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Bce e donne

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Re: Bce e donne

Messaggioda Robyn il 08/01/2009, 16:52

Non c'entra proprio niente"non se in".Stà di fatto che non si può aspettare troppo tempo che la Cina e l'India si decidano ad inserire lo stato sociale.Probabile che debbano crescere ancora ,ma ormai sono quasi 20 anni che queste regioni crescono a ritmo sostenuto Ciao Robyn
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Re: Bce e donne

Messaggioda pierodm il 08/01/2009, 19:47

Da dove comincio?
Facciamo che comincio da quello che ho capito di meno.

Franz, prima quoti diligentemente alcune mie frasi, poi ti spremi per rivelare la buona novella che le risorse non si "utilizzano" ma si creano, etc etc, lasciando intendere che io avrei commesso il peccato capitale di usare questo termine: ma in quelle mie righe citate questo termine non c'è.
Senza nemmeno andare a rileggere quello che ho scritto, mi sembra di ricordare che c'è da qualche parte un "utilizzare": era una semplice variante, in mezzo ad altri verbi, e comunque una variante che ci sta perfettamente dentro un discorso in cui le risorse si producono, si creano, si utilizzano, si sperperano, si nascondono, si accumulano, si calcolano, si conoscono, s'ignorano, si analizzano, non solo in conseguenza delle alterne vicende umane, ma anche in relazione ai diversi significati concreti che assume il termine "risorse".
Quindi potevamo evitarci tutte le infinite e inutili pippe sulla "creazione", e anche quelle del cattivo influsso che avrebbe l'essere a Roma nell'elaborare cazzate: anzi, colgo l'occasione per dire che mi sono stancato di sentir evocare Roma come quintessenza del malaffare, o come brodo di coltura di pensieri scriteriati. Per pura pietà umana preferisco non aprire un contenzioso su questo punto.

Depurato dalle pippe inutili, del discorso non rimane un granché.
Anzi no, rimane la questione dei soggetti che pensano e che guardano.
Come dicevo, la politica è un soggetto: lo è in quanto somma più o meno coordinata di soggetti concreti che pensano, e lo è come soggetto in sé, perché organizzata per pensare e per decidere: un soggetto che ha la sua precisa configurazione, le sue sedi materiali, e che emette decisioni confrontabili, analizzabili, misurabili, oltre che suscettibili di revisione e modifica.
L'economia non è un soggetto, ma un fenomeno: anzi, l'economia esiste solo come oggetto di studio e di analisi - il "pensiero", la logica di un dato sistema economico è un significato che possiamo ricavare dalla nostra analisi, che poi utilizziamo come "soggetto virtuale" per comodità di discorso.
"Soggetti" sono semmai i diversi attori che danno luogo al fenomeno - persone e aziende, che agiscono in base al loro interesse individuale.
Non voglio, adesso, mettermi a rifare daccapo un discorso su questa base, mi basta aver chiarito questo punto.

Infine, i "mestieri".
La nota legge di Murphy, che ciascuno si ferma quando ha raggiunto il livello in cui non è capace di fare niente di buono, rimane valida e giusta. Ma non c'entra niente, questo concetto, con il nostro discorso: o meglio, la questione di quale sia il mestiere di chi è esattamente la questione di cui si discute.
Per dirla sul semplice: l'economia - in concreto, la produzione, il lavoro, la tecnologia, il reperimento delle risorse economiche e delle materie prime, etc - è in relazione con tutto, la politica deriva le sue scelte e la sua natura dalla cultura di tutti quelli che concorrono a formarla e ad attuarla, e sulla cultura non varrebbe nemmeno la pena soffermarsi, dato che sarebbe davvero strana una cultura che avesse un proprio campicello ben delimitato da zappettare - o meglio, sarebbe una concezione della cultura propria di uno stato totalitario, dove "cultura" significa concerti sinfonici, pittura ornamentale e disquisizioni accademiche di tipo barocco, come quelle in auge nel '600 della Controriforma... ma va be', diciamo che questo sulla "cultura" è un colpo partito per sbaglio, durante la pulitura della pistola.
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Re: Bce e donne

Messaggioda franz il 08/01/2009, 20:14

pierodm ha scritto:Da dove comincio?
Facciamo che comincio da quello che ho capito di meno.

Franz, prima quoti diligentemente alcune mie frasi, poi ti spremi per rivelare la buona novella che le risorse non si "utilizzano" ma si creano, etc etc, lasciando intendere che io avrei commesso il peccato capitale di usare questo termine: ma in quelle mie righe citate questo termine non c'è.
Senza nemmeno andare a rileggere quello che ho scritto, mi sembra di ricordare che c'è da qualche parte un "utilizzare": era una semplice variante, in mezzo ad altri verbi, e comunque una variante che ci sta perfettamente dentro un discorso in cui le risorse si producono, si creano, si utilizzano, si sperperano, si nascondono, si accumulano, si calcolano, si conoscono, s'ignorano, si analizzano, non solo in conseguenza delle alterne vicende umane, ma anche in relazione ai diversi significati concreti che assume il termine "risorse".


