Caro piero, suggestivo, ma un po' offensivo, l'esempio della grande catena montuosa. Ma dovremmo fare un po' d'ordine nel nostro discorso. Sei TU che hai tirato in ballo la struttura del sistema partitico per spiegare la minore o maggiore demagogia. Quindi, dato che io ho risposto esattamente sullo stesso piano individuato da TE, se il mio era un discorso di catene montuose e dittature, altrettanto lo era il tuo. Perciò i tuoi rimbrotti suonano un po', come dire, fuori luogo. Ma naturalmente non era così, è ovvio che il modo in cui è organizzato un sistema politico ha dei riflessi su come quel sistema funziona, anche se non semplici cause-effetto (cosa che non ho mai detto né pensato). E nella fattispecie, dato che il discorso storico non ti è piaciuto (ma non ne dai ragioni, lo liquidi così con una battutina), è chiaro che in un sistema multipartitico e proporzionale ogni partito tende a coltivare il proprio segmento di elettorato e per far ciò è portato a ideologizzarsi e a individuare le posizioni che più piacciono a quel suo proprio settore e basta. Quindi posizioni politiche più nette e ideologiche, molto più demagogiche proprio perché in realtà quelle promesse calibrate su un elettorato preciso non sono realizzabili nella società per nell'insieme. Tra l'altro, l'evidente necessità di individuare con maggior nettezza i confini del proprio gruppo di elettori spinge fortemente verso l'impiego di retoriche escludenti e al limite incitanti all'odio degli altri – la "diversità" del PCI è stato un esempio mite, ma il mondo a parte in cui viveva un aderente al partito nazista ne è l'esempio più estremo.
Non si tratta di causa-effetto, perché ovviamente intervengono molti altri fattori, ma è indubbio che la tendenza sia questa: se un partito è spinto dal sistema ad appellarsi ad un settore ristretto dell'elettorato tenderà a radicalizzare (anche un radicalismo centrista se è il caso) le proprie posizioni e comunque a ritagliarle perfettamente ad uso e consumo di quel settore (classe? ceto? casta?) sociale che individua come proprio riferimento.
Viceversa partiti molto grandi e quindi meno ideologizzati devono in qualche modo rivolgersi all'intero elettorato, perché pescano voti in modo trasversale attraverso varie classi, gruppi culturali, ecc. Quindi devono costruire un messaggio che possa avere un appeal molto ampio, sia pure poi con variazioni e accenti dedicati all'una o all'altra posizione che caratterizzano sempre una piattaforma politica. Di fatto questo crea la tendenza a partiti meno ideologizzati, meno demagogici, più pragmatici. E guardando alla storia di USA e GB (lasciamole perdere... ma PERCHÉ? Si possono fare solo gli esempi che piacciono a pierodm?) mediamente direi anche partiti più democratici e più efficienti.
Questi sono un po' di dati e argomenti. Tu invece hai sostenuto:
Non "si può", ma "si deve" essere demagogici, in una politica esente da riferimenti ideologici.
Tutto l'impianto del maggioritario, e peggio quello del bipartitismo, conducono allla demagogia.
E questa SI è una considerazione causa-effetto estremamente ingenua. E peraltro, anche se non fosse ingenua, è smentita dai fatti. Se poi vuoi sostenere che negli USA maggioritari c'era più demagogia che nell'Italia della prima repubblica o nella Gran Bretagna tra le due guerre c'era più demagogia che a Weimar, secondo me sosterresti una cosa assurda, ma almeno degnati di argomentarle. E non accusarmi, perfavore, di ragionare su cose che non c'entrano nulla, quando sono quelle che hai introdotto tu, e di considerare relazioni di causalità troppo ingenue, quando sei tu che hai esordito in tal modo.