La Comunità per L'Ulivo, per tutto L'Ulivo dal 1995
FAIL (the browser should render some flash content, not this).

Mafia, dittatori e colletti bianchi

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Mafia, dittatori e colletti bianchi

Messaggioda flaviomob il 30/08/2011, 10:35

Dal dittatore al capomafia

30 agosto 2011

- di Rino Giacalone -

Viaggio di un titolo bancario dall’Oriente sino al boss Matteo Messina Denaro

Dagli omicidi agli affari dell’alta finanza. Mentre c’è chi è convinto che la mafia non esiste più (ma talvolta la dichiarazione è fatta come “Cicero pro domo sua”) Cosa nostra rinnova l’alleanza con le altre mafie, con la ‘ndragheta, e in particolare con le ndrine “Fazzalari Viola Avignone” e per poco non gli riesce mettere le mani su un titolo bancario da 870 milioni di dollari. Tanto valeva nel 1961 quando una banca svizzera lo emise in favore di un monsignore, ora deceduto, per disposizione dell’allora dittatore indonesiano Kusno Sosrodihardj, detto “Sukarno”; oggi, con l’aggiornamento del valore della moneta statunitense quel titolo varrebbe 39 miliardi di dollari, ben 45 volte di più rispetto a 50 anni addietro. Un titolo di credito finito in mani sicure e nella cassaforte della Dda di Reggio Calabria, fu sequestrato dalla Guardia di Finanza nel 2009 a due boss della ’ndragheta nel corso di una operazione antidroga. La Procura antimafia di Reggio Calabria, indagine firmata dal procuratore Pignatone, dall’aggiunto Nicola Gratteri e dal pm Sara Ombra, ha però avviato una indagine per capirne di più su quel titolo di credito, e nei primi di agosto con l’operazione denominata “Re Artù” sono finite in manette 20 persone, anche insospettabili professionisti come un consulente finanziario ed una giovane avvocato di Modena. Quando nel 2009 quel certificato finanziario fu sequestrato era lì per lì per essere trasformato in moneta sonante, denaro liquido, al Banco di Sicilia dove gli emissari, anche loro insospettabili, del latitante Matteo Messina Denaro, che non era nemmeno nato quando il certificato fu rilasciato dalla banca svizzera presso la quale era stato definito, avrebbero trovato precisi interlocutori convinti ad acquistare quel titolo: ora secondo la Procura antimafia calabrese il documento sarebbe un falso, da qui l’accusa anche di falso, assieme a quelle di associazione mafiosa e riciclaggio contestate in generale agli indagati, ma secondo il gip calabrese, giudice Silvana Grasso, che ha emesso l’ordinanza il certificato di deposito non sarebbe per nulla un falso, ma incredibilmente vero. Un titolo finanziario in oro da 870 milioni di dollari – 39 miliardi di dollari oggi – prima di arrivare a Palermo, al Banco di Sicilia, aveva fatto il giro di tanti istituti di credito, cominciando dalla banca svizzera che lo aveva emesso per finire con lo Ior del Vaticano.

