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Il fascino della decrescita

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Il fascino della decrescita

Messaggioda franz il 09/06/2012, 9:28

Il fascino della decrescita
Massimo Famularo - 4 giugno 2012

Sembra che Latouche abbia incassato un discreto successo all'ultimo festival dell'economia (mi fido dell'articolo, io non c'ero). Come mai questo signore, che la quasi totalità degli economisti seri si guarda bene dal prendere sul serio, riscuote tanto successo?

Per lo stesso motivo per cui ogni volta che qualcuno sostiene di aver trovato la cura per il cancro o una fonte di energia pulita e inesauribile c'è sempre un nutrito numero di sostenitori: ci sono cose a cui vogliamo credere.

Se poi la comunità scientifica dice il contrario allora vuol dire che c'è un complotto delle multinazionali e/o delle banche che pur di tutelare i loro biechi interessi ostacolano deliberatamente il progresso dell'umanità.
Con l'economia e le scienze sociali in generale, la faccenda è ancora più intricata poiché non puoi fare esperimenti in laboratorio e la realtà che osserviamo è talmente complessa da prestarsi a interpretazioni anche antitetiche.
Se affermo di poter ridare la vista ai ciechi, dopo qualche plateale fallimento, diventerò meno credibile.
Se invece sostengo che staremmo tutti meglio guadagnando un po' meno e rispettando di più la natura è più che comprensibile che non potendo osservare le conseguenze catastrofiche di questo approccio qualche animo semplice possa rimanerne infatuato.

La decrescita, dunque, ha il fascino banale della sapienza antica, quella che dice che non fa bene prendere troppe medicine e che spesso una boccata d'aria e un po' riposo sono la cura migliore. A ben guardare, per il raffreddore o per qualche malattia minore il consiglio può anche essere sensato. Quello che dovremmo però rammentare a chi si accosta a questo elisir di lunga vita è che il cancro non si cura con l'aria fresca.

Un ristretto numero di persone, accomunate da una particolare sensibilità e probabilmente da una qualche ideologia di sostegno, possono probabilmente vivere allegramente accontentandosi di risorse minime e celebrando la natura. Lo fanno da sempre confraternite religiose e piccole comunità ad esse assimilabili. Purtroppo, però la stragrande maggioranza della popolazione umana è fatta da individui egoisti e spietati che solo di recente (in termini storici) e limitatamente alle aree più sviluppate ha smesso di ammazzarsi per un tozzo di pane.
Anche senza le velleità new age di Latouche, ci troviamo di fronte alla sfida di nutrire 7 miliardi di persone, di gestire l'invecchiamento della popolazione nei paesi sviluppati, guerre e tensioni sociali in quelli in via di sviluppo: che pacifica prospettiva potremmo attenderci se deliberatamente scegliessimo di ridimensionare la torta delle risorse disponibili?
Quella stessa torta che, non di rado, si contrae malgrado i nostri sforzi per farla crescere?

Qui casca l'asino dell'altro argomento tanto accattivante quanto intellettualmente disonesto: l'impossibilità di una crescita infinita. Se le risorse naturali sono limitate come possiamo proporci di crescere per sempre?
Non possiamo e infatti in nessun testo serio di economia si parla di crescita infinita.
Che questa però possa essere una giustificazione logica per proporsi di decrescere e tutto un altro paio di maniche.
Anche i cavalli come mezzo di locomozione e il carbone come combustibile per le locomotive erano risorse scarse eppure ben prima che si esaurissero abbiamo trovato il modo di crescere senza farle scomparire del tutto.
Perché non dovrebbe accadere la stessa cosa con il petrolio o per il carbone impiegato nelle centrali elettriche?
Perché mai il rispetto della natura dovrebbe essere incompatibile con la crescita economica?
Non si può crescere, per esempio, producendo e consumando libri sotto forma di ebook senza abbattere un albero?
Producendo e consumando servizi di consulenza erogata via internet risparmiando i costi e l'inquinamento degli spostamenti fisici?

Si che si può ed è esattamente quello che sta succedendo sotto il naso dei fautori della decrescita.

