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La Russa e i Repubblichini

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: La Russa e i Repubblichini

Messaggioda annalu il 12/09/2008, 16:53

Oggi due differenti prese di posizione sulle dichiarazioni di La Russa e Alemanno e sul rispetto verso la Costituzione.

Se la dichiarazione di Napolitano:
2008-09-12 15:16 - NAPOLITANO: RISPETTARE COSTITUZIONE
Il capo dello Stato: i suoi principi non sono formule astratte
((ANSA)) - ROMA, 12 SET - I principi della Costituzione non sono formule astratte, ribadisce il presidente della Repubblica incontrando l'Unione Italiana Ciechi. 'I principi della Costituzione, di cui talvolta si parla come se fossero soltanto formule astratte - sottolinea Giorgio Napolitano - in realta' dettano comportamenti e dovrebbero essere seguiti da comportamenti concreti e coerenti'.

è una conferma di dichiarazioni dei giorni scorsi, la presa di posizione de l'Avvenire è significativa:
2008-09-12 13:53 - AVVENIRE CRITICA ALEMANNO - LA RUSSA
Quotidiano dei vescovi, un errore quelle frasi sul fascismo
(ANSA) - ROMA, 12 SET - Il quotidiano dei vescovi 'Avvenire' definisce un 'indiscutibile errore' le dichiarazioni sul fascismo di Alemanno e del ministro La Russa. 'Quale che fosse la sua intenzione, la frase di Alemanno - scrive il giornale - aveva il senso di una rivendicazione di eredita' e di identita', seppure cauta e circospetta, non quella di un giudizio storico equanime'. Quanto all'omaggio ai militari di Salo' 'Avvenire' si augura che sia sia trattato un 'errore dettato da imperizia'.
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Re: La Russa e i Repubblichini

Messaggioda pierodm il 12/09/2008, 17:15

Concordo con Luca sul reato di “lesa maestà”, che scatta quando si fanno delle critiche al partito – cosa che vale per tutti i partiti, ovvero per tutti i loro dirigenti.
Abbiamo trascorso decenni in odore di “disfattismo”: c’era sempre una “svolta”, una campagna elettorale, una fase critica, che imponeva cautela e che faceva sì che “non fosse il momento”.
Il bello è che le posizioni critiche subiscono la corona di spine ad intermittenza, secondo quanto cambia “la linea” del partito: quello che ieri era il virtuoso e ortodosso militante, oggi – dicendo le stesse cose – risulta un eversore, e viceversa.
Per esempio, fin dall’inizio dell’esperimento ulivista, io dicevo che la famosa “ricchezza delle diversità” era una baggianata, mentre ora la creazione stessa del PD è stata impostata proprio per superare quella diversità, ossia la composizione eterogenea della coalizione.
Il guaio è che il partito unico è altrettanto eterogeneo della vecchia coalizione, ma con l’obbligo fondante di essere unitario, avendo così meno spazio di manovra nei meccanismi della cucina politica.

A Vittorio sono rassegnato a non poter più replicare nulla: quello che avevo la facoltà di dire l’ho detto, e non riesco ad avere la forza di ripetermi. Sono stato preso per fame.

Una cosa, però, mi sembra chiara: anche Vittorio commette lo stesso peccato del vecchio PCI, cominternista e complice delle malefatte sovietiche, che lui ha tratteggiato.
Il buon Vittorio infatti sta qui, insieme con i sostenitori (i post-sostenitori?) di quel perfido PCI: un giorno questo peccato gli potrà essere rimproverato, e a ben poco gli servirà appellarsi alla clemenza della corte, o peggio che peggio portare a propria discolpa il proprio “libero pensiero”.

