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Sulla Cigs scontro governo-sindacati

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Sulla Cigs scontro governo-sindacati

Messaggioda franz il 18/02/2012, 17:20

La Fiom alla Fornero: "Resti com'è", Poi arriva anche lo stop di Bonanni: "Siamo contrari a sostituirla con i sussidi di disoccupazione": L'associazione dei commercianti: tre quarti delle aziende del commercio e e servizi preoccupate per il futuro

Sulla Cigs scontro governo-sindacati Confcommercio, 76% imprese pessimista

ROMA - E' scontro fra governo e sindacati sull'ipotesi di cancellare la cassa integrazione straordinaria e inserire un sussidio di disoccupazione. "Siamo contrari alla cancellazione della cassa straordinaria, il ministro sa che vogliamo confermare il sistema degli ammortizzatori esistenti", ha detto il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni. "In una stagione difficile è prioritario mantenere gli ammortizzatori che abbiamo .- ha spiegato il leader Cgil Susanna Camusso - . Sull'ammortizzatore universale serve che il governo decida quali risorse rendere disponibili perchè sia finanziato altrimenti è solo una riduzione delle tutele e non un ampliamento".

Le reazioni. Secco 'No' all'ipotesi di una stretta sulla Cigs 2 anche da parte del segretario generale della Fiom Cgil, Maurizio Landini: "Sostituirla con l'indennità di disoccupazione è come aprire ai licenziamenti collettivi di fronte alle riorganizzazioni aziendali". Landini ha chiesto invece di "estendere la cassa anche a chi non ce l'ha". L'abolizione della Cigs "si potrebbe accettare nella teoria, ma non nella realtà, che ci obbliga a contrastare una crisi senza precedenti e senza risorse da parte del governo, ha spiegato il segretario generale dell'Ugl, Giovanni Centrella. Più morbida la posizione del segretario generale della Uil, Luigi Angeletti: "La riforma della Cigs non e' una cosa" che il governo "vuole fare adesso, ma in futuro", "In ogni caso lunedì ce lo spiegherà", ha concluso facendo riferimento all'incontro tra governo e parti sociali che verterà sugli ammortizzatori sociali.

Tre aziende su quattro pessimiste. Intanto questa mattina è stato diffuso un rapporto Confcommercio secondo cui tre quarti delle aziende del commercio, turismo e servizi era pessimista sull'andamento dell'economia italiana nel quarto trimestre 2011 mentre il 43,9% segnalava il peggioramento della situazione per la propria impresa. Tra l'altro secondo lo studio, le imprese del settore che sono esposte verso la Pubblica amministrazione hanno registrato nel 56,4% dei casi un aumento dei ritardi di pagamento. Il 40% delle imprese è pessimista anche sul primo trimestre 2012.

Allarme occupazione. Oggi la Cgil lancia ha lanciato l'allarme occupazione : la cassa integrazione a gennaio è calata a 54,9 milioni di ore (-26,7% su dicembre, -8,5% su gennaio 2011) ma questa riduzione è il segnale di una "progressiva transizione verso la disoccupazione", ha fatto sapere Cgil, precisando che nel mese erano in cassa 312.000 lavoratori in media con 675 euro in busta paga in meno.

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Re: Sulla Cigs scontro governo-sindacati

Messaggioda franz il 18/02/2012, 17:55

Premesso che, a meno di non essere smentito da chi ne sa piu' di me, cassa integrazione ordinaria e straordinaria sono entrambi strumenti pagati dal sistema produttivo (in gran parte aziende, in parte lavoratori) con oneri che ricadono esclusivamente sul mondo del lavoro, e quindi lo Stato non subisce danni economici con il loro eventuale abuso, per me si potrebbe abolire ogni forma di cassa integrazione, ordinaria, straordinaria ed in deroga, mettendo a carico dei sussidi di disoccupazione (universali) sia il caso del licenziamento, sia la crisi momentanea sia la ristrutturazione, senza licenziamento del lavoratore ma con presa in carico del costo da parte dell'ammortizzatore.
Quindi, come avviene anche dalle mie parti, il fatto che intervenga il sussidio di disoccupazione non significa, per crisi e ristrutturazioni, licenziare il lavoratore. Il lavoratore resta a dipendneza dell'azienda ma riceve lo stipendio (ridotto) dall'assicurazione. Mo chi lo spiega a Landini?

Il grosso nodo è quello pero' del sussidio di disoccupazione, il quale deve essere pagato da tutti.
E quando dico tutti, dico anche i 4 milioni lavoratori pubbllci (tra dipendenti dello stato e delle varie consociate). Cosi' se dovesse servire licenziarne alcune decine di migliaia, non si dica che sono subito in mezzo alla strada.
E dico anche i lavoratori dipendenti di aziende con meno di 15 addetti.
Solo gli indipendenti sono esclusi (anche se in alcuni ordinamenti è prevista la copertura pure per loro).