@famularomassimo

Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/blogs/apologia- ... z1xHLg3BOD
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Decrescita vs Logica

Messaggioda franz il 09/06/2012, 9:29

Decrescita vs Logica
Massimo Famularo - 5 giugno 2012

Nel post di ieri ho scritto che quasi nessun economista degno di questo nome prende in considerazione le tesi sulla decrescita.Visto tuttavia che in molti sembrano interessati all'argomento e che io non sono nè serio nè economista proviamo ad affrontare la questione armati di semplice buon senso (non diciamo logica che a qualcuno il termine può far paura).

Cosa succederebbe se un numero sufficientemente elevato di persone decidessero in modo organizzato di ridurre gradualmente i propri consumi? E' plausibile che un certo numero di imprese, tenendo conto dell'aspettativa di una futura riduzione nella domanda, aggiusterebbero al ribasso la propria capacità produttiva licenziando dipendenti e dismettendo strutture che non avranno una domanda futura da soddisfare.

Posto che non è possibile conoscere in anticipo quanti e quali beni e servizi saranno consumati in meno, è plausibile anche che la riduzione operata dalle imprese a scopo precauzionale sia superiore all'effettiva riduzione nei consumi.

Ad ogni buon conto, licenziamenti e minori investimenti da parte delle imprese significano minori guadagni per i lavoratori (stiamo decrescendo no?) il che comporta una diminuzione INVOLONTARIA nei consumi che si aggiunge a quella VOLONTARIA attuata per scelta.

Come prosegue la storia è facile immaginarlo. Durante un ciclo economico normale esiste comunque l'aspettativa che prima o poi l'economia torni a crescere. Questo perchè per alcune imprese la recessione può portare alla ristrutturazione o al limite al fallimento,mentre per altre può costituire un'opportunità di espansione; dunque le persone che perdono il lavoro possono aspettarsi di trovarne un altro.

Quali effetti ha il simpatico ingrediente di un certo numero di persone convinte che sia utile proporsi deliberatamente di decrescere? In astratto, se riuscisse veramente a "sconfiggere" in modo durevole la crescita, ci potrebbe precipitare in una sorta di buio medioevo. In concreto, è plausibile che avrebbe solo l'effetto di ritardare la ripresa nel tempo ed eventualmente accentuare una fase transitoria di recessione o di depressione.

Perchè? Perchè gli idealisti che all'inizio si erano fatti promotori del progetto, una volta sperimentate le dolorose conseguenze dalla loro idea, la lasceranno semplicemente perdere.

Ma non è possibile mettersi d'accordo come buoni fratellini e decrescere allegramente rinunciando ognuno a un pezzettino? Durante gli assedi, le carestie e le guerre o in generale storicamente non sembra che la cosa abbia funzionato. Senza scomodare teorie complicate un fattore semplice come l'istinto di conservazione dovrebbe farci ritenere che nei momenti di crisi prevale il "si salvi chi può" e che, putroppo, in genere si salvano i più forti. Si intravede l'aspetto logico per cui decrescere non è una buona idea?

Prima di concludere non dimentichiamo la natura (oggi è la giornata dell'ambiente no). Questa decrescita che il buon senso ci dice essere molto onerosa per le persone farebbe almeno bene all'ambiente? Imbracciamo il buonsenso e proviamo a pensarci.

Le nuove automobili inquinano meno delle vecchie. Comprare meno auto nuove e usare di più le vecchie significa inquinare di più. Lo stesso può dirsi per molte altre tecnologie. Dunque decrescere incentiva, almeno nel breve, l'utilizzo di tecnologie meno pulite in tutti i casi in cui queste costano meno. Certo c'è il caso ottimale in cui usare una tecnologia ci fa risparmiare e anche inquinare di meno. Ma qualunque passo in direzione di tecnologie pulite comporta degli investimenti e gli investimenti, di norma,si fanno se c'è la prospettiva di una crescita. In mancanza di questa prospettiva possiamo confidare solo sugli investimenti degli stati e degli enti no profit.

Ma come si finanziano questi soggetti? Con quello che produce il settore privato che, per scelta consapevole, stiamo facendo decrescere. Allora? Allora se da un lato inquiniamo meno perchè lavoriamo e consumiamo meno, dall'altro inquiniamo di più perchè sostituiamo più lentamente le tecnologie obsolete e abbiamo meno risorse da investire in quelle nuove.