Scrivevi "Fermo restando che si può usufruire soltanto delle risorse che ci sono e non di quelle che non ci sono".
Scusa se da quello non ho capito che intendevi esattamente il contrario.
Sono un po' duro ed ho poca fantasia.
Riprendiamo domani, ora devo uscire ... a creare risorse.

Ciao,
Franz
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Re: Bce e donne

Messaggioda pierodm il 09/01/2009, 14:23

Non riesco a capire cosa ci sia di strano, o di scorretto, in quella frase citata - fermo restando che si può usufruire soltanto delle risorse che ci sono e non di quelle che non ci sono.
Nel momento in cui si decide di spendere soldi a qualunque fine, questo si chiama "usufruire" o utilizzare.
Questi soldi, per essere spesi, devono esserci.
Si possono spendere solo quelli che ci sono, non quelli che non ci sono: questo non sempre avviene, ma si tratta appunto di quella "regola di buona amministrazione" che si cerca di stabilire.
Un concetto, per altro, che vale per qualunque tipo di risorsa, non solo quella finanziaria.
Cosa c'è di tanto stravagante in questa sequenza di concetti elementari?
E dove sta la mia contraddizione - e contraddizione con che cosa?

Io credo che si potrebbe discutere- e magari anche litigare - meglio, se evitassimo di impuntarci sul nulla.
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Re: Bce e donne

Messaggioda franz il 09/01/2009, 14:32

pierodm ha scritto:Non riesco a capire cosa ci sia di strano, o di scorretto, in quella frase citata - fermo restando che si può usufruire soltanto delle risorse che ci sono e non di quelle che non ci sono.

Nulla di scorretto ma da quel discorso era totalmente assente il concetto di produzione di risorse e la sua dinamicità.
Era evidenziato e sottolineato con forza il concetto (statico) di usufruire cio' che c'è.
Mi sono limitato a sottolineare questa mancanza, per me importante quando si parla di economia e welfare, che è basato sulla dinamica. Una dinamica a cui partecipa per me lo stesso welfare ma che in stragrande maggioranza è causata dalla dinamica economica, che produce e solo dopo puo' usare.
Questo per me non è "nulla" e spero mi sia consentito affermarlo. Grazie.

Ciao,
Franz
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Re: Bce e donne

Messaggioda Paolo65 il 09/01/2009, 15:04

Pare che anche su questo argomento l'ideologismo la faccia da padrone.

Se avessimo le risorse necessarie, metterei per legge la volontarietà di trovarsi un lavoro e chi non vuole riceverebbe le risorse che gli permetterebbero comunque una vita agiata.

L'Italia sta in questa situazione,oppure dovremmo fare i conti con una realtà ben diversa?

La realtà ci dice che il paese ha il 3° debito al mondo, che tra i paesi indistrializzati ed avanzati siamo quelli più in affanno, che la nostra popolazione è tra le più vecchie.

In questo contesto, innalzare l'età pensionabile a 65 anni ed equiparare le donne agli uomini sarebbe un'idea folle?

A me pare folle continuare a far finta di niente o peggio attendere una crisi ancora più grave che investa il paese per porre rimedio e rimetterci tutti in carreggiata.

Paolo
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Re: Bce e donne

Messaggioda pierodm il 09/01/2009, 16:24

Fermo restando che si può usufruire soltanto delle risorse che ci sono e non di quelle che non ci sono, queste risorse non appartengono a qualcuno in particolare, prese nel loro insieme: appartengono a tutti coloro che hanno partecipato a crearle, investendo, lavorando, pensando, faticando, vivendo - questo era il periodo completo.
Continuo a pensare che stiamo discutendo sul nulla, o meglio su una questione di metodo e di linguaggio, non più sull'argomento.

