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Amato: La Germania vuole buttarci fuori

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Europa alla ricerca del sogno da recuperare

Messaggioda Robyn il 03/06/2012, 14:03

In questo articolo si parla anche di Ppe,ma è lo stesso
http://www.farefuturofondazione.it/ff/p ... uta&CCA=54
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Re: Soros spara a zero sulla Merkel

Messaggioda trilogy il 04/06/2012, 9:47

franz ha scritto:SOROS CONTRO LA GERMANIA AL FESTIVAL DELL'ECONOMIA DI TRENTO
Soros spara a zero sulla Merkel
«Hai solo tre mesi per salvare l'euro»

Il finanziere: «L'intransigenza dei tedeschi mette a rischio l'Unione. Ora serve una copertura Ue dei depositi bancari»
[..[ Ecco perché la ricetta è una sola e non può che adottarla anche la Merkel: un sistema comunitario a copertura dei depositi delle banche per impedire la fuga da capitali dall’area Euro». [..]


E' un problema banale, messo in evidenza da tutti gli esperti, ma i nani politici europei non ci sentono. Non puoi avere una moneta unica, un mercato unico, senza un sistema di assicurazione dei depositi "federale". gli USA hanno due circuiti uno fa capo alla FED (Federal Reserve system) e uno al FDIC (Federal Deposit Insurance Corporation) entrambi sono di natura federale
Inoltre di distingue tra protezione dei depositi e delle banche. In Europa, si finge di non capire la differenza.
Una banca può essere fatta chiudere. Poi si tutelano i depositi e l'attività viene proseguita da un'altra banca.
Sul sito della FDIC si può vedere la lista di banche chiuse negli USA mese per mese, e sono centinaia.

http://www.fdic.gov/bank/individual/fai ... klist.html
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Re: Amato: La Germania vuole buttarci fuori

Messaggioda Robyn il 04/06/2012, 11:33

L'Europa dovrebbe avere anche una rete di informazione europea"Tele Europa con sede a Bruxelles" che rivitalizzi il sentimento europeo danneggiato dagli euroscettici e che informi sui vari paesi europei.Per esempio in Usa c'è la bbc
ciao robyn
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Re: Soros spara a zero sulla Merkel

Messaggioda franz il 04/06/2012, 11:37

trilogy ha scritto:E' un problema banale, messo in evidenza da tutti gli esperti, ma i nani politici europei non ci sentono. Non puoi avere una moneta unica, un mercato unico, senza un sistema di assicurazione dei depositi "federale".

E soprattutto non puoi avere quelle cose senza una vera unione federale.
Cosa che la Germania accetta e propone ma altri (Francia in testa) rifiutano.


http://www.investireoggi.it/estero/wall ... sovranita/

Wall Street Journal: La Germania Cede sull’Unione Fiscale, ma in cambio della Sovranità
Mentre crollano le esportazioni Tedesche verso i partners Europei, il Wall Street Journal svela la strategia di Berlino per stabilizzare la sua egemonia sul continente: unione fiscale a guida Tedesca
4 giugno 2012 , ore 2:26 -

BERLINO – La Germania sta inviando segnali forti che, alla fine, sarebbe disposta a sostenere idee come gli eurobonds o un’unione bancaria se i leaders Europei fossero disposti a rinunciare a una maggiore sovranità e a trasferire all’Europa poteri significativi sui bilanci nazionali, un passo che, se intrapreso, sarebbe in grado di riprogettare l’unione monetaria ed essere una delle iniziative più audaci da quando l’euro è stato avviato.

L’Europa è rimasta bloccata nell’adozione di misure coraggiose per arginare la crisi e calmare i mercati finanziari perché i leaders non sono in grado di integrare due approcci fondamentalmente diversi.
Paesi come la Francia credono che l’Europa deve creare strumenti come gli eurobonds per spartire in tanti il peso del debito. Altri, in particolare la Germania, dicono che una moneta comune richiede una politica fiscale comune e il trasferimento all’Europa della sovranità nazionale sui bilanci .

