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Richezza, povertà e altri racconti ...

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Richezza, povertà e altri racconti ...

Messaggioda franz il 10/09/2015, 9:21

Leggere i titoli dei giornali la mattina è un atto doveroso per chi vuole essere informato.
Da un po' uso un integratore di news, quello di google e devo dire che funziona bene.
Prima passo dall'integratore e dopo, eventualemente, leggo le solite testate.
Un altro modo di essere informati è leggere cio' che gli amici propongono su Facebook e Twitter
Stamattina l'integratore mi ha proposto, oltre a varie cose su immigrazione e polemiche pro e contro Renzi questo articolo:

http://www.lultimaribattuta.it/31881_eu ... -indigenti

Europa, 342 miliardari e 123 milioni di (quasi) indigenti

Secondo l’ultimo rapporto Oxfam, in Europa ci sono 342 miliardari con un patrimonio di 1340 miliardi di euro e 123 milioni di persone (quasi un quarto della popolazione europea) a rischio povertà o esclusione sociale.

Il rapporto, che è stato chiamato “Un’Europa per tutti, non per pochi”, dipinge un’Italia dove il 20% della popolazione più ricca oggi detiene il 61,6% della ricchezza nazionale netta, mentre il 20% degli italiani più poveri ne detiene appena lo 0,4%. Un divario sconcertante.

Tra il 2009 ed il 2013 il numero di persone che viveva in una condizione di povertà e di indigenza assoluta è aumentato di 7,5 milioni in 19 paesi dell’Unione Europea, inclusi Spagna, Irlanda, Italia e Grecia, arrivando a un totale di 50 milioni.

In Italia dal 2005 al 2014 la percentuale di persone povere è passata dal 6,4% all’11,5% per un totale di quasi 7 milioni di persone, che non hanno soldi per pagare il riscaldamento o far fronte a spese impreviste.

Nessun paese «è immune dalla disuguaglianza – si legge nel rapporto -, con paesi come Bulgaria e Grecia che registrano il peggior risultato. Se la disuguaglianza nel reddito è maggiore in Bulgaria, Lettonia e Lituania, in paesi come Francia e Danimarca è aumentata la disuguaglianza tra il 2005 e il 2013».

Non sfugge alla povertà anche chi ha un lavoro: questa probabilità è alta anche in Italia, dove l’11% delle persone tra i 15 e i 64 anni che lavorano è a rischio di povertà – un dato che posiziona l’Italia al 24° posto tra i ventotto paesi dell’Ue.

Anche in paesi traino come la Germania il dato sta aumentando.


Naturale che presentando insieme il dato (incontestabile che esistano pochi extra-ricchi e milioni di poveri) i due fatti vengano messi relazione in un rapporto causa effetto.

Mi stavo chiedendo se riportare qui questo articolo, per stimolare il dibattito, ma riflettevo anche sul fatto che di questa storia delle statistiche su ricchezza e povertà abbiamo già discusso abbastanza e forse troppo. Stavo quindi per rinunciare quando l'altri integratore, Facebook, mi ha sottoposto, tramite gli amici, questo articolo de LINKIESTA:

http://www.linkiesta.it/report-world-ec ... aglia-nera

Diseguale, ingiusta, corrotta: il report che fa a pezzi l’Italia
Per il World Economic Forum siamo tra i paesi con la crescita meno inclusiva del mondo sviluppato. Nel mirino scuola, tasse, infrastrutture e welfare

Francesco Cancellato

C'è storytelling e storytelling. Quello governativo, ad esempio, racconta un’Italia che «dice sì», con imprese eccellenti, cervelli che tutto il mondo ci invidia e ci porta via, città meravigliose e via narrando, di slide in slide. Tutto vero? Forse. Però c'è anche l'altra metà della Luna, sovente rubricata al bubolare dei “gufi” e al ruminare dei rosiconi.

