da mariok il 26/10/2015, 10:54
Sulle regioni e sulla loro gestione del denaro pubblico, ne esce una al giorno, tra le mille difficoltà nel capirci qualcosa grazie ad un'informazione fuorviante e tendenziosa.
Il conflitto stato-regioni che si ripropone regolarmente in occasione di ogni legge di stabilità, quest'anno è focalizzato tra gli altri su due questioni principali: il cosiddetto taglio alla sanità ed il taroccamento dei bilanci denunciato recentemente dalla corte dei conti.
Dei tagli alla sanità ho già detto in un precedente post: viene usato sia sui giornali che in tv il termine "taglio", mentre si tratta in realtà di un aumento del fondo sanitario nazionale (un miliardo) inferiore alle aspettative/pretese delle regioni.
La seconda questione, che ha provocato le dimissioni (congelate) di Chiamparino da presidente della conferenza stato regioni, deriva dal fatto che molte regioni hanno utilizzato circa 20 miliardi di fondi dello Stato destinati al pagamento dei famosi debiti verso i fornitori, per finanziare altra spesa corrente. Una vera e propria appropriazione indebita di denaro destinato alle aziende creditrici. E' vero che in molti casi, come quello della regione Piemonte, gli attuali governatori sono incolpevoli in quanto hanno ereditato tali "buchi" dai loro predecessori (per il Piemonte il leghista Cota), tuttavia continua a valere il principio della non responsabilità, in base al quale mai nessuno paga per le proprie responsabilità.
Come al solito, per evitare la totale paralisi del sistema, il governo sta pensando a metterci una pezza, pare, attraverso un decreto legge che consentirà alle regioni di ripianare queste falle di bilancio con un piano a 30 anni (sic!).
Si continua cioè ad accumulare debiti per quelli che verranno dopo. Un malvezzo che è non solo praticato dal governo centrale, ma che grazie alle regioni è moltiplicato per 20.
« Dopo aver studiato moltissimo il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che nel complesso vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l'uomo di quella di Maometto» Alexis de Tocqueville