Ora, per la prima volta, la Germania sta mostrando segni di cedimento sulla sua posizione, ma vuole che queste questioni siano oggetto di una più ampia discussione sul futuro dell’Europa e la struttura della zona euro.

“Più gli altri Stati membri partecipano a questa evoluzione e sono pronti a rinunciare ai propri diritti sovrani per coinvolgere maggiormente le istituzioni Europee, tanto più saremo pronti a svolgere un ruolo attivo nello sviluppo di questioni come un’unione bancaria,” un funzionario Tedesco vicino alle discussioni ha detto al Wall Street Journal. “Non si può avere l’uno senza l’altro”.

Molte delle idee in discussione non sono una novità, ma la forte recrudescenza della crisi dell’euro nel corso del mese passato, che sta nuovamente minacciando di far crollare l’unione, sta costringendo i leaders Europei a rendersi conto che il loro approccio frammentario alla soluzione della crisi sta fallendo.

Eppure, non c’è alcuna garanzia che i leaders Europei riescano a superare le differenze che non sono riusciti a colmare in passato. Qualsiasi mossa verso l’abbandono della sovranità sui bilanci nazionali incontrerà una resistenza feroce negli Stati membri, alimentando partiti politici populisti e feroci battaglie costituzionali sui diritti degli stati. Ma l’idea, fortemente sostenuta dal cancelliere Tedesco Angela Merkel, che la crisi deve essere utilizzata come un’opportunità per creare un’unione politica che sostenga la moneta comune, forse sta guadagnando terreno.

“L’Unione europea deve rafforzare la sua architettura”, ha detto il Primo Ministro Spagnolo Mariano Rajoy durante il fine settimana. “E questo significa un compromesso per creare una nuova autorità Europea di bilancio, che guiderebbe la politica di bilancio nella zona euro, armonizzerebbe la politica fiscale degli Stati membri e consentirebbe un controllo centralizzato delle finanze pubbliche.”

Un alto funzionario Ue ha detto Domenica che erano in corso dei contatti tra i governi per mettere insieme un “grande piano”, come proposto al vertice di maggio dei leaders Europei.

Egli ha detto che la Germania era “disposta a cooperare sul grande piano, ma al prezzo di un trasferimento di sovranità in materia fiscale”.

Questo, ha detto, è un requisito difficile per quasi tutti gli Stati membri, e può anche richiedere modifiche ai trattati Europei.

Il funzionario ha dichiarato che i governi stavano cercando di influire sull’approccio da adottare al prossimo vertice UE, alla fine di giugno.


“La sostanza di tutto questo: i giochi sono iniziati”, ha detto.

In occasione del vertice informale del 23 maggio, i leaders europei hanno incaricato Herman Van Rompuy, il Presidente del Consiglio Europeo, José Manuel Barroso, Presidente della Commissione Europea, Mario Draghi, Presidente della Banca Centrale Europea, Jean-Claude Juncker, Capo dell’Eurogruppo , di mettere insieme delle proposte per il prossimo vertice del 28-29 Giugno per aiutare i leaders Europei a creare una road map per discutere sulla futura architettura Europea.

Le questioni sul tavolo rientrano a grandi linee in due categorie.

Ci sono delle idee comuni come la creazione di eurobonds, l’assicurazione dei depositi a livello Europeo e più in generale una “Banking Union”, che rientrano nella categoria della responsabilità condivisa sul debito sovrano e le banche Europee.

Queste sono idee che vengono sostenute dal Presidente Francese François Hollande, ma sono considerate un anatema dalla signora Merkel, a meno che il potere di imporre la disciplina di bilancio sia trasferito in Europa, il che significherebbe un sacrificio di sovranità.



La Germania sta spingendo di nuovo per un approfondito controllo Europeo sui bilanci nazionali, una politica fiscale comune, che obbligherebbe gli Stati membri a cedere il controllo sui bilanci nazionali ad una futura autorità fiscale Europea, un’idea a cui la Francia si oppone strenuamente. Ci sono poche probabilità di una svolta nel mese di giugno, ma i funzionari Tedeschi hanno detto che il processo è iniziato.

