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Per un populismo della sinistra

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Re: Per un populismo della sinistra

Messaggioda pierodm il 03/11/2008, 14:08

Il discorso di Sonia mi sembra molto giusto, anche se complicato da fare, se prima non siamo d'accordo sul tema originario.

La mia metafora sull'educazione non mi pare che abbia dei bug significativi, e la risposta di Franz ci gira intorno, senza centrare la sostanza.
Ragione per cui non so come altro dire o ripetere la mia tesi - che per altro mi sembra perfettamente accettabile nel contesto di un liberalismo progressista. Anzi, accettabile e perfino scontata.
I problemi semmai arrivano dopo, nel momento in cui si deve dare conseguenzialità a questo concetto: problemi strettamente economici e tecnici, e problemi politici: tutto sommato, è proprio in questo genere di travaglio politico-intellettuale che si dibatte la sinistra attuale, che ha accettato il sistema economico e cerca di capire come attenuare la (sotto)produzione di povertà che questo comporta, senza adottare la scappatoia "compassionevole" che non risolve il problema ma ci mette solo (forse) una pezza.
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Re: Per un populismo della sinistra

Messaggioda franz il 03/11/2008, 14:34

pierodm ha scritto:Il discorso di Sonia mi sembra molto giusto, anche se complicato da fare, se prima non siamo d'accordo sul tema originario.

La mia metafora sull'educazione non mi pare che abbia dei bug significativi, e la risposta di Franz ci gira intorno, senza centrare la sostanza.
Ragione per cui non so come altro dire o ripetere la mia tesi - che per altro mi sembra perfettamente accettabile nel contesto di un liberalismo progressista. Anzi, accettabile e perfino scontata.
I problemi semmai arrivano dopo, nel momento in cui si deve dare conseguenzialità a questo concetto: problemi strettamente economici e tecnici, e problemi politici: tutto sommato, è proprio in questo genere di travaglio politico-intellettuale che si dibatte la sinistra attuale, che ha accettato il sistema economico e cerca di capire come attenuare la (sotto)produzione di povertà che questo comporta, senza adottare la scappatoia "compassionevole" che non risolve il problema ma ci mette solo (forse) una pezza.

Ma venendo al titolo di questi messaggi (therad) ti sembra che un "populismo della sinistra" possa essere una soluzione?
Per me la soluzione è razionale, oggettiva.
Il populismo puo' far vincere uno schieramento ma non gli fa adottare le soluzioni piu' efficaci.

Ciao,
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Re: Per un populismo della sinistra

Messaggioda pinopic1 il 03/11/2008, 16:25

Purtroppo il mezzo di comunicazione dominante, la televisione, unico mezzo di comunicazione per la grande maggioranza degli italiani è più efficace con il populismo. E' adatto a diffondere ed amplificare messaggi populisti, non a favorire la riflessione, il ragionamento.
E siccome populisti proprio non riusciamo ad essere, non ci resta che piangere.
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Re: Per un populismo della sinistra

Messaggioda franz il 03/11/2008, 18:28

pinopic1 ha scritto:Purtroppo il mezzo di comunicazione dominante, la televisione, unico mezzo di comunicazione per la grande maggioranza degli italiani è più efficace con il populismo. E' adatto a diffondere ed amplificare messaggi populisti, non a favorire la riflessione, il ragionamento.
E siccome populisti proprio non riusciamo ad essere, non ci resta che piangere.

Qui non sono del tutto d'accordo.
I fronti della comunicazione, tramite il mezzo televisivo, sono sempre due ed il livello di populismo è legato non tanto al mezzo ma puttosto al livello educativo medio di chi riceve il messaggio davanti alla TV.
Ho esperienza di dibattiti seri ed approfonditi, in TV, in altri paesi, ... diciamo piu' avanti sul piano del livello culturale (numeri di libri letti, copie di quotdiani vendute e di settimanali).
Il problema quindi non è il mezzo, lo strumento, ma il target.
A sua volta il target dipende dal livello educativo e dalla qualità e diffusione dell'istruzione scolastica.
Con un certo target, il populismo paga di piu'.

