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Economist: TAV, la rapina

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TAV Torino – Lione, senza pregiudizi

Messaggioda franz il 04/03/2012, 17:46

Da un tecnico di area Ulivo

Grafici, tabelle e ulteriori link su:
http://www.imille.org/2012/02/tav-torin ... regiudizi/

TAV Torino – Lione, senza pregiudizi
Da Terenzio Longobardi– 22/02/2012


Il poco pacato e razionale dibattito sul progetto di nuova linea ferroviaria ad alta velocità tra Torino e Lione, prende spesso spunto da posizioni entrambe ideologiche, tra i sostenitori di un anacronistico industrialismo della crescita illimitata e quelli di un velleitario e paralizzante rifiuto della nuova infrastruttura in nome di un altrettanto anacronistico antindustrialismo. Cercherò in questo articolo di sviluppare, senza pregiudizi o prevenzioni, qualche considerazione analitica sul contrastato progetto.

Uno dei motivi che spesso vengono addotti per contestare la necessità di una nuova infrastruttura ferroviaria tra Italia e Francia è la riduzione, verificatasi negli ultimi anni, delle merci trasportate tra i due paesi, che non giustificherebbe la costruzione di una nuova e impattante linea ferroviaria.

Come vedremo, questa valutazione sull’inutilità della TAV parte dal discutibile assunto che da per scontata l’attuale suddivisione del traffico merci tra strada e ferrovia. Per cui, siccome il traffico merci su strada sarebbe in calo dal 2000, una nuova ferrovia diventerebbe necessaria solo in presenza di un nuovo aumento del traffico merci.

Ma le pressanti esigenze di carattere ambientale ed economico legate all’uso e alla disponibilità futura di risorse fossili dovrebbero invece indurci a limitare drasticamente l’uso della gomma per il trasporto delle merci. Pensiamo all’enorme inquinamento prodotto dai motori a gasolio dei “bestioni della strada”, che hanno indotto alcune nazioni come Austria e Svizzera a vietarne il transito sui valichi alpini. Inoltre, come ho scritto in questo articolo, le sempre più elevate quotazioni del barile di petrolio costringono da tempo il nostro paese a sovvenzionare l’autotrasporto delle merci, per evitare il fallimento di molte aziende, con costi crescenti a carico dello Stato. Moltiplicando il dato dei consumi annui di carburante per autotrazione per l’entità degli sgravi fiscali concessi alle aziende del settore, ho stimato in circa 3-4 miliardi all’anno i costi attuali a carico dello Stato.

Infine, è bene ricordare il dato incontrovertibile sul piano scientifico dei minori consumi specifici di energia dei trasporti ferroviari nei confronti di quelli stradali (circa due terzi in meno).

Cerchiamo ora di capire le quantità in gioco per valutare l’effettiva esigenza di trasferimento modale dalla gomma al ferro attraverso alcuni documenti disponibili.

Capacità dell’attuale linea ferroviaria:

Studio del Prof. Angelo Tartaglia sulla convenienza economica dell’ipotizzata nuova linea ferroviaria Torino-Lione (una sintesi è consultabile qui) che valuta la capacità annua della linea esistente tra 19,5 milioni di tonnellate (capacità pratica secondo LTF-RFI) e 26,2 milioni di tonnellate (capacità teorica). Questi dati sono ricavati da un’analisi dell’Osservatorio nazionale (disponibile qui), che a sua volta contiene una forchetta 20 – 32 milioni di tonnellate di merci. Bisogna però tenere conto che in entrambi i casi, il valore massimo è solo teorico, cioè rappresenta il caso limite che tutti i giorni dell’anno con esclusione dei giorni di manutenzione siano di punta, con una limitazione del carico passeggeri di 46 treni al giorno. L’incremento del carico determinerebbe una crescita del servizio rispetto a quello attuale da 1,5 a 3 volte, ma è inutile nascondere che sarebbe accompagnato da seri problemi di accettabilità sociale e ambientale per l’aumento vertiginoso degli attraversamenti nei centri abitati della linea ferroviaria esistente e per problemi di sicurezza.

Documento delle Ferrovie francesi (disponibile qui), che valuta una capacità massima della linea storica, dopo gli interventi di adeguamento sul territorio francese, di 17,5 milioni di tonnellate.

Di quest’ultimo documento è inoltre interessante e significativo citare il punto 7 relativo ai limiti tecnico – strutturali della linea storica (peraltro confermati anche negli atti dell’Osservatorio) che paiono rendere in ogni caso molto problematico garantire un servizio efficiente, moderno e competitivo rispetto alla gomma:

A) Possibilità di standardizzazione fuori dalla portata dei mercati.

Oggi, le numerose curve e le forti pendenze ne limitano l’utilizzo a 650 tonnellate con una locomotiva, 1.150 tonnellate con due locomotive e 1.600 tonnellate se si aggiunge una locomotiva di spinta supplementare. La gestione di questo sistema è molto costosa ed esclude certi flussi di merci dai mercati ferroviari.

Questi limiti impediscono l’incremento di produttività che consiste nel far circolare treni lunghi e pesanti indispensabili per lo sviluppo…..

B) Limiti per migliorare la regolarità.