“Non ci sarà nessun big bang al vertice di giugno”, ha detto un funzionario Tedesco. “Ma sarebbe un grande passo avanti per l’Europa, se riuscissimo a creare una struttura per la trattativa, a stabilire un metodo, a porre le domande giuste e inserire il tutto in un calendario certo. Sarebbe importante per l’Europa.”

Parlando ai giornalisti al vertice dei leaders del Mar Baltico la scorsa settimana, la signora Merkel ha detto di essere disposta a discutere qualsiasi idea sul tavolo.

“Certo, è possibile riflettere su come ci stiamo apprestando ad evolverci nei prossimi cinque o 10 anni”, ha detto. “Ma se continuiamo sempre a censurare le idee, non funzionerà.”

I funzionari Tedeschi sostengono che una singola idea non può essere adottata da sola. Per vedere l’intero quadro dell’aspetto che l’Europa assumerà nel futuro, dicono, sono necessari tutti i pezzi del puzzle. Per i Tedeschi, questo significa che non sarà mai possibile per qualsiasi leader Tedesco accettare eurobonds o un’assicurazione dei depositi bancari dall’Irlanda alla costa Iberica, a meno che Berlino non abbia la sicurezza di avere voce in capitolo nelle politiche di bilancio nazionali in Europa. La Germania sta offrendo all’Europa una sorta di quid pro quo e forse sta ponendo le basi per un enorme passo avanti nella costruzione Europea.

Un pezzo del puzzle che ancora manca è la Francia. Ora che tutte le idee vengono messe sul tavolo, non è ancora chiaro se il signor Hollande ammorbidirà la sua opposizione ad una severa unione fiscale, in stile Tedesco.

Un alto funzionario Francese ha dichiarato: “Le istituzioni Europee hanno iniziato a lavorare e siamo mobilitati per assicurare che al vertice di fine giugno questo processo produca risultati”.

Articolo originale: Germany Gives Ground on Crisis Plan http://online.wsj.com/article/SB1000142 ... lenews_wsj
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Re: Amato: La Germania vuole buttarci fuori

Messaggioda Robyn il 04/06/2012, 11:53

Fisco banche ed altro trasferite all'Europa in cambio di eurobond,ma l'Europa non potrà mai essere a guida tedesca,non potranno mai esserci paesi egemoni e questo la Germania lo deve sapere.In Europa non c'è solo la Germania,ma al contrario, c'è anche la Germania,al pari degli altri paesei dell'eurozona.Il direttorio è una grande stupitaggine,meglio non farsi sentire fare certe affermazioni.Inoltre la Germania non vuole gli eurobond perche i suoi eurobond anziche avere un tasso di interesse all'1% sarebbe al 3% uguale per tutti i paesi dell'eurozona e sarebbe un sollievo per i paesi mediterannei dell'eurozona attualmente strangolati a tassi del 7 o 8%.Inoltre l'insolvibiltà di uno stato membro verso i creditori può essere un'eccezzione più unica che rara
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Re: Amato: La Germania vuole buttarci fuori

Messaggioda franz il 04/06/2012, 13:26

Robyn ha scritto:In Europa non c'è solo la Germania,ma al contrario, c'è anche la Germania,al pari degli altri paesei dell'eurozona.Il direttorio è una grande stupitaggine,meglio non farsi sentire fare certe affermazioni.Inoltre la Germania non vuole gli eurobond perche i suoi eurobond anziche avere un tasso di interesse all'1% sarebbe al 3% uguale per tutti i paesi dell'eurozona e sarebbe un sollievo per i paesi mediterannei dell'eurozona attualmente strangolati a tassi del 7 o 8%.Inoltre l'insolvibiltà di uno stato membro verso i creditori può essere un'eccezzione più unica che rara
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Onestamente, in europa non c'è "solo" o "anche" ma "soprattutto" la germania. Perché senza oggi l'europa sarebbe già caduta.
Ci si preoccupa di cosa accadrebbe senza la grecia ma chiediamoci cosa accadrebbe senza la germania.
Ed è responsabilità delle cicale (PIIGS) se questo è sempre piu' vero.
I paesi mediterranei "strangolati" dovrebbero ricordare quel proverbio della nonna:
http://it.wikipedia.org/wiki/Chi_%C3%A8 ... _se_stesso
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Re: Amato: La Germania vuole buttarci fuori