Ciao,
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Re: Per un populismo della sinistra

Messaggioda mauri il 03/11/2008, 19:20

franz ha scritto:Il problema quindi non è il mezzo, lo strumento, ma il target.
A sua volta il target dipende dal livello educativo e dalla qualità e diffusione dell'istruzione scolastica.
Con un certo target, il populismo paga di piu'.
Ciao, Franz


così intendi dire che siamo tutti ignoranti?
e comunque affermi che invece sia l'uso che ne fa il politico, grazie ai suoi media, in vista del proprio favore, di spingere gli italiani a fare qualcosa contro il loro stesso interesse, sviando la percezione delle necessità reali?
beh in questo ci cadiamo tutti, scemi e meno scemi, di sx o dx è indifferente e quanto affermi è un riconoscere che il ns "cesare" abbia una spiccata attitudine e quindi sia incline ad assecondare le aspettative delle persone sulla base della percezione delle loro necessità, e sappiamo bene che questa strada non porta cose buone
il compito che la sx deve fare per raggiungere gli obiettivi è perseguire la democrazia e solo questo ci differenzia dalla demagogia del mister
ciao, mauri
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Re: Per un populismo della sinistra

Messaggioda soniadf il 03/11/2008, 19:36

Caro Franz,

quello che tu mi propini è la descrizione dell’attività economica che, per sua natura, può produrre diversi gradi di profitto. Poiché non riesco ad intravedere nessuna novità in questo tipo di affermazione, devo desumere che, per te, la povertà derivi dalle incognite del mercato e della produzione.
La redditività degli scambi e degli investimenti possono derivare da quanto sopra, non la povertà endemica di coloro che lavorano come dipendenti e il cui salario non risente quasi mai del grado di profitto raggiunto dalla propria azienda.
Sai quanto me che a profitti siderali si sono accompagnati negli anni salari al limite della sussistenza. Come puoi confondere il diverso tipo di remunerazione che spetta al lavoro e al capitale di rischio?
Quello che io modestamente sostenevo è che un fattore della produzione come il lavoro non può più essere remunerato senza tener conto dell’effettivo costo della vita e della qualità della vita di un lavoratore dipendente. C’è una soglia, al di sotto della quale non ci si può attestare, perché i “working poors” sono la sconfitta di un sistema, l’affermazione che l’intera economia è finalizzata a remunerare adeguatamente una sola componente della produzione. In questo caso, l’intero sistema è destinato a sfaldarsi perché, così facendo, si depaupera anche la domanda di beni e servizi da produrre.
La redistribuzione di cui si parla non è quella sorta di partecipazione ai profitti che tu descrivi, ma la definizione equa di un costo di produzione, il lavoro.
Il lavoro è una componente essenziale della produzione, come ha dimostrato la recente crisi finanziaria, che ha reso evidente che il capitale si moltiplica solo se è agganciato a veri beni e servizi.
Questa ondata ideologica che rende tutti paladini dell’aziendalismo e del mercato, senza peraltro arrossire degli aiuti di stato invocati per socializzare le perdite, dimentica per strada componenti essenziali del sistema economico, e quindi del sistema sociale, in nome di un’efficienza che non si conquista né con la deregulation, né con lo sfruttamento sistematico della parte più debole del meccanismo produttivo, che è , a sua volta, una componente essenziale del mercato a cui ci si rivolge.
I nuovi riformisti paiono sempre più realisti del re nel difendere un capitalismo questuante, mentre volgono la testa davanti allo spettacolo di un lavoro senza dignità e senza vera remunerazione.
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Re: Per un populismo della sinistra

Messaggioda ranvit il 03/11/2008, 19:50

>...il cui salario non risente quasi mai del grado di profitto raggiunto dalla propria azienda.<

Ma quando le aziende invece di profitto fanno perdite, chiediamo ai lavoratori di rimetterci un po' di soldi?