Il World Economic Forum, ahinoi, non può essere tacciato di appartenere ad alcuna delle due categorie. Organizzazione nata nel 1971 in Svizzera su iniziativa dell'economista e accademico Klaus Schwab, è quella, per intenderci, che ha coniato il termine “globalizzazione” e che organizza ogni anno il forum invernale di Davos, cui partecipano tutti o quasi i potenti del pianeta.

Lo scorso 7 settembre, il World Economic Forum ha dato alle stampe un rapporto - “The inclusive growth and development” - che, in estrema sintesi, prova a tirare le fila a livello globale sulla capacità che hanno le economie di crescere diminuendo le disuguaglianze e le ingiustizie sociali.

«Broad based development», lo chiamano loro. Sviluppo ad ampia base. Che coinvolge l'accesso, la qualità e l'equità dell'educazione, un’equa retribuzione del lavoro, la promozione della piccola imprenditoria e della piccola proprietà, l'inclusività del sistema finanziario, la corruzione, l'etica politica e degli affari, la concentrazioni delle rendite, la diffusione delle infrastrutture fisiche, digitali e legate alla salute, la legislazione fiscale e la protezione sociale. Per farlo, hanno usato per lo più i dati relativi al triennio 2012-2014.

Ecco: su questi temi il giudizio che danno dell'Italia non è esattamente positivo. In sintesi, si legge che «l’Italia ha di fronte enormi problemi (…) relativi al suo alto livello di corruzione e alla scarsa etica negli affari e nella politica - tra i peggiori fra tutte le economie avanzate». Non solo: «La disoccupazione è alta - si legge - e accompagnata da un gran numero lavoratori part-time involontari e di persone in situazioni occupazionali informali e vulnerabili».

«L’Italia ha di fronte enormi problemi relativi al suo alto livello di corruzione e alla scarsa etica negli affari e nella politica, tra i peggiori fra tutte le economie avanzate»

Finita? No: «La partecipazione delle donne alla forza lavoro è estremamente bassa, rinforzata da un divario retributivo di genere che è uno dei più grandi tra le economie avanzate». È limitata, infine, «la creazione di imprese per favorire nuovi opportunità di lavoro, così come sono scarse le fonti di finanziamento disponibili per farlo». E, come se non bastasse, c'è anche «un sistema di protezione sociale né particolarmente generoso né particolarmente efficiente», che «aggrava il senso di precarietà ed esclusione nel paese». Risultato? Solo la Grecia e lo Slovacchia, tra i paesi sviluppati, hanno un indice complessivo di sviluppo e crescita sostenibile peggiore del nostro.

Il presidente dell’Inps ha presentato la sua bozza di riforma delle pensioni. E a deputati e senatori ha detto: “Più trasparenza sui vitalizi”

Vediamoli, allora, i dati a corredo di una disamina tanto brutale. Relativamente all'educazione, l'Italia è nella media per quanto riguarda le condizioni di equità e di accesso all'educazione, ma è tra i peggiori paesi sviluppati al mondo per quanto riguarda la qualità della medesima. Un sonoro 4 in pagella - per un indicatore costruito sui test Pisa dell'Ocse - laddove solo la Grecia, con 3,7 fa peggio. In vetta, Finlandia, Singapore, Svizzera, Olanda, Corea del Sud. A metà classifica, la Germania. Basse, ma non troppo, Francia, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti d'America (con questi ultimi che pagano un prezzo salatissimo per la disuguaglianza del loro sistema educativo).

Relativamente all'educazione, l'Italia è nella media per quanto riguarda le condizioni di equità e di accesso all'educazione, ma è tra i peggiori paesi sviluppati al mondo per quanto riguarda la qualità della medesima

Le cose vanno pure peggio se si parla di occupazione, soprattutto in relazione alla tanto discussa produttività del lavoro, che in Italia e Spagna è la più bassa del mondo industrializzato e completamente slegata dalle retribuzioni e dalle compensazioni non salariali. Qui il nostro numero indice è quasi uguale a quello tedesco (4,7 contro 4,8) laddove tuttavia sulla produttività la Germania ci sopravanza di molto (4,1 contro 5,8). Siamo la peggior economia industrializzata - magrissima soddisfazione: a pari merito con la Grecia - anche nella promozione e nella tutela della piccola imprenditoria e della piccola proprietà privata, anche se in quest'ultimo caso anche la Corea del Sud fa peggio di noi.

