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Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda flaviomob il 22/03/2012, 23:53

Mandali a casa, Bersani! Le fai meglio tu le liberalizzazioni di questi burattini di Silvio...


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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda Stefano'62 il 22/03/2012, 23:58

franz ha scritto:Ma non si puo' lasciare l'art 18 come è adesso.

Perchè....come è che è adesso ?
Dice che se un Tribunale stabilisce che c'è stato un sopruso,devono venire annullati alla fonte gli effetti del sopruso stesso.
Cosa c'è di sbagliato ?
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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda pianogrande il 23/03/2012, 1:20

Insomma.
Ti possono licenziare per motivi economici.
Se i motivi economici non vengono riconosciuti, ti devono dare un indennizzo ma rimani fuori.
Ergo.
Ti possono licenziare quando vogliono.
Male che vada, ti daranno un indennizzo.

Sono però vietati i licenziamenti dovuti a discriminazione.
Sono vietati (o verranno vietati, non si è capito bene) gli abusi.

Ecco.
Adesso mi sento più tranquillo.

Queste norme hanno lo stesso odore di modernità dei manoscritti del mar morto.

Modernità è qualche cosa che serve a risolvere un problema con idee innovative.
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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda franz il 23/03/2012, 9:06

Piano e stefano.
provate pensare alla stessa situazione nel campo familiare, prima e dopo la legge sul divorzio.
Sembrerebbe di capire che voi siete per l'indissolubilità del rapporto di lavoro. :o
E che se uno dei due chiede il divorzio ed il giudice non ritiene giusto il motivo, obbliga i due a stare insieme (reintegro) a vita.
Proabilmente il fatto che oggi si tenda a dare un indennizzo economico (alimenti) al coniuge piu' debole, vi sembrerà una modernità degna del cassisco capitalismo che monetarizza tutto. Lo dico anche pensando alla posizione della Cei.

Che dire allora del fatto che l'art 18 non si applica ai suoi piu' strenui difensori? Sindacati e partiti possono licenziare senza giustificato motivo e senza indennizzo alcuno quando vogliono e come vogliono, perché lo statuto dei lavoratori per loro non si applica. Nessun giudice puo' reintegrare un lavoratore licenziato da un sindacato. Barbarie o conquista di civiltà? Idem per il pubblico impiego, espressamente escluso dallo statuto stesso.

In realtà siamo in presenza di un contratto fortemente asimmetrico. Uno dei due (il lavoratore) puo' licenziarsi come e quando vuole, basta che rispetti il preavviso. Anche 20 lavoratri possono licenziarsi, contemporaneamente, da un'azienda di 50. Creando danni che tutti potete immaginere alla ditta ed agli altri 30, danni che non interessano a nessuno. Nessun giudice potrà mai obbligare quei lavoratori ad essere reintegrati in azienda o indennizzarla per il danno causato.

Invece il datore di lavoro deve dimostrare, attraverso passaggi giudiziari che possono durare anche anni, che il motivo per cui licenzia è giusto (che sia discliplinare o economico non importa, deve essere sempre giustificato).

Ora chiaramente tutto questo è fatto perché si ritiene che il lavoratore sia la parte debole, da tutelare. Cose che era adeguata negli anni 50 e 60 ma è diventata sempre meno vera, man mano che crescevano le specializzazioni lavorative (anni 80 e seguenti) e la necessità per le aziende di assumere personale qualificato o di formarlo internamente, a costi elevati. Solo l'operaio generico aveva necessità di tutele particolari. Un operaio specializzato si tutela da solo, con le sue conoscenze. Idem ogni tecnico in gamba, che sia ingegnere, perito, informatico o altro. E' piu' probabile che si licenzi lui, per andare in una ditta dove puo' avere condizioni migliori. Ed oggi a mio avviso in un'azienda moderna la maggioranza del personale è specializzato e le aziende fanno fatica a reperire altro personale qualificato.

Il cento sinistra, se vuole uscire dal ghetto delle posizioni operaiste del secolo scorso, deve compredere che non solo il mondo è cambiato ma che se si mette un freno al cambiamento, le cose peggioreranno e torneremo terzomondo.

