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Panebianco: le lezioni inascoltate della Storia

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Re: Panebianco: le lezioni inascoltate della Storia

Messaggioda mariok il 24/07/2015, 8:37

La storia, in particolare quella dell'ultimo secolo, non è stata dunque funestata solo dalle dittature comuniste. Checché ne pensi Panebianco, anche sull'altro fronte è stata caratterizzata da lotte, scontri, sangue per la conquista di elementari diritti umani. Non voglio ripetere in proposito cose già dette da altri.

Ma non è finita, sebbene l'umanità, anche (ma non solo) grazie al capitalismo, sia oggi complessivamente più ricca (ma anche più ineguale). Mi sembra però, e l'editoriale in discussione ce ne da una conferma, che sia più povera culturalmente.

E' vero che gli orfani del marxismo non sanno far altro che ripetere stancamente le loro formule abbondantemente fallite. Ma non è che sull'altro fronte, quello cosiddetto liberale, ci sia granché di idee e di proposte di soluzione di fronte ai problemi di oggi.

L'unica risposta è sempre comunque "il dio mercato". La sanità non funziona? Colpa dello statalismo e della mancanza di mercato. La scuola è inadeguata rispetto alle sfide attuali? Ci vuole più mercato. Naturalmente un mercato ideale, dove non ci sono posizioni dominanti, oligarchie, illegalità. Un mercato perfettamente regolato: un mercato che non c'è.

Un mercato ideale che con la globalizzazione ha sempre minori probabilità di vedere la luce. Se è vero che esso, per funzionare correttamente, ha bisogno di essere regolato (da chi se non dalla politica), è altrettanto vero che divenendo sempre più globalizzato sfugge sempre più a qualunque possibilità di regolamentazione.

I governi, anche quando sono sufficientemente autorevoli, credibili, indipendenti dai condizionamenti delle lobby e dei poteri forti, riescono al più ad operare nell'ambito nazionale, ormai assolutamente insufficiente di fronte a mercati sempre più globali.

I vari G7, G20, Gxx sono solo delle inutili passerelle, dove i maggiori attori politici sembrano inseguire in bicicletta delle astronavi. Tutto sembra cambiare senza che nulla in realtà cambi nei rapporti di forza, che anzi diventano sempre più sbilanciati.

Tuttavia c'è un ma, del quale mi pare non abbiamo ancora piena coscienza. All'inizio del 1900 la popolazione mondiale ammontava a poco più di 1,5 miliardi di individui, oggi supera i 7 miliardi, nel prossimo secolo raggiungerà prevedibilmente i 10 miliardi. Le risorse sono più o meno sempre le stesse ed utilizzate (grazie anche al mercato) in modo abbastanza irrazionale.

Quando scoppierà la prima guerra per il controllo di una fonte d'acqua, forse l'umanità (fortunatamente non noi) si riprenderà da questo stato di rassegnata inerzia. Ma probabilmente sarà troppo tardi.
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Re: Panebianco: le lezioni inascoltate della Storia

Messaggioda franz il 24/07/2015, 9:13

mariok ha scritto:Ma non è finita, sebbene l'umanità, anche (ma non solo) grazie al capitalismo, sia oggi complessivamente più ricca (ma anche più ineguale). Mi sembra però, e l'editoriale in discussione ce ne da una conferma, che sia più povera culturalmente.
...
Tuttavia c'è un ma, del quale mi pare non abbiamo ancora piena coscienza. All'inizio del 1900 la popolazione mondiale ammontava a poco più di 1,5 miliardi di individui, oggi supera i 7 miliardi, nel prossimo secolo raggiungerà prevedibilmente i 10 miliardi. Le risorse sono più o meno sempre le stesse ed utilizzate (grazie anche al mercato) in modo abbastanza irrazionale.