Torno però su Luca, del quale mi era sfuggito un passaggio, nel quale mi rispondeva direttamente.
Dice Luca: “Come se i comunisti - a prescindere - sia stati (tutti) persone più degne dei loro (non sempre) antagonisti fascisti”.
Qui nessuno ha mai messo in pista questo concetto di “totalità” del meglio o del peggio.
Sul piano politico è ovvio che chi appartiene ad una corrente culturale o ad un partito ritenga che questo sia migliore di altri: è la scelta quella migliore, e di conseguenza è complessivamente migliore l’insieme di quelli che la fanno, rispetto agli altri. Ma questa è cosa diversa dal “tutti”, presi singolarmente e individualmente.
Nel caso, però, dei regimi quali fascismo e nazismo ci sono stati i fanatici, i militanti attivi, coloro che si sono maggiormente identificati col regime, costituendone il vero e proprio braccio operativo: regimi che si distinguono proprio per avere un braccio operativo, un braccio violento e intimidatorio.
Quando si parla di fascisti è ovvio che si parli di questi personaggi, più che della zona grigia di chi ha peccato di omissione o di indifferenza, o dell’entusiasmo indotto dalla propaganda.
Così come, nei decenni del dopoguerra, i “fascisti” non sono un’entità ideologica o largamente composita: sono nella gran parte i giovanottelli picchiatori, che ben conosciamo come ubicazione nelle loro sedi e nelle loro abitudini, o eversori del Fronte e delle varie formazioni semi-clandestine.
Di che cosa c’è bisogno, per dare un giudizio politico, e anche umano nel suo insieme? Di un’identificazione caso per caso, con intime confessioni e trascorsi familiari? Se capita, ben venga la conoscenza individuale, ma il giudizio politico, culturale e umano nel suo insieme non c’entra nulla.
Questo genere di diatriba mi ricorda molto quella sulla mafia: subito scatta, da certe parti, l’accusa di “voler fare d’ogni erba un fascio” e di “demonizzare tutti i siciliani”. Nel polverone che si alza, alla fine la mafia scompare, non c’è più, o al massimo è una questione di pochi e sparuti picciotti, che nessuno ha il diritto di condannare perché nessuno è esente da colpe, e nessuno ha il diritto di ritenersi meglio degli altri. Amen.

Dice inoltre Luca che per lui non significa praticamente niente una mia affermazione, questa: “Ma mettere sullo stesso piano, o nel medesimo discorso, fascismo e comunismo è una solenne sciocchezza: quello del PCI, ovviamente, ma perfino quello dell'URSS, sul piano storico e politico.
La condanna drastica dello stalinismo e dei regimi asiatici non implica un giudizio storico e politico uguale a quello che si deve dare sul nazismo e sul fascismo
“.
Riconosco che non è una delle mie frase più chiare, e lo sapevo anche mentre scrivevo. Ma significa, e adesso provo a spiegarmi meglio, e mi scuso se stavolta sono un po’ didascalico.
Il PCI e il comunismo sovietico sono stati due fenomeni assai diversi, sia in assoluto, sia in relazione alle rispettive storie nazionali.
La condanna del sovietismo, quindi, non può tracimare sul giudizio storico e politico circa il comunismo italiano.
Entrambi, comunque, sono a loro volta diversi dal fascismo: di conseguenza è sbagliato non solo mettere sullo stesso piano il comunismo italiano e il fascismo, ma anche il fascismo e il regime sovietico.
Però, mentre la differenza tra comunismo italiano e fascismo è la differenza tra un valore politico positivo e uno negativo, tra dittatura e liberazione, quello tra stalinismo e fascismo è la distinzione tra due generi diversi di autoritarismo e di tendenziale totalitarismo.
Questo significa che limitarsi a registrare alcuni tratti autoritari comuni tra stalinismo e fascismo dice assai poco sul piano storico: si possono condannare entrambi, in quanto autoritari, senza per questo doverli ammucchiare nello stesso stipetto.

Ci sono due opposte tendenze, in chi affronta i giudizi storici, specialmente quando questi hanno l’intenzione di riflettersi nell’attualità politica.
C’è chi cerca di accorpare il più possibile, ossia cerca le comunanze tra ideologie e regimi talvolta assai lontani e diversi.
C’è chi, invece, crca le differenze, o almeno è interessato a registrarle – senza ovviamente ignorare quanto di simile appare evidente e significativo. Io credo di appartenere a questa categoria.
Cavimmafà?
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Re: La Russa e i Repubblichini

Messaggioda ranvit il 12/09/2008, 17:37

>Il buon Vittorio infatti sta qui, insieme con i sostenitori (i post-sostenitori?) di quel perfido PCI: un giorno questo peccato gli potrà essere rimproverato, e a ben poco gli servirà appellarsi alla clemenza della corte, o peggio che peggio portare a propria discolpa il proprio “libero pensiero”.<

Ma io mi sono pentito....altri perseverano.

Sono 43 anni che voto nel centrosinistra (dal '76 al 2001 per Pci, Pds e Ds), ma sono sempre stato uno "scomodo". Perchè in realtà mai comunista (ritengo di essere socialista-liberale) e perchè non ho mai capito che cosa c'entra la geometria destra-sinistra nell'affrontare i problemi reali della gente e del mercato....come puoi capire quindi non è un problema di oggi.
Ma io insisto. Il mio centrosinistra ideale è quell'area che sta tra Blair e Zapatero....insomma niente a che vedere con la pochezza e mediocrità dei dirigenti italiani e con il velleitarismo infantile di tanti militanti.