>...il lavoro non può più essere remunerato senza tener conto dell’effettivo costo della vita e della qualità della vita di un lavoratore dipendente.<

Chi decide qual'è la "giusta" qualità della vita del lavoratore dipendente?

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Per un populismo della sinistra

Messaggioda franz il 03/11/2008, 20:00

mauri ha scritto:così intendi dire che siamo tutti ignoranti?

No, assolutamente! Intendo dire che lo siamo piu' di altri popoli.
Non credo che questa mia sia una rivelazione illuminante e nuova. Lo sappiamo da tempo.
Lo dicono tante statistiche, sul livello scolastico, sull'analfabetismo, sulla lettura di libri e giornali.
mauri ha scritto:e comunque affermi che invece sia l'uso che ne fa il politico, grazie ai suoi media, in vista del proprio favore, di spingere gli italiani a fare qualcosa contro il loro stesso interesse, sviando la percezione delle necessità reali?

Possibile, possibilissimo. Con gli allocchi simili metodi funzionano. In Svezia un politico non ci proverebbe nemmeno.
mauri ha scritto:il compito che la sx deve fare per raggiungere gli obiettivi è perseguire la democrazia e solo questo ci differenzia dalla demagogia del mister
ciao, mauri

Concordo ma la democrazia funziona bene meglio con un popolo informato dei fatti, dotato di cultura e capace di decisioni oggettive e meditate.

Ciao,
Franz
Ultima modifica di franz il 03/11/2008, 22:00, modificato 1 volta in totale.
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Re: Per un populismo della sinistra

Messaggioda franz il 03/11/2008, 21:43

soniadf ha scritto:Caro Franz,
quello che tu mi propini è la descrizione dell’attività economica che, per sua natura, può produrre diversi gradi di profitto. Poiché non riesco ad intravedere nessuna novità in questo tipo di affermazione, devo desumere che, per te, la povertà derivi dalle incognite del mercato e della produzione.

No. Premesso (ed è importante) che io non propino ma propongo discussioni, il problema per chi ha letto bene non è il profitto (reddito), che puo' essere maggiore o minore, ma l'esito di un investimento. Esso se va male non solo fa azzerare il reddito, ma fa azzerare il capitale investito (come minimo del 90% piu' grande). Sono dimensioni ben diverse che chiunque puo' capire, a meno che essendo sulla difensiva immagini che uno gli stia "propinando" una "sola" ed è automaticamente distratto e non disponibile alla comprensione piena.

La redditività degli scambi è infuenzata solo dalla abilità di contrattazione, mentre gli investimenti sono infuenzati soprattutto dal caso, intendendo con esso gli accidenti naturali ed umani che colpiscono il TUO o MIO investimento invece di quelli altrui. Come ho ampiamente illustrato, dopo alcune transazioni, pur partendo da una equità di partenza, abbiamo la disegualianza e quindi alcuni avranno difficioltà di investimento e di scambio, arrivando alla povertà endemica. Invece di investire comae agli altri, potranno solo lavorare e scambiare.

Questo nel modello teorico, che parte per definizione da una ugualianza di base preimpostata per tutti.
Cosa che in realtà non esiste. Ma anche se esistesse, produrrebbe la stessa disegualianza che osserviamo oggi.

soniadf ha scritto:Quello che io modestamente sostenevo è che un fattore della produzione come il lavoro non può più essere remunerato senza tener conto dell’effettivo costo della vita e della qualità della vita di un lavoratore dipendente. C’è una soglia, al di sotto della quale non ci si può attestare, perché i “working poors” sono la sconfitta di un sistema, l’affermazione che l’intera economia è finalizzata a remunerare adeguatamente una sola componente della produzione. In questo caso, l’intero sistema è destinato a sfaldarsi perché, così facendo, si depaupera anche la domanda di beni e servizi da produrre.
La redistribuzione di cui si parla non è quella sorta di partecipazione ai profitti che tu descrivi, ma la definizione equa di un costo di produzione, il lavoro.