Messaggioda flaviomob il 04/06/2012, 13:44

Ciò che non va nell’approccio all’euro

di Francesco Farina da nelMerito.com

Il vertice dei ministri economico-finanziari europei della notte del 23 maggio si è concluso con la consueta dichiarazione di ineludibilità dei vincoli del Fiscal Compact, con un’apertura sui “Projectbond” e con la semplice inclusione nell’agenda del vertice “ufficiale” del 28 giugno del tema degli “Eurobond”.

Il giorno dopo, nella sua “Lezione Caffè” all’Università di Roma-Sapienza, Mario Draghi ha implicitamente escluso un obiettivo della BCE per il tasso di inflazione di medio termine più elevato del 2% (la modellistica econometrica indicherebbe una correlazione negativa fra inflazione e crescita) ed ha delimitato il raggio di azione della politica monetaria all’alleviamento dei problemi di liquidità e di capitalizzazione delle banche europee mediante le operazioni LTRO, ricordando fra le riforme urgenti la centralizzazione della regolamentazione bancaria. Questi due giorni hanno dunque sancito come né dalla politica fiscale né dalla politica monetaria ci si possa attendere un sostegno alla ripresa economica dell’Eurozona.
Come si invertirà l’attuale tendenza alla “divergenza economica” europea?


