C’aveva ragione la Merkel
Che cosa significhi oggi un'indiscriminata apertura delle frontiere lo si è visto con le rivolte dei residenti romani e veneti, esasperati dal continuo afflusso di immigrati. Nonostante i nostri media l'abbiano stroncata all'unanimità, ha fatto bene la Cancelliera a dire la verità alla bambina palestinese...
di Corrado Ocone
Hanno fatto il giro del mondo le immagini della ragazza di origine palestinese che piange dopo che Angela Merkel le ha spiegato che la Germania non può farsi carico di tutti i profughi che sono arrivati e che continueranno ad arrivare sul suo territorio. Un episodio che ha suscitato un’ondata di reazioni e emozioni negative verso la Merkel e i tedeschi, giudicati in toto dai mezzi di comunicazione insensibili e protervi. Non c’è da stupire: la comunicazione moderna, soprattutto quella che si svolge sui social, lavora sulle emozioni e non sollecita la riflessione. E, in più, puntando alla semplificazione dei messaggi, trova pan per i suoi denti, possiamo dire, in situazioni umane elementari come è quella che sembra mettere di fronte un Davide arrogante e un Golia debole e indifeso. Nella fattispecie, una donna di potere e una ragazzina volenterosa il cui unico torto sembrerebbe essere quello di non essere nata tedesca. Per la Merkel, come direbbero gli esperti di comunicazione politica, un vero autogol! Al cancelliere, in fondo, sarebbe bastato usare qualche frase di circostanza, fare qualche proclama generico, mostrare un po’ di attenzione alle “ragioni umane” della faccenda, e poi lasciare andare le cose come sono destinate ad andare. In una parola, le sarebbe bastato prendere per i fondelli gli spettatori della trasmissione di cui era ospite e anche la piccolina.
Perché non l’ha fatto? Per un semplice motivo, che è forse anche il motivo della forza, non solo economica ma anche politica, della Germania di oggi. La politica non è demagogia: non consiste nel sollecitare le passioni meno nobili e più intolleranti dell’animo umano, ma nemmeno nell’indorare la pillola e immunizzare i cittadini-elettori dalla realtà dei fatti cullando i loro buoni sentimenti. La politica, quando è alta politica, è “politica di verità”. È Churchill, ad esempio, che, iniziata la guerra, promette ai suoi “lacrime e sangue”. Ma, a ben vedere, si tratta non solo di alta politica, ma anche di alta morale. Nel mondo laico, secolarizzato, contraddistinto dal “politeismo dei valori”, l’etica che è richiesta al politico, diceva Max Weber, non è quella della convinzione ma l’etica della responsabilità. Il politico, detto in soldoni, deve valutare le conseguenze delle proprie azioni: giudicare ciò che è bene non sentimentalisticamente, ma proprio a partire dagli effetti che i suoi comportamenti possono generare. È proprio a questo livello di discorso che si è posta Angela Merkel e che da un po’ si pone anche il premier inglese David Cameron. La loro posizione è ben diversa da quella delle forze demagogiche e nazionaliste che, in base all’artificiale (e non liberale) distinzione fra un “noi” è “loro”, dicono in sostanza che ognuno se ne deve stare nel suo Paese. Quando la Merkel dice “non possiamo accogliere tutti” sottintende che in molti in realtà sono già stati accolti in passato senza alcuna discriminazione, tanto che già ad un semplice sguardo ci si accorge che le società nordiche sono molto più multiculturali della nostra italiana. E afferma semplicemente che ora questa politica di apertura non è più possibile perché non è più possibile garantire ai nuovi arrivati quel tenore di vita e quella dignità, quel pacifico inserimento sociale, che per chi governa responsabilmente un territorio è il primo obiettivo da raggiungere. Si può, si deve, essere ospitali, ma solo fin quando ci sono le condizioni per ospitare. Quando non ci sono più, un politico responsabile deve avere il coraggio di dirlo e agire di conseguenza. Per scelta politica, semplicemente, non per inconfessabili fini nascosti come vorrebbe certa vulgata. Agire ideologicamente, moralisticamente, demagogicamente, significherebbe per lui venir meno all’alta moralità, all’etica della responsabilità, che lo contraddistingue.
Quali poi possano essere le conseguenze di una ulteriore e indiscriminata apertura delle frontiere, oggi e nello specifico dell’Europa attuale, lo si è visto sempre ieri nelle immagini pure diffuse dai media della rivolta dei residenti di un quartiere di periferia romano contro l’arrivo di un gruppo di profughi. Il rischio concreto è di instillare una guerra sul territorio: una guerra fra poveri per il lavoro, le risorse, la conquista di una vita decente. Una guerra che sarebbe una iattura per i residenti ma anche per i nuovi venuti che non si sarebbero aspettati di trovare una situazione del genere fuggendo dalle loro terre. Anche in questo caso, non parlare con chiarezza, non dire la verità, è una iattura: crea negli immigrati illusioni che si trasformeanno subito dopo in drammatiche e pericolose disillusioni e genereranno rancori e risentimenti.
Ecco, i nostri radical chic, che non conoscono le periferie e che, dall’alto dei loro salotti, si indignano per la Merkel e predicano un’apertura totale delle frontiere, senza se e senza ma, dovrebbero riflettere. Non è proprio questo loro atteggiamento altezzoso che non riesce a mettersi nei panni della povera gente quello che rinforza vieppiu i movimenti demagogici e antisistema? Non sarebbe allora il caso di affrontare finalmente in modo politico e responsabile, come fanno la Merkel e Cameron, il problema dell’immigrazione? Un problema così grave e pericoloso che rischia di stravolgere la comune convivenza e forse gli stessi valori fondanti della nostra civiltà.
http://www.lintraprendente.it/2015/07/c ... la-merkel/