Due punti: il primo è che è da dimostrare che oggi ci sia piu' disugualianza. A me pare che sia un'impressione soggettiva, dovuta al fatto che oggi la povertà si vede, in contrasto ad una generale agiatezza mentre una volta era cosi' diffusa che praticamente era la norma. In buona sintesi se 200 anni fa avevamo un ricco (re o vescovo) ogni 100'000 e gli altri arrancavano nella povertà (quella assoluta da sopravvivenza per un piatto di fagioli) oggi su 7 miliardi di abitanti circa due sono piu' benestanti di quanto lo fosse il Re Sole od un vescovo. Speranza media di vita, conquiste della medicina, istruzione sono a testimoniare che si sta meglio e per un numero piu' vasto di persone.

Certo che se su mille persone, 999 sono povere, il sistema è "uguale". Ugualmente povero. È questo che rimpiangiamo? Se su mille abbiamo 500 benestanti e 500 poveri (ma quasi tuttti con telefonino) il sistema è vero che è piu' diseguale rispetto a , ma è migliore. E la progressione ci dice che l'area dei benestanti sui mille è passata gradualmente da 100, a 200, a 500 ed è in crescita. A livello dei paesi occidentali oggi l'area della povertà relativa (diversa da quella assoluta) è attorno all'11-12%. Questo significa che un buon 85-90% è benestante e lo è molto di piu' di 100 anni fa. Io ritengo che pur nella sua imperfezione sia il mercato a produrre questo. Produce le risorse ed i beni che poi possono essere anche redistribuiti. Le lotte sono una bella e giusta cosa ma senza risorse prodotte, non c'è nulla da ridistribuire.

La seconda riguarda i 7 miliardi. Tema che ho affrontato spessissimo in questo forum. Vero che generalmente non c'è consapevolezza che mai nella storia dell'umanità la popolazione mondiale è piu' che quadruplicata in un secolo. Ma chi mai ha prodotto questo balzo se non il mercato, la produzione e scambio di beni, il piu' libero possibile, la produzione e lo scambio di idee e di innovazione? Vero che il mercato perfetto non esiste ma dove è piu libero e ben regolato c'è stato il grande balzo del benessere e demografico (non perché si fanno piu' figli, anzi se ne fanno meno) ma perché c'è piu' cibo e si muore di meno di fame, ci sono medicine, si vive piu' a lungo. Se vogliamo modellizzare la realtà in termini dicotomici, è il capitalismo o il comunismo che ha prodotto tutto questo? Non dovrebbero esserci dubbi. Di fatto poi le società attuali, che sono miste, hanno un motore produttivo che è capitalistico e di mercato (lo hanno capito anche i cinesi) ed una parte redistributiva e di welfare che è sociale (è socialedemocratica lo liberaldemocratica o cristianodemocratica ma sicuramente non è comunista) .

Ma la seconda non funziona senza la prima, sul piano economico. Tanto è vero che se la seconda cresce troppo e grava sulla prima sottraendo troppe risorse anche l'economia di mercato produce poco e non cresce. Se ne sono accorti anche gli svedesi ed i nordici in generale, che hanno ridotto fortmente il peso dello Stato, tornando a crescere.

Sul concetto di maggiore o minore povertà culturale penso sia difficile discutere. Mi pare troppo soggettivo. Sicuramente c'è stata una maggiore diffusione della cultura (e forse quindi un annacquamento?) ma soprattutto è cambiata la cultura. Da quella contadina siamo passati a quella industriale ed ora postindustriale. Dare giudizi di valore sulla cultura degli altri è operazione assai pericolosa, che rischia di passare per intellettualismo d'elite. Ma con le dovute cautele possiamo provarci. Meglio forse in un altro thread.
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Re: Panebianco: le lezioni inascoltate della Storia

Messaggioda franz il 24/07/2015, 9:39

gabriele ha scritto:
franz ha scritto:Provoca quanto vuoi :lol: ma sbagli. Ovvero avresti ragione se la rivoluzione comunista fosse scoppiata in germania o nel regno unito, come Carletto vaneggiando si illudeva, cioè in quelle nazioni che allora erano all'apice della rivoluzione industriale e capitalista. Ma in realtà scoppiò in un paese allora feudale, preindustriale (la russia zarista). E poi nella Cina contadina. Insomma le rivolte comuniste non furono contro il "capitalismo cattivo e malvagio" ma contro il potere feudale e regale.


