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Tecnocrati

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Tecnocrati

Messaggioda flaviomob il 15/12/2011, 1:42

Il ritmo della tecno(crazia)


Non sono più gli ingegneri americani e tedeschi degli anni ’30. Quelli con la chiave a stella, per i quali si costruisce la società come si fa un ponte, con putrelle e fiorghe. Speer, l’architetto di Hitler, aveva visto giusto. La società tecnocratica, degli uffici amministrativi nazisti, viene sconfitta per iperspecializzazione e per invidia. Gli staff tecnici non si parlano tra loro, gli specialisti di diverse materie si odiano, i migliori vengono emarginati. Un essere umano non è un bullone, anche se qualcuno può pensare il contrario.
Sono arrivati gli accademici, a volte strapagati, come consulenti, per coprire le incapacità interne dei ministri. Quelli che hanno studiato. Che non hanno avuto il tempo di frequentare i corsi di canto e di portamento per fare la modella. Gente che è stata all’estero. E da lì ha avuto modo di guardare il nostro Paese, senza esserne immerso. Senza avere interessi elettorali: odiano stringere mani senza conoscere, promettere senza mantenere. I tecnocrati. Se prendi 10 e spendi 15 diventerai povero. Lo sanno, loro. E adesso non si parla, come sarebbe normale, delle cause delle loro decisioni emergenziali. Non si pensa a vent’anni di ipocrisia e falsità da parte di ogni istituzione politica e sociale che ha taciuto sulle dimensioni del cambiamento dei rapporti di produzione e delle conseguenze della globalità. I politici e i giornalisti continuavano ad usare la penna bic, a non saper bene come si usa internet. Intanto il mondo mutava faccia. Ci hanno guadagnato gli speculatori finanziari. Quelli che lo sapevano, come si usa internet.

Un Parlamento?
Walter Bagehot, giornalista ed economista dell’epoca vittoriana, con riferimento alla Camera dei comuni di metà del XIX secolo, classificava in modo affascinante le funzioni di un Parlamento democraticamente eletto (oscillando tra il descrittivo ed il prescrittivo): «il Parlamento deve eleggere un buon governo, fare buone leggi, educare bene la nazione, farsi correttamente interprete dei desideri della nazione, portare compiutamente i problemi all’attenzione del paese». Abbiamo quindi funzioni: elettorale, legislativa, pedagogica -fondamentale, in quanto i rappresentanti sono chiamati a incidere e a modificare la società: anzi, la Camera «deve migliorarla», insegnando «alla nazione ciò che non sa» – informativa ed espressiva delle opinioni degli elettori. Il parlamento in questo modo assolve alla sua funzione fondamentale: controlla il Governo.
Abbiamo avuto un parlamento che ha funzionato così negli ultimi sei anni? Ogni giorno è giorno di campagna elettorale. Le notizie, come commentate dai rappresentanti del popolo, non servono più a informare e a generare comportamenti consapevoli, ma a scatenare emozioni, come e più di una fiction televisiva. Il politico non decide più. Evoca, come uno stregone o un sacerdote tribale. Usa il fatto come simbolo. Lo mistifica ad uso della propria strategia per l’assunzione di consenso personale. Marine Le Pen, che sarà candidata alle presidenziali francesi, ha utilizzato uno spaventoso fatto di cronaca nera, l’uccisione efferata di un’adolescente da parte di un suo coetaneo, per promuovere il ritorno della pena di morte nella legislazione. Populismo senza un popolo, un insieme di cittadini adeguatamente informato e consapevole delle conseguenze di scelte legislative. Un cittadino che conosce, che sa e quindi partecipa ad un processo democratico continuo. C’è, invece, lo stregone della tribù che evoca il male e, di conseguenza, le soluzioni più semplicistiche ed emozionali per suscitare l’attenzione ed il consenso del suo pubblico, come un attore che vuole solo scatenare l’applauso: il cercare e ottenere I like it dal proprio seguito. Non si hanno più garanzie istituzionali e procedurali che permettano un controllo effettivo su quello che viene compiuto dal Governo, ma soltanto colpi di teatro finalizzati all’applauso. (O al corrispettivo moto d’orrore e di disgusto della parte avversa).

