da flaviomob il 30/03/2014, 15:56
I "valori del collettivo" sono un concetto piuttosto teorico. Se nella nostra società chi è più forte tende ad esserlo sempre di più, la classe media scivola verso il fondo e chi è più debole a sua volta lo è sempre di più, è difficile trovare dei valori comuni, è difficile identificare "chi" è il collettivo. Di fatto, frammentazione e individualismo lo rendono un concetto obsoleto. Eppure la cultura dominante ci ha insegnato che il conflitto di classe è demodé, non è elegante, è fuori luogo per i tempi che viviamo. Mala tempora currunt, infatti. Dobbiamo tornare a pensare che il conflitto invece è sano e costruttivo, se mantenuto entro i binari della democrazia. Dobbiamo tornare a pensare che esistono interessi confliggenti e che uno dei temi fondamentali e peculiari della democrazia italiana è la questione morale, su cui non esiste affatto una visione comune (o collettiva), sebbene sia proprio la tematica basilare per costruire uno stato che garantisca regole uguali per tutti da cui discendono doveri e diritti universali.
Ergo, se non ci convinciamo che è necessaria un'azione di protesta, di rivendicazione continua radicale, capillare, visibile, riconoscibile ed efficace, ma soprattutto unitaria e diffusa, lorsignori continueranno a fare come hanno sempre fatto.
"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)