La regolarità è il fattore determinante per la nostra clientela, e questa linea di montagna (1.295metri di altitudine) è molto debole in quanto a regolarità, gli incidenti dovuti a cause climatiche sono numerosi, la velocità media dei convogli è spesso inferiore a 30 Km/h. Non appena un binario è fuori servizio, come attualmente a causa dei lavori o a causa d’incidenti, la situazione diventa critica per i prodotti industriali sempre più organizzati in flussi concentrati. Il tunnel attuale rappresenta uno degli anelli deboli nel concetto di qualità degli spostamenti da un estremo all’altro su grandi distanze.”

Domanda di trasporto merci

Da questo sintetico ma apprezzabile approfondimento (di cui riporto il grafico più significativo), ricaviamo le tonnellate di merci che transitano annualmente al confine Italia – Francia: il traffico merci complessivo nel 2009, anno della crisi, è stato di circa 40 milioni di tonnellate, con un calo sensibile rispetto al picco del 1999 di circa 50 milioni di tonnellate. Ma questo crollo ha pesato molto di più sul trasporto ferroviario, che rappresenta oggi appena il 15% del traffico merci complessivo. Quindi ci sarebbe uno spazio di recupero del ferro sulla strada di circa 35 milioni di tonnellate che, come abbiamo visto sopra, l’attuale linea ferroviaria sarebbe in condizione di assorbire solo in parte e in condizioni di trasporto non competitive con il mezzo privato.

Prospettive future

A questo punto bisogna avventurarsi in un’analisi delle prospettive future del traffico merci nell’area per cercare di capire l’evoluzione della domanda in rapporto alla capacità dell’offerta.

A tale scopo prendiamo spunto ancora dal documento del Prof. Tartaglia citato in precedenza. L’idea di forza del documento è che non sarebbe plausibile un aumento del traffico di merci nei prossimi decenni tra la Francia e Italia, sostanzialmente per due motivi:

Lo spostamento dell’asse commerciale verso i paesi emergenti dell’est asiatico che attualmente determina un maggiore utilizzo della direttrice ferroviaria Nord – Sud (frontiere svizzera e austriaca). Si legge infatti che “Analizzando il contesto si vede che le ragioni di questi andamenti sono strutturali, in quanto sono legate alla dislocazione delle aree di produzione, come anche di smercio, delle merci di massa verso Est e in particolare verso il lontano oriente asiatico”.
La sostanziale saturazione dei mercati dei beni di consumo di massa nei due paesi, che limiterebbe fortemente nei prossimi anni la crescita del volume degli interscambi commerciali e di persone attraverso la frontiera.

A mio parere, questo scenario, accettabile e condivisibile in un quadro BAU (Business As Usual), mostra la corda se si cambia la prospettiva di analisi introducendo il tema energetico tra le variabili che influenzeranno sempre più l’evoluzione del settore.

L’approssimarsi del picco del petrolio non è più un’eventualità prevista da una ristretta cerchia di geologi e ingegneri petroliferi, ma un’ipotesi di lavoro generalmente accettata anche da istituzioni accreditate come l’Agenzia Energetica Internazionale e dalla comunità scientifica internazionale (consiglio la lettura di questo recente articolo sulla prestigiosa rivista Nature). La graduale minore disponibilità di petrolio e la crescente dinamica dei prezzi, a cui stiamo già assistendo da alcuni anni, da una parte renderanno sempre più insostenibile sul piano dei costi l’autotrasporto delle merci, dall’altra determineranno un’inversione di tendenza nel processo di globalizzazione economica, restringendo gradualmente gli ambiti territoriali degli scambi commerciali. L’oggettiva tendenza alla saturazione dei mercati europei, verrà così controbilanciata dalla necessità di connettere e integrare maggiormente i mercati dei paesi confinanti o limitrofi, nel nostro caso attraverso lo sviluppo dell’asse Italia, Francia, Spagna e Gran Bretagna.

Per gli stessi motivi sintetizzati in precedenza, mi sembrano opinabili e confutabili anche gli argomenti economici del Prof. Tartaglia contro la nuova linea ferroviaria. I calcoli finanziari contenuti nello studio portano alla conclusione che il pareggio di bilancio della nuova linea di alta velocità sarebbe altamente improbabile, in quanto a tal fine bisognerebbe trasportare annualmente una quantità di merci pari ad almeno 23,4 milioni di tonnellate (per il pareggio delle sole spese di gestione) e a 77,5 milioni di tonnellate (considerando anche i costi di investimento). Come abbiamo visto, essendo circa 40 i milioni di tonnellate attualmente trasportate, nella stragrande maggioranza su strada, e supponendo per le ragioni citate in precedenza, che questa quota rimanga almeno inalterata nei prossimi decenni, parrebbero invece esistere i margini per l’economicità della gestione. A meno che, come ho detto all’inizio, non si consideri ineluttabile l’attuale squilibrio della ripartizione modale tra ferro e gomma e si consideri impraticabile l’obiettivo di trasferire quote significative di trasporto merci sui treni. Certo, rimane il limite relativo dell’impossibilità di recuperare totalmente le spese di investimento (lo studio Tartaglia andrebbe però aggiornato sulla base dei nuovi accordi europei che prevedono un minore esborso finanziario a carico del nostro paese). Ma se, per i motivi citati in precedenza, la prospettiva dal punto di vista energetico ed economico diventerà l’abbandono graduale dell’intero trasporto su strada delle merci, i conti economici dovrebbero in qualche modo monetizzare anche questo aspetto strategico del trasporto ferroviario.