Come dicevo, 100'000 imprese chiuse in 3 anni (come saldo tra chiusure e nuove imprese) sono un'enormità, unita alle varie notizie sui continui trasferimenti di aziende all'estero. Sono il segnale che la parte debole oggi è un'altra e che le condizioni quadro italiane scoraggiano sempre di più il lavoro. Succedeva anche nel secolo scorso, e la riprova è data dai milioni di italiani che il lavoro andavano a cercarlo (trovandolo) fuori d'Italia. Ora scappano i cervelli e le aziende; tra un po' non ci sarà piu' nulla in cui reintegrare un lavoratore.

Come qui sulla via emilia!
http://parma.repubblica.it/cronaca/2012 ... 1830217/1/
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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda pianogrande il 23/03/2012, 10:42

Adesso non esageriamo Franz.
Gli imprenditori sono sempre stati in una posizione di predominio (e di privilegio) nel mondo del lavoro e nella società in genere.
Hanno sempre brigato col potere politico per dominare e non per collaborare col resto della società.
La compartecipazione che c'è nel nord Europa (Germania per prima) qui sarebbe vista come fumo negli occhi.
Essere allo stesso livello dei prestatori d'opera, per gli imprenditori italiani sarebbe considerato un insulto sanguinoso.
Sono loro "il ceto produttivo".
A tutto questo va messo un limite perché se no nessuno se lo mette da solo un limite.

Una società deve essere fondata su equilibri.

Il povero imprenditore che non ha pari dignità col dipendente (già questo è un termine che dice molto) mi sembra un po' una bufala (magari moderna ma sempre una bufala).
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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda Stefano'62 il 23/03/2012, 11:12

franz ha scritto:Piano e stefano.
provate pensare alla stessa situazione nel campo familiare, prima e dopo la legge sul divorzio.
Sembrerebbe di capire che voi siete per l'indissolubilità del rapporto di lavoro. :o

Le mele e le pere.
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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda franz il 23/03/2012, 13:00

pianogrande ha scritto:Adesso non esageriamo Franz.
Gli imprenditori sono sempre stati in una posizione di predominio (e di privilegio) nel mondo del lavoro e nella società in genere.
Hanno sempre brigato col potere politico per dominare e non per collaborare col resto della società.
La compartecipazione che c'è nel nord Europa (Germania per prima) qui sarebbe vista come fumo negli occhi.
Essere allo stesso livello dei prestatori d'opera, per gli imprenditori italiani sarebbe considerato un insulto sanguinoso.
Sono loro "il ceto produttivo".
A tutto questo va messo un limite perché se no nessuno se lo mette da solo un limite.


Già ma si vede benissimo che i limiti messi in Italia sono tali che ora siamo nel guano, per usare il temine più pulito che trovo e le imprese se ne vanno o chiudono. Contenti voi :(
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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda matthelm il 23/03/2012, 13:40

pianogrande ha scritto:Adesso non esageriamo Franz.
Gli imprenditori sono sempre stati in una posizione di predominio (e di privilegio) nel mondo del lavoro e nella società in genere.
Hanno sempre brigato col potere politico per dominare e non per collaborare col resto della società.
La compartecipazione che c'è nel nord Europa (Germania per prima) qui sarebbe vista come fumo negli occhi.
Essere allo stesso livello dei prestatori d'opera, per gli imprenditori italiani sarebbe considerato un insulto sanguinoso.
Sono loro "il ceto produttivo".
A tutto questo va messo un limite perché se no nessuno se lo mette da solo un limite.

Una società deve essere fondata su equilibri.

Il povero imprenditore che non ha pari dignità col dipendente (già questo è un termine che dice molto) mi sembra un po' una bufala (magari moderna ma sempre una bufala).


