da pierodm il 08/12/2008, 20:24
A me sembra che le posizioni più utili, più chiare e più centrate con il tema in oggetto siano quelle di Pagheca e di Guido: non vuole essere, questo, un "voto in condotta" per gli altri, dei quali è apprezzabilissima la buona volontà, ma una valutazione strettamente "tecnica" sul piano logico e dialettico.
Ovviamente i miei interventi li tengo da una parte, sia per ovvi motivi di auto-citazionismo, sia perché sono consapevole di aver scelto di forzare i toni e quindi di essere assai poco politicamente corretto. Appena al di là del confine segnato da Pagheca, diciamo così.
Ma di politicamente - ed eticamente - corretto in questa, come in altre, questioni c'è quasi niente, e io ritengo che in questi casi sia meglio non farsi fregare scendendo a disquisire del sesso degli angeli, di numeretti, di commi e sottocommi.
- La dichiarazione del 48 è stata trascinata in mezzo molto inopportunamente.
Si usciva da quel cataclisma che sappiamo, e traspare da ogni riga di quel documento che si voleva allontanare lo spettro di uno stato totalitario che ripetesse i misfatti del nazismo, in particolare quelli basati su odio e discriminazione razziale e religiosa.
Solo avendo coscienza di questo si può scusare una sciocchezza come quella dei "genitori" che hanno la priorità... etc, che è in evidente contrasto - come ha fatto notare già qualcuno, qui - con lo spirito e la lettera di altri articoli della Dichiarazione stessa.
Quindi, ad essere datata e, magari, bisognosa di aggiornamenti sarebbe semmai la Dichiarazione.
- Qui non si tratta di accettare o no l'esistenza di scuole private, ma si tratta dei finanziamenti pubblici a queste scuole.
- Il finanziamento non è solo una questione di soldi, ma rappresenta una formale e sostanziale posizione dello stato verso questo genere di scuole.
- Appare assolutamente irrilevante - o se preferite, marginale - se con una leggina si sono accomodate le cose per far rientrare le scuole parificate nel sistema nazionale, e altre robette del genere: è evidente che questo tipo di maneggi rientrino nel polverome generale, un po' come in quei concorsi dove si compilano i bandi su misura per i candidati già scelti.
Tutto "legale", tutto "regolare" ... uhè, ragassoli, qui stiamo parlando della Chiesa Cattolica Romana, mica di bìscheroni.
Quindi, amici, cittadini, commensali: non prendiamoci per il culo.
- La nostra Costituzione è apprezzabile per molti versi, ma assai loffia per altri.
Il suo principale difetto è che sembra essere giacobina in certe affermazioni di principio, che poi affida alla legislazione ordinaria nella loro applicazione e definizione.
Un esempio clamoroso è la "libertà di stampa", vigorosamente sancita con tutta la grancassa del caso ... nei limiti stabiliti dalla legge, che qua e là fanno da interpunzione ai vari commi dell'art. 21. Adios amigos, e l'Italia è uno dei pochissimi paesi al mondo dove esiste un Ordine dei Giornalisti, etc etc etc
Se serve una riscrittura, è là dove si cancellano le ambiguità e le inutili complicazioni di un concetto originario, a causa dei riposti calcoli di chi intende fare maneggi "legislativi" successivi: riscrittura nel senso della chiarezza e nettezza, però, non nel senso di assecondare i maneggi.
- Che "oggi" la questione dei finanziamenti ai privati sia diversa da "allora" è un postulato privo di dimostrazione, se proprio non vogliamo parlare di fondamento.
Ad essere buoni, è una pura espressione verbale, un'opinione, niente di più.
- Sul piano della "confessionalità" dell'intera questione avrei da aggiungere diverse cosette, ma ne faccio grazia.
Dico solo che sono contrario al finanziamento pubblico dei giornali, dei partiti e delle grandi aziende, in quanto fonte di speculazione e parassitismo.
Per le scuole confessionali la contrarietà è doppia: speculazione e parassitismo, sia sul piano commerciale sia su quello ideologico.
- Se proprio vogliamo finanziare qualcosa in abito talare, aiutiamo le opere missionarie, ovvero di quei sacerdoti, di quei medici, di quelle persone che rischiano vita e salute per aiutare gente che muore di fame e malattie - praticamente unica e importante opera benemerita di una chiesa che, dietro a quei poveri missionari, nasconde e giustifica tutti i suoi giochi di potere.