Chi è che trova nuovi modi per inquinare di meno? I ricercatori, quei bravi ragazzi che lavorano per costruire un mondo migliore ed hanno la pessima abitudine di mangiare, volere un tetto sulla testa e fare figli: chi finanzia la ricerca in un mondo che ha deciso di non crescere? Gli stati che tasseranno sempre più quel poco che resta e gli enti non profit che riceveranno sempre meno fondi.

E' chiaro allora perchè prendere sul serio la decrescita va contro la logica?

@Massimofamularo

Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/blogs/apologia- ... z1xHLyVxFT
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Re: Il fascino della decrescita

Messaggioda pianogrande il 09/06/2012, 11:09

La decrescita può funzionare solo con una diminuzione della domanda che abbia diffusissime basi culturali/filosofiche.
Secoli, millenni.
Molto probabilmente, prima di arrivarci in modo naturale, subiremo le ire del pianeta e dovremo adattarci per forza e con lacrime e sangue non proverbiali.

Gli umani dovrebbero imparare (ma in fretta non è possibile) che una volta raggiunto un livello sufficiente di beni materiali, per aumentare il proprio benessere bisogna rivolgersi ad altre fonti (culturali).

Un'altra ipotesi, forse più verosimile ma (sempre forse) troppo lontana nel tempo, è che la tecnologia (figlia della crescita, ammettiamolo) porti all'utilizzo di fonti di energia (pulita, per carità!) più o meno ineusauribili e ad una razionalizzazione della produzione alimentare (comprendente il controllo delle nascite).

Insomma EVOLUZIONE.

L'unica evoluzione che non mi sembra verosimile è un adattamento incruento ed indolore ad un pianeta sempre più spremuto e sempre più inospitale.
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Re: Il fascino della decrescita

Messaggioda franz il 09/06/2012, 14:15

pianogrande ha scritto:La decrescita può funzionare solo con una diminuzione della domanda che abbia diffusissime basi culturali/filosofiche.

In realtà alcune cose decrescono ... perché vengono sostituite da altre.
Per esempio la domanda di trazione animale (cavalli, muli, bovini) è fortemente calata con la meccanizzazione (motore a scoppio) e questo ha permesso maggiore produttività (anche alimentare) e quindi piu' popolazione attorno al "desco comune".
Rispetto a qualche migliaia di anni fa è diminuita la domanda di schiavi. Fattore o rivoluzione culturale?
No, di mercato. Il salariato ha sostituito lo schiavo e contribuisce alla crescita.
La cultura viene dopo, secondo me. L'economia pilota, la cultura segue, con enormi ritardi.
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Crescita o decrescita?

Messaggioda franz il 09/06/2012, 20:32

martedì 17 aprile 2012. Categoria: A letto con Marx, Autore: Luigi Marattin
Dialogo immaginario (?) sulla crescita

Dialogo immaginario tra Mario - economista liberal - e Panteone, un sindacalista / imprenditore / giornalista / politico / benpensante italiano.

Panteone: "C'è una cosa che non capisco. Come si può pensare di risollevare in modo strutturale le sorti dell'economia italiana senza mettere in atto politiche per la crescita? Anche volendo condividere l'enfasi sul risanamento della finanza pubblica, ormai anche i bambini sanno che il modo più sicuro per risanare le casse dello Stato è la crescita economica. Le grandezze di finanza pubblica, infatti, sono definite in rapporto al Pil. Maggiore è la crescita del nostro reddito, quindi, più sostenibili diventano deficit e debito."

Mario: "Hai senz'altro ragione. Credimi, anche all'interno di noi liberali c'è un diffuso malcontento per l'enfasi esclusiva sul risanamento dei conti pubblici, tanto più se condotto per la maggior parte tramite incrementi di pressione fiscale. Tu mi concederai che nell'autunno scorso la situazione era divenuta talmente grave che occorreva agire subito, costi quel che costi; io, volentieri, ti concedo che adesso è venuto il momento di pensare alla crescita, senza se e senza ma".

Panteone: "Perfetto, allora vedi che siamo d'accordo. Da dove cominciamo?"