Se infine ci soffermiamo ad analizzare anche l’aspetto del trasporto passeggeri sullo stesso collegamento, gli argomenti precedenti a sostegno della nuova linea si rafforzano ulteriormente. Infatti il pareggio di gestione sarebbe possibile aumentando “solo” di 4,5 volte l’attuale e insufficiente traffico ferroviario dei passeggeri sulla direttrice Italia – Francia. A tale proposito, bisognerebbe valutare attentamente (ne ho scritto qui) anche il fattore non secondario, non considerato in tutte le analisi dei flussi di traffico relativi alla contestata nuova linea ferroviaria Torino – Lione, del bacino di utenza rappresentato dal traffico aereo tra l’area Milano – Torino e Lione – Parigi.

Riassumendo, con gli ammodernamenti già realizzati, in corso di realizzazione e in progetto sulla linea ferroviaria esistente, si potrebbe raggiungere una potenzialità sufficiente ad assorbire solo una parte del traffico merci su gomma attualmente trasportate tra Italia e Francia, senza peraltro eliminare i pesanti limiti tecnici che penalizzano alcuni flussi e la produttività del traffico merci.

[due grafici nell'originale, NDR]

Le considerazioni sull’assenza di economicità della nuova linea ad alta velocità, da una parte appaiono ridimensionate qualora si promuovessero serie politiche di riequilibrio modale dalla gomma al ferro, dall’altra scontano il limite di considerare ineluttabile l’attuale modello di globalizzazione economica e di relazioni commerciali internazionali, trascurando l’aspetto strategico della disponibilità futura delle risorse energetiche, in particolare dei combustibili fossili.
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Re: Economist: TAV, la rapina

Messaggioda Stefano'62 il 04/03/2012, 18:27

franz ha scritto:Francamente mi riferivo a te, non ad Abbà.

Ma è chiaro che io facevo l'esempio mettendomi nei panni di qualcun altro (cosa che dovrebbe fare chiunque pretenda di decidere,appunto,per qualcun altro).
Quanto al comunismo da salotto....
Prima di tutto non sono comunista.
Il fatto che io abbia dato puntualizzazioni e corretto leggende qui e là su quel concetto non significa che lo sia,ma solo che mi piacciono le cose chiare.
In secondo luogo,sostenere che una comunità organizzata di individui debba preferire il bene comune garantendolo all'occorrenza nei confronti di alcuni interessi individuali che potrebbero lederlo (cosa che capita solo quando quegli interessi sono potenti)....non è la stessa cosa che sostenere che sia giusto coartare i singoli individui soggiogandoli ai voleri di un Moloc che passa sopra alle loro teste.
Perchè il bene comune non è un concetto astratto a se stante,ma è la somma tangibile degli interessi individuali,questo significa che il bene comune è tale solo se non danneggia alcuna minoranza,bensì se viene corredato da pesi e contrappesi per compensare le inevitabili storture.
Quindi per rispondere,non è questione di comunismo da salotto o meno,ma semplicemente di democrazia.

E quando i pesi e contrappesi non vengono attivati,per esempio i risarcimenti ADEGUATI,quindi non il contentino a prezzo di mercato,ma il concreto danno esistenziale e tutto quello che serve a non fare rimpiangere a nessuno dei danneggiati le decisioni prese,allora quelle decisioni diventano per definizione non-democratiche,e il giorno dopo che sono state prese i quattro gatti che ne vengono danneggiati cominciano a lamentarsi.
E quello che è successo dimostra esattamente che quei conti sono stati fatti "senza l'oste",il quale poi si è giustamente incazzato.
Non è che un assessore può andare a un incontro,poi dire sì a un progetto che toglie tutto a quattro gatti suoi concittadini senza prima andarglielo a chiedere a loro direttamente,e poi venire a dire che si è discusso a sufficienza e quindi si deve fare.
Tizio caio e sempronio perderanno tutto,se qualcuno fosse andato direttamente a casa loro a proporglielo e loro avessero accettato il risarcimento allora sarebbe tutto okkey.
Invece quelli un bel giorno si sono svegliati con le ruspe sotto casa e un assegno inadeguato stabilito senza la loro approvazione,allora la decisione è illegittima e illiberale.
Quindi sorvolando sul fatto che Abbà sia o meno uno di loro (cosa specificata dai suoi amici),resta il fatto che comunque un mucchio di tizio di caio e di sempronio oggi sono sulle barricate esattamente per quel motivo,e che tu alla fine non hai ancora risposto cosa avresti fatto al posto loro.

Ciao
Stefano'62
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Re: Economist: TAV, la rapina

Messaggioda franz il 04/03/2012, 18:46

Stefano'62 ha scritto:In secondo luogo,sostenere che una comunità organizzata di individui debba preferire il bene comune garantendolo all'occorrenza nei confronti di alcuni interessi individuali che potrebbero lederlo (cosa che capita solo quando quegli interessi sono potenti)....non è la stessa cosa che sostenere che sia giusto coartare i singoli individui soggiogandoli ai voleri di un Moloc che passa sopra alle loro teste.

