Certo che la costruzione dell'Unione e dell'Euro è avvenuta in un modo sbagliato e soprattutto la classe politica che ha gestito la fase successiva non è certamente fatta da grandi uomini di stato. E poi noi italiani abbiamo avuto per un decennio Berlusconi che faceva il buffone nei consessi europei.
Non è un caso quindi che il processo di integrazione e costruzione di un Europa ha subito un rallentamento.
Ma sempre per fare una discussione accademica

dobbiamo farci una domanda che può sembrare essere estranea in questa fase storica: come vogliamo l'Europa? Una Europa fatta dalle nazioni storiche e che quindi ripropongono antiche divisioni? Un Europa che punta ad essere gli "Stati uniti d'Europa" con tutto il suo portato culturale, politico, economico e di organizzazione statuale? Un Europa Federale delle regioni, come nel modello Lega? Un Europa divisa fra aree forti e aree più deboli?
Credo che se non si ha un ancoraggio molto forte ad una di queste ipotesi la discussione anche rispetto all'Euro si tramuti in una discussione tra persone che parlano lingue diverse.
Personalmente credo senza ombra di dubbio che l'Europa debba avviarsi alla costituzione degli Stati uniti. Sono ben consapevole che è un cammino difficile e, come si dice, di lunga lena. Ma quando parliamo criticamente della politica che non riesce più a parlare di futuro alle nuove generazioni è, proprio, perchè essa ha smesso di darsi obbiettivi che vadano oltre il contingente, invece il progetto europeista incarna una idea lunga. Diversamente ripiegare sulle altre opzioni vuol dire rinunciare ad una idea alta, offrire ai cittadini una politica che difende interessi propri di gruppi, di regioni, di singole nazioni....una contro l'altra armata. Per ricordare cosa è stata l'Europa bisognerebbe fare un giro ai confini nord est italiani o sulla Marna. Odi, risentimenti secolari sono lì sepolti, ma lo sono per sempre?
Allora è vero che la classe politica italiana è inadeguata ma attenzione essa trova alimento nelle ansie, nelle difficoltà che attraversano la società. E se questo è vero è necessario che le idee rinunciatarie, difensive dell'esistente non siano alimentate: anzi vanno combattute. Anche nelle discussioni accademiche come questa.