Da un tecnico di area Ulivo
Grafici, tabelle e ulteriori link su:
http://www.imille.org/2012/02/tav-torin ... regiudizi/
TAV Torino – Lione, senza pregiudizi
Da Terenzio Longobardi– 22/02/2012
Il poco pacato e razionale dibattito sul progetto di nuova linea ferroviaria ad alta velocità tra Torino e Lione, prende spesso spunto da posizioni entrambe ideologiche, tra i sostenitori di un anacronistico industrialismo della crescita illimitata e quelli di un velleitario e paralizzante rifiuto della nuova infrastruttura in nome di un altrettanto anacronistico antindustrialismo. Cercherò in questo articolo di sviluppare, senza pregiudizi o prevenzioni, qualche considerazione analitica sul contrastato progetto.
Uno dei motivi che spesso vengono addotti per contestare la necessità di una nuova infrastruttura ferroviaria tra Italia e Francia è la riduzione, verificatasi negli ultimi anni, delle merci trasportate tra i due paesi, che non giustificherebbe la costruzione di una nuova e impattante linea ferroviaria.
Come vedremo, questa valutazione sull’inutilità della TAV parte dal discutibile assunto che da per scontata l’attuale suddivisione del traffico merci tra strada e ferrovia. Per cui, siccome il traffico merci su strada sarebbe in calo dal 2000, una nuova ferrovia diventerebbe necessaria solo in presenza di un nuovo aumento del traffico merci.
Ma le pressanti esigenze di carattere ambientale ed economico legate all’uso e alla disponibilità futura di risorse fossili dovrebbero invece indurci a limitare drasticamente l’uso della gomma per il trasporto delle merci. Pensiamo all’enorme inquinamento prodotto dai motori a gasolio dei “bestioni della strada”, che hanno indotto alcune nazioni come Austria e Svizzera a vietarne il transito sui valichi alpini. Inoltre, come ho scritto in questo articolo, le sempre più elevate quotazioni del barile di petrolio costringono da tempo il nostro paese a sovvenzionare l’autotrasporto delle merci, per evitare il fallimento di molte aziende, con costi crescenti a carico dello Stato. Moltiplicando il dato dei consumi annui di carburante per autotrazione per l’entità degli sgravi fiscali concessi alle aziende del settore, ho stimato in circa 3-4 miliardi all’anno i costi attuali a carico dello Stato.
Infine, è bene ricordare il dato incontrovertibile sul piano scientifico dei minori consumi specifici di energia dei trasporti ferroviari nei confronti di quelli stradali (circa due terzi in meno).
Cerchiamo ora di capire le quantità in gioco per valutare l’effettiva esigenza di trasferimento modale dalla gomma al ferro attraverso alcuni documenti disponibili.
Capacità dell’attuale linea ferroviaria:
Studio del Prof. Angelo Tartaglia sulla convenienza economica dell’ipotizzata nuova linea ferroviaria Torino-Lione (una sintesi è consultabile qui) che valuta la capacità annua della linea esistente tra 19,5 milioni di tonnellate (capacità pratica secondo LTF-RFI) e 26,2 milioni di tonnellate (capacità teorica). Questi dati sono ricavati da un’analisi dell’Osservatorio nazionale (disponibile qui), che a sua volta contiene una forchetta 20 – 32 milioni di tonnellate di merci. Bisogna però tenere conto che in entrambi i casi, il valore massimo è solo teorico, cioè rappresenta il caso limite che tutti i giorni dell’anno con esclusione dei giorni di manutenzione siano di punta, con una limitazione del carico passeggeri di 46 treni al giorno. L’incremento del carico determinerebbe una crescita del servizio rispetto a quello attuale da 1,5 a 3 volte, ma è inutile nascondere che sarebbe accompagnato da seri problemi di accettabilità sociale e ambientale per l’aumento vertiginoso degli attraversamenti nei centri abitati della linea ferroviaria esistente e per problemi di sicurezza.
Documento delle Ferrovie francesi (disponibile qui), che valuta una capacità massima della linea storica, dopo gli interventi di adeguamento sul territorio francese, di 17,5 milioni di tonnellate.