Franz, come non essere d'accordo? A parte Cuba però ;)

Perché? Non mi risulta che Cuba fosse un paese industrializzato di capitalismo avanzato. Prima dell'avvento al potere di Castro, l'economia dell'isola era fondata sulla monocoltura della canna da zucchero. Quindi la prevalenza era contadina. Non certo operai metallurgici in aziende guidate dal classico capitalista con cappello a cilindro.

La cosa pero' da affrontare, tornando all'europa, è che nel 1900 le masse popolari entrano a forza nella politica, molto di piu' di quanto avevano fatto con la rivoluzione francese. E lo fanno a volte in modo irruento e violento, seguendo spesso venti demagogici di destra o di sinistra. In germania e italia la demagogia vincente è quella populista di destra ma in altre nazioni, penso al regno unito, rimane ben saldo il concetto della democrazia. Il populismo di sinistra invece si affranca maggiormente nelle nazioni meno industrialmente sviluppate, meno capitaliste (la russia appunto).
A me pare che le lezioni della storia abbiano indicato come perdente il populismo nazionalista (hitleriano e staliniano) e che il modello vincente è stato quello democratico del regno unito e degli usa.

Oggi invece torna di moda il populismo. direi non solo quello di sinistra di Tsipras e Podemos, ma anche quello di destra di Alba Dorata, Salvini, Grillo. La riflessione piu' ampia quindi andrebbe fatta sul concetto di democrazia popolare e su come si relaziona con l'economia. Da un lato il protezionismo e l'assistenzialismo (destra e sinistra qui quasi si confondono) e dall'altro il tema delle libertà economiche e della loro regolazione politica.
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Re: Panebianco: le lezioni inascoltate della Storia

Messaggioda flaviomob il 24/07/2015, 10:19

E implicitamente ai poveri il premio vene pagato dallo stato. Questo è un concetto diverso. Piu' liberale che conservatore. Ma non socialista
(franz)


Se viene pagato dallo stato e se assicurarsi è un obbligo, chiaramente l'influenza è quella del partito socialista e della parte più a sinistra della società svizzera, che in quanto a diritti si fa sentire eccome.


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Re: Panebianco: le lezioni inascoltate della Storia

Messaggioda annalu il 24/07/2015, 11:08

franz ha scritto:[...]La cosa pero' da affrontare, tornando all'europa, è che nel 1900 le masse popolari entrano a forza nella politica, molto di piu' di quanto avevano fatto con la rivoluzione francese. E lo fanno a volte in modo irruento e violento, seguendo spesso venti demagogici di destra o di sinistra. In germania e italia la demagogia vincente è quella populista di destra ma in altre nazioni, penso al regno unito, rimane ben saldo il concetto della democrazia. Il populismo di sinistra invece si affranca maggiormente nelle nazioni meno industrialmente sviluppate, meno capitaliste (la russia appunto).
A me pare che le lezioni della storia abbiano indicato come perdente il populismo nazionalista (hitleriano e staliniano) e che il modello vincente è stato quello democratico del regno unito e degli usa.

Oggi invece torna di moda il populismo. direi non solo quello di sinistra di Tsipras e Podemos, ma anche quello di destra di Alba Dorata, Salvini, Grillo. La riflessione piu' ampia quindi andrebbe fatta sul concetto di democrazia popolare e su come si relaziona con l'economia. Da un lato il protezionismo e l'assistenzialismo (destra e sinistra qui quasi si confondono) e dall'altro il tema delle libertà economiche e della loro regolazione politica.