Invece no, perchè o sostieni che la democrazia debba decidere sempre solo all'unanimità (e questo comporterebbe tutta una serie di conseguenze note, che portano alla riduzione della sfera pubblica) oppure se non c'è unanimità allora per qualsiasi decisione di ordine economico c'è chi deve subire le decisioni di una maggioranza (come per esempio tassare gli ammortizzatori sociali "trovando" i soldi dai patrimoni). E questa minoranza dovrebbe imbracciare il fucile?
Cosa avrei fatto? Ee esiste uno stato di diritto faccio ricorso per le vie giuridiche. Se non esiste me ne vado in un posto migliore (tanto non ho piu' nulla, casa, lavoro etc) ma di certo non salgo su un traliccio col rischio di ammazzarmi.
Molto romantico ma decisamente controproducente. Nel frattempo i fautori dell'espropriazione proletaria dei beni altrui (che sono migliaia in Italia) non dovrebbero certo stare dalla parte di Abba, se costui si lamenta di una simile coartazione.
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Re: Economist: TAV, la rapina

Messaggioda matthelm il 04/03/2012, 19:22

Per quel che mi riguarda io Abba lo arresterei subito facendogli, quando sarà possibile, pagare pure i danni. A lui e all'altro "pecorella" -provocatore per offesa a pubblico ufficiale.
E' che il danno provocato in Italia da anni di mancanza di serietà, dove va sempre a finire a tarallucci e vino, da una giustizia fru fru, regole sistematicamente piegate a interessi elettorali o economici, tolleranze incredibili per convenienze di potere. Ciò ha determinato la certezza che dai e dai si possa alla fine ottenere tutto quello che si vuole. Ingenerando l'inutilità della via legale. Berlusconismo allo stato puro.
Se lo Stato cede ai no-tav sarebbe un disastro che si somma a disastri. Altro che sospendere i lavori...
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Re: Economist: TAV, la rapina

Messaggioda chango il 04/03/2012, 19:55

franz ha scritto:
chango ha scritto:visto che non c'è un rischio di saturazione delle infrastrutture oggi esistenti e dato che manca una adeguata politica di trasporto merci via ferrovia, qual è l'utilità generale dell'opera?

Per me questa politica di trasferimento dalla strada alla ferrovia va (deve essere) impostata ma anche la sua attuale (colpevole) assenza non inficia il fatto evidente che l'attuale sottoutilizzazione della tratta ferroviaria esistente è legata all'eccesso di traffico merci sull'autostrada. Merci che ora devono arrampicarsi su strada oltre i 1300 metri di altezza con un inquinamento pazzesco. A quanto leggo passa un milione di veicoli in media. Non male. Piace cosi' tanto ai valligiani?


ma questa politica la devi fare prima non dopo aver deciso di realizzare un'opera. soprattutto se hai un'infrastruttura già esistente e sottoutilizzata.
capisco se mi si viene a dire che al fine del potenziamento del trasporto merci su ferrovia (le Alpi non saranno più attraversate dai TIR) e a seguito della saturazione/inadeguatezza della linea storica è necessario realizzare un'infrastruttura più moderna.
però non mi pare che ci troviamo in queste condizioni.
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Re: Economist: TAV, la rapina

Messaggioda lucameni il 04/03/2012, 20:10

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/03 ... na/195405/

Tav, vale la pena?

"Opera indispensabile" o "soldi buttati". Cifre e tesi a confronto sul forum del Fatto
Ma vale davvero la pena di spendere un numero imprecisato di miliardi di euro per la nuova linea ferroviaria Torino-Lione? Per farci un’idea al di là di slogan e artifici retorici abbiamo messo a confronto dati e argomenti di due esperti contrari all’opera (Marco Ponti, docente di Economia dei Trasporti al Politecnico di Milano, e Sandro Plano, ingegnere e presidente della Comunità montana della Val di Susa e Val Sangone) con quelli di due sostenitori dell’investimento (Paolo Foietta, direttore dell’area territorio e trasporti della Provincia di Torino e Oliviero Baccelli, docente di Economia dei Trasporti all’Università Bocconi di Milano). Ecco che cosa ci hanno detto nel corso di un forum che potete vedere integralmente.

La prima domanda è d’obbligo: è davvero necessaria la nuova ferrovia? E a che cosa serve precisamente?
Baccelli: Serve a sanare un’anomalia del sistema di trasporto delle merci fra Italia e Francia rispetto agli altri contesti transalpini. Tra Italia e Francia il 90 per cento delle merci vanno su strada, con la Svizzera la quota di trasporto ferroviario è del 63 per cento, con l’Austria del 31 per cento. Verso la Francia, che significa anche verso Spagna e Gran Bretagna, abbiamo un interscambio commerciale di 150 miliardi di euro.

La nuova linea è per le merci o per i passeggeri?
Baccelli: Come tutti i nuovi collegamenti (è il settimo in programma sull’Arco alpino) anche questo è misto, passeggeri e merci.



È VERO CHE LA VECCHIA LINEA NON HA FUTURO?

Foietta: Sì. Ho trovato uno studio del 1908 di un certo Domenico Regis, ingegnere, che già definiva il tunnel del Frejus fatto da Cavour una “vecchia carcassa”. La sagoma della galleria è così piccola che i container oggi più usati non passano. Poi c’è una pendenza eccessiva della salita per arrivare ai 1200 metri del vecchio tunnel. Il traffico crolla perché per le merci andare a Parigi passando dalla Svizzera costa il 30 per cento in meno.