Si può dire che l’euro nacque sull’onda di una scommessa. Nella valutazione prevalente fra gli economisti al momento della sua progettazione agli inizi degli anni ’90, l’unione monetaria europea (UME) non era giudicata un’”area valutaria ottima”. La previsione prevalente fu che i costi (essenzialmente, la fine delle svalutazioni competitive) si sarebbero rivelati in eccesso rispetto ai benefici (essenzialmente, la drastica riduzione del costo del danaro e la minore aleatorietà dei progetti di investimento).
Mundell (1961) giudicava improbabile che i vantaggi di efficienza legati all’accelerazione dell’integrazione economica ed alla accresciuta competizione fra i sistemi produttivi potessero compensare l’elevata esposizione al rischio di shock asimmetrici di paesi eterogenei. Successivamente ad uno shock negativo,. la rigidità del mercato del lavoro avrebbe impedito di ridurre il salario reale l’aggiustamento di mercato non si sarebbe realizzato e l’economia sarebbe entrata in recessione. In Europa, i paesi a più alta dinamica dei salari e più bassa dinamica della produttività del lavoro (relativamente ai paesi “forti” come la Germania) avrebbero maggiormente sofferto dell’impossibilità di recuperare competitività attraverso il meccanismo di inflazione-svalutazione del cambio.
L’aspettativa di non-ottimalità dell’Eurozona non influenzò i politici, in quanto l’avvio nel 1991 del processo di unificazione monetaria culminato nella fissazione di tassi di cambio irrevocabili nel 1999 fu una decisione eminentemente politica promossa da Kohl e Mitterrand, che scaturì dallo “scambio” fra rinuncia al marco tedesco ed avallo alla riunificazione delle due Germanie. Paradossalmente, anche gli economisti ortodossi sostennero il progetto, attratti non tanto da un’Unione Europea sempre più integrata quanto dai cambiamenti strutturali da loro da tempo auspicati. Infatti, per varare la moneta unica si sarebbero finalmente realizzate in gran numero privatizzazioni e liberalizzazioni dei mercati, la politica monetaria sarebbe stata rigorosamente anti-inflazionstica e la politica fiscale rivolta al ridimensionamento dei deficit e debiti pubblici, con la rinuncia alle manovre discrezionali di segno espansivo.
Inoltre, Mundell, Premio Nobel per l’Economia nel 1999, aveva corretto l’iniziale giudizio negativo sulla moneta unica in Europa, sottolineando come le probabili fasi di congiuntura negativa delle economie più deboli sarebbero state sostenibili anche dopo la perdita dello strumento di politica valutaria. Infatti, la liberalizzazione dei movimenti dei capitali avrebbe permesso un costante flusso di capitali verso le economie più arretrate e la fine del rischio di cambio avrebbe assicurato una più facile gestione dei portafogli dei risparmiatori. I timori sull’investimento dei risparmi nelle deboli economie dei paesi della Periferia venivano nell’analisi di Mundell fugati dalla diversificazione del rischio: le perdite sui titoli delle imprese dei paesi deboli sarebbero state compensate dai guadagni su quelli dei paesi forti; a garantire poi la solvibilità fiscale dei governi avrebbe provveduto la BCE, attraverso la credibilità che la denominazione nella nuova valuta avrebbe conferito al debito. Le conseguenze negative degli shock asimmetrici erano quindi affrontabili anche dalle economie periferiche. Il sostegno all’avvenuta decisione di varare l’euro venne infine razionalizzato con l’idea rassicurante che il computo costi-benefici andasse fatto tenendo conto del mutamento strutturale, e calcolato in base a modelli macroeconomici dove i coefficienti delle variabili considerate fossero quelli ex post (per ipotesi, migliori) e non quelli ex ante (si veda Frankel e Rose, 1998).
L’ottimistica previsione di Mundell non ha finora trovato conferma. L’incentivo all’attività di investimento rappresentato dalla forte riduzione del costo del danaro (per la fine del rischio di cambio e la sostanziale riduzione del premio sul rischio di default) non ha dato i frutti sperati, neppure negli anni iniziali dell’Eurozona (1999-2006) che hanno preceduto la crisi finanziaria e la successiva Grande Recessione. E’ vero che l’integrazione finanziaria ha visto le banche del Nord Europa acquistare attività emesse sia del settore pubblico che da quello privato dei paesi della Periferia, che fino al 2005-06 hanno conosciuto i tassi di crescita più elevati. Ma ciò ha solo creato l‘illusione delle virtù miracolose della ricetta supply-side: più liberalizzi i mercati, riduci le tasse e ridimensioni il sistema di protezione sociale, più sprigioni le forze progressive dei mercati. In realtà, la carenza di capacità imprenditoriali nei settori tecnologicamente avanzati fece sì che nella Periferia dell’Eurozona l’espansione degli investimenti favorita da bassissimi tassi di interessi reali si concentrassero nei settori finanziari ed immobiliari. Il forte processo di integrazione finanziaria avvenuto all’interno dell’Eurozona non ha prodotto lo sperato rafforzamento dei fattori di crescita delle economie periferiche, rimanendo solo una tessera del più generale fenomeno della globalizzazione. Inoltre, ci troviamo oggi di fronte ad un’inversione di tendenza dell’integrazione finanziaria in Europa. Le operazioni della BCE di rifinanziamento delle banche (le LTRO) hanno avuto l’effetto di favorire una “rinazionalizzazione” del debito pubblico dei paesi dell’Eurozona e dei capitali bancari.
