franz ha scritto:Cardif, non è che forse un'aliquota unica, che sia finanza distribuita o che sia finanza locale, non cambi il risultato?
Io avevo concordato sul fatto che non si dovesse "Distribuire in periferia una fiscalità centrale unica", cioè che non ci dovessero essere in modo preminente le rimesse dallo Stato, entrando nelle casse dei comuni la sola quota dell'IMU, la Tares, e un po' d'altro (occupazione suoli, affissione manifesti, multe...). Questo non basta per le spese correnti dei Comuni, che infatti tagliano su lavori pubblici, trasporti, asili comunali, assistenza. Per i grandi lavori, invece, i soldi vengono per sostegno politico; e spesso vengono finanziate opere che non servono effettivamente, perché " lo Stato dà (o toglie) al comune X una somma 'tot' " non proporzionata al bisogno ma al sostegno che vuole dare ad un sindaco per la sua posizione politica. Ricordo i manifesti dell'On. X che in cui si diceva al caro sindaco di avergli fatto avere la somma tot.
Attualmente c'è l'irpef + l'addizionale regionale + l'addizionale comunale. Con un imponibile di 30.000 € le aliquote sono: 25,7% , 2%, 0,8% circa, per un totale del 28,5%. Le locali variano poco da Ente a Ente. Al lordo delle detrazioni, si versano rispettivamente 7.720 € + 600 € + 240 €.
Si vede che il grosso va alla Stato e col residuo gli Enti territoriali non fanno granché, che perciò chiedono ed ottengono le coperture di spesa. Quello che dicevo è che si potrebbe stabilire un tetto massimo unico, così che ogni cittadino, a parità di reddito, versa la stessa somma totale, ma destinando direttamente al Comune una parte maggiore riducendo il meccanismo delle rimesse. La differenza sostanziale che facevo non è che i soldi non venivano da Roma, ma è che ne andavano di più al Comune: Per esempio: allo Stato il 18%, alla Regione il 6% ed al Comune il 4,5%.
Capisco il ragionamento per cui un Comune che ha meno 'bisogno' potrebbe ridurre la sua quota. Può darsi che ha avuto troppo in passato per vie traverse ed ha strade, scuole, infrastrutture varie in ottime condizioni.
Un altro Comune, più penalizzato, ha tutto in dissesto ed ha più bisogno di sovvenzione. Infatti non escludo interventi con fondi FAS. Escludo che lo Stato (si fa per dire, ma sarà il Ministro compiacente) dia soldi al sindaco per sostegno partitico.
Ma mi sembra più equo che cittadini che hanno, reddito uguale, contribuiscano con la stessa somma che non varii da luogo a luogo. Se ci fosse una differenza impositiva notevole, si potrebbe verificare una migrazione. E questo già avviene con cambi di residenza a volte solo fittizi per la sola differenza tra le assicurazioni RCA tra le Regioni.
Il Comune troverà sempre il modo di spendere la sua quota che il cittadino gli ha versato; se proprio non ha lavori di miglioramento dell'illuminazione o della rete idrica, può sempre operare interventi sul sociale con una positiva opera di redistribuzione del reddito, oppure spendere in cultura. Ma è più facile per il cittadino indirizzare la spesa ed effettuarne il controllo, restando fermo il "mi hanno dato TOT e quindi posso spendere "TOT".
In sintesi, la differenza che riscontro è che, col sistema della tassazione variabile, dove c'è più ricchezza ci sarebbe meno imposizione locale e dove c'è più povertà ce ne sarebbe di più. Cosa che non avverrebbe col sistema della uguale tassazione.
E ripeto, a compensare per tendere ad uniformare la vivibilità, deve intervenire lo Stato che è di tutti, non dei più ricchi.
Quello che non ho capito è: che cosa ho scritto in contrasto con me stesso?
Sotto ho scritto. Sì, ma mi so' capito bene?' Devo aggiungere: 'Sì, ma mo' mi so' spiegato bene?'