Era evidente che la frase incriminata fosse una premessa, riferita ad un caso specifico - ossia al momento in cui le risorse create, participio passato di creare, sono utilizzate come ritorno in forma di benessere a vantaggio di quella stessa società che le ha create.
Tra parentesi, va bene il dinamismo, ma ci sarà pure un punto, una fase, un momento in cui queste risorse esistono materialmente e costituiscono una ricchezza, un bene, o magari una forma di potenzialità, anche laddove siano utilizzate per un ulteriore dinamica di creazione. O no?
Quello che, semmai, varrebbe la pena di approfondire è se le risorse siano un fatto tutto interno alla dimensione economica, o se siano da considerare un fatto che riguarda tutta la società nel suo insieme - in altri termini, forse più chiari, se l'economia sia un settore parallelo e separato dalla società, o se invece sia uno dei fenomeni della vita sociale e che quindi deve trovare un equilibrio all'interno di meccanismi che non siano esclusivamente quelli strettamente "economici".
Anzi, credevo in realtà che esattamente di questo si stesse discutendo, più che sul concetto - vero, sacrosanto, essenziale, che nessuno contesta - della natura dinamica della creazione di risorse, e della necessità che queste risorse siano prodotte prima di utilizzarle.
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Re: Bce e donne

Messaggioda franz il 09/01/2009, 17:07

pierodm ha scritto:restando che si può usufruire soltanto delle risorse che ci sono e non di quelle che non ci sono, queste risorse non appartengono a qualcuno in particolare, prese nel loro insieme: appartengono a tutti coloro che hanno partecipato a crearle, investendo, lavorando, pensando, faticando, vivendo[/i] - questo era il periodo completo.
Continuo a pensare che stiamo discutendo sul nulla, o meglio su una questione di metodo e di linguaggio, non più sull'argomento.

Si, vero, stiamo discutendo anche nel metodo ma assai di piu', a mio avviso, nel merito.
Nel metodo, perché mi pare giusto che io possa sottolineare (nel metodo) una dinamicità non solo nella produzione di risorse ma soprattutti nella loro creazione, nel saper trasformare cose che prima non erano risorse e non valevano nulla in cose che diventanto risorse preziose (il merito della discussione).

Ulteriormente, quel "a tutti coloro" è generico ed indistinto e sarebbe meglio precisarlo come "a ognuno secondo il suo contributo" perché esso é diverso caso per caso.
Ma siamo, nel campo degli attori economici (imprenditori, lavoratori, consulenti, professionisti, artigiani, impiegati, docenti) con una visione economica, mentre gli stessi soggetti, con una visionee politica politica prendono altre decisioni.
Come appartenenti al mondo economico prodiciamo e creiamo (con diverse responsabilità e risultati), come appartenenti al mondo della polis possono quindi decidere (a pari livello) come distribuire cio' che l'ecomomia ha saputo creare.

Solo i paesi che superano una certa soglia di ricchezza (procucendo e creando risorse) hanno le risorse economiche per alimentare un welfare. Non mi pare nulla di trascendentale prima o poi arriveremo a constatare che si tratta delle ennesima banalità ed ovvietà. Mentre solo ieri erano "pippe inutili" (ottimo argomento dialettico).

Tutto era partito dalla discussione sulla mancanza di un welfare in cina ed india e dalla conseguente loro presunta "concorrenza sleale". Il fatto è che, sostenevo, il wlefare non è una scelta che si fa solo perché si vuole (andando al supermercato a comprarlo) ma deve essere sostenuto dall'economia e chiesto (ancora meglio) dalla democrazia.
In Cina forse ora si inizia ad avere un ritmo tale da poter sostenere il welfare ma non c'è la democrazia. In India la democrazia esiste ma non credo che l'economia possa sostenere ancora un sistema di welfare.
Da noi, come dice Paolo, siamo un po' messi male.
Il 30% di lavoro nero sottrare risorse al welfare ed alla fiscalità e nessun altro vuole fare sacrifici.
Tutti a parlare di diritti, nessuno di doveri.
Quando si parla di sostenibilità (economica) del welfare, sono "pippe inutili"?

Ciao,
Franz
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Re: Bce e donne

Messaggioda pierodm il 10/01/2009, 7:38

Franz
A Roma si dice: ahò, nun ce voi sta' - traduzione: pofferbacco, proprio non vuoi mollare!
Da un lato ciò è bella e buona cosa, dall'altro mi lascia un po' stranito.
Ogni discussione con te mi ricorda la presa di Sebastopoli, così come le raccontano le cronache della campagna di Russia: l'esercito tedesco dovette combattere bunker per bunker, vanghetta alla mano, per avere ragione della roccaforte difesa con altrettanto accanimento dai soldati sovietici.

Tu puoi sottolineare la dinamicità - ci mancherebbe altro - ma farne da subito un cavallo di battaglia e insistere all'infinito, per di più in termini estremamente combattivi, quando nessuno si è sognato di metterla in dubbio, non riesco a capire che senso abbia.
Non capisco nemmeno perché, poi, ignori totalmente il discorso sulle diverse accezione del termine "risorse", che consentono di parlarne anche come "ricchezza" messa a disposizione dall'attività economica: un'accezione che nulla toglie alla visione "dinamica" della sua creazione.
E' chiaro che un discorso sulla "disponibilità" di un bene è strettamente legato alla dinamica della sua produzione, ma - una volta chiarito questo, nel caso ce ne fosse bisogno - poi ci si schioda e si passa alle altre fasi del discorso.
Naturalmente, tu rivendichi il diritto di battere sullo stesso punto quanto ti pare, ma allora vale anche il diritto corrispondente di definire questa insistenza immotivata un "discorso sul nulla" - familiarmente, "pippa inutile".