La storia del titolo di credito è vera. A parte la circostanza da appurare se quello trovato in mano ai boss della ‘ndragheta sia vero o falso, nel 1961, un titolo di credito preciso preciso a quello sequestrato nel 2009, fu emesso per ordine del dittatore indonesiano, ricompensa messa a disposizione di un monsignore, Domenico Ferrazzo, deceduto nel 2003, che durante una delle rivolte indonesiane salvò “Sukarmo”. In punto di morte quel prete consegnò il titolo di credito alla sua “badante” e poi questa lo consegnò al figlio, tale Nino Galati, calabrese, anche lui tra gli arrestati dell’operazione “Re Artù”. L’indagine prese avvio nel settembre 2009 con un sequestro della Guardia di Finanza, che presso soggetti che sarebbero stati vicini alle cosche di Taurianova trovò il titolo intestato dell’ex dittatore indonesiano. Tra i detentori di quel documento ci sarebbe stato Nino Napoli,«ritenuto un affiliato alla cosca Longo – Versace di Polistena, da lui le fiamme gialle sono risaliti al modenese Paolo Baccarini, promotore finanziario, è lui secondo il gip a trovare un notaio per fare l’autentica del titolo, così che la trattativa con le banche può andare avanti tenendo in luogo segreto l’originale del certificato emesso dalla banca elveticane Credit Suisse. Da Baccarini il filo dell’indagine ha portato all’ avvocatessa di Modena, Daniela Rozzi, che è risultata intestatari di una procura nell’ambito di una delle tante trattative bancarie “intercettate” dalla Finanza, secondo il gip lei non era all’oscuro di nulla se più volte sarebbe stata sentita chiedere all’amico Baccarini “se da quel lavoro avrebbero guadagnato qualcosa”; «Una valanga» le diceva Baccarini. La ‘ndragheta strada facendo, comprendendo che da sola non ce la avrebbe fatta a “intascare” non tanto il corrispettivo del titolo di credito, ma comunque una ottima e abbondante somma di denaro, ha coinvolto la mafia, rinnovando quella alleanza che dura da decenni e sulla quale sono “fioriti” ingenti traffici di droga. Ed è ad un narcotrafficante che la ‘ndragheta si rivolge, a quel Salvatore Miceli, boss di Salemi, che all’epoca risiedeva, da super ricercato in Italia, in Sud America, muovendosi da Colombia e Venezuela dove i carabinieri di Trapani sono andati ad arrestarlo nel giugno 2009, mettendo fine alla sua latitanza. Miceli sarebbe stato contatto dai boss delle ndrine dopo l’autorizzazione concessa da Matteo Messina Denaro, anche lui pronto a spartirsi il bottino.

Agli arresti domiciliari è finita Daniela Rozzi, 42 anni, di Modena, in cella Paolo Baccarini e con lui Vincenzo Andronaco, 38 anni, Rocco Arena, 41, Vincenzo Dattilo, 55, Michele Fidale, 50, Francesco e Rocco Santo Filippone, 31 e 71, Antonino Galasso, 59, Nicola Galati, 53, Francesco Grupico, 44, Antonino Napoli, 57, Alessio Vincenzo Rovitti, 37, Carmelo Sposato, 37, Giuseppe Sposato, 46, Antonio Surace, 34, e Rocco Ursino, 51.Ed ancora i trapanesi Andrea e Salvatore Angelo, 34 anni e 62 anni, e il palermitano Antonio Drago, 54 anni. Ma cos’altro racconta l’indagine? Dice certamente che la mafia, anzi le mafie, non hanno fatto passi indietro, ma compiono ogni giorno passi in avanti. Perché se in questo caso l’operazione finanziaria è stata bloccata, altre operazioni finanziarie, confermano gli investigatori delle Fiamme Gialle, sono state condotte a buon fine. Nell’inchiesta “Re Artù” ci sarebbero tracce di altre transazioni concluse e quindi ndragheta e Cosa nostra hanno intascato “cospicue somme di denaro”. Altre indagini, in Sicilia, come in altre Regioni, contro le organizzazioni mafiose, confermano di riciclaggi compiuti dentro aziende e attività commerciali e turistiche, indagini condotte nel trapanese hanno messo in luce come la mafia di Matteo Messina Denaro è stata capace di intascare anche finanziamenti pubblici. Una mafia che è semrpe di più fatta da “colletti bianchi”, professionisti, niente più coppole e lupare, ma grisaglie e valigette 24 ore, uomini che stanno seduti su poltrone importanti, oppure manager che non si fanno scrupoli se professionisti si presentano a loro chiedendo di trattare transazioni per titoli di credito come quello sequestrato dalla magistratura calabrese, circostanza che porta il procuratore Giuseppe Pignatone a evidenziare come :”le trattative intavolate con le banche ci fanno porre alcune domande sul rischio di collusione o di una ingenuità eccezionale da parte dei funzionari bancari”. Il procuratore aggiunto Nicola Gratteri ha aggiunto,” davanti ad una somma così ingente non sarebbe dovuto accadere che alcuni funzionari di banca, senza battere ciglio, cominciassero a trattare ed a discutere la negoziazione del titolo”.