Siamo tra le economie ad alto reddito più escludenti al mondo, per quanto concerne il sistema finanziario e gli investimenti. E ancora, siamo tra i paesi con i numeri indice più bassi per quanto concerne la corruzione - peggio di noi, solo la Grecia, la Repubblica Ceca, Israele e la Corea del Sud - e l'infrastrutturazione fisica e digitale, dove ancora una volta c'è solo la Grecia, negli specchietti retrovisori. Lo stesso si può dire della nostra legislazione fiscale e, soprattutto, dei nostri trasferimenti fiscali, in cui paghiamo soprattutto l'iniquità intergenerazionale del nostro sistema pensionistico e il rapporto costi-benefici del nostro sistema di welfare.

Risultato? Sei semafori rossi - anzi sei foglie rosse, in questo caso - su sei, mentre la Francia, perlomeno, è arancione, mentre Germania e Stati Uniti d'America sono giallo-verde

Risultato? Sei semafori rossi - anzi sei foglie rosse, in questo caso - su sei, mentre la Francia, perlomeno, è arancione. Germania e Stati Uniti d'America sono giallo-verdi. Che cresciamo poco lo sapevamo, insomma. Ora sappiamo anche che cresciamo male, producendo disuguaglianza e iniquità. Lo dicesse l'internazionale trotzkista alzeremmo le spalle. Ma se lo dicono gli ordoliberisti di Davos, forse dovremmo cominciare a preoccuparci.

Per leggere il report completo, cliccare qui: http://www3.weforum.org/docs/WEF_Forum_IncGrwth.pdf


MI sono allora chiesto se il secondo articolo non fosse in qualche modo la spiegazione del primo.
Allora ho deciso di pubblicarli entrambi.
In Italia abbiamo un grosso problema di povertà e disugualianza, insieme ad altri paesi, perché siamo corrotti, arretrati, poco istruiti oppure perché ci sono pochi ultra-ricchi?

A voi la parola, anzi la tastiera.
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Re: Richezza, povertà e altri racconti ...

Messaggioda flaviomob il 10/09/2015, 11:51

La corruzione e l'evasione rendono più ricca una determinata categoria di persone: i disonesti. Questa è l'Italia.
(Porta a porta con il clan della mafia in diretta: record di ascolto.)

In generale, il liberismo rende più ricchi i meno e meno ricchi i più. Quindi entrano in gioco meccanismi per cui i più ricchi hanno accesso alla sanità migliore, alla formazione migliore e i loro discendenti saranno ancora più privilegiati, avendo accesso ai posti di lavoro più retribuiti (nell'equivoco meritocratico che confonde le maggiori opportunità di pochi con il talento).

Anche andare in pensione alla stessa età è iniquo, perché gli operai vivono di meno:

http://www.repubblica.it/salute/2014/12 ... 101949460/


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Re: Richezza, povertà e altri racconti ...

Messaggioda mariok il 10/09/2015, 13:36

franz ha scritto:In Italia abbiamo un grosso problema di povertà e disugualianza, insieme ad altri paesi, perché siamo corrotti, arretrati, poco istruiti oppure perché ci sono pochi ultra-ricchi?

A voi la parola, anzi la tastiera.


Domanda difficile. Una possibile risposta può essere che l'Italia è il paese dove più che in altri prevale la cultura della "somma zero". Nel senso che la priorità non è quella di far crescere la torta, ma quella di dividerla in modo che a ciascuno pare il più giusto (naturalmente dal proprio insindacabile punto di vista). Pochi sono sfiorati dal dubbio che nelle operazioni di redistribuzione, quasi mai la somma è zero, anzi il più delle volte fa meno qualcosa.