Questa è la fase attuale, che non poteva non essere notata da un giurista attento e sensibile come Gustavo Zagrebelsky, il quale, alla presenza del Presidente della Repubblica, ha pronunciato in un Convegno della Consulta sulla Costituzione repubblicana un intervento grave ed importante. In assenza di politica, di sintesi decisionale, c’è bisogno di una supplenza. Una supplenza che non determini la fine dei partiti e della democrazia, ma la sua momentanea convalescenza. Così si è espresso il giurista di fronte alla totale mancanza di decisioni che superino l’arco temporale del mese prossimo: «Poiché è poco probabile che nell’interesse della politica rientri anche la preoccupazione per le generazioni future, in quanto prevale un interesse momentaneo, credo che oggi si abbia bisogno di elementi di tecnocrazia». Di competenza, insomma. Di conoscenza di procedure, modelli, abilità nell’analisi dei dati, Visione previsionale. Qualità che la politica, sopratutto nella sua incapacità di formare una classe dirigente negli ultimi sette anni, ha dimostrato di non possedere.

Il paradosso della leadership
I parlamenti non hanno assolto alle loro funzioni. E allora si è pensato di sostituirli con il carisma del leader. Un errore grossolano. La democrazia, senza un parlamento efficace, privata della corretta dinamica istituzionale elettori – parlamento – governo, si è trasformata in un plebiscito mediatico quotidiano. Il contatto diretto è tra il capo del Governo ed il popolo. Che parla, discute, brontola. Opina. Sempre meno per strada, ma su Facebook, Twitter & Co. E non può funzionare, poiché le decisioni fondamentali sono globali, influenzano ambiti e settori diversissimi. Lo Stato non è un’azienda, un’associazione: non sta vendendo un prodotto.

Un leader deve avere un rapporto leale con gli altri organi costituzionali. Deve essere supportato da un Parlamento, non ricattarlo. Senza più mediazione politica, i leader occidentali sono diventati, a loro volta, ostaggio degli interessi particolari. Di holding, certo, banche, ma anche chiese, associazioni animaliste, gruppi di pressione relativi alle questioni biologiche. E soprattutto a quelle economiche. Il risultato? Non è più l’azione del politico a formare un’opinione, a generare un sondaggio, ma esattamente il contrario. Non si può dire che l’individuo sia sempre il miglior giudice di quello che è utile o dannoso per lui. Comportamenti compulsivi, dipendenze, modelli di proiezione del comportamento sono connaturati alla vita di tutti i giorni. Diabetici, obesi che continuano ad adorare i dolci. Alcolisti, tabagisti, tossicodipendenti non fanno quello che è sano per loro: ma continuano a farlo.
Una forma di governo non può dipendere, durante il tempo della legislatura, dalla volontà del singolo, né dalla semplice somma algebrica delle volontà individuali. Ma, soprattutto, nessuna forma di governo politico può esistere esitando per ogni inarcamento di ciglia dell’opinione popolare. Relazionarsi, accogliere informazioni, richieste: un compito gestionale e amministrativo importante. Ma le decisioni politiche non possono solo dipendere dagli interessi giornalieri, singolari o di parte. La politica deve poter immaginare e realizzare strategie di medio-lungo periodo, programmare a dieci, venti anni. Non è un telefono cellulare, uno strumento tecnologico che diventa obsoleto dopo pochi mesi. Questa è la crisi. La crisi delle decisioni, dei progetti, la crisi di un’idea di futuro, di un progetto esistenziale e identitario che costituisca un elemento storico. Da criticare, aggiornare, promuovere. Crederci. Purché esista.

La democrazia sospesa.