Debbo aggiungere che vedo come vero problema del Pd la spaccatura tra chi (come me) pensa che il Pd debba smetterla con gli atteggiamenti da sinistra italiana post-Pci (perchè con il Pci la politica era una cosa molto concreta) e cioè verbosa ed inconcludente e, appunto, gli altri....

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: La Russa e i Repubblichini

Messaggioda lucameni il 12/09/2008, 19:59

Onestamente nella mia posizione non vedo ambiguità di sorta.
Ritengo fermamente che per opporsi alle prese di posizione di personaggi che a Fiuggi hanno fatto un lavacro ben misero e poco convinto, si debba essere credibili (perciò parlare della sinistra in questo momento ha una logica).
Ed altrettanto ritengo non possano essere credibili coloro che hanno fatto della Resistenza un feticcio intoccabile e di certi argomenti un tabù tale da scatenare indecorose censure.
Il fatti sono fatti. Si possono pure interpretare ma rimangono comunque tali. L'importante è volerli conoscere o non fare finta che non esistano.
Poi si può fare la conta dei morti ammazzati, delle repressioni tra l'Italia del 22-43 e l'URSS di Stalin; ma non credo sia utile adesso fare una classificazione, pur esistente, tra dittature più o meno feroci, indipendentemente dal loro colore.
Ripeto: è solo una questione di onestà intellettuale.
Chi sta nel PD non può pensare di persistere nelle litanie resistenziali, senza uno straccio di critica ed autocritica, e così senza pagare pegno a Tafazzi: sappiamo bene che l'Italia ha un fondo di fascismo mai morto e altrettanto dovremmo sapere che, sopratutto in questo contesto, leggere la Storia con fare agiografico e acritico, nel tempo non poteva e non può non produrre un rigetto tale da favorire, anche grazie a ignoranza e disinteresse, dei revisionismi interessati o condizionati politicamente.
Esempio molto banale: Pansa.
Il giornalista, che pure da tempo non approvo nei suoi inteventi politici, ha affrontato un argomento scomodo e probabilmente con troppo livore.
Ma cosa ha portato la sua demonizzazione (e le censure!!!) da parte della sinistra ortodossa al verbo resistenziale? (atteggiamento del tutto in contraddizione con la pretesa di difendere i valori dell' antifascismo, che - correggetemi - non dovrebbero essere sinonimi di intolleranza e censura della libera informazione)
Autolesionismo e un'immagine e sostanza di intolleranza; oltre che foraggio ad un destra del tutto estranea alla cultura costituzionale.
Poi sicuramente da parte mia, alla luce di un passato che mi ha visto tacciato di fascista per il solo definirmi liberale e anticomunista, ho un basso livello di sopportazione ogni volta che ho il sentore di un ripetersi di certi atteggiamenti da parte degli intellettuali veri o presunti della sinistra.
Siamo tutti d'accordo che questa è una destra aziendalista e con una cultura inesistente o ipocritamente nostalgica dell'uomo "forte", ma tra me e molti di voi divergono nettamente gli atteggiamenti e gli argomenti per contrastarla.
Effettivamente, almeno in prospettiva, per il PD, se mai vorrà avere una base che sia degna di questo nome, è un bel problema (ritengo ci siano altri intristiti con naso tappato, che votano Cs e che la pensano come me)
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)
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Ecco cosa ne pensa Fini

Messaggioda annalu il 13/09/2008, 14:06

Intervento del presidente della Camera alla festa di Azione giovani 'Atreju 08' a Roma
Replica alle polemiche sorte dopo le dichiarazioni del sindaco di Roma Alemanno
Fini: "La destra si riconosca nei valori antifascisti"
"I repubblichini stavano dalla parte sbagliata"

Nella commemorazione dell'8 settembre il ministro La Russa aveva sostenuto
che chi aveva combattuto per la Repubblica di Salò comunque aveva difeso la Patria

ROMA - Chi è democratico "è a pieno titolo antifascista" e la destra deve riconoscersi nell'antifascismo. Lo ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ospite della festa di Azione giovani 'Atreju 08' a Roma. Il presidente della Camera ha anche affrontato la questione della Repubblica di Salò, sollevata qualche giorno fa in occasione della cerimonia di commemorazione dell'8 settembre dalministro della Difesa Ignazio La Russa. "I resistenti stavano dalla parte giusta, i repubblichini dalla parte sbagliata", ha detto Fini. Subito dalla platea si sono levate grida di contestazione: "Sei stato chiaro ma non coerente, presidente".