Una fase del discorso più interessante è quella sui "tutti coloro", corretta in "ognuno secondo il suo contributo".
Interessante e denso di foschi meandri, questo discorso.
A prima vista - e anche a una seconda - una precisazione corretta. I problemi vengono dopo, alla terza, alla quarta, e alle riflessioni che ne seguono.
Ma fermiamoci alla prima: come calcolare il contributo? Basta un "calcolo" o si deve invece parlare di "valutazione"?
Già così, la questione presenta i suoi problemi.

Il fatto è che la "dinamicità" implica molti aspetti, tra i quali la continuità storica, ovvero la creazione di risorse non solo come processo delimitato al presente in relazione al puro titolo di proprietà dei mezzi che servono alla produzione di ricchezza, ma come risultato di un know how, di un contributo solo in parte misurabile in termini monetari, che si è accumulato nel tempo - e solo in parte risolvibile in termini di mercato.
Se vediamo la cosa sotto questo aspetto, si capisce meglio cosa significa "socialità" dell'economia, e della creazione di ricchezza: possiamo certamente specificare meglio la composizione di questa socialità, ma rimane il fatto che questa non entra in gioco solo nel momento potenzialmente parassitario della spartizione della ricchezza, ma esiste in tutto il processo produttivo della ricchezza stessa.
Vedere la questione in termini esclusivi - ed esaustivi - di "mercato" significa esaurire il problema della distribuzione nel solo "guadagno" di uno stipendio o di una parcella professionale.
Qui però non stiamo parlando della ricchezza che serve al processo produttivo per finanziare se stesso o ai vari attori per sopravvivere - stipendio, spese aziendali, materie prime, etc - ma del surplus del quale anche tu parli come "sviluppo".

Ecco perché io non riesco a separare l'economia dalla dimensione sociale: capisco che è una complicazione, e che - lo dico senza ironia - questo turba la linearità dei calcoli strettamente aziendali. Ma, così come non esiste una società senza una dimensione economica, non esiste un'economia senza società - tu tendi a sottolineare il primo punto, io il secondo, ma la realtà di riferimento è una sola.
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Re: Bce e donne

Messaggioda franz il 10/01/2009, 9:48

pierodm ha scritto:Franz
A Roma si dice: ahò, nun ce voi sta' - traduzione: pofferbacco, proprio non vuoi mollare!
...
Ecco perché io non riesco a separare l'economia dalla dimensione sociale: capisco che è una complicazione, e che - lo dico senza ironia - questo turba la linearità dei calcoli strettamente aziendali. Ma, così come non esiste una società senza una dimensione economica, non esiste un'economia senza società - tu tendi a sottolineare il primo punto, io il secondo, ma la realtà di riferimento è una sola.

Sono perfettamente d'accordo su questo ma non lo vedo in contraddizione sulla mia visione di una società fatta (leggi composta di sottosistemi) di cultura, economia, politica, ognuna con le sue particolari specificità del fare, del ragionare, del decidere in base ad obiettivi specifici principalmente suoi e che solo parzialmente tengono conto anche del resto.
Ogni sotto sistema possiamo immaginarlo come se avesse una sua autonomia, obiettivi, compiti, ruoli.
Come dicevo, l'economia produce, scambia, sviluppa. Ovvio che oggi lo fa grazie alla cultura e grazie alla politica. Cosi come queste due non potrebbero fare il loro ruolo senza il contributo economico. In questo senso va intesa l'idea che un welfare, per esistere (per poter permettere una sostenibilità sociale) deve avere una sostenibilità economica.
Non puoi trainare una roulotte con una bicicletta. O se ci riesci non fai tanta strada.
Per tornare al tema, l'invito delle BCE sul pensionamento a 65 non è rivolto all'europa, che in grandissima parte ha questa soglia da una decina o piu' di anni, ma è rivolta ai pochi paesi che ancora, malgrado il debito gravoso alle spalle, insistono a non considerare la sostenibilità economica di certe scelte politiche, se vuoi facili e premianti nei confronti dell'elettorato, ma penalizzanti per l'intera economia. Economia prima italiana, ed erano solo cavoli nostri, potevamo svalutare la lira quando volevamo e/o fare deficit allegramente, ora europea, ed ovviamente alle fomiche gli girano le palle a vedere troppe cicale in giro sperperare il valore comune, accumulando debiti.

Ciao,
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