C’è solo questo da dire? No, c’è anche altro. Le organizzazioni criminali stanno rinnovando le loro alleanze che si sono create negli anni per trafficare in droga e in armi, per decidere strategie terroristiche, per compiere delitti scambiandosi favori. Questi accordi oggi vengono fatti guardando alla grande economia, è notorio come la crisi economica in atto tocca tanti ma non i potenti, certamente dà una mano alle mafie che così muovendosi nell’ombra possono offrire i loro servigi usando il denaro tenuto nelle segrete casseforti. Ed allora servirebbe alzare la guardia contro i trasferimenti di capitali, i movimenti di denaro, il riciclaggio, ma nell’agenda di Governo è facile semmai trovare interventi che aiutano le mafie. E il super boss Matteo Messina Denaro sentitamente ringrazia anche a nome dei capi delle altre mafie.

http://www.liberainformazione.org/news.php?newsid=15456


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51

Re: Mafia, dittatori e colletti bianchi

Messaggioda ranvit il 30/08/2011, 11:36

Incredibile...!!!
Infatti non ci credo...al titolo emesso nel 1961 che oggi vale 39 miliardi di dollari...
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
ranvit
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 10669
Iscritto il: 23/05/2008, 15:46

Re: Mafia, dittatori e colletti bianchi

Messaggioda trilogy il 30/08/2011, 12:44

ranvit ha scritto:Incredibile...!!!
Infatti non ci credo...al titolo emesso nel 1961 che oggi vale 39 miliardi di dollari...


E' probabile che sia una fregatura... però se fosse autentico, in realtà varrebbe più dei 39 miliardi riportati nell'articolo.

Da quanto scrive l'articolo è un titolo di credito in oro datato 1961. La data è importante perchè in quell'anno entra in crisi il tentativo delle banche centrali di tenere fermo il prezzo dell'oro a 35 dollari l'oncia.

quindi il conto è

870 milioni : 35 (prezzo di un'oncia d'oro nel 1961) = 24.857.142 (oncie d'oro equivalenti nel 1961)

24.857.142 (oncie d'oro possedute) X 1.800 (prezzo in dollari di un oncia nel 2011) = 47.228.569.800!

Se è autentico, quel titolo oggi vale circa 47 miliardi di dollari
Abbiamo risolto il problema della manovra finanziaria :mrgreen:
Avatar utente
trilogy
Redattore
Redattore
 
Messaggi: 4746
Iscritto il: 23/05/2008, 22:58

Re: Mafia, dittatori e colletti bianchi

Messaggioda franz il 30/08/2011, 13:59

trilogy ha scritto:E' probabile che sia una fregatura... però se fosse autentico, in realtà varrebbe più dei 39 miliardi riportati nell'articolo.
quindi il conto è .... 47.228.569.800!

Se è autentico, quel titolo oggi vale circa 47 miliardi di dollari
Abbiamo risolto il problema della manovra finanziaria :mrgreen:

Vero o falso che sia (ecco il link alla scansione) http://www.beppegrillo.it/listeciviche/ ... a_uno1.jpg mi sembra molto piu' onesto partire dal principio che se fosse vero quelli sarebbero beni indonesiani, sottratti al popolo dal despota di turno. Non si capisce infatti come un capo di governo possa disporre onestamente di quella cifra. Quindi o sono una bufala oppure sono comunque rubati agli indonesiani.
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
Avatar utente
franz
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 22077
Iscritto il: 17/05/2008, 14:58

Re: Mafia, dittatori e colletti bianchi

Messaggioda flaviomob il 30/08/2011, 14:07

Concordo con Franz.

Da Transparency International:

http://blog.transparency.org/2011/08/24 ... ors-money/

SHOULD BANKS PROFIT FROM DICTATORS’ MONEY?
by Guest Author on 1:18 pm on Wednesday, 24. August 2011 | 2 Comments