Chi guarda spesso dottor House lo sa bene: a un certo punto bisogna intervenire. Si manda il paziente in coma farmacologico per capire, per individuare le cause della patologia e curarlo. Ed è esattamente questo che sta accadendo alla democrazia occidentale. Gli esperti, i tecnocrati, si sostituiscono ai politici. Il governo dei Custodi, come voleva Platone. Ma anche questa non è una soluzione che può essere protratta per molto tempo. «Ogni decisione politica importante, che sia personale o di governo, implica dei giudizi etici di valore. Prendere una decisione sui fini che le politiche di governo tenderanno a raggiungere – la giustizia, l’equità, la felicità, la salute, la sicurezza, la sopravvivenza, il benessere, l’uguaglianza e simili significa formulare un giudizio etico. E i giudizi etici non sono giudizi scientifici. Inoltre, i fini giusti sono spesso in conflitto l’uno con l’altro e le risorse sono limitate. Di conseguenza, le decisioni politiche, personali o di governo, richiedono quasi sempre giudizi di transazione, ovvero un compromesso tra fini diversi. I giudizi di transazione fra fini diversi non sono scientifici». Questo ce lo ricorda il politologo Robert. A. Dahl, in Sulla democrazia. Mi sembra invece che i partiti politici, i principali responsabili della deriva della democrazia alla quale si assiste, non lo abbiano ben capito. Criticano. Commentano. Dibattono, illustrando i loro desideri di livello altissimo. Così come Paul Krugman, dall’alto dei suoi ottimi consigli che nessuno ha seguito. Dalla consapevolezza che i titoli tossici americani li hanno acquistati le banche europee, per creare l’illusione della ricchezza. E gli illusi, ora, protestano, piantando tende e intonando canti, coi bonghi, a Wall Street, (mica davanti alla Casa Bianca).
Un buon consiglio, soprattutto se non ascoltato, non costa nulla.
Intanto i partiti nostrani lasciano fare lo sporco lavoro ai tecnocrati. Per poi tornare in campagna elettorale.
Finché non cambierà il ritmo. La marcia, come sappiamo, in qualsiasi forma, non è mai piacevole.

Massimo Ribaudo

@valigiablu – riproduzione consigliata

http://www.valigiablu.it/doc/667/il-rit ... crazia.htm


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Re: Tecnocrati

Messaggioda Iafran il 15/12/2011, 9:02

flaviomob ha scritto:Lo Stato non è un’azienda, un’associazione: non sta vendendo un prodotto.

Un leader deve avere un rapporto leale con gli altri organi costituzionali. Deve essere supportato da un Parlamento, non ricattarlo. Senza più mediazione politica, i leader occidentali sono diventati, a loro volta, ostaggio degli interessi particolari.

In Italia lo sono dei poteri criminali ... con compiacenza.
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Re: Tecnocrati

Messaggioda pianogrande il 15/12/2011, 19:32

Ogni tanto, ci dobbiamo ricordare che la selezione naturale predilige la legge della giungla.
La democrazia non è naturale.
E' la conquista dell'ideale, dell'intelletto, della intelligenza.
Non basta lasciar fare per avere la democrazia, come qualcuno (che le è contrario) va raccontando.
Con il lasciar fare si va alla legge della giungla, ala selezione naturale.

Così, il leader è il capobranco e non ha molto a che fare con la democrazia.

La democrazia va costruita con forza ed intelligenza.

Chi non ci riesce fa un passo indietro (o oscilla tra le due condizioni) e torna al leader che si addossa tutto e mette tutti tranquilli e senza responsabilità e liberi di criticare dall'esterno (vedere la lega e Di Pietro, solo per fare un esempio).

Monti è un capobranco, uno degli estremi di questa oscillazione.
Speriamo di tornare alla democrazia (ed essere capaci di mantenercela).
Monti è un cedimento della classe politica ma è ottima classe dirigente, quello che ci vuole adesso.