Esempi ce ne sono a decine. Uno dei più attuali: mentre la Germania investe svariati miliardi di euro per integrare alcune centinaia di migliaia di profughi, pensando al futuro del paese, alle possibili soluzioni della crisi demografica, ad un incremento dei posti di lavoro, qui da noi stiamo a baccagliare su chi tassare per trovare un po' di milioni da destinare ad un po' di pensionamenti anticipati, partendo dalla convinzione che dato il numero dei posti di lavoro (evidentemente ritenuto fisso) liberandone un po' con qualche pensionamento in più si può risolvere il problema occupazionale di qualche giovane.

Dalla cultura "della somma zero" all'invidia sociale ed alla corruzione il passo è breve. Se il problema è quello di come spartirsi la torta, ogni sistema più o meno lecito di prendersene una fetta più grande diventa legittimo.

E veniamo ai super-ricchi. Non so se siano troppo pochi, ma quello che mi pare evidente è che sono più concentrati su come non farsi fregare la loro fetta di torta (magari portandone buona parte all'estero) che a far crescere la torta e quindi anche il proprio pezzo.

Siamo un paese che non crede in se stesso, a tutti i livelli. Di motivazioni storiche più o meno recenti potremmo trovarne moltissime.
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Re: Richezza, povertà e altri racconti ...

Messaggioda franz il 11/09/2015, 7:34

mariok ha scritto:Domanda difficile. Una possibile risposta può essere che l'Italia è il paese dove più che in altri prevale la cultura della "somma zero". Nel senso che la priorità non è quella di far crescere la torta, ma quella di dividerla in modo che a ciascuno pare il più giusto (naturalmente dal proprio insindacabile punto di vista). Pochi sono sfiorati dal dubbio che nelle operazioni di redistribuzione, quasi mai la somma è zero, anzi il più delle volte fa meno qualcosa.

Giusto e qui sopra flavio ci ha dato un ottimo esempio di impostazione a somma zero, quando scrive "In generale, il liberismo rende più ricchi i meno e meno ricchi i più." A parte che non è chiaro il riferimento ai "meno" ed ai "più". Alli'nizio leggevo "In generale, il liberismo rende più ricchi i meno (ricchi) e meno ricchi i più (ricchi)." ma forse flavio intendeva altro. Ma alla base c'è la dimenticanza del fatto che comunque il mercato, se non imbrigliato e frenato da pessime regolazioni, rende tutti piu' ricchi o benestanti. Poi alcuni piu' di altri, perché è giusto che sia cosi'.
mariok ha scritto:Dalla cultura "della somma zero" all'invidia sociale ed alla corruzione il passo è breve. Se il problema è quello di come spartirsi la torta, ogni sistema più o meno lecito di prendersene una fetta più grande diventa legittimo.
Compreso inventarsi la soluzione che si devono super-tassare i super-ricchi per cercare di risolvere o alleviare il problema della povertà.
mariok ha scritto:E veniamo ai super-ricchi. Non so se siano troppo pochi, ma quello che mi pare evidente è che sono più concentrati su come non farsi fregare la loro fetta di torta (magari portandone buona parte all'estero) che a far crescere la torta e quindi anche il proprio pezzo.

Di fronte a casi come quello francese, dove hollande pensava di tassarli al 75% mi sembra del tutto legittimo darsi da fare per non farsi fregare il pezzone di torta. Il fatto è che se hanno una simile fetta di torta, è perché hanno trovato il modo (ladri e corrotti a parte) di fare impresa e far guadagnare tutto il paese. Di solito anche un parassita capisce che non è il caso di uccidere la gallina dalle uova d'oro ma se non lo capisce è giusto che chi ha i soldi li porti all'estero ... e faccia crescere altre torte. Tra l'altro nel primo articolo si parla di 342 miliardari in tutta europa ma dall'Italia scappano annualmente 80-120mila persone. Alcuni li ho conosciute personalmente e non sono affatto miliardari ma lavoratori normali, anche imbianchini, fabbri, tecnici, operai specializzati. Scappano con la famiglia ed ovviamente i risparmi.
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Re: Richezza, povertà e altri racconti ...