As Libya prepares for the future, what are financial centres doing to stop the flow of stolen assets from dictators? The following is adapted from a speech made by Transparency International’s vice-chair, Akere Muna, at the UN public service forum in Dar es Salaam, United Republic of Tanzania.
If corruption, especially money laundering and bribery are to be tackled, we need to see action not only from developing countries, but also countries that are home to major financial centres.
Here in Africa there is wide recognition that poor governance is one of the biggest barriers to sustainable development, what is missing is recognition of the wide responsibility that parties beyond Africa have for this problem.
Some developing countries are tired of waiting for developed countries to act. While I hear a more and more African leaders who recognise that governance issues have been a major barrier to economic development, there is also frustration that global action to stop the corruption that undermines governance is so inconsistence with commitments.
It is telling, therefore, that the African Union Convention on Preventing and Combating Corruption goes actually goes further than the UN Anti-Corruption Convention in several ways, especially in private sector obligations. It tackles bribery between companies and calls on the private sector to participate in the fight against unfair competition and respect of tender procedures. It obliges governments to carry out research on the conduct of multinational companies in Africa.
Nigeria is showing that developing countries, not just developed ones, can tackle the supply side. Nigerian authorities have recently been among the most active in pursuing bribery cases against foreign companies. The resulting settlements have involved more than US$ 1.7 billion in fines and disgorgement [read more about this and other anti-bribery cases in our Anti-Bribery Progress Report here].
Here in Tanzania, the BAE case shows how bribery is becoming more sophisticated and harder to track. This should stop our efforts, but encourage us to make transparency run even deeper.
One trend we are seeing is for inducements to be offered via agents and subsidiaries, and there is also a practice of offering officials equity in their company or in subsidiaries located in offshore havens.
The African Convention also has harsher measures on illicit enrichment than the UN’s. Article 17 forbids governments from citing bank secrecy as an excuse for not providing legal assistance with investigation of suspicious assets.
In 2011 we have seen how deeply the international financial system is implicated in the stealing of assets by unpopular leaders or dictators.
Switzerland says it has frozen more than US$1 billion in assets from Libya, Tunisia and Egypt following the Arab Spring.
How did they get there? Aren’t banks supposed to carry out enhanced due diligence on politically exposed persons? A recent report has shown that many UK banks are failing to meet this responsibility, a third of banks surveyed appeared willing to accept very high levels of money-laundering risk, half failed to apply due diligence. More worrying still, a third “ dismissed serious allegations about their customers without adequate review.” The report warns:
around three quarters of banks in our sample, including the majority of major banks, are not always managing high-risk customers and PEP relationships effectively and must do more to ensure they are not used for money laundering.

And also points out that the same failures allowed Nigerian dictator Sani Abacha to move around US$ 1.3 billion through UK based accounts during the 1990s.
What gets me is what happens to assets actually are frozen, given that they often end up in commercial banks that, according to these reports, do not do their moral homework.
Why should they stay with the banks who have failed in their due diligence, where governments cannot use it and where they will continue to accrue interest for the banks? They should rather be kept in escrow accounts run by international development banks, so that they can help the governments trying to help their countries recover from years of corruption, graft and misappropriation. Transparency International has called on the Group of 20 leading economies to make this happen.
If a bank has stolen assets, it is a handler of the ill-gotten gains of corruption.
This is an issue whose time has come. We saw great interest in the wealth of the deposed North African leaders, both in western countries and those involved. I hear it at meetings I attend where corruption and development are discussed, they invariably wind up on this issue.
Some countries have had success in recovering stolen assets, Nigeria from Switzerland, for example, but as the financial markets grow more complex, how many financial centres will developing countries have to deal with to recover assets if better international mechanisms are not put in place.
For all the good words we hear in international forums, what leaders trying to improve governance in their countries – and the citizens – want to see is a show of good faith.


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51

Re: Mafia, dittatori e colletti bianchi

Messaggioda trilogy il 30/08/2011, 15:57

franz ha scritto:
trilogy ha scritto:E' probabile che sia una fregatura... però se fosse autentico, in realtà varrebbe più dei 39 miliardi riportati nell'articolo.
quindi il conto è .... 47.228.569.800!

Se è autentico, quel titolo oggi vale circa 47 miliardi di dollari
Abbiamo risolto il problema della manovra finanziaria :mrgreen:

Vero o falso che sia (ecco il link alla scansione) http://www.beppegrillo.it/listeciviche/ ... a_uno1.jpg mi sembra molto piu' onesto partire dal principio che se fosse vero quelli sarebbero beni indonesiani, sottratti al popolo dal despota di turno. Non si capisce infatti come un capo di governo possa disporre onestamente di quella cifra. Quindi o sono una bufala oppure sono comunque rubati agli indonesiani.


Si, se fosse autentico probabilmente l'indonesia potrebbe reclamarne la proprietà, ma di titoli falsi ce ne sono in giro a bizzeffe e non sarebbe la prima volta che la mafia italiana viene coinvolta operazioni del genere...vedi il sequestro nel 2009 a Chiasso di 134 miliardi di titoli del tesoro americano:

Link: http://www.tio.ch/aa_pagine_comuni/arti ... 1&idtipo=3
Avatar utente
trilogy
Redattore
Redattore
 
Messaggi: 4746
Iscritto il: 23/05/2008, 22:58


Torna a Che fare? Discussioni di oggi per le prospettive di domani

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 19 ospiti