Subito la replica: "A Salò c'è stata buona fede, riconoscerla è in molti casi doveroso ma è altrettanto doveroso dire che non si può equiparare chi stava da una parte e dall'altra. Onestà storica e compito di una destra che vuole fare i conti con il passato è dire che non è equivalente chi combatteva per una parte giusta e chi, fatta salva la buona fede, combatteva dalla parte sbagliata. La destra deve ribadirlo in ogni circostanza non per archiviarlo ma per costruire una memoria che consenta al nostro popolo di andare avanti".

La terza carica dello Stato ha sottolineato che "la destra politica italiana e a maggior ragione i giovani devono senza ambiguità dire alto e forte che si riconoscono in alcuni valori della nostra Costituzione, come libertà, uguaglianza e solidarietà o giustizia sociale. Sono tre valori che hanno guidato il cammino politico e ribadire che la destra vi si riconosce è un atto doveroso".

"Se in Italia - ha aggiunto Fini - non è stato così agevole, è perché non c'è stata una destra in grado di dire che ci riconosciamo in pieno nei valori antifascisti". Giorni fa hanno fatto molto discutere le dichiarazioni del sindaco di Roma Gianni Alemanno, secondo il quale "il fascismo non fu un male assoluto", mentre lo furono senza dubbio le leggi razziali.

"Quando ci si confronta con la storia - ha ribadito Fini - serve la consapevolezza che un periodo storico va giudicato nel suo complesso, e il giudizio complessivo da parte della destra del periodo del fascismo storico, dal 1922 al 1945 deve essere negativo, in ragione della limitazione e poi della soppressione della libertà. Non possiamo prescindere dai dati storici, il passato non lo possiamo nè ignorare, nè mistificare". Il presidente della Camera ha scandito a chiare lettere che non solo le leggi razziali sono state la colpa grave del fascismo, ma anche "la soppressione della libertà, la negazione dell'uguaglianza e infine la dichiarazione della guerra, una catastrofe che i nostri padri non hanno dimenticato".
(13 settembre 2008) (Repubblica.it)
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Re: La Russa e i Repubblichini

Messaggioda annalu il 13/09/2008, 16:42

lucameni ha scritto:Onestamente nella mia posizione non vedo ambiguità di sorta.
[....]

Trovo molto importante che qui si riesca a discutere un argomento così difficile e delicato, che tocca le sensibilità di molti, in modo civile e pacato.
Speriamo di riuscire a continuare così, senza accusare nessuno di essere in qualche modo dalla parte opposta, solo perché ci sono delle divergenze di opinioni.

Per prima cosa, concordo in pieno con l'opinione di Luca quando dice
lucameni ha scritto:Onestamente nella mia posizione non vedo ambiguità di sorta.
Ritengo fermamente che per opporsi alle prese di posizione di personaggi che a Fiuggi hanno fatto un lavacro ben misero e poco convinto, si debba essere credibili (perciò parlare della sinistra in questo momento ha una logica).

ma anche con Piero quando dice:
pierodm ha scritto:Sul piano politico è ovvio che chi appartiene ad una corrente culturale o ad un partito ritenga che questo sia migliore di altri: è la scelta quella migliore, e di conseguenza è complessivamente migliore l’insieme di quelli che la fanno, rispetto agli altri. Ma questa è cosa diversa dal “tutti”, presi singolarmente e individualmente.


Però mi sembra che Piero abbia dimenticato qualcosa quando dice:
pierodm ha scritto: Nel caso, però, dei regimi quali fascismo e nazismo ci sono stati i fanatici, i militanti attivi, coloro che si sono maggiormente identificati col regime, costituendone il vero e proprio braccio operativo: regimi che si distinguono proprio per avere un braccio operativo, un braccio violento e intimidatorio.

Perché purtroppo di fanatici violenti ce ne sono stati anche nelle file dei resistenti, e Pansa insegna. Può non piacere sentirselo dire, a tutti piacerebbe che dalla parte nella quale ci si riconosce fossero tutti buoni, ma in realtà dovremmo saperlo bene che così non è, e proprio il fatto di voler continuare a negarlo porta ad atteggiamenti ostili e insofferenti, perché "sono tutti uguali".

