La requisitoria contro De Luca apparsa oggi sul Corriere della Sera non fa una piega.
Non c'è dubbio: a questo punto, in un paese normale, De Luca dovrebbe dimettersi, anzi non avrebbe nemmeno dovuto essere eletto.
Il problema è: ed ora? Non può che far rabbia l'ennesima constatazione che in questo paese si debba essere governati o da disonesti o da incapaci o, ancor più spesso, da disonesti incapaci.
Riandiamo pure ad elezioni in Campania come a Roma, sapendo tuttavia che esse non risolveranno nulla, in Campania come a Roma.
Eppure questo paese ha un enorme bisogno di essere governato, non solo onestamente, ma anche con competenza e buon senso, Tutte cose ormai rarissime se non inesistenti.
Lo sceriffo ha perso la stella
Dal punto di vista giudiziario, De Luca ha dalla sua due argomentazioni di peso. La prima è la più ovvia: le accuse vanno provate e confermate in giudizio. La seconda è più complessa: le leggi con cui sta facendo i conti non sono modelli formali da esempio
di Marco Demarco
Cita Eraclito in greco: « Ethos antropoi daimon », il carattere di un uomo è il suo destino, si paragona a Murdoch per il lavoro procurato a tanti giornalisti, e continua a mostrarsi tranquillo: « Keep calm », dice ai suoi collaboratori. Vincenzo De Luca non rinuncia né all’autoironia né alle iperboli crozziane, ma cosa più significativa non cede di un millimetro neanche di fronte all’ultima bordata giudiziaria. C’è un’inchiesta che rischia di terremotare il quadro politico locale e nazionale; che lo vede indagato per una vicenda che il ministro Orlando definisce «non particolarmente brillante»; e che coinvolge anche una magistrata il cui marito avrebbe contrattato una benevola valutazione della legge Severino con una nomina di prestigio, e De Luca continua a fare spallucce. Eppure, più passa il tempo, più si moltiplicano i casi politici, giudiziari e di costume che lo riguardano, più l’esuberanza verbale del governatore campano è chiamata a compensare l’assai relativa azione di governo regionale fin qui espletata, e più la domanda si impone: ma davvero il Pd non poteva che candidare lui? In altre parole: valeva la pena sfidare la legge Severino, esporre la Regione al rischio di una incerta direzione tuttora dipendente da un prossimo giudizio della Corte costituzionale, forzare il sistema democratico a svantaggio della certezza del diritto, e fare tutto questo quando si sapeva benissimo che i nodi prima o poi sarebbero arrivati al pettine?
Dal punto di vista giudiziario, De Luca ha dalla sua due argomentazioni di peso. La prima è la più ovvia: le accuse vanno provate e confermate in giudizio, e fino a quel momento non può che valere la presunzione di innocenza. Ma la seconda è più complessa, perché chiama in causa, non senza fondamento, la qualità della recente legislazione anticorruzione: è indubbio, infatti, che le leggi con cui sta facendo i conti, la Severino prima e ora quella che ha riscritto il reato di concussione, non siano modelli formali da portare a esempio. Prefigurano dispositivi talmente opachi che è fin troppo facile approfittarne. Non a caso De Luca arriva a dichiararsi «parte lesa», vittima, quando nulla gli vietava di denunciare, e non risulta l’abbia fatto, lui che pure passava per essere uno «sceriffo», le minacce ricevute. Da notare, in aggiunta, che nel caso di un vantaggio personale, e l’esito favorevole del giudizio sulla Severino poteva esserlo, la denuncia diventa un obbligo, altrimenti da vittima si diventa complice.
Ma è dal punto di vista politico, che, ancor di più, le tesi difensive del governatore fanno acqua da tutte le parti. Trincerarsi dietro l’avvenuta elezione come se il consenso elettorale potesse bastare da solo a sanare ogni tipo di responsabilità pregressa, è una mossa che fu contestata a Berlusconi e non può certo essere apprezzata oggi per pura convenienza. Dirsi, inoltre, all’oscuro di tutto, quando per mesi De Luca ha lasciato che passasse la versione mediatica di una Regione con un uomo solo al comando, non è convincente. Il rapporto del governatore con Mastursi, il segretario precipitosamente dimessosi, era tale da non rendere plausibile il fatto che questi non lo avesse informato delle vicende su cui ora si indaga. Infine, aver avallato la tesi di dimissioni presentate da Mastursi per esclusive ragioni personali ha aggravato la situazione: è apparsa a tutti un ripiego tanto ipocrita da incenerire di fatto ogni accenno alla trasparenza come scelta di vita. Di conseguenza: o De Luca millanta quando si descrive come il dominus assoluto, perché eletto direttamente dal popolo, del governo regionale; o quell’uomo solo al comando è in realtà un altro marziano caduto sulla terra. In entrambi i casi, la sua credibilità ne esce a pezzi.
12 novembre 2015 (modifica il 12 novembre 2015 | 07:40)
« Dopo aver studiato moltissimo il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che nel complesso vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l'uomo di quella di Maometto» Alexis de Tocqueville