Di quest’ultimo documento è inoltre interessante e significativo citare il punto 7 relativo ai limiti tecnico – strutturali della linea storica (peraltro confermati anche negli atti dell’Osservatorio) che paiono rendere in ogni caso molto problematico garantire un servizio efficiente, moderno e competitivo rispetto alla gomma:
A) Possibilità di standardizzazione fuori dalla portata dei mercati.
Oggi, le numerose curve e le forti pendenze ne limitano l’utilizzo a 650 tonnellate con una locomotiva, 1.150 tonnellate con due locomotive e 1.600 tonnellate se si aggiunge una locomotiva di spinta supplementare. La gestione di questo sistema è molto costosa ed esclude certi flussi di merci dai mercati ferroviari.
Questi limiti impediscono l’incremento di produttività che consiste nel far circolare treni lunghi e pesanti indispensabili per lo sviluppo…..
B) Limiti per migliorare la regolarità.
La regolarità è il fattore determinante per la nostra clientela, e questa linea di montagna (1.295metri di altitudine) è molto debole in quanto a regolarità, gli incidenti dovuti a cause climatiche sono numerosi, la velocità media dei convogli è spesso inferiore a 30 Km/h. Non appena un binario è fuori servizio, come attualmente a causa dei lavori o a causa d’incidenti, la situazione diventa critica per i prodotti industriali sempre più organizzati in flussi concentrati. Il tunnel attuale rappresenta uno degli anelli deboli nel concetto di qualità degli spostamenti da un estremo all’altro su grandi distanze.”
Domanda di trasporto merci
Da questo sintetico ma apprezzabile approfondimento (di cui riporto il grafico più significativo), ricaviamo le tonnellate di merci che transitano annualmente al confine Italia – Francia: il traffico merci complessivo nel 2009, anno della crisi, è stato di circa 40 milioni di tonnellate, con un calo sensibile rispetto al picco del 1999 di circa 50 milioni di tonnellate. Ma questo crollo ha pesato molto di più sul trasporto ferroviario, che rappresenta oggi appena il 15% del traffico merci complessivo. Quindi ci sarebbe uno spazio di recupero del ferro sulla strada di circa 35 milioni di tonnellate che, come abbiamo visto sopra, l’attuale linea ferroviaria sarebbe in condizione di assorbire solo in parte e in condizioni di trasporto non competitive con il mezzo privato.
Prospettive future
A questo punto bisogna avventurarsi in un’analisi delle prospettive future del traffico merci nell’area per cercare di capire l’evoluzione della domanda in rapporto alla capacità dell’offerta.
A tale scopo prendiamo spunto ancora dal documento del Prof. Tartaglia citato in precedenza. L’idea di forza del documento è che non sarebbe plausibile un aumento del traffico di merci nei prossimi decenni tra la Francia e Italia, sostanzialmente per due motivi:
Lo spostamento dell’asse commerciale verso i paesi emergenti dell’est asiatico che attualmente determina un maggiore utilizzo della direttrice ferroviaria Nord – Sud (frontiere svizzera e austriaca). Si legge infatti che “Analizzando il contesto si vede che le ragioni di questi andamenti sono strutturali, in quanto sono legate alla dislocazione delle aree di produzione, come anche di smercio, delle merci di massa verso Est e in particolare verso il lontano oriente asiatico”.
La sostanziale saturazione dei mercati dei beni di consumo di massa nei due paesi, che limiterebbe fortemente nei prossimi anni la crescita del volume degli interscambi commerciali e di persone attraverso la frontiera.
A mio parere, questo scenario, accettabile e condivisibile in un quadro BAU (Business As Usual), mostra la corda se si cambia la prospettiva di analisi introducendo il tema energetico tra le variabili che influenzeranno sempre più l’evoluzione del settore.