Dal mio punto di vista, trovo che il PCI italiano da una parte sia stato un partito forte e concreto, il cui potere di attrazione sulle persone oneste stava nella sua proposta di una maggior giustizia sociale e della difesa dei più deboli (e questo in comune con certa parte del cattolicesimo sociale più progressista), ma contemporaneamente presentava aspetti di autoritarismo chiuso e intollerante.
Questi aspetti di chiusura autoritaria potevano apparire giustificabili in un'Italia appena uscita da una guerra terribile come era stata appunto la resistenza, ma apparivano del tutto inconciliabili con una prospettiva di un paese veramente democratico, come avrebbe dovuto diventare l'Italia.

E invece queste chiusure sono rimaste.
La parte autoritaria e burocratica del vecchio PCI è sopravvissuta a tutti i cambiamenti, trovando un ottimo terreno di coltura in un paese vissuto a lungo sotto un regime.
Il Partito Socialista, che avrebbe potuto e dovuto impersonare un vero socialismo progressista e democratico, è stato nei fatti travolto dalla corruzione dilagante impersonata dal craxismo.

Dopo la parentesi Ulivista e prodiana, quando sembrava davvero che le forze più oneste, progressiste e democratiche trovassero un terreno comune per muoversi insieme verso un'Italia più giusta e civile, si è assistito alla progressiva presa del controllo da parte delle autarchie dei funzionari politici.
E noi, persone perbene (penso di poter includere tutti i presenti in questa categoria, per fortuna ancora ampia) ci troviamo in difficoltà e non sappiamo bene quale strada sia ancora possibile percorrere per riportare il paese sulla via di uno sviluppo democratico.

Io personalmente per ora mi trovo davvero in difficoltà.
Mi auguro che qualcuno o qualcosa di nuovo riesca ad emergere nel futuro prossimo.
Del resto l'Italia è un paese che in genere deve arrivare sull'orlo del baratro prima di reagire ... ma poi in genere riesce a reagire in tempo.
Speriamo bene.

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Re: La Russa e i Repubblichini

Messaggioda lucameni il 13/09/2008, 19:28

Nel complesso posso concordare con l'analisi.
Certamente ritengo - banalissimo dirlo - che la sinistra debba riuscire ad essere ferma nei cosidetti "valori" ma coniugarli con coerenza e concretezza (ovvio). Anche se per ora di questo abbiamo visto proprio pochino.
Altrimenti tutto scade in una retorica rabbiosa e priva di riscontro nella realtà.
Questo (dicesi anche "onestà intellettuale") vale per tutto e perciò anche per quanto riguarda il proprio rapporto con la Storia. E la Resistenza.
E' proprio questa mancanza di credibilità e volontà di mantenere certi tabù, magari barando pure sui dati storici, che rende più difficile controbattere ai La Russa.
Purtroppo non ho visto nelle reazione del PD un atteggiamento molto diverso da quello che si poteva vedere anni fa.
Sarebbe ora di cambiare e di riuscire a leggere gli avvenimenti storici senza troppi condizionamenti ideologici: a quel punto sarebbe più facile difendere quei "valori" nei confronti di chi ne ha una concezione annacquata, nella migliore delle ipotesi.
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Re: La Russa e i Repubblichini

Messaggioda pierodm il 14/09/2008, 0:54

Va bene, laaciamo perdere le teorizzazioni, e lasciamo perdere le storicizzazioni, e insomma lasciamo perfere i lussi.
Facciamone una questione personale, come si usa in un sano forum post-moderno.

Io non ho mai avuto feticci, né ho usato immagini retoriche, e nemmeno ho coltivato mai una mistica e un'epica della Resistenza - per la verità, l'unico inno che ho cantato è quello della Roma di Venditti, e ho sempre avuto un certo fastidio verso le manifestazioni di massa, non mi sono mai abbeverato alla sapienza ortodossa di Rinascita, e dell'Unità portata a casa da mio padre ricordo soprattutto gli articoli di Signori e di Sala, che parlavano di pugilato e ciclismo.
In questa discussione nel forum mi sembra - era inevitabile, del resto - mi sembra di aver portato la stessa, conseguente idiosincrasia per il manicheismo, là dove ho invece cercato di esprimere una visione storicistica che tiene conto per quanto possibile di tutte le parti in causa - in molti casi complicando un discorso che avrebbe potuto essere più semplice e diretto, con una facile bella figura.