Messaggioda mariok il 11/09/2015, 12:09

franz ha scritto:
mariok ha scritto:E veniamo ai super-ricchi. Non so se siano troppo pochi, ma quello che mi pare evidente è che sono più concentrati su come non farsi fregare la loro fetta di torta (magari portandone buona parte all'estero) che a far crescere la torta e quindi anche il proprio pezzo.

Di fronte a casi come quello francese, dove hollande pensava di tassarli al 75% mi sembra del tutto legittimo darsi da fare per non farsi fregare il pezzone di torta. Il fatto è che se hanno una simile fetta di torta, è perché hanno trovato il modo (ladri e corrotti a parte) di fare impresa e far guadagnare tutto il paese. Di solito anche un parassita capisce che non è il caso di uccidere la gallina dalle uova d'oro ma se non lo capisce è giusto che chi ha i soldi li porti all'estero ... e faccia crescere altre torte. Tra l'altro nel primo articolo si parla di 342 miliardari in tutta europa ma dall'Italia scappano annualmente 80-120mila persone. Alcuni li ho conosciute personalmente e non sono affatto miliardari ma lavoratori normali, anche imbianchini, fabbri, tecnici, operai specializzati. Scappano con la famiglia ed ovviamente i risparmi.


Resta comunque il fatto che l'Italia è tra i paesi dove le imprese investono meno in ricerca e sviluppo (argomento già trattato). E' il segno di una profonda sfiducia nel sistema paese, non tanto per l'ammontare della pressione fiscale (ai primi posti in Europa ci sono Finlandia, Svezia e Danimarca, dove con le tasse non ci vanno leggeri) quanto per la diffidenza verso il domani: questo è un paese dove devi sempre preoccuparti di quello che può succedere da un anno all'altro (o meglio: da una finanziaria all'altra). I nostri politici appaiono (ed in genere sono) completamente inaffidabili, inclini in molti casi ad un vero e proprio terrorismo, in materia fiscale e non solo, oltre quello che riescono a fare o (in alcuni casi fortunatamente) a non fare.
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Re: Richezza, povertà e altri racconti ...

Messaggioda flaviomob il 11/09/2015, 21:11

il mercato, se non imbrigliato e frenato da pessime regolazioni, rende tutti piu' ricchi o benestanti


Il 1929 e il 2007 ci hanno dimostrato drammaticamente che non è così.

Tra l'altro tutti i critici del keynesismo e di come gli USA sono usciti dalla crisi del '29 dovrebbero tenere sempre come pietra di paragone il modo in cui ne è uscita l'Europa (si chiama nazismo)...


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Re: Richezza, povertà e altri racconti ...

Messaggioda flaviomob il 11/09/2015, 22:42

L'Espresso

DISUGUAGLIANZE
Rapporto Oxfam, ritratto dell'Europa dei pochi ricchi e dei molti poveri
Secondo lo studio pubblicato dal network internazionale, nel Vecchio continente impera un manipolo di miliardari, mentre quasi un quarto della popolazione vive in povertà e subisce le decisioni prese da governi, multinazionali e settore privato. Complici l'austerity e sistemi fiscali iniqui o facilmente aggirabili
DI ANNA DICHIARANTE
09 settembre 2015

Rapporto Oxfam, ritratto dell'Europa dei pochi ricchi e dei molti poveri


http://espresso.repubblica.it/internazi ... 1?ref=fbpe

In Europa, come ha ricordato anche oggi il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, la crisi fa sentire ancora i suoi morsi. Ma sembrano soffrirne meno i 342 super ricchi che, sparsi per i vari Paesi del Vecchio continente, possiedono da soli un patrimonio totale di circa 1.340 miliardi di euro. Così, il peso maggiore dei sacrifici finisce sulle spalle di quei 123 milioni di persone (quasi un quarto della popolazione) che sono a rischio povertà o esclusione sociale. È questa l'impietosa fotografia scattata da “Un'Europa per tutti, non per pochi” , il nuovo rapporto sulla disuguaglianza pubblicato da Oxfam.