Plano: Vogliamo andare dal panettiere con la Ferrari e non abbiamo i soldi per comprare il pane. Stiamo parlando di un progetto vecchio di 22 anni, partito come treno ad alta velocità pura. Poi l’analisi del traffico passeggeri ha decretato l’insostenibilità del progetto e allora si sono tirate fuori le merci, poi ancora ci si è inventati il collegamento Lisbona-Kiev, il cosiddetto Corridoio 5. Adesso c’è il nuovo progetto low cost, che certifica il gigantismo del progetto iniziale. Stiamo parlando di una linea già esistente che porta meno di 4 milioni di tonnellate all’anno e potrebbe portarne fino a 20 milioni. E non si vede in prospettiva nessun aumento del traffico.

Però Foietta ha appena detto che la vecchia linea non è più tecnicamente adatta.
Plano: Ma no, ci passa anche il Tgv… Il problema è il traffico. Anche su gomma sta calando. Nel traforo autostradale del Frejus siamo passati da un picco di 895 mila Tir all’anno ai 753 mila del 2011.

Ponti: Il problema non è dire se serve o non serve. A qualcosa servirà sicuramente. Ma c’è la questione delle priorità. I soldi pubblici sono così scarsi che si stanno tagliando i servizi sociali. E di progetti infrastrutturali come questo ce ne sono sul tappeto un gran numero, tutti inseriti nei corridoi europei. Cito il “terzo valico” tra Milano e Genova, la Verona-Venezia, la Napoli-Bari, la Vene-zia-Trieste, tutti giocattoli da 5-6 miliardi di euro se va bene. Dobbiamo scegliere. Anche la Corte dei Conti francese ha eccepito che, se sulla linea esistente del Frejus passano solo 4 milioni di tonnellate di merci quando potrebbero passarne 20 milioni, forse bisognerebbe pensarci bene prima di pagare il progetto tutto con soldi pubblici. Baccelli: La Torino-Lione è una priorità, per due motivi. Ridurre la dipendenza dall’autostrasporto, con la possibilità di togliere dalla strada centinaia di migliaia di Tir ogni anno, e farlo con l’unico intervento previsto sulla direttrice con la Francia, dove il traffico complessivo attualmente è di ben 45 milioni di tonnellate all’anno. Ponti: Però bisognerebbe che aveste il coraggio di dire che la Torino-Lione è più importante di tutte le altre tratte che ho elencato, visto che i soldi per fare tutto non ci sono. E lì voglio vedere le reazioni politiche! Secondo me il rischio è che queste opere le faremo tutte, ma un pezzetto ciascuna, sotto elezioni… Avremo infiniti cantieri aperti che non si chiuderanno mai.



MITO E REALTÀ DEL CORRIDOIO 5

Parliamo del mitico Corridoio 5: da Lisbona a Kiev attraversando l’Italia. È uno slogan o ci sono davvero prospettive di traffico?
Ponti: Il fatto è che queste nuove infrastrutture non tolgono le merci dalla strada. La Francia ha fatto grandi investimenti sulle strade ferrate e ha perso negli ultimi anni il 30 per cento del traffico merci ferroviario.

Foietta: La Svizzera l’ha raddoppiato però…

Ponti: Per forza, ha messo dei vincoli molto stringenti sul traffico stradale. Ma se tasso il trasporto su gomma aumento i costi per le imprese: siamo sicuri che saranno contente? Comunque vedo che nessuno mi risponde sulle priorità…

Foietta: È vero, bisogna fare una scelta delle priorità. Come piemontese credo che la Torino-Lione sia una priorità. Stiamo parlando di 45 milioni di tonnellate di merci che scambiamo con la Francia: oggi vanno su ferrovia per il 10 per cento, noi puntiamo ad arrivare per il 2035 al 55 per cento.

Ma in pratica fatta la nuova strada ferrata le merci vi si trasferiscono automaticamente?

Plano: Guardiamo i numeri. Sull’autostrda Torino-Bardonecchia circolano ogni giorno 2000-2200 autocarri, sulla tangenziale torinese ci sono ogni giorno 200 mila veicoli in circolazione. Torino ha una sola linea di metropolitana, Lione cinque. Se vogliamo fare una politica ambientale lavoriamo sulla tangenziale di Torino, e lavoriamo sui nodi di Mestre-Marghera, sul nodo di Milano e via dicendo…



LE MERCI ANDRANNO DAVVERO SUL TRENO?

Ponti: Da dieci anni faccio simulazioni per l’Unione europea su questo problema: si riesce a spostare merci dalla strada al treno, ma su numeri piccoli e a costi molto elevati, tassando i camion e sussidiando la ferrovia. Si riesce a spostare non più di 2-3 punti percentuali del traffico. Perché la gomma ipertassata vince sulla ferrovia sovvenzionata? Ci sono motivi strutturali: in Italia produciamo vestiti di Armani e oggetti di alta tecnologia, non carbone, cereali o prodotti siderurgici. I prodotti ad alto valore aggiunto non sono vocati al treno.

Baccelli: L’autotrasportatore che percorre l’autostrada del Frejus fa in media un viaggio di 880 chilometri. E’ chiaro che la ferrovia è vincente su grandi distanze e su direttrici particolari, come quelle da e per i porti. La Torino-Lione è una di queste direttrici.