Mario: "Dunque, vediamo un po'. L'Italia ha il più basso livello di investimenti esteri che si riscontri nel mondo occidentale. Per prima cosa, dunque, mi occuperei di far divenire il nostro Paese la meta preferita degli investitori di tutto il mondo. Cominciamo dalle cose basilari: riformiamo come si deve il mercato dei fattori produttivi, cioè capitale e lavoro. Che ne dici di una bella legge che sottragga le banche dal controllo delle fondazioni - e quindi degli enti locali - e le lanci da subito in un mercato aperto, contendibile e competitivo, in modo da canalizzare il credito agli imprenditori migliori e non agli amici degli amici?".

Panteone: "Ma sei matto? Se togliamo alle banche quel minimo di controllo pubblico che ne è rimasto, diventeranno come quegli squali di Wall Street che hanno causato la crisi in cui siamo immersi! E' invece essenziale che ci sia una mano pubblica forte e riconoscibile nella politica di erogazione del credito. In più (ma non farti sentire in giro), lo sai quanto sono remunerati i posti nei consigli d'amministrazione delle Fondazioni bancarie? Non ti piacerebbe forse farne parte?"

Mario: "Beh, allora partiamo dalla riforma del mercato del lavoro. Facciamo un Testo Unico sul Lavoro, massimo 60 articoli, tradotto in inglese e disponibile on-line. Lasciamo il contratto collettivo nazionale come garanzia di salario minimo e di rete di protezione generale laddove non esista contrattazione decentrata, e poi facciamo in modo che ogni realtà produttiva si organizzi come crede, sia sulla parte normativa che su quella retributiva, a condizione che ci sia l'accordo dei rappresentanti dei lavoratori. Poi facciamo un sistema davvero universale di ammortizzatori sociali, in modo che nessuno - nessuno! - rimanga col sedere per terra nei momenti in cui passerà da un lavoro ad un altro. Rifacciamo da zero la formazione professionale, che oggi in Italia è una delle più grandi reti clientelari e inefficienti che esistano"

Panteone: "Ma vuoi scherzare?! Che c'entra il mercato del lavoro con le politiche sulla crescita? Quello di cui parli è soltanto un modo per completare l'attacco ai diritti dei lavoratori, rendendoli schiavi di un sistema capitalistico ormai senza regole. Oppure, un modo per spremere ancor di più le imprese, già tartassate dalla pressione fiscale più alta del mondo".

Mario: "Allora senti cosa facciamo… una bella riforma della giustizia… ora che Berlusconi non c'è più possiamo finalmente dirci con chiarezza che non è che sia tutto rose e fiori….cosa ne dici di valutazione delle performances, accorpamento tribunali, riforma dei codici di procedura?"

Panteone: "Ma cosa stai dicendo?! Mi sembra di sentir parlare Giuliano Ferrara!!! Il problema della giustizia è semplicemente che mancano i fondi. Occorrerebbe spendere di più, così che i processi possano essere più celeri. Ogni altra considerazione è solo un vile attacco all'indipendenza della magistratura".

Mario:" Beh, allora senti questa, qui non potrai non essere d'accordo. Nessun sistema economico può crescere senza un accumulazione continua e di qualità del proprio capitale umano. Quello che serve è una vera riforma della scuola e dell'università, in direzione di una completa autonomia, della competizione tra scuole/Atenei, dell'allocazione meritocratica dei fondi, della fuoriuscita del sistema universitario dal perimetro della pubblica amministrazione…

Panteone: "Oh mamma mia,ma ti sei bevuto il cervello? Anche qui, come nel caso della giustizia, c'è una sola riforma da fare: più soldi pubblici. Non vorrai svendere la formazione ai privati! Sarebbe questa la tua crescita?".

Mario: "E se riformassimo la pubblica amministrazione? Che ne dici di un piano industriale vero e proprio, attuato di concerto con le migliori società di consulenza del Pianeta, per fare del nostro sistema pubblico il fiore all'occhiello della Nazione? Potremmo anche ripensare l'intero impianto del diritto amministrativo, per velocizzare procedure, eliminare inefficienze, iniettare dinamismo. Insomma, rifare tutto daccapo, senza tabù".

