta



Da qualche mese si parla dei referendum contro le trivellazioni promossi da alcune regioni, i cosiddetti comitati No-Triv e altri movimenti. Inizialmente i quesiti erano sei, ma solo uno è stato approvato pochi giorni fa dalla Corte Costituzionale; su altri due sta per essere presentato un conflitto di attribuzione.

Da capo
Il referendum è previsto dall’articolo 75 della Costituzione: può essere proposto da 500 mila elettori o da almeno cinque Consigli regionali per abrogare, totalmente o parzialmente «una legge o un atto avente valore di legge». Dopodiché, prima di arrivare al voto vero e proprio i quesiti devono passare una serie di controlli tecnici e devono essere dichiarati ammissibili dalla Corte costituzionale.

Nel settembre del 2015 Possibile, un movimento politico fondato dal parlamentare Giuseppe Civati dopo essere uscito dal Partito Democratico, aveva promosso la raccolta firme degli elettori a sostegno della presentazione di otto referendum, due dei quali avevano a che fare con la ricerca e l’estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare e su terraferma, cioè con le trivellazioni. Le 500 mila firme non erano state però raggiunte. Poco dopo – anche grazie alla pressione esercitata da 200 associazioni, comitati e movimenti – dieci consigli regionali avevano deciso di presentare a loro volta sei quesiti referendari, ai quali il 27 novembre la Cassazione aveva dato il via libera. I referendum erano stati promossi inizialmente da dieci regioni: Abruzzo, Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise. L’Abruzzo si è poi ritirato.

Il governo Renzi era intervenuto allora con una serie di modifiche nella legge di stabilità, che avevano in parte a che fare con i quesiti stessi. La Cassazione aveva dovuto quindi valutare di nuovo i referendum e l’8 gennaio, viste le modifiche introdotte dalla legge di Stabilità, aveva accantonato cinque quesiti. La Cassazione aveva però ritenuto che la modifica del Parlamento sulla durata delle concessioni non avesse recepito completamente la richiesta referendaria e aveva dichiarato che il sesto quesito continuava a mantenere i requisiti necessari per la presentazione. Lo aveva rinviato alla Corte Costituzionale che il 19 gennaio lo ha dichiarato ammissibile. La sentenza della Corte Costituzionale e le motivazioni saranno pubblicate entro il 10 febbraio.

Il quesito ammesso
La sentenza della Consulta sarà ora notificata alla presidenza del Consiglio dei ministri e verrà indicata una data per il voto tra il 15 aprile e il 12 giugno. A quel punto il referendum sarà indetto con un decreto del presidente della Repubblica. Nel frattempo però il governo potrebbe cercare di modificare la norma per evitare che si arrivi al voto, come già successo con la legge di stabilità.

Il quesito ammesso riguarda la durata delle autorizzazioni per le esplorazioni e le trivellazioni dei giacimenti in mare già rilasciate, e ha a che fare con l’abrogazione dell’articolo 6 comma 17 del Codice dell’Ambiente nella parte in cui prevede che le trivellazioni possano proseguire fino a quando il giacimento lo consente. Il comma prevede sostanzialmente che le trivellazioni per cui sono già state rilasciate delle concessioni non abbiano una scadenza. Il referendum vuole invece limitare la durata delle concessioni alla loro scadenza naturale, chiudere dunque definitivamente i procedimenti in corso e evitare proroghe.

Altri due quesiti
Su due dei cinque quesiti che la Cassazione ha dichiarato “decaduti” dopo gli interventi del governo nella legge di stabilità, sei regioni hanno deciso di presentare un conflitto di attribuzione: Basilicata, Sardegna, Veneto, Liguria, Puglia e Campania. Si tratta in questo caso dei referendum che riguardano il “Piano delle Aree” e le proroghe dei titoli.