Alla fine torneremo a scegliere una (nuova?) classe politica.

Certo che, se saranno gli stessi, vorrà dire che non abbiamo imparato la lezione.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Tecnocrati

Messaggioda Iafran il 16/12/2011, 12:41

pianogrande ha scritto:La democrazia non è naturale.
E' la conquista dell'ideale, dell'intelletto, della intelligenza.
Non basta lasciar fare per avere la democrazia, come qualcuno (che le è contrario) va raccontando.
Con il lasciar fare si va alla legge della giungla, ala selezione naturale.

Così, il leader è il capobranco e non ha molto a che fare con la democrazia.

La democrazia va costruita con forza ed intelligenza.

Chi non ci riesce fa un passo indietro (o oscilla tra le due condizioni) e torna al leader che si addossa tutto e mette tutti tranquilli e senza responsabilità e liberi di criticare dall'esterno (vedere la lega e Di Pietro, solo per fare un esempio).

Monti è un capobranco, uno degli estremi di questa oscillazione.
Speriamo di tornare alla democrazia (ed essere capaci di mantenercela).
Monti è un cedimento della classe politica ma è ottima classe dirigente, quello che ci vuole adesso.

Alla fine torneremo a scegliere una (nuova?) classe politica.

Certo che, se saranno gli stessi, vorrà dire che non abbiamo imparato la lezione.

Dalle prime 90 pagine del libro di Angelo d'Orsi "L'Italia delle idee – Il pensiero politico in un secolo e mezzo di storia" (Bruno Mandodori), ho avuto l'impressione che da quando si è fatta l'Unità d'Italia ci sia stata, costantemente, una forte resistenza nella classe politica (se non addirittura "opposizione") a praticare ed a far evolvere i valori democratici nella popolazione, nonostante la volontà di una parte (la "sinistra", soprattutto) che li propugnava e li difendeva (a caro prezzo) dagli assertori del cosiddetto "antiparlamentarismo" .
Il fascino dell'ex "megaleader" (il grande "comunicatore", etc. etc.) ha trovato un terreno sociale preparato e molto disponibile al "ghe pens mi", al decisionismo, all'autoritarismo ... al razzismo.
L'ex "megaleader" non è stato per niente una novità politica per l'Italia!
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Re: Tecnocrati

Messaggioda franz il 16/12/2011, 15:39

pianogrande ha scritto:Ogni tanto, ci dobbiamo ricordare che la selezione naturale predilige la legge della giungla.
La democrazia non è naturale.
E' la conquista dell'ideale, dell'intelletto, della intelligenza.
Non basta lasciar fare per avere la democrazia, come qualcuno (che le è contrario) va raccontando.
Con il lasciar fare si va alla legge della giungla, ala selezione naturale.

Credo che si confondano due livelli.
Il primo è quello dell'economia, dove effettivamente prevale la comptizione e la selezione, pur in presenza di regole comuni (quindi non proprio la legge della giungla) ed in parte anche la cooperazione (spesso aziende diverse cooperano in reti e consorzi). E dove non non tutta la cooperazione è positiva (pensiamo ad un cartello, in cui è chiaro che la cooperazione tra gli attori è nefasta per i consumatori).

Il secondo è il livello politico, in cui anche qui c'è competizione (aspra) tra le parti politiche sotto l'egida di regole comuni (solitamente scritte sotto forma di Costituzione). Ed anche qui non sempre la cooperazione è positiva (pensiamo alla stagione del consociativismo ed al debito pubblico che ci ha lasciato).

Ora secondo me la conquista dell'intelletto e della intelligenza è tesa solo alla determinazione delle regole comuni, in politica ed in economia, proprio per lasciare poi mano libera (anche lasciar fare) alla competizione in economia (tra FIAT e VW) o in politica (tra CS, CD e terzo polo).

