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G20, piano per crescita e lavoro

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: G20, piano per crescita e lavoro

Messaggioda franz il 22/06/2012, 12:05

ranvit ha scritto:... quando serve sappiamo tirare fuori il meglio.

Bene. Ora serve.
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Re: G20, piano per crescita e lavoro

Messaggioda ranvit il 22/06/2012, 12:13

Attualmente abbiamo le mani legate dalla stupidità della Ue che la Germania (+ l'Olanda e la Finlandia) non ha ancora deciso di superare.
Vedere per esempio le parole di Napolitano e di Caltagirone (altro 3d appena inserito)
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: G20, piano per crescita e lavoro

Messaggioda Robyn il 22/06/2012, 13:38

Gli italiani sono soltanto tanto furbi.La migliore arma contro i furbi è l'intelligenza e la ragione.Sono d'accordo con la Merkel .Aiuti se i paesi sono virtuosi.Aiuti in cambio di riforme strutturali ciao robyn
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Re: G20, piano per crescita e lavoro

Messaggioda franz il 22/06/2012, 15:48

Robyn ha scritto:Gli italiani sono soltanto tanto furbi.La migliore arma contro i furbi è l'intelligenza e la ragione.Sono d'accordo con la Merkel .Aiuti se i paesi sono virtuosi.Aiuti in cambio di riforme strutturali ciao robyn

Aiutati che Merkel ti aiuta.
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Re: G20, piano per crescita e lavoro

Messaggioda Robyn il 22/06/2012, 18:03

Quando parlavo di furbizia intendevo mettere in risalto le migliori
qualità degli italiani nei momenti di difficolta'.Una cosa molto difficile
in Italia oggi è trovare i furbi intelligenti
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Re: G20, piano per crescita e lavoro

Messaggioda ranvit il 23/06/2012, 11:16

Insomma, anche qua solo chiacchiere!

http://www3.lastampa.it/ambiente/sezion ... tp/459697/

news ambiente
23/06/2012 - Dossier / Ambiente e sviluppo
Rio+20 va in archivio
L'economia verde resta solo sulla carta
Compromesso al ribasso alla Conferenza sullo sviluppo sostenibile
Nessun impegno su taglio dei combustibili fossili e difesa degli Oceani
ROBERTO GIOVANNINI
inviato a rio de janeiro

Epic failure, fallimento totale, come dice il direttore di Greenpeace Kumi Naidoo, o «un miracolo», come afferma il ministro dell’Ambiente italiano Corrado Clini?

La maggior parte degli osservatori - giornalisti, esperti, addetti ai lavori - non ha esitazioni: il testo approvato ufficialmente con cui si è chiusa la Conferenza sullo sviluppo sostenibile dell’Onu contiene davvero poche cose concrete.

Principi generali più che condivisibili, promesse di impegni, discorsi alati quanto vaghi; ma niente regole, niente avvio di processi virtuosi, niente schemi per attivare finanziamenti.

Non è riuscito il tentativo dell’ultimo minuto di varare, accanto al documento dal titolo «Il futuro che vogliamo», una dichiarazione finale dal taglio più operativo e rigoroso. E così, si è rimasti con 283 paragrafi in cui manca ogni riferimento a temi importanti: dai diritti riproduttivi delle donne (un «buco» contro cui ha tuonato il segretario di Stato Usa Hillary Clinton) alla difesa degli oceani dall’overfishing, con la creazione di riserve oceaniche protette in alto mare; neanche un accenno al taglio dei sussidi ai combustibili fossili, che incassano sei volte i finanziamenti pubblici ricevuti dalle fonti rinnovabili.

È vero che si parla per la prima volta di «green economy»; ma per affermare che non serve «un set rigido di regole» e ognuno farà come meglio crede. Ed è fallita persino la riorganizzazione burocratica delle strutture Onu che si occupano di ambiente. Rio +20 ha davvero poco a che spartire con la conferenza del 1992, che aprì la stagione delle grandi convenzioni Onu per regolare l’uso e la tutela delle risorse ambientali.

