da flaviomob il 05/12/2011, 1:39
Proviamo a fare qualche caso concreto. Non sono esempi teorici, sono persone reali.
A. ha 60 anni, è analfabeta, ha iniziato a lavorare a 16 anni e ha sempre fatto l'operaia. Sposata con tre figli, ha chiesto la separazione dal marito - alcolista e disoccupato - quando questi si è presentato in casa con una pistola. Si è dovuta sobbarcare le rate di diverse auto acquistate dal marito e pagate con assegni a firma falsa (quella di lei) perché obbligata a farlo dalla legge fino all'effettivo divorzio (quindi dopo molti anni) nonostante fosse in cassa integrazione, con tre figli piccoli a carico. Quindi si vede sottrarre per molti anni un quinto dello stipendio. Viene reintegrata al lavoro perché, nonostante soffra di diabete, non si assenta praticamente mai dalla fabbrica, dove fa pesanti turni. La figlia inizia a lavorare a 14 anni a 500 euro al mese (in parte in nero) per una "padroncina" che confeziona capi per conto della Levi's che però, un anno dopo, trasferirà baracca e burattini in Tunisia dove il costo del lavoro è inferiore. Il figlio inizierà a lavorare come muratore a 16 anni. Nessuno dei figli termina gli studi superiori.
E. ha 47 anni, un figlio disabile, laureata in informatica lavora come analista programmatrice. La sua ambizione sarebbe stata quella di una donna in carriera, come riferisce lei stessa, se non fosse stata "bloccata" perché per poter badare al figlio in carrozzina termina di lavorare alle 15.30 (al mattino il figlio va a scuola, frequenta la III del liceo psicopedagogico, mentre il primo pomeriggio sta con i nonni materni). Ad agosto alla nonna materna viene diagnosticato un tumore al seno in fase avanzata, mentre l'altra nonna ha una malattia terminale che la blocca da più di un anno. Ora che i nonni del ragazzo non sono più in grado di occuparsi di lui e necessitano a loro volta di essere accuditi, E. è costretta a licenziarsi dal lavoro perché non ha alternative nell'assistenza al figlio, alla madre e alla suocera.
M., 39 anni lavora come avvocato nella sede milanese di uno studio legale di alto livello, Clifford Chance. Finisce abitualmente di lavorare alle 22.30 ma talvolta si ferma in ufficio anche oltre. Il suo team è interamente composto di donne, di età vicina alla sua. Solo lei e la sua responsabile sono sposate ma non hanno figli. Le altre sono single senza figli. Lavora quasi tutti i sabati e in alcuni casi anche i giorni festivi.
Potrei continuare parlando di una madre che lavorava come hostess in Alitalia ed è rimasta a casa quando al figlio undicenne (ora ha compiuto la maggiore età) è stato diagnosticato un esordio di schizofrenia. Dopo sette anni la madre ha sviluppato una sindrome depressiva e per il figlio, che manifesta episodi di comportamenti violenti, non si trova un centro dove possa permanere (la psichiatria è in forte crisi, in Lombardia). Di tante madri di disabili che lasciano il lavoro o che si barcamenano come possono, magari sole e senza altro supporto economico. Ma anche di madri benestanti ed istruite, con più figli, che scelgono il part time e che sanno per questo di precludersi ogni possibilità di carriera, nonostante capacità superiori a molti colleghi maschi. Di una quantità impressionante di ore di lavoro domestico e di accudimento non riconosciute (e tantomeno retribuite!) da nessuno, anzi talvolta "pretese" dal marito e dai familiari con sottili giochi psicologici, che inducono al senso di colpa e di inadeguatezza. Di figli, genitori e suoceri di cui prendersi cura nel tempo libero, con uno stress che aumenta esponenzialmente se intervengono, appunto, patologie gravi e invalidanti. Col sacrificio di dover rinunciare alla propria indipendenza economica, alla gratificazione della propria attività lavorativa perché costrette talvolta a dover scegliere tra questo e il prendersi cura dell'altro.
Probabilmente, le stesse condizioni si saranno verificate per milioni di donne che in passato non hanno avuto la possibilità di studiare. Molte famiglie italiane pensavano che "non stesse bene" che le figlie femmine studiassero troppo e comunque se le possibilità economiche costringevano, ad una scelta, erano quasi sempre i figli maschi ad essere "privilegiati" in questo. Ma le discriminazioni proseguono imperterrite: oggi che abbiamo generazioni di donne più preparate e qualificate dei maschi, la scelta su chi si debba sacrificare per i familiari da accudire è quasi sempre a senso unico.
Oppure rinunciare a generare una nuova vita, fermarsi al presente, perdere ogni prospettiva.
"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)