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D'Alema: «Pd, serve una scossa il nemico resta Berlusconi»
L'ex premier dichiara: «Non abbiamo vinto, su lavoro
e Sud dobbiamo fare di più o restiamo al traino del Pd»
di Nando Santonastaso
ROMA - Presidente D’Alema, è una campagna elettorale un po’ strana quella che si è vissuta finora: pochi temi veramente vicini alle attese dei cittadini, molte polemiche e idee spesso riciclate. È d’accordo? «Sì, condivido l’aggettivo. Effettivamente, la campagna elettorale non ha affrontato finora i nodi veri. Sembra ripercorrere vecchie strade. La tendenza è quella di inasprire le polemiche più che mettere al centro i problemi veri del Paese».
I sondaggi dicono che la forbice tra Pd e Pdl si va riducendo: è preoccupato?
«Non ho mai sottovalutato Berlusconi, la vera competizione è con lui. Si sta parlando molto di Monti, la sua candidatura ha finito per spostare almeno in parte e in modo inappropriato l’attenzione della campagna elettorale. Ma, con tutto il rispetto, non credo che Monti possa correre per vincere, mi auguro che riesca a prendere più voti di Grillo. Ripeto: noi e il Pdl siamo gli antagonisti reali di quest’appuntamento e Berlusconi rilancia la sua sfida con gli argomenti su cui è sempre stato bravo».
Ma con questa premessa non diventa impossibile ragionare in termini di alleanze post-voto tra progressisti e moderati?
«Quello che succederà dopo il voto dipenderà solo ed esclusivamente dall’esito delle elezioni. La discussione su ciò che potrà succedere una volta chiuse le urne non solo non mi appassiona, ma la ritengo inutile. La questione vera è che il Pd vinca e per farlo deve battere il suo avversario, che continua a chiamarsi Berlusconi. Siamo in un sistema fortemente maggioritario: se vinciamo noi – come ha giustamente detto Bersani – si dialogherà per unire progressisti e moderati e affrontare i nodi irrisolti del Paese. Ma questo riguarda il dopo voto, la premessa è che dobbiamo vincere. E dobbiamo impegnarci al massimo, perché non dobbiamo sottovalutare la capacità di recupero di Berlusconi. Di questo tutti, nel Pd, devono essere consapevoli».
Sta dicendo che nel Pd si è sottovalutata la capacità di Berlusconi di tornare in campo, magari illudendosi che il più fosse già fatto dopo il successo delle primarie?
«Le primarie sono state uno straordinario esempio di democrazia, ma ho avuto l’impressione che il clima di euforia che le ha seguite abbia fatto perdere di vista il vero obiettivo, quello di vincere una sfida che resta complessa. La candidatura di Monti è stata il colpo di scena che ha, in qualche modo, distratto l’attenzione sul vero impegno che attende il popolo del centrosinistra: chiudere definitivamente la stagione politica di Berlusconi. Ora c’è bisogno, da parte del Pd e dei suoi alleati, di una scossa per ribadire che in campo ci siamo solo noi e il Pdl e che se non vinciamo noi non può che vincere ancora Berlusconi».
Quindi i giochi, sondaggi a parte, si decideranno in questi ultimi venti giorni di campagna elettorale?
«Intendiamoci, sono convinto che vinceremo noi, ma dobbiamo faticare, impegnarci in una vera e propria battaglia. Dobbiamo rimettere in campo il popolo delle primarie, quegli oltre tre milioni di persone che sono stati protagonisti di una scelta di responsabilità e che hanno dato una spinta al cambiamento. A loro dobbiamo rivolgerci: completiamo insieme l’opera».
Ma lei non ritiene che le maggiori incognite, Berlusconi a parte, per il centrosinistra possano derivare dai vostri vicini, dallo scontro tra “arancioni” e Sel? Quanto pesa Ingroia in questa fase?
«Noto con preoccupazione il ritorno di una stagione di estremismi politici, che peraltro conosco bene, essendo un vecchio militante della sinistra. La logica è sempre la stessa, colpire il vicino, non l’avversario. La logica è quella del “tanto peggio tanto meglio”. In questa campagna elettorale viviamo il paradosso di chi da una parte ci accusa di voler fare un accordo con Monti, dall’altra fa di tutto per rendere indispensabile Monti. È evidente che in alcune regioni chiave lavorano per la sconfitta del centrosinistra».
Si riferisce alla Lombardia?
«Esatto, anche. Del resto è una malattia antica, quella dell’estremismo politico, che coinvolge vecchi amici... Nulla di nuovo, solo che il prezzo da pagare a questo atteggiamento rischia di essere l’ingovernabilità del Paese».
Anche Ingroia estremista della politica?
«Guardi, oggi è diventato uno dei leader dell’estremismo politico, di un raggruppamento di persone che fanno le loro scelte con logiche tali da rimettere in gioco il vero nemico della sinistra e del centrosinistra, Berlusconi».
Peserà sui voti del Pd lo scandalo Mps?
«Non c’è dubbio che pesa sui sondaggi, soprattutto a favore di Grillo, ma il Partito Democratico non ha responsabilità. Siamo di fronte a una barbarie elettorale in cui si cerca di coinvolgere il Pd con forzature inaccettabili. Tanto più che, se Mps fosse davvero stata una banca politica, non avrebbe certo prestato tanti soldi anche a Berlusconi. Sono le istituzioni senesi che, per legge, si sono occupate direttamente della banca, hanno nominato i suoi amministratori e hanno promosso il cambiamento chiamando alla guida nuovi manager. Se si vuole mettere l’accento sulle responsabilità, bisogna farlo anche sui meriti. L’intervento della magistratura è avvenuto su sollecitazione degli stessi amministratori del Monte, e la sua azione accerterà le eventuali responsabilità. Detto questo, sono convinto che bisogna affrontare il problema dell’acquisto di derivati da parte delle banche: sono prodotti troppo rischiosi. Se qualcuno vuole giocare d’azzardo, lo faccia, ma non con i risparmi dei cittadini. Ecco perché devono esserci regole e controlli severi».
Quando ha parlato di scossa per il partito a cosa pensava veramente?
«A rimettere al centro della nostra azione, in questa fase decisiva di campagna elettorale, i temi e le proposte che interessano davvero i cittadini. Penso che la priorità del Paese sia il lavoro, in particolare per i giovani e nel Sud».
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