Le generalizzazioni non andrebbero mai fatte. Gli "imprenditori" che fa il paio con "padroni" non sono tutti uguali! La stragrande maggioranza di loro vivono con l'impresa, rischiano e di questi tempi molti hanno svenduto o chiuso le loro aziende per rigidità insopportabili. E' così difficile capire che ogni parte sociale ha la sua importanza e se il "padrone" non riesce più a lavorare il primo danneggiato sarà il lavoratore onesto. Si perché di lavoratori disonesti, lazzaroni, e chi più ne ha più ne metta, ce ne sono e questi sono parassiti inamovibili! e certo sindacato li difende a prescindere. Caspita sono tessere. e dei dipendenti statali cosa ne diciamo? Specie protetta. Ma perché mai, non sono lavoratori come gli altri? La spiegazione c'è ed è lampante: fanno numero elevato, assieme ai pensionati!, nelle tessere sindacali! Non si sapeva?
A mia consolazione leggo su internet: Napolitano si esprime sulla riforma: «Non stiamo aprendo ai licenziamenti facili». Se lo dice lui c’è da crederci. . Oppure per certa sinistra conservatrice anche il nostro Presidente è con i “padroni”?
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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda flaviomob il 23/03/2012, 13:44

Molte imprese andavano a gonfie vele negli anni ottanta, nonostante esistesse l'articolo 18. L'azienda dove lavoravo io passò da 10 a 16 dipendenti e non vi furono grossi traumi dovuti al superamento del limite di 15 che portava all'obbligo di reintegra. Le radici della crisi sono altre e sono già state analizzate più volte.
Se si parla di modello tedesco, non si può costruire mettendo una pezza qua e una toppa là, quando poi si apre uno strappo enorme che permette licenziamenti in massa di lavoratori che, per motivi anagrafici, faranno molta fatica a trovare un nuovo impiego e avranno accesso ad ammortizzatori insufficienti per un tempo limitatissimo, oltre a vedersi ritardato il momento della pensione dalla riforma precedente.
Sindacati, partiti, dipendenti pubblici sono "privilegiati"? Si applichi anche a loro lo stesso statuto.

Persino un sondaggio on line sul Corriere mostra la contrarietà dei cittadini ad un taglio selvaggio delle tutele ai lavoratori:

http://www.rassegna.it/articoli/2012/03 ... i-di-massa

Sul fronte della riforma del lavoro è il giorno del cdm che varerà il testo definitivo da presentare alle camere. E proprio oggi, a parlare di lavoro è stato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che cerca di placare gli animi. "Non credo che noi stiamo per aprire le porte ad una valanga di licenziamenti facili sulla base dell'articolo 18", ha risposto Napolitano ai giornalisti che gli facevano notare come ci fosse preoccupazione nel Paese su questo tema. "Anche perché - ha aggiunto - bisogna sapere a cosa si riferisce l'articolo 18".

"Noi andremo ad una discussione in Parlamento dove - ha spiegato Napolitano ai giornalisti che gli chiedevano se il dibattito parlamentare potesse far rientrare la Cgil nell'intesa - si confronteranno preoccupazioni e proposte. Ma io sono convinto che si arriverà ad un risultato del quale si potranno riconoscere i meriti e la validità perché - ha sottolineato - era una riforma da fare".

Il problema più drammatico, per il capo dello Stato "è quello delle aziende che chiudono e dei lavoratori che rischiano di perdere il posto di lavoro, non per l'articolo 18 ma per il crollo delle attività produttive". Il presidente della Repubblica ha insistito molto sulla crisi economica ancora in atto e sul fatto che questa colpisce le aziende e taglia posti di lavoro: "Ecco perché, secondo Giorgio Napolitano, "bisogna puntare soprattutto a nuovi investimenti, sviluppi e nuove iniziative in cui possano trovare sbocco soprattutto i giovani".


Intanto in Italia monta la protesta dei lavoratori. Manifestazioni e occupazioni si allargano a macchia d'olio su tutta la penisola. Ma il malessere che serpeggia tra gli italiani è confermato anche da alcuni sondaggi. Il 56% dei partecipanti alla domanda del giorno di Sky Tg24 non è d'accordo con la nuova formulazione dell'art.18 secondo la quale il reintegro è previsto solo per licenziamenti discriminatori, ma viene esteso anche alle imprese con meno di 15 dipendenti. Il restante 44% dei votanti, invece, concorda con la proposta del Governo.