Il network internazionale, che riunisce 17 organizzazioni di Paesi diversi impegnate nella lotta alla povertà e all'ingiustizia, denuncia quindi la presenza di una élite che riesce a orientare le decisioni politiche ed economiche a proprio favore e a svantaggio della maggioranza della popolazione. “In Europa, come in tutto il mondo, la povertà e l'aumento delle disuguaglianze sono l'effetto di scelte politiche troppo spesso effettuate tenendo conto dell'interesse di pochi e non di tutti i cittadini europei”, dice Roberto Barbieri, direttore di Oxfam Italia. Di qui, l'appello all'Unione europea e ai singoli Stati membri affinché osservino una maggiore trasparenza nell'adozione di misure economiche e sociali.

Anche perché la maggioranza meno fortunata, tra il 2009 e il 2013, è aumentata di numero, arrivando a quota 50 milioni: precisamente 7,5 milioni di persone in più che vivono in condizioni di grave deprivazione materiale, cioè senza reddito sufficiente per pagarsi il riscaldamento o far fronte a spese impreviste. E questo accade in 19 Stati membri dell'Ue, tra cui Spagna, Irlanda, Grecia e Italia.

Nel nostro Paese, in particolare, la percentuale di cittadini in stato di grave deprivazione è passata dal 6,4 per cento nel 2005 all'11,5 per cento nel 2014: un totale di sette milioni di poveri, tra i quali i più colpiti sono i bambini e i giovani sotto i 18 anni. D'altra parte, anche da noi la disuguaglianza è forte, visto che il 20 per cento dei più benestanti detiene il 61,6 per cento della ricchezza nazionale netta, mentre il 20 per cento dei più disagiati ne ha appena lo 0,4.

Ma il rapporto di Oxfam rivela che nessuno è immune dal problema. Dalla classifica riportata nello studio, che ordina gli Stati membri in base a sette parametri (per esempio, disuguaglianza di reddito e divario retributivo di genere), emerge che ultime sono Grecia e Bulgaria. Ciononostante, se la forbice tra i redditi è maggiore in Paesi come la Lettonia, la Lituania o la Bulgaria, appunto, è pur vero che anche Francia e Danimarca hanno assistito a una crescita della disparità tra il 2005 e il 2013.

Per quanto riguarda la piaga della povertà, poi, nemmeno chi ha un impiego può considerarsi al sicuro. In Italia l'11 per cento dei lavoratori tra i 15 e i 64 anni è a rischio: un dato che ci posiziona al 24° posto tra i 28 Paesi dell'Ue. Ma anche la locomotiva d'Europa, la Germania, inizia a fare i conti con questo fenomeno. Proprio la Germania, inoltre, compare, insieme a Lettonia, Portogallo e Cipro, nella lista degli Stati dove più accentuata è la discriminazione retributiva tra uomini e donne.

Ma di chi è la colpa di una situazione tanto desolante? I due principali responsabili, secondo “Un'Europa per tutti, non per pochi”, sono l'austerity e un sistema fiscale iniquo o non sufficientemente progressivo. I tagli alla spesa pubblica, la privatizzazione dei servizi, la deregolamentazione del mercato del lavoro, insomma le misure adottate per arginare la crisi, hanno ottenuto il risultato di colpire duramente i più poveri. Dall'altro lato, segnala ancora il rapporto, le multinazionali hanno sfruttato le differenze tra i regimi fiscali dei vari Paesi europei per eludere le tasse per milioni di euro.