Grazie Franz.
Stavo appunto notando la mancanza di ogni riferimento all'enorme tragedia europea del nazismo e del fascismo, ed alla fine l'hai introdotto tu, definendolo "populismo di destra", definizione forse non esauriente, ma accettabile.
Riassumendo, direi che nei paesi più arretrati, dove non c'era neppure stata la crescita economica dovuta all'affermarsi di un capitalismo più o meno selvaggio, le masse popolari si sono ribellate in modo virulento rivendicando i propri diritti, ma senza avere le capacità di proporre un nuovo assetto moderno e democratico, cadendo quindi preda di dittature spesso brutali.
Là dove il capitalismo, ancorché privo di regole, aveva invece creato un certo sviluppo, le masse popolari hanno cercato di rivendicare una migliore redistribuzione delle nuove ricchezze in modo molto più civile e democratico, ma si sono trovati di fronte un capitalismo di rapina più agguerrito e feroce nella difesa dei propri privilegi, che ha prodotto dittature di destra capaci di una ferocia pari a quella dei più feroci regimi "comunisti", ma dotate di strumenti molto più efficaci per cercare di imporre la loro visione al loro paese ed al mondo.

Quindi hai ragione, "il modello vincente è stato quello democratico".
Detto questo, il modello democratico, per continuare ad essere non solo vincente ma anche solidamente accettato dalle popolazioni mondiali, deve continuare ad evolversi e modificarsi con l'evoluzione delle società umane.
L'Europa in questi lunghi decenni di pace ha saputo crescere verso un livello di democrazia evoluta, dove potrebbero riuscire a convivere gli aspetti più positivi di un ambiente di libero scambio ("libero mercato" non selvaggio, ma regolamentato) e di maggiore equità sociale.
Come tutti gli equilibri però, mantenersi in bilico tra due estremi è difficile, spesso acrobatico. L'equilibrio richiede pacatezza e pazienza, mentre molte persone tendono a dimostrarsi impazienti, a vedere nell'aggressività e nella forza la via più breve per risolvere i problemi.
Questi atteggiamenti estremi trovano il loro miglior terreno di coltura nell'ignoranza, che comporta semplificazione estrema della realtà senza alcuna capacità di analisi della complessità dei problemi.
Dei nuovi nostalgici di un vecchio comunismo direi che qui è inutile parlare: mi sembra che siamo tutti abbastanza critici verso i nuovi populismi di sinistra, sia esteri che nazionali. Anche sui populisti di destra alla Salvini e Grillo direi che siamo tutti d'accordo. Direi però che, pur se in forma molto meno grave, anche una netta contrapposizione tra un meraviglioso "capitalismo" portatore del favoloso "libero mercato" e catastrofe "comunista" è una forma di semplificazione estrema.

Di Franz mi è piaciuta questa frase:
franz ha scritto:Insomma le rivolte comuniste non furono contro il "capitalismo cattivo e malvagio" ma contro il potere feudale e regale. Una sorta di rivoluzione francese ma a guida non borghese.

Già. Quando in un paese si saltano alcune tappe dell'evoluzione della storia, si possono solo produrre catastrofi. Anche la rivoluzione francese non ha prodotto un regime favoloso, ma è sfociata nel "Terrore" e poi ha avuto la buona sorte di passare per un regime napoleonico, dittatoriale ma illuminato.
Probabilmente tra un paio di secoli anche la rivoluzione sovietica verrà vista in prospettiva, e si potranno riconoscere i valori positivi che le democrazie europee hanno poi cercato di integrare nella prospettiva di un regime di "capitalismo temperato" da regole atte a garantire una maggiore equità sociale.

Infine, un'ultima considerazione. Parlando di "lezioni inascoltate della storia", ricordamoci che nel 1917 Lenin era in Germania, e fu "aiutato" dal Kaiser Guglielmo II a tornare in Russia per fare la sua rivoluzione. E' ormai famoso il "treno blindato" col quale Lenin potè passare dalla Germania alla Svezia e poi da lì proseguire verso la Russia, mentre è dato relativamente recente che lo stesso Imperatore tedesco finanziò generosamente la rivoluzione, allo scopo di indebolire la resistenza russa nella seconda guerra mondiale.
Insomma, è difficile separare con un taglio netto i buoni dai cattivi. L'unica certezza è che guerre e distruzioni producono solo ulteriori violenze, e che le dittature sono sempre catastrofiche, qualsiasi sia il loro "ideale" di riferimento.