Nella competizione a squadre, e mi pare che questo tu (pianogrande) lo ignori, che sia una gara Formula Uno o di calcio, un'azienda, partiti politici o la competizione tra stati, il leader conta. Che lo si chiami capo branco o altro per amor di retorica, la realtà non cambia.
Senza organizzazione non si vince e non esiste organizzazione, anche democratca, senza responsabili in grado di condurre all'ottenimento del risultato, dell'obbiettivo.
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Re: Tecnocrati

Messaggioda pianogrande il 16/12/2011, 17:24

Infatti Franz.
Il lasciar fare è l'assenza di regole.
La democrazia ha bisogno di regole proprio perché non è naturale.
Quindi, l'intelligenza e l'intelletto si adoperano per creare le regole di convivenza migliori possibili.
In queste regole non deve essere previsto né il completo lasciar fare né la regolamentazione soffocante.
Le regole devono servire a creare un ambito in cui potersi liberamente muovere.
Non so se, detta così, ti quadri meglio la questione.
Non mi sembra mi sia sfuggito niente di essenziale.

Il leader va benissimo, come tante altre componenti della convivenza.
L'importante è che anche lui sia sottoposto a regole.
Monti, purché rimanga nelle regole, va benissimo anche lui (è quello di cui abbiamo bisogno in questo momento, mi sembra di averlo detto).

Il leader diventa negativo quando deresponsabilizza (e questo, purtroppo sta già succedendo come effetto collaterale ancora sopportabile ma non so per quanto).
Diventa negativo quando pretende di essere al disopra delle regole (o di farsele alla casareccia o all'amatriciana).

Le due cose assieme fanno un perfetto Berlusconi.

E' sempre un equilibrio difficile essere leader ed esserlo per il bene comune e non per i cavolacci propri.

La normalità deve essere tutti i leader che vuoi ma con regole certe ed equilibrio di vari poteri.
Ultima modifica di pianogrande il 16/12/2011, 17:30, modificato 1 volta in totale.
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Re: Tecnocrati

Messaggioda flaviomob il 16/12/2011, 17:27

Balle. Il debito pubblico ce lo hanno lasciato Craxi e quelli che lo hanno seguito.


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Re: Tecnocrati

Messaggioda Iafran il 16/12/2011, 17:44

franz ha scritto:Senza organizzazione non si vince e non esiste organizzazione, anche democratca, senza responsabili in grado di condurre all'ottenimento del risultato, dell'obbiettivo.

Il fine giustificherebbe i mezzi?
Attila era rinomato per la sua ferocia ... e sbaragliava il campo nemico prima dello scontro (ma anche dopo, forse, per l'autorevolezza riconosciutagli).

Nel governo di una società bisogna rapportarsi al rispetto delle regole ... e delle persone: se queste si sentono alla pari di sudditi o di schiavi i risultati che si ottengono sono in funzione del timore delle ritorsioni oltre che della bassissima remunerazione, se, invece, esse si sentono considerate come cittadini i prodotti saranno, forse, più costosi ma sono più efficienti e competitivi nel tempo per i miglioramenti apportati al ciclo produttivo o alla loro funzionalità nel tempo dalla partecipazione attiva di ogni componente.
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Re: Tecnocrati

Messaggioda franz il 17/12/2011, 9:48

pianogrande ha scritto:Il lasciar fare è l'assenza di regole.
La democrazia ha bisogno di regole proprio perché non è naturale.
Quindi, l'intelligenza e l'intelletto si adoperano per creare le regole di convivenza migliori possibili.
In queste regole non deve essere previsto né il completo lasciar fare né la regolamentazione soffocante.
Le regole devono servire a creare un ambito in cui potersi liberamente muovere.
Non so se, detta così, ti quadri meglio la questione.