Vale allora la pena ricordare come, negli ultimi due decenni, soltanto due paesi – a partire dai primi anni ’90 l’Irlanda, un po’ di anni più avanti la Spagna – sono stati capaci di tradurre in realtà il catching-up previsto dalla modellistica della convergenza economica. Sono però questi i paesi dove la “rincorsa” ai reddito pro capite dell’ “Europa avanzata” ha fatto leva non tanto sull’efficienza dinamica quanto su fattori trainanti particolarmente fragili quali le “bolle” immobiliari e bancarie (ed in Irlanda anche la competizione fiscale). E sono di nuovo questi i paesi (la Grecia è un discorso a parte) dove la crescita e la convergenza economica sono state colpite a morte dallo shock macroeconomico originato dalla crisi finanziaria.
Le vicende europee dimostrano che in un’economia in cui l’adozione di una moneta comune con i paesi concorrenti sottrae al tasso di cambio reale (l’indicatore della competitività) la “valvola di sfogo” dell’accomodamento nominale non riesce a fare fronte ad uno shock sistemico. La competitività delle economie “emergenti” sui mercati internazionali gode dei benefici del regime dei cambi flessibili vigente fra le principali aree valutarie. Del beneficio di opportune oscillazioni del cambio nominale non godono invece i paesi periferici dell’area valutaria europea, sicché l’aggiustamento di mercato (fuor di metafora, il drastico abbattimento dei costi di produzione attraverso la riduzione dei salari ed il ridimensionamento della forza lavoro stabilmente occupata) si rivela insufficiente a creare le condizioni per il ritorno alla crescita. Gli incentivi messi in campo dal libero mercato non si rivelano sufficienti, almeno in Europa, per realizzare il catching-up. I sistemi produttivi più deboli hanno bisogno della progettazione pubblica di un ambiente favorevole all’innalzamento della “produttività totale dei fattori”, ovvero ricerca tecnologica, istruzione e infrastrutture. Nell’ Eurozona, il sostegno di appropriate istituzioni comuni, avviando il passaggio dal coordinamento delle politiche fiscali indispensabile a “rassicurare” i mercati all’unione fiscale, non sembra più a lungo procrastinabile.
L’errore non è stato l’euro, ma la insufficiente struttura istituzionale che ha minato i potenziali benefici della moneta comune sulla crescita delle economie europee. Si è troppo a lungo ignorato che le istituzioni rivestono un ruolo fondamentale ed insostituibile nel contenere gli effetti degli shock ed accelerare il cambiamento strutturale delle economie. Questa grave sottovalutazione ha molto pesato allorché la crisi finanziaria ha messo a nudo tutte le pecche del disegno dell’Eurozona. Una volta affidata la creazione di moneta alla francofortese BCE, ed assoggettate le politiche fiscali al vincolo del PSC, dell’assenza di una sufficiente convergenza reale non ci si preoccupò. A contrastare eventuali shock esogeni ci avrebbe pensato la capacità di aggiustamento che i mercati liberalizzati avrebbero raggiunto grazie all’integrazione. L’adozione poco meditata dell’ideologia liberista fece così dimenticare che la convergenza nominale che ha portato all’euro in nessun modo rappresentava la garanzia di una spontanea realizzazione della convergenza reale, ovvero di un progressivo abbattimento del costo del lavoro per unità di prodotto (salario/produttività del lavoro) verso i valori delle più efficienti economie del Nord.
Oggi, di fronte alla grave crisi dei paesi della Periferia, “le stesse cose ritornano”. I valori della dinamica del PIL – positivi in Germania e gravemente negativi nella Periferia – non sono soltanto la conseguenza del rientro dal debito pubblico generato dai salvataggi delle banche, ma dimostrano che il problema della convergenza reale fra le economie europee è ancora tutto da affrontare. Oggi, per uscire dalla crisi, occorrerebbero esattamente le stesse scelte di policy che si invocavano allora: una BCE che non fosse fotocopia della Bundesbank, politiche fiscali di stabilizzazione coordinate a Bruxelles; adeguati finanziamenti comunitari di sostegno allo sviluppo. Tredici anni fa, se fosse stato sorretto da un coordinamento istituzionale all’altezza dei complessi aggiustamenti reali che avrebbero dovuto accompagnare l‘introduzione dell’euro, i sistemi produttivi più deboli della Periferia sarebbero forse riusciti ad utilizzare l’abbattimento dei tassi di interesse e dei costi di transazione per accrescere l’efficienza produttiva; ed i governi (in primis, i paesi con un rapporto debito pubblico/PIL superiore al 60%, all’epoca solo Italia, Belgio e Grecia) a destinare le somme risparmiate grazie alla minore spesa per interessi prima alla decumulazione del debito pubblico e poi al finanziamento di investimenti in infrastrutture ed al miglioramento del capitale umano. Oggi, con il sistema bancario imballato dal deleveraging e la domanda interna depressa dal moltiplicatore negativo del bilancio pubblico, imprese e governi nazionali non possono sperare nelle sole “magnifiche sorti e progressive” dell’aggiustamento di mercato e del consolidamento fiscale. La ripresa della crescita nella Periferia, se ci sarà, sarà trainata dall’Europa unita.