Già, il fisco. In Svezia il sistema fiscale e previdenziale (il più avanzato d'Europa) è riuscito a far diminuire del 53 per cento le disuguaglianze di reddito. In Italia, invece, nel 2013 sono diminuite solo del 34. E l'influenza esercitata a livello nazionale ed europeo dai super ricchi, così come dalle multinazionali e da una parte del settore privato, ha effetti deleteri per tutto il continente. Un esempio: l'82 per cento dei componenti del gruppo che elabora raccomandazioni per l'Unione sulla riforma del sistema fiscale appartiene appunto al settore privato e commerciale.

“La mancanza di cooperazione tra Stati membri in materia fiscale e la disarmonia tra i diversi sistemi stanno derubando i cittadini europei di risorse essenziali da impiegare in servizi sociali - denuncia Elisa Bacciotti, direttrice Campagne di Oxfam Italia -. Per questo chiediamo all'Unione europea di porre fine alle iniquità dell’attuale sistema fiscale, contrastando gli abusi delle grandi multinazionali. I governi europei devono inoltre riconsiderare l’efficacia delle misure di austerity e reinvestire nei servizi pubblici, garantendo a tutti salari dignitosi”.


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Re: Richezza, povertà e altri racconti ...

Messaggioda franz il 12/09/2015, 9:04

flaviomob ha scritto:
il mercato, se non imbrigliato e frenato da pessime regolazioni, rende tutti piu' ricchi o benestanti


Il 1929 e il 2007 ci hanno dimostrato drammaticamente che non è così.

Tra l'altro tutti i critici del keynesismo e di come gli USA sono usciti dalla crisi del '29 dovrebbero tenere sempre come pietra di paragone il modo in cui ne è uscita l'Europa (si chiama nazismo)...

Guarda che proprio il 2007 è un episodio in cui è l'intervento dello stato (volto a spingere per l'acquisto della prima casa anche famiglie che non erano finanziariamente in grado) a generare la bolla ed il suo scoppiare.
Per il 1929 non so bene, ci sono (come sempre) tesi contrastanti ma mi informero'.

Altra cosa:
“In Europa, come in tutto il mondo, la povertà e l'aumento delle disuguaglianze sono l'effetto di scelte politiche troppo spesso effettuate tenendo conto dell'interesse di pochi e non di tutti i cittadini europei”, dice Roberto Barbieri, direttore di Oxfam Italia.

Beh, qui onestamente si fa notare che non è il mercato, il capitalismo e via dicendo, ma è lo Stato, le scelte politiche, di politica economica. Lo stato interviene nell'economia e lo fa malamente. Il risultato sono 50 milioni di poveri? Verosimile. Non abbiamo la controprova (se non in altri paesi ... per cui potremmo dire che non vale il paragone) e quindi il dubbio rimane.

Ricordo tuttavia uno studio sui 50 stati usa che affermava che dove governano i democratici (piu' inclini all'intervento sociale) vi è piu' povertà e dove governano i repubblicani (piu' portati al non intervento) maggior benessere. Non mi pare una pistola fumante, perché puo' darsi che causa ed effetto siano invertiti e cioè che dove vi è piu' povertà si sia inclini a votare per partiti che promettono aiuti sociali e viceversa dove c'è piu' benessere questo venga meno ma quello che è interessante osservare è l'andamento nel tempo. Tralasciando l'aspetto di chi governa, gli stati piu' poveri dove c'è piu' intervento sociale ridistributivo, migliorano? No, lo studio indicava che tutto sommato nel lungo periodo la situazione non migliorava e peggiorava leggermente. La tesi è che la semplice redistribuzione non risolve il problema e tende a peggiorarlo. Infatti si usano risorse preziose per ridistribuire e non per interventi strutturali o investimenti. Quindi i poveri aumentano. Laddove invece si fanno meno politiche sociali e si lascia piu' fare al mercato (pur regolato) la situazione migliora ed i poveri diminuiscono. Se ritrovo traccia di questo studio vi passo le coordinate.
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Re: Richezza, povertà e altri racconti ...