Non c’è nessuna base di partenza utile perché la diplomazia ambientale possa a breve passare dalle parole ai fatti. Così, forse non sono infondate le amare parole della direttrice internazionale del Wwf, Yolanda Kakabadse, secondo cui a sostenere che i 150 milioni di dollari spesi negli ultimi due anni per la macchina di Rio+20 sono stati uno «spreco» di soldi che potevano essere usati «per azioni di sviluppo sostenibile concrete».

«Un rapporto costi-benefici per niente conveniente - accusa Kakabadse -, è una vergogna».

Diverso il punto di vista di chi questo documento lo ha approvato. Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, che nei giorni scorsi aveva parlato di un testo «non abbastanza ambizioso», ha aggiustato il tiro: dalla conferenza di Rio emergono proposte e soluzioni «che rappresentano un significativo progresso e un grande successo per la comunità internazionale».

Sulla stessa linea si attestano la grande maggioranza dei commenti dei rappresentanti dei 193 Stati. Concorda il ministro dell’Ambiente Clini, secondo cui «in un momento di crisi economica così profonda, che la comunità internazionale si ritrovi su un unico documento è davvero un fatto storico, non capisco come possano continuare a girare commenti delusi e negativi. Non c’era un accordo migliore di questo».

Critica ma ispirata alla Realpolitik l’analisi formulata mercoledì dal presidente francese François Hollande: «Ci rendiamo contro che l’esito è inferiore alle aspettative - ha ammesso - ma non potevamo andare oltre se volevamo evitare un fallimento della conferenza». Troppi veti incrociati e timidezze.
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Rio+20, è finito il tempo dei summit

Messaggioda ranvit il 23/06/2012, 11:17

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplR ... colo=10257

23/6/2012
Rio+20, è finito il tempo dei summit
MARIO TOZZI
Davvero non vale la pena interrogarsi su quale straordinaria occasione si sia sprecata a Rio, vent’anni dopo il primo summit sulla Terra.

Già in quell’occasione abbiamo sentito gli stessi allarmi e le stesse identiche lamentele. Oggi c’è un solo punto di novità: la crisi economica gravissima che ci attanaglia. E che relega ancora di più l’ambiente in fondo alle preoccupazioni degli uomini del pianeta Terra. Poteva essere il momento giusto per comprendere la connessione fra la crisi economico finanziaria e il deficit ecologico che abbiamo scatenato in quegli ecosistemi che sono alla base del nostro benessere. Si sarebbe potuto discutere in modo meno ridicolo sugli aggiustamenti sintattici di protocolli sempre meno impegnativi e un po’ di più di cose concrete da fare. Si poteva proporre un modello nuovo di sviluppo che non fosse basato solo sulla crescita quantitativa, ma su efficienza e equilibrio, anche a favore di chi verrà dopo di noi. La riconversione ecologica del pianeta è inevitabile e non si può produrre una crescita infinta da sistemi naturali che sono, per definizione, finiti.

Ma quello che a Rio nel 1992 era un dubbio oggi è diventato una certezza: sono pochissimi gli uomini e i governi che si impegnano a cambiare rotta se gli eventi non diventano davvero drammatici. Si può opporre al cambiamento climatico l’abitante degli atolli oceanici minacciati direttamente dall’innalzamento del livello dei mari, non il cittadino statunitense del Midwest o il cinese di Shanghai che non si avvedono di alcun problema. I danni ambientali non vengono scaricati tutti insieme su una nazione progredita come un’alluvione, ma si distribuiscono giorno per giorno accumulandosi in maniera per ora impercettibile. Come si può pensare a una reazione significativa se il danno non è percepibile immediatamente?