http://keynesblog.com/2012/06/04/cio-ch ... o-alleuro/


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Re: Amato: La Germania vuole buttarci fuori

Messaggioda trilogy il 04/06/2012, 13:54

franz ha scritto:
Wall Street Journal: La Germania Cede sull’Unione Fiscale, ma in cambio della Sovranità
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4 giugno 2012 , ore 2:26 -[..]

[..]I funzionari Tedeschi sostengono che una singola idea non può essere adottata da sola. Per vedere l’intero quadro dell’aspetto che l’Europa assumerà nel futuro, dicono, sono necessari tutti i pezzi del puzzle.Per i Tedeschi, questo significa che non sarà mai possibile per qualsiasi leader Tedesco accettare eurobonds o un’assicurazione dei depositi bancari dall’Irlanda alla costa Iberica, a meno che Berlino non abbia la sicurezza di avere voce in capitolo nelle politiche di bilancio nazionali in Europa. La Germania sta offrendo all’Europa una sorta di quid pro quo e forse sta ponendo le basi per un enorme passo avanti nella costruzione Europea.[..]


E' evidente che le cose si stanno muovendo, soprattutto dopo che la settimana scorsa i mercati hanno cominciato a vendere principalmente sul mercato azionario tedesco. Ci vorrà del tempo prima che producano qualche cosa di concreto perchè manca uno schema di negoziato condiviso. Quello sostenuto dai tedeschi si ispira al principio negoziale: "nessun accordo senza un accordo su tutto". E' un modo di procedere che richiede molta disponibilità al compromesso da parte di tutti, e tempi lunghi.
Da un punto di vista tecnico, non è vero che "una singola idea non può essere adottata da sola". La creazione di un organismo federale dell'eurozona per l'assicurazione dei depositi bancari, andava fatto, e poteva essere fatto, al momento della creazione dell'euro. Su altri aspetti probabilmente ha ragione la Germania. L'emissione degli eurobond senza una politica fiscale e di bilancio comune presenta dei problemi.
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Re: Amato: La Germania vuole buttarci fuori

Messaggioda Robyn il 04/06/2012, 18:04

Franz Non mi pare che queste siano frasi da pronunciare,anche per le difficoltà dei cittadini e delle famiglie di quei paesi, anche perchè l'attuale situazione può essere frutto di una mancanza di governance europea e di sottovalutazione circa le conseguenze che possono avere certe scelte come l'austerity senza la crescita.Mai pronunciare frasi come"sono paesi arretrati"come ha fatto in passato qualche parlamentare italiano senza fare nomi,perchè questo è contro lo spirito solidaristico europeo,significa non aver capito l'anima profonda dell'Europa e non aver senso dell'Europa
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Re: Amato: La Germania vuole buttarci fuori

Messaggioda franz il 04/06/2012, 20:32

Robyn ha scritto:anche per le difficoltà dei cittadini e delle famiglie di quei paesi, anche perchè l'attuale situazione può essere frutto di una mancanza di governance europea e di sottovalutazione circa le conseguenze

mancanza di valutazione delle conseguenze?
molto probabile.
ma perché dovrebbe essere vietato o sconsigliabile dirlo apertamente?
che ci sia una mancanza di governance è evidente ma non è stata voluta per cui non mettiamo la testa sotto la sabbia.
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