Certo, infatti è proprio quello che ho sostenuto sopra, solo detto diversamente (e forse anche meglio).
Naturalmente si deve anche precisare che quell'ambito non è fisso, statico, stabilito una volta per tutte, ma è dinamico, soggetto a piccoli e grandi aggiustamenti, al mutare della società.
Andrebbe poi approfondito l'aspetto del lasciar fare in economia (piu' comunemente "laisser-faire" http://it.wikipedia.org/wiki/Laissez-faire ) che non è assenza di regole ma assenza di intervento dello Stato. Uno stato che quindi esiste, con le sue regole, che fa rispettare quando violate, ma non interviene attivamente e direttamente in campo economico (a meno che appunto non siano state violate regole).
Ma tu se non sbaglio hai introdotto il tema in campo politico, dove ovviamente è una contraddizione di termini che lo stato (inteso come collettività, polis) non intervenga (lasciando fare) nel suo stesso campo, dominio. Qui pero' c'è una complicazione, perché tra le regole cardinali delle moderne istituzioni c'è la separazione dei poteri (per non avere grandi poteri monocratici) e poiché la suddivisione implica l'autonomia dei singoli poteri suddivisi, vi sono ambiti di non ingerenza che possono essere anche intesi come un "lasciar fare".
Iafran ha scritto:
franz ha scritto:Senza organizzazione non si vince e non esiste organizzazione, anche democratca, senza responsabili in grado di condurre all'ottenimento del risultato, dell'obbiettivo.

Il fine giustificherebbe i mezzi?

No, se hai seguito la discussione tra pianogrande e me, siamo entrambi d'accordo che non tutti i mezzi giustifichino i fini ma solo quelli che le regole permettono. Con l'avvertenza che non si debba passare da zero regole a troppe.
La mia esposizione era comuque diversa da "il fine che giustifica i mezzi" perché partivo da fini permessi in un ambito chiaro di regole comuni. All'interno di quelli è ovvio che poi ai fini (leciti) vanno realizzati predisponendo mezzi adeguati e altrettanto leciti.
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Re: Tecnocrati

Messaggioda Iafran il 20/12/2011, 12:32

franz ha scritto:
iafran ha scritto:
franz ha scritto:Senza organizzazione non si vince e non esiste organizzazione, anche democratca, senza responsabili in grado di condurre all'ottenimento del risultato, dell'obbiettivo.

Il fine giustificherebbe i mezzi?

No, se hai seguito la discussione tra pianogrande e me,


Le discussioni sono interessanti e stimolanti, a volte, però, sono rapportate ad una società "ideale" (ma non troppo, se consideriamo le democrazie europee), senz'altro diversa da quella italiana, la quale presenta una storia particolare: ha visto la sua democrazia traballare molte volte sotto la volontà mai sopita di una classe egemone e sotto i colpi di tanti che ne hanno voluto fare parte (da Mussolini ai Bisignani, Lavitola, "responsabili", passando per il "megaleader di tutti i tempi").
Concordo con pianogrande che "La democrazia non è naturale", essa è una conquista della società civile e laica, alla quale concorrono le menti aperte e sensibili alla morale e all'etica (per non scomodare il filantropismo).
La democrazia ha bisogno, però, di essere difesa dalle mire di coloro vi vedono un'opportunità di gestione del potere per loro personali interessi (economici e/o impunità per reati contro le persone ed il patrimonio pubblico e privato) tramite i mezzi più subdoli ed ... antidemocratici (in barba alla democrazia che predicano).
Non bisogna tergiversare o mantenere discussioni nobili e teoriche ... per allontanare in Italia le malintenzioni degli avventurieri, bisogna dimostrare costante fermezza nei propri principi (morali ed etici) e scetticismo sulle affermazioni (giuramenti sulla testa dei propri figli, poi) degli speculatori della democrazia, che diranno sempre di "agire in buona fede e per il bene del popolo" (sic!). A questi bisogna rispondere solo a muso duro, gli "staremo a vedere" o "diamo loro fiducia" (per non parlare di "quello che ha fatto alla sinistra italiana") alla fine portano un conto salatissimo alle tasche degli italiani: quello che queste tasche hanno pagato finora (in passato, anche in vite umane).
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