Messaggioda franz il 12/09/2015, 9:34

mariok ha scritto:Resta comunque il fatto che l'Italia è tra i paesi dove le imprese investono meno in ricerca e sviluppo (argomento già trattato). E' il segno di una profonda sfiducia nel sistema paese, non tanto per l'ammontare della pressione fiscale (ai primi posti in Europa ci sono Finlandia, Svezia e Danimarca, dove con le tasse non ci vanno leggeri) quanto per la diffidenza verso il domani

Ottima considerazione ma attenzione, quando si parla di pressione fiscale a non pescare nel mucchio.
Se parliamo di imprese che investono (di piu' o di meno) il termine di paragone è il Tax Rate sulle imprese:
Total tax rate measures the amount of taxes and mandatory contributions payable by businesses after accounting for allowable deductions and exemptions as a share of commercial profits. Taxes withheld (such as personal income tax) or collected and remitted to tax authorities (such as value added taxes, sales taxes or goods and service taxes) are excluded.

Se è alto, ci saranno meno risorse per investimenti, viceversa se è basso.
Italia 65.4%
Germania 48.8%
Svezia 49.4
Finalandia 40%
Svizzera 29%
Danimarca 26%
Fonte: http://data.worldbank.org/indicator/IC. ... ay=default
Ecco, mi pare che l'Italia svetti come pressione fiscale sulle imprese, piu' che giustifcato quindi che avanzi ben poco per investire in ricerca e sviluppo, rispetto alla finlandia ed alla danimarca.
Qui la lista degli stati che investono di piu' ... e di meno
https://it.wikipedia.org/wiki/Ricerca_e_sviluppo
Vero che solo la francia ci supera in europa come tax rate sulle imprese (66.6%) e che pero' la francia fa il doppio di noi come investimenti in ricerca e sviluppo (quindi anche noi potremmo fare di piu') tuttavia credo che bisognerebbe anche considerare i tanti oneri indiretti che le imprese italiane hanno. Un buon esempio è la burocrazia statale, che pesa per adempimenti e risorse impegnate per code, pratiche. Se ricordate erano stati stimati diverse decine di miliardi (31) di oneri. Piu' si va a nord, meno burocrazia statale c'è, piu' le aziende sono sollevate da oneri e possono investire risorse umane e capitali per l'innovazione. Molte imprese italiana che si trasferiscono all'estero non lo fanno tanto per la pressione fiscale (pur gravosa) ma per il carico di adempimenti burocratici, autorizzazioni e soprattutto per il fatto che questi non sono stabili ma cambiano continuamente, generando nuovi costi ... e tutto sommato impoverendo la nazione.
Qui si parla del 2% del PIL in oneri burocratici. Se li eliminassimo potremmo convertirli in un +2% di Ricerca e sviluppo?
http://www.repubblica.it/economia/2013/ ... -61129368/
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Re: Richezza, povertà e altri racconti ...

Messaggioda trilogy il 13/09/2015, 20:02

NEW YORK (WSI)- La fragorosa risata di Henry Paulson, ex segretario del Tesoro Usa, dal 2006 al 2009, durante una recente conferenza al Milken Institute sta facendo il giro del web.

Colpisce il fatto che tanta ilarità sia stata scatenata da un tema non esattamente felice, ovvero quello delle disparità sociali.

Nel dibattito, moderato da Sheryl Sandberg, chief operating officer di Facebook, erano presenti, oltre a Paulson, altri due ex segretari del Tesoro Usa, ovvero Timothy Geithner e Robert Rubin.

Sandberg: Cominciamo con disparità di reddito.

Paulson: Ok, beh .. disparità di reddito. Questo è qualcosa a cui tutti abbiamo pensato. Tu sai che lavorando su questo argomento da quando ero ancora a Goldman Sachs ...

Geithner: In quale direzione?

Rubin: Lavoravi per aumentarla.

Paulson: Si sì, lavoravamo per aumentarla (altre risate). Battute a parte ...

(Fragorosa risata, la conduttrice applaude, persino)

Rubin: Ero serio.

(nuova fragorosa risata)

>GUARDA VIDEO
http://www.wallstreetitalia.com/article ... idere.aspx
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