LA TRAGEDIA DELLA CONCORDIA
"Inchini troppo spesso tollerati"
l'indagine ora punta sulla CostaAl vaglio degli inquirenti tre telefonate tra il comandante e il quartier generale. Il giallo della donna in plancia. Il governo: vietare le rotte pericolose. Le battaglie di De Falco nel 2005 contro gli "accosti" dai nostri inviati CARLO BONINI e MARCO MENSURATI
GROSSETO - Con un'ordinanza di otto pagine, il gip Valeria Montesarchio mette un primo punto nelle responsabilità del naufragio della Concordia (quelle del suo comandante Francesco Schettino). E, in due sole ma decisive righe di testo, torna a illuminare il convitato di pietra di questa storia: la Costa Crociere, la compagnia armatrice.
Scrive il gip nel motivare le ragioni per cui il comandante non può tornare in libertà (perché a rischio di reiterazione del reato), ma deve restare agli arresti domiciliari:
"Lo Schettino svolge attività professionale di comandante e non risulta che gli sia inibito, nell'immediato futuro, di continuare nella sua attività". È una notizia.La "Costa Crociere", per quanto risulta agli uffici giudiziari che indagano Schettino, non ha sospeso il suo comandante. Non lo ha fatto nell'immediatezza del naufragio (ed è comprensibile). Non lo ha fatto il giorno in cui ha preso atto, "purtroppo", del suo "errore umano" (16 gennaio). Non lo ha fatto a ridosso dell'interrogatorio di garanzia (17 gennaio), anche a costo di lasciare all'accusa un argomento decisivo che ne avrebbe impedito il ritorno in libertà.
Perché? Quale interesse ha la Costa a non prendere con decisione le distanze dal suo comandante, fino al punto, lunedì scorso, giorno in cui riconosce l'errore di Schettino, da far dire all'ad Pierluigi Foschi che "l'azienda darà tutto il suo sostegno legale al comandante"?
Schettino rappresenta forse una "minaccia" per la Costa? E se è così, perché?I tabulati del comandanteSappiamo ormai che, nell'ora e un quarto cruciale del dramma (21.42-22.58 di venerdì 13 gennaio), Francesco Schettino comunica "almeno tre volte" con Roberto Ferrarini, Marine operator director di Costa. Cosa si dicono i due? Nell'interrogatorio di garanzia, il comandante, a quanto pare, non è stato d'aiuto. Né, ad oggi, è disponibile ad esserlo Ferrarini. Rintracciato telefonicamente da "Repubblica", il manager, al quinto tentativo e per interposta persona, fa sapere di essere "molto impegnato con gli ufficiali della Capitaneria di Porto" e dunque di non aver tempo per fornire qualche risposta.
Le stesse che cercano anche gli inquirenti in queste ore, con la richiesta dei tabulati del cellulare di Schettino. Quelli da cui sarà possibile ricostruire, tanto per cominciare, chi, quella notte, chiamò chi. Sciogliendo qualche interrogativo: fu Schettino ad avvisare Ferrarini dopo l'impatto? E Ferrarini lo richiamò?
La richiesta di rimorchiatori alle 22.26È un fatto che, quella notte, come risulta dal brogliaccio della Guardia Costiera di Livorno (pubblicato online da Repubblica. it), alle 22.26, Schettino chiede alla Capitaneria se è possibile un "invio di rimorchiatori". A quell'ora, il comandante è già consapevole, come scrive il gip nell'ordinanza, "dell'apertura della falla", "del flusso d'acqua in cinque locali della sala macchine", "che la nave si sposta senza motori e in conseguenza del solo abbrivio". La richiesta dei rimorchiatori, rispetto alla gravità della situazione, appare insensata. Ma, a ben vedere, ha una logica.
"La regola d'oro: mai il mayday"La spiegano bene due qualificate e diverse fonti del settore della navigazione interpellate da "Repubblica". Spiega la prima: "La regola non scritta, ma che conoscono anche i sassi è una: quando si è in difficoltà, fino a quando la situazione non precipita, l'ultima cosa da fare è chiedere aiuto alla Capitaneria. E se proprio si deve, farlo
minimizzando l'allarme".
Aggiunge la seconda: "La richiesta di soccorso, anche per una sciocchezza, come una chiglia che struscia un innocuo banco di sabbia, ha due conseguenze: dover spiegare come si è finiti nei guai, sottoporsi a ispezioni e controlli. Che, comunque vadano, per un armatore, sono sempre un costo. Un'ispezione media va dalle 5 alle 8 ore. Sono centinaia di migliaia di euro".