CHE COS’È IL NUOVO PROGETTO LOW COST

Che cosa prevede questo progetto low cost benedetto dal premier Ma-rio Monti?

Foietta: Avevamo un progetto definitivo che nel 2006 è stato buttato via dall’Osservatorio tecnico presieduto da Mario Virano, dicendo che bisognava ridefinire un nuovo percorso. Avevamo un progetto preliminare che per la parte italiana costava 8-8,5 miliardi di euro. Siccome ci siamo resi conto che tirare fuori tutta insieme questa cifra era impossibile, abbiamo deciso di concentrare l’investimento sulle parti più urgenti dell’opera. In pratica si pensa di fare il nuovo tunnel di 57 chilometri e connetterlo la linea storica. Questo costerebbe in tutto sugli otto miliardi, il che significa che per la parte italiana, tenendo conto del possibile finanziamento europeo, che, lo ammetto, non è certo, il costo scenderebbe a 2,9 miliardi.

La versione ridotta del progetto è più accettabile per le popolazioni della Val di Susa?

Plano: Il tunnel low cost certifica il fallimento del progetto faraonico che fino a ieri sembrava irrinunciabile. E comunque alla fine della fiera il collo di bottiglia resteranno i nodi di Torino e di Chambery, che noi proponevamo di risolvere prima di affrontare il tunnel di base. Ma hanno voluto incominciare dal tunnel. Noi restiamo dell’idea che impongono alla valle il disagio di dieci anni di cantieri senza essere la Svizzera, perché poi noi non possiamo tassare i camion per costringerli a salire sul treno, per cui dopo i cantieri ci terremo i Tir.

Ponti: I più recenti studi dicono che il bilancio ambientale di un’opera del genere è positivo solo se si toglie molto traffico all’aereo, che è il mezzo più inquinante, sennò l’impatto di un’opera come la Torino-Lione è complessivamente negativo: cioè genera più inquinamento durante l’esecuzione dell’opera di quello che elimina con il suo funzionamento.

Chi pagherà il tav della Val di Susa? Visto che non si parla più del mitico project financing, cioè l’illusione che l’opera si ripaghi da sola con i proventi del traffico, pagherà tutto lo Stato? E quanto finirà per costare? I preventivi saranno rispettati?

Baccelli: Per la cifra esatta ci sono dei problemi. Per adesso i calcoli si basano su un progetto preliminare, non definitivo. Ma cercheremo di imparare da altre esperienze, svizzere e austriache soprattutto.

Veramente abbiamo già copiato le ferrovie francesi, ma ci sono costate tre volte tanto…

Baccelli: In Francia le linee alta velocità sono solo per i passeggeri, da noi anche per le merci. Ponti: La ferrovia gli utenti non la vogliono pagare. Vogliono pagare le strade. Dobbiamo pensarci, soprattutto i costi sono sempre certi, i benefici no. Esperti svedesi e inglesi dicono che mediamente in queste opere il sovraccosto sui preventivi è del 40 per cento. In Italia è del 400 per cento. È ovvio: i costruttori e i politici, soprattutto locali, sono molto contenti se si fanno queste opere. Per questo bisogna stimare i costi sempre all’insù e i benefici sempre al ribasso.

I PREVENTIVI SARANNO RISPETTATI?

Ma nella Torino-Lione è stata rispettata la regola della cautela nelle previsione? Chi ha fatto le stime?

Ponti: Le ha fatte l’Osservatorio. Foietta: – No, non le abbiamo fatte noi. Ponti: Le hanno fatte i promotori. Baccelli: Sì. Foietta: I promotori sono Rfi (braccio operativo delle Ferrovie dello Stato) ed Rff (l’equivalente francese) che hanno costituito la società di scopo Ltf che ha l’obiettivo di progettare la parte internazionale comune. Le parti nazionali invece le progetteranno Rfi e Rff. Plano: Dopo anni di chiacchiere non si sa ancora quanto si spende. In una società privata con una gestione così qualche testa sarebbe caduta.

I dati dell’Osservatorio sono convincenti?

Plano: Non li sanno nemmeno loro. Dopo sette anni dicono forse tre miliardi, se l’Europa ce ne dà il 40 per cento, se non ci sono sorprese… Ponti: Per tutti i nuovi corridoi ferroviari, una settantina di progetti, l’Europa ha a disposizione 31 miliardi di euro. Che ne vadano 3 a un solo progetto italiano è auspicato da Italia e Francia, ma inverosimile.

L’iter è stato approssimativo?

Baccelli: Il progetto è estremamente complesso: attraversa 43 comuni, con problemi di ogni tipo, interferenze con autostrade, falde acquifere, prevedeva centri intermodali, gronda merci, interconnessioni con linee storiche.

Siamo ancora in tempo per fermarci? Ponti: L’operazione “corridoi” dai tecnici della Commissione Europea è considerata risibile. Sono operazioni tutte politiche, collage dei desiderata dei vari Paesi. L’esempio più clamoroso sono proprio i corridoi italiani. C’era il corridoio Helsinki-Malta, passando dalla Sicilia. È vero che l’Italia ha preso impegni irrevocabili?

Ponti: Le scelte politiche sono sempre rinegoziabili. Non ci sono soggetti privati in mezzo.

Baccelli: L’Italia ha sottoscritto impegni da oltre vent’anni. I francesi hanno investito oltre un miliardo per tre tunnel geognostici. Sarebbe operazione ridicola cancellare il progetto.