Panteone: "Ci mancherebbe solo questa… un attacco al pubblico impiego, in piena regola! Non se ne parla neanche. Il problema vero della pubblica amministrazione è che gli stipendi sono troppo bassi, come nella scuola. Pensiamo innanzitutto ad aumentarli, poi il resto verrà da solo".

Mario:" E se riducessimo di un bel po' la pressione tributaria e contributiva sui redditi da lavoro? Servirebbe a rilanciare i consumi e a favorire l'occupazione. Dovremmo però ovviamente finanziarlo con una parallela riduzione della spesa pubblica, per evitare contraccolpi sul deficit".

Panteone: "Questa sì che è bella, una riduzione della spesa pubblica! Ma vogliamo scherzare? Vuoi aggiungere ulteriore macelleria sociale? La spesa pubblica semmai deve essere aumentata, non hai letto Keynes, o Krugman?".

Mario: "Beh, ti dico l'ultima….a questa non puoi proprio dire di no: una semplificazione complessiva e senza precedenti dello Stato. Monocameralismo, federalismo vero, dimezzamento dei parlamentari, elezione diretta del capo del governo, abolizione totale delle province, riordino delle strutture periferiche dello Stato, dimezzamento delle leggi. Anche questo serve alla creazione di un ambiente economico stabile, presupposto fondamentale della crescita. Smettiamo di parlarne soltanto per farci belli sui giornali, e facciamo davvero. Bastano sei mesi, se lo vogliamo".

Panteone: "Ma cosa dici? Ci mancano solo le riforme populiste e peroniste. Non lo sai che la nostra Costituzione è la più bella del mondo? Non c'è bisogno di toccarla".

Mario: "Abbi pazienza Panteone, ma a questo punto sono un po' confuso. Siamo partiti dal presupposto condiviso che in Italia ha un bisogno drammatico di crescere. Ti ho proposto di riformare il mercato del lavoro, del credito, la pubblica amministrazione, la giustizia, la scuola, l'università; ti ho proposto di semplificare la Repubblica e le sue leggi. Mi hai sempre detto di no. A questo punto fatti fare una semplice domanda? Di cosa c''è bisogno secondo te in Italia oggi?".

Panteone:" Non potevi chiudere questo nostro dialogo con una domanda più stupida. E' ovvio, no? C'è bisogno di politiche per la crescita!".

Luigi Marattin


Luigi Marattin. Docente di Economia Politica all'Università di Bologna. Master a Warwick, Ph.D a Siena. E' stato Fulbright Scholar a New York, è co-autore per Il Mulino del libro Economia dell'Integrazione Europea. Dal dicembre 2010 è Assessore al Bilancio del Comune di Ferrara.

http://www.qdrmagazine.it/2012/4/17/57_marattin.aspx
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Re: Il fascino della decrescita

Messaggioda pianogrande il 10/06/2012, 9:33

La cultura viene dopo, secondo me. L'economia pilota, la cultura segue, con enormi ritardi.
Franz
Mah!
Il prima e dopo è un discorso che presuppone una netta separazione dei due campi.
Cultura ed economia sono troppo interconnesse per muoversi separatamente.
Ci dovremmo, semmai, chiedere come l'una influenzi l'altra.
Solo come esempio,il tema della decrescita è per me vitale per il pianeta ed ha assolutamente bisogno di un passaggio culturale (di scelta di vita).
Naturalmente, chi opera nella economia e vuole conservare il metodo attuale cercherà di far passare idee diverse.
Tutte queste interazioni si concretizzano anche in un altro campo che è quello della politica.
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Re: Il fascino della decrescita

Messaggioda franz il 10/06/2012, 9:57

pianogrande ha scritto:La cultura viene dopo, secondo me. L'economia pilota, la cultura segue, con enormi ritardi.
Franz
Mah!
Il prima e dopo è un discorso che presuppone una netta separazione dei due campi.
Cultura ed economia sono troppo interconnesse per muoversi separatamente.
Ci dovremmo, semmai, chiedere come l'una influenzi l'altra.