La retribuzione del lavoro tiene conto solo della sua produttività, che è funzione della qualità della formazione professionale e del contesto nazionale di produttività, imposte e contributi. Se io ho 26 figli, una Ferrari e sei amanti da mantenere, non posso pretendere nulla dal mio datore di lavoro o dallo Stato Sociale. Anche se avessi 6 figli ed una Alfa Romeo. O due figli ed una Panda. La retribuzione è una funzione del mercato. Quando abitavo in Italia con il mio know-how potevo aspirare ad avere al massimo "x" mentre appena mi sono trasferito all'estero ho chiesto ed ottenuto "X per 2.5". Milioni di italiani lo hanno scoperto emigrando. Non esiste una definizione "equa" universale come l'equo canone.
È tutto relativo, frutto di incontro tra il saper fare del singolo ed il contesto in cui è inserito.
Io faccio il consulente informatico in un paese ad alto reddito.
Pensi che potrei chiedere la stessa reddivitità del mio lavoro nel Sahara o in Antartide? In Kenia o nella Terra del Fuoco?

Se io voglio una pera, contratto con il venditore. L'intesità con io voglio la pera è diversa dalla tua per cui spunteremo prezzi diversi. Non esiste un prezzo equo per le pere o per il lavoro. Tutto dipende dalla intensità con cui io necessito di una pera o di un lavoratore, unita alla qualità (organolettica) della pera o (produttiva) del lavoratore; da quanto devo pagare per il suo lavoro, per le tasse ed i contributi. Se il costo della vita aumanta ed io aumento lo stipendio del lavoratore, prima o poi le mie merci saranno scarsamente concorrenziali con altre (prodotte dove c'è meno inflazione) ed io perdero' quote di mercato e dovro' licenziare lavoratori. Nell'economia globalizzata non ci sono scorciatoie e bisogna pensare in termini diversi dall'autarchia del ventennio.

Se il lavoratore non è capace di fare, non gli do' nulla (non lo assumo nemmeno), anche se i suoi bisogni sono maggiori di quelli un lavoratore capace.
Se è molto caace gli do' molto di piu' di quello che ha bistogno.

So che il discorso è crudo, ma bisogna uscire dalla favola disneyana.-marxista in cui molti si sono cullati in questi anni, del tipo, "ad ognuno secondo le sue capacità ed i suoi bisogni".

cara Sonia, io ho bisogno di una Porche. Chi mi manda un assegno in cambio di un lavoretto qualsiasi?

Ciao,
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Re: Per un populismo della sinistra

Messaggioda soniadf il 04/11/2008, 1:27

Potresti rivolgerti a Berlusconi. In cambio non di un lavoretto, ma di un piccolo investimento, potresti appropriarti di una società area senza debiti, sottovalutata all'acquisto, che verrà rivalutata dal socio estero, a cui potrai rivendere la tua parte tra qualche anno. Per ottenere più velocemente profitti, potresti rimettere in discussione tutti i contratti di lavoro, usando il ricatto del fallimento. Alla fine, il tuo piccolo capitale senza rischio ti avrà fruttato molte porsche alle spalle dei contribuenti, che ripagano le perdite, e alle spalle dei dipendenti della compagnia che, senza colpe manageriali, devono rinunciare a parte del loro reddito a favore del tuo profitto. E' vero, conta il contesto. Ma si può contestare il contesto o costituisce reato di leso capitalismo selvaggio? perchè di questo si tratta. Da vecchia liberale, ho studiato che bisogna preservare soprattutto la libera concorrenza, mentre oggi si soccorre tutto ciò che è monopolistico e vessatorio.
Io conto sulla politica perchè si produca nuova ricchezza, non per puntellare l'esistente.
Qualche sera fa, sentivo l'economista Tito Boeri dichiarare che l'aumento dell'occupazione di questi ultimi anni non ha portato produzione di ricchezza. I profitti, in alcuni settori, sono molto aumentati; i salari sono rimasti fermi ed hanno perso valore d'acquisto; alla nuova, cattiva occupazione non ha corrisposto un aumento dei consumi. Cosa è successo, secondo te?
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