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Re: Panebianco: le lezioni inascoltate della Storia

Messaggioda gabriele il 24/07/2015, 11:14

franz ha scritto:Perché? Non mi risulta che Cuba fosse un paese industrializzato di capitalismo avanzato. Prima dell'avvento al potere di Castro, l'economia dell'isola era fondata sulla monocoltura della canna da zucchero. Quindi la prevalenza era contadina. Non certo operai metallurgici in aziende guidate dal classico capitalista con cappello a cilindro.


Non erano di certo un paese feudale, come in Russia o in Cina
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Re: Panebianco: le lezioni inascoltate della Storia

Messaggioda mariok il 24/07/2015, 14:45

Quando parlavo di un'umanità complessivamente più ricca ma di un aumento delle disuguaglianze, non volevo dare un giudizio sulla maggiore o minore diffusione della povertà, né tantomeno esprimere nostalgia per i tempi in cui eravamo tutti più "ugualmente" poveri. L'aumento delle ineguaglianze è soprattutto riferito al controllo della ricchezza mondiale ed alla sua concentrazione.

Si stima che il valore totale del mercato finanziario mondiale ammonti a circa 500 mila miliardi di dollari e che metà di esso sia nelle mani delle prime cinque banche americane. Si tratta di strumenti derivati pari a 7 - 8 volte il Pil mondiale.

Sono cifre da capogiro, usate non più come era nelle intenzioni iniziali per diversificare i rischi ma per speculare, scommettere.

Se questa partita si giocasse in campo neutro, in un gigantesco casinò, non ci sarebbero problemi. Sarebbero fatti loro. Il problema è che l'andamento dei derivati ha un'influenza su tutti gli altri mercati finanziari e alla fine sull'economia reale.

In altri termini, cinque grandi banche possono, più o meno volutamente, mettere in ginocchio in poche ore l'economia mondiale.

E' anche e soprattutto questo il capitalismo oggi. Ed è per giunta un mercato che non conosce trasparenza (le lobby bancarie l'hanno sempre impedita), è troppo concentrato e la sua rischiosità viene troppo spesso sottovalutata.

E qui veniamo a quella che definivo povertà culturale, termine col quale non mi riferivo alla "cultura popolare" ma alla capacità delle classi dirigenti di mostrare coscienza dei problemi e dei pericoli che stiamo vivendo e di tentare di indicare possibili soluzioni.

E qui torniamo a Pianebianco. E' abbastanza facile mettere in evidenza le ricette ormai addirittura ridicole della sinistra nostalgica di un mondo ormai inesistente, quello della fabbrica, dei padroni e della classe operaia.

Ma è altrettanto evidente che le forze politiche che si ispirano alla tradizione liberale, oltre a compiacersi di aver innegabilmente vinto contro il loro avversario storico, non riescono ad esprimere molto altro, restando ferme anch'esse alla visione romantica di un mondo ormai marginale, in termini di potere, di imprenditori illuminati, di sana concorrenza, di innovazione e creazione del valore. Quasi che lo strapotere della finanza, senza regole e fuori controllo, fosse cosa diversa da ciò che è diventato il capitalismo.
« Dopo aver studiato moltissimo il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che nel complesso vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l'uomo di quella di Maometto» Alexis de Tocqueville
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Re: Panebianco: le lezioni inascoltate della Storia

Messaggioda pianogrande il 24/07/2015, 14:57

Solo una sana politica ci può salvare e speriamo che non sia anche quello un sogno del passato ormai superato.

Il primo progresso sarebbe cominciare a vederla come parte di noi stessi e non come corpo estraneo e avulso e solo famelico parassita.
Cominciamo a sentirci più attori e meno spettatori (scusate la frase banale ma non me ne viene un'altra).

Cominciamo a partecipare e sentirci coinvolti in quello che succede e non solo a criticare dal buco della serratura o dalla finestra o dalla riva del fiume.

Se questo non succede, avremo tutti ragione intanto che tutto andrà a rotoli.
Fotti il sistema. Studia.
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