Plano: Si dice che nl’Europa ci chiede di farlo. Hanno 130 miliardi di richieste e 30 disponibili: se gli diciamo di no fanno salti di gioia.

Foietta: È tecnicamente possibile recedere. Naturalmente se si risarciscono le spese fatte dalla Francia. Ma ha un senso risarcire un miliardo quando con altri due hai una grande opera?

di Giorgio Meletti e Ferruccio Sansa

da Il Fatto Quotidiano del 4 marzo 2012

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Re: Economist: TAV, la rapina

Messaggioda flaviomob il 04/03/2012, 20:14

Immagine

La Stampa, 15 ottobre 1991.

Quindi ormai è troppo tardi...

O no?

Intanto i no-tav ricevono minacce dalla ndrangheta... chissà perché? :roll: :roll: :roll:

http://petrolio.blogosfere.it/2012/03/t ... ni-fa.html


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
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Re: Economist: TAV, la rapina

Messaggioda lucameni il 04/03/2012, 20:16

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11 ... it/173776/

Conti truccati ad Alta velocità
Non è facile recensire Il libro nero dell’Alta velocità di Ivan Cicconi, pubblicato prima on line da ilfattoquotidiano.it e poi in libreria da Koiné.

Una critica possibile riguarda il ruolo degli ambientalisti nel progetto, nel complesso micidiale, e che Cicconi sfiora soltanto: sono gli ambientalisti che hanno contribuito, con grande giubilo dei costruttori, a passare da un modello “francese”, cioè di linee per soli passeggeri, a un molto più costoso modello di “alta capacità”, cioè che consentisse anche il passaggio di treni merci, molto più pesanti. In realtà, non solo i treni merci non hanno fretta, ma il fatto che i treni passeggeri di lunga distanza avrebbero viaggiato sulle nuove linee dell’Alta velocità avrebbe liberato le vecchie linee, lasciandovi una capacità che sarebbe bastata per le merci nei secoli futuri. Cicconi non sembra neppure dar peso al ruolo che gli ambientalisti hanno avuto anche nella costosissima richiesta di stazioni in galleria per l’Av a Bologna prima, e a Firenze poi (“per motivi acustici…”), con quadruplica-mento dei costi. Anche qui, certo i costruttori non hanno pianto. Ciò detto come critica, si possono solo aggiungere dei “cammei” che rafforzano ulteriormente la straordinaria analisi di Cicconi.

Per esmpio, nel libro, l’autore ricorda il ruolo quasi eroico di oppositore del progetto avuto dall’allora ministro Andreatta: bene, posso aggiungere che Andreatta fu talmente orripilato dalla vicenda Av (e dalle sue connotazioni economiche) da dichiarare in una celebre intervista a Repubblica che “i politici che promuovono questi grandi investimenti sono interessati solo alle loro tangenti”. Chi scrive poi è stato coinvolto come tecnico in molte vicende dell’Av ricordate da Cicconi, e può solo confermarle o rafforzarle. Il primo Piano Generale dei Trasporti, nel quale assieme all’Ing. Beltrami fui responsabile della parte ferroviaria, promuoveva poche linee nuove da 250 km/h e il mantenimento sulla rete della tensione a 3.000 volt (quella esistente, sufficiente per quella velocità ma non per i 300 km/h). Se quel piano non fosse finito in un cassetto, avremmo già da 10 anni una rete ferroviaria principale moderna e veloce, con un decimo dei costi dell’Av.

L’avvocato Lorenzo Necci, amministratore delegato delle Ferrovie, mi chiese di valutare il complicato sistema di finanziamento. Io riferii che era tutto a carico del pubblico, anche se così non appariva. Necci mi disse che la cosa era nota a tutti i “giocatori”, ma dire che i privati pagavano il 60 per cento dell’opera era l’unico modo per ottenere i soldi pubblici necessari. Io diffusi poi questo risultato, ma senza alcuna conseguenza pratica, come ovvio, se non forse nella prima “esternazione” del ministro Burlando, che dichiarò appunto che in realtà non vi era alcun finanziamento privato.

Un’altra “valutazione”, che lo scrivente richiese a gran voce a Fs, riguardava l’analisi costi-benefici della linea Torino-Venezia: le distanze medie di percorrenza erano molto basse e per il traffico merci esisteva una linea un po ’ tortuosa ma deserta, nota come “mediopadana”. Chiesi di confrontare i risultati di una linea nuova Av tra Torino e Venezia con la riqualificazione della mediopadana per le merci. Miracolo! Contro ogni ragionevole aspettativa l’analisi dava vincente la linea nuova Av. La ragione era semplice: non fu confrontata la riqualificazione della linea mediopadana, ma il suo totale rifacimento con standard di Alta velocità, assurdi per le merci.

Più recentemente, quella linea ha avuto un’altra vicenda di valutazioni “imbarazzanti”: due anni fa fu presentato a Milano uno studio che dimostrava che la linea avrebbe generato enormi benefici alla collettività. Applausi da politici “bipartisan”, Confindustria e Ferrovie. Peccato che lo studio conteneva una moltiplicazione errata, che sovrastimava di 10 volte certi benefici. Correggendo quel banale (ingenuo?) errore, i benefici sociali dell’opera diventavano clamorosamente negativi. La volontà politica di promuovere quell’investimento è passata, e passa, al di là di ogni verifica tecnica non “truccata” da interessi di parte, come documenta Cicconi.