Ma anche i lettori del 'Corriere della Sera' sembrano contrariati. Il sondaggio promosso dal sito web di via solferino, e oggi nella pagina delle lettere del quotidiano, prevedeva la domanda: 'La Cgil ha proposto 16 ore di sciopero contro le modifiche all'articolo 18. Condividete?'. Il 59,1% dei partecipanti al sondaggio (contro il 40,9%) ha risposto sì.

"Stupore ma anche con grande apprezzamento" si commenta al quarto piano della sede della Cgil come. Iò risultato che ha colpito le stanze della segreteria generale di Corso d'Italia: "Felici delle risposte ma non eccessivamente stupiti dal fatto che anche i lettori -dalle idee variegate e di certo non ascrivibili come 'filocigielline'- di un importante quotidiano come il 'Corriere della Sera' condividano le ragioni del nostro sciopero".

Ma oggi è anche il decimo anniversario della grande mobilitazione di massa contro l'articolo 18, che portò al Circo massimo di Roma oltre tre milioni di persone. A quell'evento ha fatto riferimento, l'ex segretario della Cgil e attuale esponente del Pd, nonché organizzatore della manifestazione, Sergio Cofferati, questa mattina a Omnibus, su La7. "Monti nella migliore delle ipotesi farà quello che Berlusconi fece dieci anni fa. Berlusconi discusse con le parti sociali, registrò il dissenso alla cancellazione dell'articolo 18 della Cgil, e presentò in Parlamento una legge delega: io non so ancora se Monti presenterà una legge delega o punterà su un decreto, spero che adotti la prima soluzione e non la seconda. In ogni caso se tutto va secondo previsione saremo praticamente alle stesse condizioni metodologiche di dieci anni fa, dunque non vedo dove stia la grande novità". "Sul testo che verrà reso noto oggi ci sono cose particolarmente negative dal mio punto di vista: spero che il mio partito le corregga con la discussione in parlamento perché quella è la sede nella quale si fanno queste cose".


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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda Robyn il 23/03/2012, 14:18

La stabilità del posto di lavoro una volta era garantito dalla stabilità della produzione che a sua volta era garantita dalla guerra fredda che vedeva da una parte un mercato limitato ad Usa ed Europa e dall'altra i paesi dell'est Europa che avevano un'altro modello di riferimento.L'internazionalizzazione dell'economia ha fatto venire meno questo equilibrio.Pensare di non volere cambiare le regole significa condannare intere generazioni al precariato permanente.La migliore regolazione c'è l'avrebbe l'Inghilterra che tutela i lavoratori con il relaction act employemen che equivale a proteggere l'attuale legislazione italiana sul lavoro"ferie permessi,capacità tecnico funzionali,discriminazioni" e dall'altra l'invalidità del licenziamento per non aver rispettato il filtro sindacale sugli esuberi.Ma noi non possiamo permetterci una regolazione all'Inglese perchè nel nostro paese ancora esistono le estreme.Dobbiamo regolare un pochino con flessibilità,diritti e sicurezza sociale per raggiungere il modello inglese o francese.L'Inghilterra ha il più basso tasso di flessibilità con il 6% il che significa che un lavoro dura mediamente 8 o 10 anni con la possibilità di cambiare lavoro tre o quattro volte nella vita,la Germania,la Spagna e l'Italia hanno una precarietà che si aggira intorno al 15% il che significa circa quattro milioni di precari che cambiano lavoro ogni tre mesi.Il lavoratore non è una merce ed è bene recuperare questo concetto ma non si può avere la cecità,il paraocchi o la mente ottusa che non fà vedere la drammaticità della realtà del precariato,no si può essere egoisti,è grave far finta di non capire ciao robyn
Ultima modifica di Robyn il 24/03/2012, 9:07, modificato 2 volte in totale.
Locke la democrazia è fatta di molte persone
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