L’approssimarsi del picco del petrolio non è più un’eventualità prevista da una ristretta cerchia di geologi e ingegneri petroliferi, ma un’ipotesi di lavoro generalmente accettata anche da istituzioni accreditate come l’Agenzia Energetica Internazionale e dalla comunità scientifica internazionale (consiglio la lettura di questo recente articolo sulla prestigiosa rivista Nature). La graduale minore disponibilità di petrolio e la crescente dinamica dei prezzi, a cui stiamo già assistendo da alcuni anni, da una parte renderanno sempre più insostenibile sul piano dei costi l’autotrasporto delle merci, dall’altra determineranno un’inversione di tendenza nel processo di globalizzazione economica, restringendo gradualmente gli ambiti territoriali degli scambi commerciali. L’oggettiva tendenza alla saturazione dei mercati europei, verrà così controbilanciata dalla necessità di connettere e integrare maggiormente i mercati dei paesi confinanti o limitrofi, nel nostro caso attraverso lo sviluppo dell’asse Italia, Francia, Spagna e Gran Bretagna.
Per gli stessi motivi sintetizzati in precedenza, mi sembrano opinabili e confutabili anche gli argomenti economici del Prof. Tartaglia contro la nuova linea ferroviaria. I calcoli finanziari contenuti nello studio portano alla conclusione che il pareggio di bilancio della nuova linea di alta velocità sarebbe altamente improbabile, in quanto a tal fine bisognerebbe trasportare annualmente una quantità di merci pari ad almeno 23,4 milioni di tonnellate (per il pareggio delle sole spese di gestione) e a 77,5 milioni di tonnellate (considerando anche i costi di investimento). Come abbiamo visto, essendo circa 40 i milioni di tonnellate attualmente trasportate, nella stragrande maggioranza su strada, e supponendo per le ragioni citate in precedenza, che questa quota rimanga almeno inalterata nei prossimi decenni, parrebbero invece esistere i margini per l’economicità della gestione. A meno che, come ho detto all’inizio, non si consideri ineluttabile l’attuale squilibrio della ripartizione modale tra ferro e gomma e si consideri impraticabile l’obiettivo di trasferire quote significative di trasporto merci sui treni. Certo, rimane il limite relativo dell’impossibilità di recuperare totalmente le spese di investimento (lo studio Tartaglia andrebbe però aggiornato sulla base dei nuovi accordi europei che prevedono un minore esborso finanziario a carico del nostro paese). Ma se, per i motivi citati in precedenza, la prospettiva dal punto di vista energetico ed economico diventerà l’abbandono graduale dell’intero trasporto su strada delle merci, i conti economici dovrebbero in qualche modo monetizzare anche questo aspetto strategico del trasporto ferroviario.
Se infine ci soffermiamo ad analizzare anche l’aspetto del trasporto passeggeri sullo stesso collegamento, gli argomenti precedenti a sostegno della nuova linea si rafforzano ulteriormente. Infatti il pareggio di gestione sarebbe possibile aumentando “solo” di 4,5 volte l’attuale e insufficiente traffico ferroviario dei passeggeri sulla direttrice Italia – Francia. A tale proposito, bisognerebbe valutare attentamente (ne ho scritto qui) anche il fattore non secondario, non considerato in tutte le analisi dei flussi di traffico relativi alla contestata nuova linea ferroviaria Torino – Lione, del bacino di utenza rappresentato dal traffico aereo tra l’area Milano – Torino e Lione – Parigi.
Riassumendo, con gli ammodernamenti già realizzati, in corso di realizzazione e in progetto sulla linea ferroviaria esistente, si potrebbe raggiungere una potenzialità sufficiente ad assorbire solo una parte del traffico merci su gomma attualmente trasportate tra Italia e Francia, senza peraltro eliminare i pesanti limiti tecnici che penalizzano alcuni flussi e la produttività del traffico merci.
[due grafici nell'originale, NDR]
Le considerazioni sull’assenza di economicità della nuova linea ad alta velocità, da una parte appaiono ridimensionate qualora si promuovessero serie politiche di riequilibrio modale dalla gomma al ferro, dall’altra scontano il limite di considerare ineluttabile l’attuale modello di globalizzazione economica e di relazioni commerciali internazionali, trascurando l’aspetto strategico della disponibilità futura delle risorse energetiche, in particolare dei combustibili fossili.