Il Piano delle Aree era stato introdotto dal decreto cosiddetto “Sblocca Italia”: obbligava il governo e le regioni a definire quali fossero le aree in cui era possibile avviare dei progetti di trivellazione tenendo conto della diversità dei territori, delle aree a rischio sismico e così via. Si trattava di uno strumento di pianificazione e razionalizzazione che prevedeva la partecipazione attiva delle regioni. Uno dei quesiti dei referendum ribadiva che le regioni dovevano partecipare in modo attivo alla sua stesura e chiedeva che fino a quando il Piano non fosse stato elaborato non si potessero rilasciare nuovi permessi. Il Piano è però stato abrogato dal governo nella legge di stabilità, facendo decadere automaticamente anche il quesito che lo riguardava.

I promotori del referendum sostengono che l’azione del governo sia servita ad aggirare la questione e hanno sollevato dunque un conflitto di attribuzione. La Cassazione, dicono, ha fatto decadere il quesito invece di sollevare una questione di costituzionalità e il parlamento ha violato l’attribuzione che la Costituzione all’articolo 75 assegna al comitato promotore. La modifica della legge di stabilità doveva essere conforme alla richiesta del referendum: l’obiettivo non è stato raggiunto e viene dunque richiesto il ripristino della norma dello Sblocca Italia per poterne abrogare realmente una parte.

L’altro quesito riguarda le proroghe dei titoli. Lo Sblocca Italia aveva introdotto il “titolo concessorio unico”, che andava a sostituire le vecchie forme di permessi e concessioni per le trivellazioni rilasciate alle società petrolifere. Il titolo concessorio unico prevede che alla società petrolifera fosse concesso di fare ricerca e estrazione con un’unica richiesta, per procedere più velocemente. Le vecchie concessioni separavano invece il permesso di ricerca dal permesso di estrazione, che poteva avere una durata di trent’anni con possibilità di proroga di altri venti, arrivando a cinquant’anni in totale.

Il quesito referendario chiedeva che venisse stabilita una durata limitata del titolo concessorio unico, fissandola a trent’anni al massimo e senza possibilità di proroghe. La legge di stabilità ha modificato in questo senso la norma accogliendo il limite temporale del titolo concessorio unico ma ha contemporaneamente reintrodotto la vecchia forma di concessioni che prevede delle proroghe, senza estendere dunque anche a questa vecchia formula un limite temporale. Attualmente una società petrolifera può fare una scelta tra due possibilità: il titolo concessorio unico, che le concede trent’anni di tempo, o le vecchie concessioni che le concedono – con le proroghe – cinquant’anni.

I promotori dei referendum hanno anche in questo caso sollevato un conflitto di attribuzione sostenendo che il governo ha eluso la questione per far tornare in vigore la vecchia norma. Il conflitto consisterebbe nel fatto che spetta ai promotori sottoporre agli elettori la loro richiesta e non al parlamento modificarla in modo da aggirare il quesito stesso.

E poi?
Se venisse stabilito che c’è stato effettivamente un conflitto di attribuzione sarebbero annullate le modifiche legislative introdotte con la legge di stabilità; tornerebbero in vigore le vecchie norme dello Sblocca Italia e due dei referendum “decaduti” dovrebbero tornare ad essere validi. L’obiettivo dei promotori del referendum è quindi far votare tre quesiti e non uno solo.

Resta da chiarire un ultimo punto, che ha a che fare con la tempistica del voto. Il governo potrebbe infatti decidere di fissare la data del voto del quesito attualmente ammesso in aprile, prima che la questione del conflitto di attribuzione (i cui tempi sono piuttosto lunghi) venga risolta. I promotori chiedono quindi che il voto venga deciso almeno per il 12 giugno, in coincidenza con le elezioni amministrative, in modo che sia il tempo per risolvere il conflitto. Una decisione del genere avrebbe un effetto sulle possibilità che venga raggiunto il quorum per considerare valido l’effetto del referendum.

http://www.ilpost.it/2016/01/21/referen ... ellazioni/
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