I fautori della “finanza creativa” non dormono: falliti i tentativi precedenti, ci provano adesso con una nuova formula, il “canone di disponibilità”. Fs è una Spa, quindi formalmente privata, anche se in realtà al 100 per cento pubblica (e già questa è una pericolosa anomalia). Si finge che sia disposta a pagare come privato un onerosissimo “canone di disponibilità” annuo per una nuova linea con poco traffico (es. Torino-Lione, Napoli-Bari). Quel canone finanzia l’opera in modo sostanziale, e proviene formalmente da un soggetto privato, anzi, da un “utente”. Fs ci perde un sacco di soldi, che verranno poi ripianati dai contribuenti.

Due note ottimistiche finali: non ci sono più soldi per costruire a costi folli opere di dubbia utilità e, sotto la minaccia di non costruire nulla, sembra che anche gli interessi costituiti si siano “rassegnati” a ridimensionare le spese, costruendo le opere per fasi, si spera in funzione della crescita del traffico. Per molte di queste opere verosimilmente ciò significa che sarà realizzata solo la prima fase, visto che le stime ufficiali di crescita del traffico sono assurdamente ottimistiche. Ma farsi illusioni in questo settore rimane pericoloso.

Il Fatto Quotidiano, 29 novembre 2011
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Re: Economist: TAV, la rapina

Messaggioda lucameni il 04/03/2012, 20:18

E a proposito di berlusconismo allo stato puro:

LA COOP CEMENTO & ROTAIE DAL PCI ALLE SOBRIE INTESE


di Giorgio Meletti
I l ruolo guida della Cmc di Ravenna
nell’operazione Torino-Lione
aiuta a capire la trasversalità del
consenso politico per un’opera che
appare - al di là delle resistenze locali
in Val di Susa - costosa e di dubbia
utilità. Perché la Cooperativa
Muratori e Cementieri di Ravenna,
fondata nel 1901 da 35 manovali,
oggi è un gigante delle costruzioni,
con centinaia di soci e migliaia di dipendenti,
e un fatturato di 800 milioni
di euro. E se nel corso della Prima
Repubblica ha prosperato come
braccio armato del sistema di potere
economico targato Pci, oggi è
diventata una potenza autonoma
nel business del cemento: prima, come
tutte le cooperative rosse, prendeva
ordini dai vertici di Botteghe
Oscure, oggi i leader del centro-sinistra
devono limitarsi a un atteggiamento
di deferente simpatia verso
una grande realtà economica con
la quale condividono radici antiche e
re c e n t i .
Lungo i futuri binari della Val di Susa,
dove per ora la Cmc sta realizzando
la galleria esplorativa (93 milioni di
appalto), rotolano dunque due storie
parallele. Ecco da una parte l’a l l o ra
ministro dei Trasporti Pier Luigi Bersani
che il 29 gennaio 2001 firma
l’accordo con il governo francese per
fare l’alta velocità tra Torino e Lione,
e va quasi in estasi: “Quella di oggi è
una decisione storica perché come
Cavour decise di realizzare il traforo
del Frejus, ora si decide su un passaggio
altrettanto strategico. Una
delle opere più grandi in Europa, con
tempi ben scanditi”. Ben scanditi,
certo: “I cantieri partiranno nel
2006”, diceva il ministro. E chi disse
“questi sono fatti e non parole, una
importante vittoria del metodo del
dialogo e del partito del fare”? Il ministro
dei Lavori pubblici Antonio Di
Pietro, il 19 novembre 2007, quando
il governo Prodi ottenne dall’Ue l’agognato
cofinanziamento dell’ope -
ra .
Dall’altra parte c’è un rosso ormai
pallido: i cantieri ferroviari sono stati
sempre il punto d’incontro delle larghe
intese e la Cmc è un simbolo di
questa tradizione. Quando fu varata
la grande operazione Tav (Torino-
Milano-Napoli) nel 1991, la
spartizione officiata dal numero uno
delle Fs Lorenzo Necci prevedeva
per le coop rosse una quota di appalti
che doveva stare tra il 13 e il 19
per cento. I grandi costruttori privati
cercarono però di far fuori la Cmc e
le altre sostenendo che la fine del Pci
decretata dalla svolta di Achille Occhetto
toglieva alle coop ogni diritto
alla quota. Pochi mesi dopo il gotha
dei costruttori privati (da Vincenzo
Lodigiani a Enso Papi della Cogefarimpresit)
fu messo in galera da Antonio
Di Pietro, e i suoi partiti di riferimento
(Dc e Psi) scomparvero.
Così tutto fu azzerato e la Cmc tornò
in pista, in un mercato che ha ricostruito
pazientemente i suoi equilibri
spar titori.
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Re: Economist: TAV, la rapina

Messaggioda matthelm il 04/03/2012, 21:13

Questo armamentario dei no-tav cosa vuol dimostrare? Che è un'opera che non serve a niente o che è possibile ci siano ruberie?
Sono due domande fondamentali. Io credo serva. Lo Stato pure lo dice e a me basta.Se ci sono ruberie varie denunciamole e lottiamo contro quelle.
"L'uomo politico pensa alle prossime elezioni. Lo statista alle prossime generazioni".
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