Certo, non sono disconnesse ma non sono nemmeno perfettamente sincronizzate, come le nuotatrici della nota disciplina olimpica. Non c'è dubbio che un componente del sistema culturale, quello della scienza e delle ricerca, influenza profondamente l'economia tramite la promozione dell'innovazione. E qui la cultura viene sicuramente prima. Ma questo solo se il sistema economico è di tipo competitivo. Perché senza competizione le innovazioni tecniche rimarranno nei cassetti degli istituti di ricerca. Su altri fronti culturali pero' noi ci comportamo come se vivessimo ancora nel mondo contadino.
Secondo me nel contesto giusto l'innovazione è rapidissima e l'economia pure. Oggi in circa due anni le CPU e le GPU a parità di potenza di calcolo consumano la metà della corrente e disperdono molto meno calore. Questo permette al doppio di persona di avere un PC, senza dover raddoppiare la produzione di energia elettrica. Come vedi non serve alcuna decrescita. Sul piano culturale invece chiediamoci cosa usiamo tutta questa potenza di calcolo: perscrivere lettere (come secoli fa) ma elettroniche e per telefonare, come il secolo scorso. Io almeno metto a disposizione la potenza di calcolo per progetti no-profit di ricerca che usano milioni di computer collegati tra loro. Ma solo un milione di PC su due miliardi è in questa rete.
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Re: Il fascino della decrescita

Messaggioda ranvit il 10/06/2012, 10:12

Io almeno metto a disposizione la potenza di calcolo per progetti no-profit di ricerca che usano milioni di computer collegati tra loro. Ma solo un milione di PC su due miliardi è in questa rete.

??? Franz puoi essere piu' esplicito? Si tratta di una affermazione generica o è qualcosa di concreto? E, se si, come si partecipa?


Ps Il fascino della decrescita è una cosa seria se s'intende, per esempio, come faccio io, di consumare meno acqua possibile (chiudendola mentre ci si rade, mentre ci si spazzola i denti, intervenendo per evitare le perdite degllo scarico, etc) - meno corrente possibile (usando solo lampadine a basso consumo e spegnendole quando si esce dalla camera, etc) - comprando prodotti che non fanno pubblicità o quasi - non comprando un telefonino ogni sei mesi o un tablet se non serve per lavoro - etc etc
Tutto il resto sono minchiate (e/o seghe mentali :D ) !!!
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Re: Il fascino della decrescita

Messaggioda franz il 10/06/2012, 10:27

ranvit ha scritto:??? Franz puoi essere piu' esplicito? Si tratta di una affermazione generica o è qualcosa di concreto? E, se si, come si partecipa?

La piattaforme comune di gestione del calcolo distribuito è http://boinc.berkeley.edu/ (sta a berkeley, in california)
ed i progetti a cui si puo' partecipare sono vari, pubblici e privati: http://boinc.berkeley.edu/projects.php
ranvit ha scritto:Ps Il fascino della decrescita è una cosa seria se s'intende, per esempio, come faccio io, di consumare meno acqua possibile (chiudendola mentre ci si rade, mentre ci si spazzola i denti, intervenendo per evitare le perdite degllo scarico, etc) - meno corrente possibile (usando solo lampadine a basso consumo e spegnendole quando si esce dalla camera, etc) - comprando prodotti che non fanno pubblicità o quasi - non comprando un telefonino ogni sei mesi o un tablet se non serve per lavoro - etc etc

A me pare normale "economia", nel senso classico di fare le cose con economia, tipo spegnere le luci quando esci da una stanza. Nel senso di "non sprecare" inutilmente. Mi pare che la decrescita sia una cosa diversa. Che poi la decrescita sia una "sega mentale" posso anche convenire ma non è questa definizione tranciante ci aiuta a discutere con chi eventualmente è convinto che sia una cosa utile e/o possibile e/o auspicabile.
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Re: Il fascino della decrescita

Messaggioda ranvit il 10/06/2012, 10:38

Che poi la decrescita sia una "sega mentale" posso anche convenire ma non è questa definizione tranciante ci aiuta a discutere con chi eventualmente è convinto che sia una cosa utile e/o possibile e/o auspicabile.


Parere personale il tuo....come il mio: le minchiate sono minchiate e non vale la pena perderci tempo! Almeno per quanto mi riguarda...
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