In base ai dati UE piu recenti (EUROSTAT 2011) abbiamo 15.5 milioni di dipendenti nel privato piu' i già citati 4 per il settore pubblico. I salari netti del settore privato sono 260'244.6 milioni di euro e quelli lordi sono circa il doppio (circa 520 miliardi) . Sono da 140 a 170 miliardi i salari pubblici (e connessi) ed arriviamo come minimo ad una massa salariale di 660 miliardi. Un prelievo del 3% per la disoccupazione, solo sulle 12 mensilità, non sulla 13° e 14° per chi le ha, produce un gettito di oltre 18 miliardi. Questo basta per dare un anno di sussidio all'80% al 9% di disoccupati. Se i disoccupati sono di piu' si eleva la percentuale di prelievo. I fondi le aziende li trovano se lo stato abolisce l'IRAP come effetto della riforma sanitaria che suggerisco.
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Cassa Integrazione: il modo dannoso di affrontare le crisi

Messaggioda franz il 20/02/2012, 9:16

ICHINO:

Veneto, 2011: 145.600 assunti a tempo indeterminato (cui si aggiungono 515.000 contratti a termine e 27.600 contratti di lavoro domestico). Nello stesso anno: 34.478 licenziati. Il 40% di chi ha perso un posto lo ha ritrovato entro un mese, il 60% entro tre mesi e l’81% entro un anno. A meno che non sia stato collocato in Cassa integrazione guadagni: in quel caso il periodo di disoccupazione può durare anche per sette anni, come è accaduto e sta accadendo per i dipendenti della Fimek di Padova, o a quelli della Iar Siltal di Bassano del Grappa. Questo è il modo normale – e dannoso per tutti, lavoratori per primi – in cui oggi in Italia si affrontano le crisi aziendali. Ed è il nodo che devono sciogliere imprenditori e sindacati nella trattativa sugli ammortizzatori sociali che si apre oggi al ministero del Lavoro.



LA CASSA INTEGRAZIONE DEVE ESSERE USATA PER TENERE LEGATI I LAVORATORI ALL’IMPRESA NEI PERIODI DI CRISI TEMPORANEA O RISTRUTTURAZIONE – QUANDO INVECE È CERTO CHE IL LAVORO NON RIPRENDERÀ IN QUELL’AZIENDA, OCCORRE ATTIVARE UN TRATTAMENTO DI MOBILITÀ CHE INCENTIVI LA RICERCA DELLA NUOVA OCCUPAZIONE

Articolo pubblicato nella rubrica Lavorare cambia del sito web Tuttosullavoro, 20 febbraio 2012

Nella regione Veneto, che ha meno di 5 milioni di abitanti, nel corso del 2011 sono stati stipulati 145.600 contratti a tempo indeterminato ordinario, cui se ne sono aggiunti 515.000 a termine e 27.600 di lavoro domestico (per dati più analitici v. le slides di una mia recente lezione all’Università di Firenze, La riforma del lavoro e le contraddizioni della nostra cultura in questo campo). Il Veneto è la regione italiana economicamente più vitale, in questo momento; ma nel resto d’Italia nello stesso anno si stima che siano stati stipulati oltre sei milioni di contratti di lavoro. Anche in un anno di crisi, dunque, di lavoro ce n’è.

Ancora nel Veneto, nel corso del 2011 sono stati licenziati 34.478 lavoratori. Negli ultimi due anni, il 40 per cento di quelli che hanno perso un nuovo posto lo hanno trovato in un mese; il 60 per cento entro tre mesi; l’81 per cento entro un anno. Non, però, chi è stato collocato in Cassa integrazione: in questo caso la disoccupazione può durare anche sette anni, come è accaduto e accade ai dipendenti della Fimek di Padova, o a quelli della Iar Siltal di Bassano del Grappa. Lo stesso accade normalmente in tutta Italia: la durata del periodo di disoccupazione tende a coincidere con quella dell’integrazione salariale.

Questo è il motivo per cui il ministro del Lavoro oggi invita imprenditori e sindacati a ripensare il modo in cui usiamo affrontare le crisi occupazionali aziendali: è il tema di cui si discute oggi alla sede del ministero di via Veneto. La Cassa integrazione è uno strumento prezioso; ma serve per tenere i lavoratori legati all’azienda nelle situazioni di crisi temporanea, o di ristrutturazione, nelle quali vi è motivo di ritenere che il lavoro potrà riprendere nell’azienda stessa. Dunque, non può essere la Cassa integrazione lo strumento giusto per sostenere i lavoratori nella ricerca di una nuova occupazione, in un’azienda diversa. Invece, ogni volta che si verifica una crisi aziendale con necessità di ridurre il personale o addirittura chiudere l’unità produttiva, la prima misura che tutti immancabilmente concordano di adottare è la Cassa integrazione; in questo modo si fa il danno dei lavoratori, perché li si tiene legati a un’impresa che non potrà più dare loro lavoro. Si congela la situazione senza affrontare il problema; anzi lo si aggrava, perché è dimostrato che, quanto più lungo è stato il periodo di inattività del lavoratore dopo la perdita del posto, tanto più è difficile ricollocarlo.

A chi perde il posto occorre dare un sostegno del reddito anche più robusto di quello offerto dalla Cassa integrazione: la proposta è di aumentare la copertura dell’ultima retribuzione al 90 per cento per il primo anno e alzare il “tetto” mensile a 3000 euro. Ma questo intervento deve essere coniugato con un’assistenza intensiva nella ricerca della nuova occupazione e deve essere condizionato alla disponibilità effettiva del lavoratore. Il dato relativo al Veneto non si discosta dalla media nazionale: se dunque, come si è visto, otto lavoratori su dieci senza particolari aiuti ritrovano il posto entro un anno, con una buona assistenza intensiva si può realisticamente puntare alla ricollocazione entro un anno almeno di nove lavoratori su dieci. E del decimo entro il secondo anno. Come accade da tempo nei Paesi più avanzati del nostro.

Ci guadagneranno i lavoratori, in termini di maggiore sicurezza economica e professionale. Ci guadagneranno le imprese, in termini di maggiore facilità dell’aggiustamento degli organici e quindi flessibilità delle strutture produttive. Ci guadagneranno gli uni e le altre in termini di riduzione dei contributi previdenziali e del costo del lavoro, con conseguente possibilità di aumento delle retribuzioni nette.

http://www.pietroichino.it/?p=19710
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