http://casaeuropa.com.unita.it/mondo/20 ... la-guerra/Cipro, Merkel va alla guerra(P. Soldini)
Fino a dove si spingeranno Angela Merkel e Wolfgang Schäuble nella guerra di Cipro? Toni così duri e minacce così forti da Berlino finora non si erano sentiti mai.
Non erano stati usati neppure contro Atene nei momenti più difficili dei negoziati sul debito greco. La cancelliera e il suo ministro delle Finanze evocano per l’isola di Venere uno scenario che, fino a ieri, avevano sempre escluso anche per i Paesi più inguaiati: l’uscita dall’euro. O, per dire le cose proprio come stanno, la cacciata dall’euro. Dicono che nella riunione di ieri dei parlamentari dell’Unione democristiana (Cdu e Csu) Frau Merkel si sia persino rimangiata l’argomento da lei sempre usato, prima, per escludere la possibilità che qualche Paese, per esempio la Grecia, uscisse dalla moneta unica e cioè il rischio che si scatenasse un effetto domino incontrollabile.
Ebbene, pur di piegare Nicosia questa remora ora verrebbe abbandonata. O i ciprioti ingoiano le misure prospettate dalla trojka, e soprattutto dal Fmi, oppure se ne vadano al diavolo. E attenzione: debbono accettare proprio le misure che vennero indicate nella riunione dell’eurogruppo dell’altra settimana, a cominciare dal prelievo sui conti correnti che ha provocato sull’isola la rivolta aperta ed è stata bocciata dal parlamento, non le versioni edulcorate dei vari «piani B» che sono circolati. La cancelliera ha detto chiaro e tondo che Berlino respinge ogni soluzione che non preveda i prelievi sui conti correnti, compresa quella basata sul ricorso ai fondi pensione o alla garanzia dei beni della Chiesa. Nella stessa riunione dei parlamentari, il capogruppo della Cdu Volker Kauder ha fatto mettere ai voti le «condizioni» che Nicosia deve accettare perché il Bundestag voti gli aiuti del Fmi e della Bce. Un partito politico d’un Paese che pone in proprio condizioni al governo d’un altro Paese finora non s’era ancora visto. La cosa è tanto più spiacevole se si considerano gli interessi che sull’isola lontana hanno diverse grandi banche tedesche. Può essere anche un caso ma l’esposizione di queste banche a Cipro corrisponde esattamente all’ammontare dei prelievi sui conti che l’Eurogruppo, su pressione tedesca, ha fissato a 5,8 miliardi come condizione per far arrivare i 10 miliardi di prestito.
Prima di cercar di spiegare le ragioni di tanto furore, conviene esaminarne gli effetti a breve termine. Che potrebbero essere molto pesanti. Secondo indiscrezioni raccolte dalla «Reuters» e rilanciate con evidenza dall’edizione on line della «Welt» (giornale per niente ostile al governo federale), la durezza di Schäuble nella discussione in seno all’Eurogruppo avrebbe provocato una specie di sollevazione dei diplomatici degli altri Paesi, che si sarebbero apertamente rivoltati contro l’«egemonia» esercitata da Berlino. Non è la prima volta che simili malumori trovano espressione: si ricorderà la clamorosa denuncia contro il predominio di Berlino e di Parigi (allora governata ancora da Sarkozy) fatta, con minaccia di dimissioni, dall’ex presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker. Il lussemburghese poi se ne è andato e al suo posto è arrivato l’olandese Jeroen Dijsselbloem. Ma questi, si dice in giro, sarebbe politicamente troppo debole e, secondo i commenti raccolti dalla «Reuters», eterodiretto proprio da Schäuble. Non c’è alcun dubbio, dunque, sul fatto che il ministro delle Finanze sia il vero deus ex machina della dura manovra su Cipro. Ma non sarebbe solo: determinato (e determinante) come lui sarebbe la direttrice del Fondo monetario Christine Lagarde. La sua determinazione, secondo le indiscrezioni che girano a Bruxelles, avrebbe provocato persino una spaccatura dentro la trojka, con i rappresentanti della Commissione Ue e della Bce messi sotto pressione perché troppo propensi anche solo a discutere eventuali soluzioni che non prevedano i prelievi sui conti.La rivolta anti-Schäuble (e anti-Lagarde) nell’Eurogruppo ha provocato una situazione di stallo: la trojka non ha la forza per imporre le misure che Nicosia rifiuta, ma non può neppure far pesare fino in fondo la minaccia della cacciata di Cipro dall’euro. Pare, infatti, che la posizione tedesca sia minoritaria all’interno dei 17 Paesi della moneta unica. E che l’insofferenza verso l’«egemonia» stia montando anche fuori del recinto dei Paesi del sud. Se si dovesse arrivare a una conta nel gruppo Berlino potrebbe ritrovarsi in minoranza. Il gigante al centro dell’Europa rischia, insomma, di farsi mettere in scacco dal più marginale dei Paesi dell’Unione.
Quanto alle ragioni che hanno determinato questo pericoloso e irragionevole irrigidimento da parte della Germania il discorso è, purtroppo, molto breve. Il governo di centrodestra per stanziare i fondi degli aiuti a Cipro deve necessariamente passare per il Bundestag, dove la cancelliera non ha più una maggioranza propria a causa della fronda di molti liberali, cristiano-sociali e anche cristiano-democratici e stavolta, a differenza del passato, non può contare sul soccorso esterno della Spd. Lei e il suo ministro pensano che facendo la faccia dura una parte dei dissidenti rientri nei ranghi e si eviti una pericolosissima crisi a sei mesi dalle elezioni del 22 settembre. Ancora una volta le ragioni della politica interna tedesca condizionano in negativo le scelte dell’Europa contro la crisi. «È tornata la cancelliera di ferro» titola lo Spiegel il servizio dedicato alla crisi di Cipro. Ma la durezza non sempre significa forza.