Per questo forse il tempo dei grandi summit sulla Terra è finito: non solo non bastano più, ma rischiano anche di produrre un effetto indesiderato, quello di un rumore di fondo da cui è difficile estrapolare le emergenze reali. Se tutto è emergenza come si fa ad allarmarci ancora? Ciò non significa che le emergenze ambientali non siano gravi, tutt’altro, ma gli uomini quasi non vogliono più sentire che la temperatura media dell’atmosfera si innalzerà di 4°-5°C, perché fino a che lo sconvolgimento climatico non precipita sembra quasi inutile agitarsi. Ormai lo sappiamo benissimo: la sovrappopolazione e la crisi ecologica porteranno alla fine delle risorse e delle fonti energetiche tradizionali, all’inquinamento generalizzato e alla perdita di benessere del genere umano. Ma, siccome ancora non succede, possiamo sempre sperare che avvenga il più tardi possibile.

Se non se ne può più di conferenze sulla Terra, però non sarebbe giusto gettare l’acqua con tutto il bambino e si potrebbe recuperare una delle parole d’ordine del movimento ecologista mondiale: pensa globalmente e agisci localmente. Forse così si potrebbe avere una qualche possibilità di successo: è difficile difendere l’integrità della foresta amazzonica, anche se vale la pena farlo, se si abita a New York o a Milano. Lo dovrebbero fare in prima persona coloro che da quella foresta traggono ragione di vita sostenibile, cioè le popolazioni locali verso cui dovrebbero essere indirizzati, direttamente sul posto, gli aiuti internazionali. Soldi e energie agli autoctoni, non ai governi. Insomma, impedire che il bosco sotto casa venga ingoiato dal cemento è più facile che non difendere astrattamente la foresta globale della Terra.

Se si agisce localmente senza dimenticare la dinamica globale terrestre, ecco che anche la traduzione politica di quanto viene detto a Rio può diventare efficace. E in più si supererebbe l’effetto frustrante di agitarsi per grandi battaglie che non arrivano quasi mai al successo pieno. Difendiamo l’albero per difendere la foresta, l’individuo per la specie, il fiume per il mare e allora forse avremmo fatto un passo in avanti. A meno di non sperare nella risposta ultraliberista: niente più protocolli vincolanti ma solo la libera iniziativa degli stati. Ma se il libero mercato fosse in grado di risolvere quella che è la più grande sfida che l’umanità si sia mai trovata di fronte lo avrebbe già fatto, senza attardarsi così pericolosamente vicino al punto di non ritorno.
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Re: Rio+20, è finito il tempo dei summit

Messaggioda franz il 23/06/2012, 12:09

TOZZI ha scritto:Se tutto è emergenza come si fa ad allarmarci ancora?

Beh, quando si è vittima di un eccessivo catastrofismo, occorre riflettere sull'eccesso di catastrofismo da parte dei catastrofisti di professione. Anche perché il catastrofismo viene smentito da altri studi (per esempio sui livelli dei mari) e dai fatti (il livello del mediterraneo è in leggero calo). I catastrofismo provoca assuefazione e noia. E quando c'è una crisi le persone pensano ad arrivare a fine mese, non al presunto livello degli oceani nel 2100.
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Re: G20, piano per crescita e lavoro

Messaggioda ranvit il 23/06/2012, 17:08

Concordo sul catastrofismo ecologico come mestiere: è controproducente.

Ma mi interessava soprattutto evidenziare il nulla nel campo economico/politico prodotto dal G20.
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Re: G20, piano per crescita e lavoro

Messaggioda franz il 23/06/2012, 18:31

ranvit ha scritto:Concordo sul catastrofismo ecologico come mestiere: è controproducente.

Ma mi interessava soprattutto evidenziare il nulla nel campo economico/politico prodotto dal G20.

Ok, ma non confondiamo il G20 (in Messico) con Rio+20, conferenza delle nazioni Unite avvenuta a Rio De Janeiro a cui hanno partecipato 1500 delegati di 60 Nazioni.
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