Gli armatori, dunque, scoraggiano di comporre il "113" del mare. Lo sanno i comandanti, lo sanno le capitanerie (non a caso, il sottocapo Tosi, la notte di venerdì 13, dice a De Falco dopo le prime comunicazioni con la Concordia: "Qui ci stanno prendendo per il culo").
Le "certezze" di CostaL'informazione non deve essere troppo lontana dal vero. Se infatti si rileggono le prime dichiarazioni di Costa Crociere dopo il naufragio, si rintracciano alcune informazioni sorprendenti. Dice il 14 gennaio, Gianni Onorato, direttore generale della compagnia: "Le procedure di sicurezza ed evacuazione sono state eseguite nei tempi corretti. Le norme sono state rispettate dal comandante e corretta è stata anche la decisione del comandante di evacuare la Concordia quando ha ritenuto che ci fossero le condizioni di sicurezza".
Non una di queste informazioni resisterà alla prova dei fatti. Perché tanta fretta nel pronunciare quelle parole? Forse perché Ferrarini ha avuto parte nelle decisioni di Schettino in quell'ora cruciale?
L'inchino sparisce dal blogSicuramente, Costa, nelle 24 ore successive al naufragio, oscura sul suo blog ufficiale l'orgoglio con cui esibiva altri storici "inchini" alle isole, come quello del 30 agosto 2010 a Procida, quando al timone, guarda caso, è Schettino. La compagnia, insomma, non ha interesse a che si apra un capitolo complicato. Quello delle rotte sotto costa. È un business importante.
Un colosso come la Concordia che sfila a un passo da terra, magari nel canale della Giudecca, con il suo gran pavese illuminato, non ha prezzo, come strumento di auto-promozione. Molto più efficace di uno spot. Lo sanno gli armatori, lo sanno le capitanerie. L'importante, fino a venerdì 13, per dirla con le parole di ieri dell'ammiraglio Domenico Picone, comandante della Capitaneria di porto di Napoli, è che "le cose vengano fatte con buon senso". Insomma, navi non troppo vicine, capitanerie non troppo "fiscali".
Le rotte e il grande occhio che sorvegliaDice ora il governo che si rivedranno le norme sulle rotte. E tuttavia il business degli inchini si svela oggi come un segreto di Pulcinella. Il Pd (Ermete Realacci e Michele Meta, capogruppo in commissione trasporti alla Camera), pone una questione: per dotare la Guardia Costiera del sistema Vessel Traffic Services (Vts), un equivalente del sistema integrato con trasponder del traffico aereo, "sono stati spesi 11 anni fa l'equivalente di 6 milioni e mezzo di euro odierni. A che punto è la sicurezza dei nostri mari? Chi controlla davvero?". Detta altrimenti, quante volte, guardando il "Vts" le capitanerie hanno tollerato rotte "aggiustate" con "il buon senso"?
Schettino ha avuto la sfortuna di agganciare prima lo scoglio del Giglio e poi di incrociare il capitano di fregata Gregorio De Falco (sentito ieri a lungo in Procura forse anche sulla questione controllo delle rotte), di cui per altro a santa Margherita Ligure, dove fu comandante della Capitaneria fino al 2005, si ricordano ancora le solitarie battaglie contro gli "accosti" vietati nel parco marino.
E certo fanno pensare anche le dimissioni, due giorni fa, di Gianni Scerni, presidente del Rina (il registro navale, il Pra del mare), colpevole di aver candidamente spiegato al "Secolo XIX", che gli risultava "difficile pensare che la Costa non fosse a conoscenza della pratica dell'inchino" e che "esistono mezzi per la tracciabilità delle rotte".
Una donna nel salottinoNon è un azzardo prevedere che l'inchiesta sulla Concordia diventerà un'indagine anche su questo gioco grande. La cronaca dice che, intanto, però si continua anche a rovistare nei segreti di Schettino. L'ultimo, è la presenza a bordo, venerdì 13, di una cittadina moldava (non ancora identificata e rintracciata) che, testimoni, ricordano nel "salottino del comandante" e ben nota all'equipaggio. Pare non fosse stata regolarmente registrata tra i passeggeri.
(19 gennaio 2012)
www.repubblica.it
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)