Tutto ciò inutilmente.
Le risposte sono state le stesse se a parlare fosse stato Cossutta, o come se avessi difeso a tutto campo la retorica della Resistenza, fino ai suoi aspetti più abusati e rituali.
Discorsi monomarcia, come le lampadine comandate dalla levetta on-off: anche questa un'abusata retorica del "libero pensatore", che non appena sente le parole "fascismo" e "Salò" fa scattare il sermone sul "eh, no, non possiamo parlare di fascismo, se contemporaneamente non dedichiamo un mesto pensiero al comunismo, e però anche tra i partigiani c'erano quelli maleducati, bugiardi e violenti, e il PCI non ha fatto questo e non ha fatto quello, etc".

Per non tornare su cose già dette, salto subito al fatto: non è vero che per avere credibilità contro il fascismo o a favore della Resistenza bisognava evitare la retorica, e che bisognerebbe dimostrare che tutti, ma proprio tutti, i partigiani erano persone specchiate, belli e bravi figlietti di mamma.
Questo criterio, se applicato, impedirebbe di parlare di qualunque evento storico, e di dare un significato politico a qualunque periodo, a qualunque fenomeno. Non è una sciocchezza, o un'innocua "opinione", è una truffa ideologica.

Da un lato sta il giudizio sul fascismo e sui regimi mitteleuropei sopravvenuti tra le due guerre.
Da un altro lato stanno le analisi sulle democrazie che hanno operato dopo la guerra, con i loro difetti, le loro azioni e le loro eventuali malefatte.
Riusciremo mai, in Italia, ad avere qualche giudizio storico-politico netto e - come dice il poeta - "finalmente indignato" su un valore fondante della nostra nazione, della nostra repubblica?
Personalmente, penso che sia utile e lecito cercare un rapporto tra le due catene di eventi, oltre che storicamente interessante, ma bisogna vedere come questo genere di ricerca viene condotta, e quali ne sono gli effetti che si ricercano.
Quello che ho constatato negli anni è che c'è ben poco interesse storiografico in queste riletture, in queste analisi che ricercano nessi, ma solo un intento polemico e l'obiettivo d'indebolire la sinistra nel significato stesso del suo ruolo nella società italiana: una critica nient'affatto "liberale", o ispirata da intenti "etici", e che ha il solo risultato d'impastare la nostra storia in un continuum indifferenziato, fatto di sordidi opportunismi, menzogne, vigliaccherie, in presenza delle quali non vale la pena farsi uscire il sangue dal naso per condannare il regime del Ventennio.

Anzi aggiungo che dei "ragazzi di Salò" non gliene frega niente a nessuno, e che da molti anni non gliene frega niente a nessuno nemmeno delle malefatte di qualche banda partigiana, e nemmeno della Resistenza: il gioco è solo ed esclusivamente politico, strumentale.
Usare la storia come strumento porta a molte cose, ma certamente non porta ad alcuna "verità", tanto meno ad una verità a tutto tondo, tale cioè da rappresentare ogni aspetto di un avvenimento.
Passati i primi momenti, anche la Resistenza è stata usata come icona e come strumento fondativo della nuova repubblica: cercare in questa rappresentazione la "verità" storica è inutile, tale quale la guerra d'indipendenza americana, l'epopea gollista in Francia, e tanti altri eventi fondativi di stati e regimi, anche quelli democratici.
E allora?
Vogliamo rimettere in discussione la democrazia americana? Vogliamo ridiscutere il riscatto democratico francese?
Qualcuno l'ha fatto e lo fa anche ora, e sono le nuove (e vecchie) destre europee, coerentemente con ciò che rappresentano.

Io devo dire, come più o meno Giorgio Bocca al tempo della metamorfosi tra PCI e PDS, che tanti discorsi, tante riletture "postume" sul PCI spingono perfino me - che nel PCI ci sono stato criticando il criticabile, in qualche modo veltroniano con vent'anni di anticipo - a difenderne i riti e anche qualche vizio.
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Re: La Russa e i Repubblichini

Messaggioda lucameni il 14/09/2008, 1:00

(mi sono censurato: non ho voluto impegnare troppo la moderazione)
............................

Chi ama quei vizi e vezzi (a noi per nulla) se li tenga pure.
Noi da par nostro, post-moderni incolti e anticomunisti non pentiti, replicheremo senza alcuna remora.

(Bocca? Andiamo a leggere cosa ha scritto di Pansa e sopratutto di come ci racconta le vicende resistenziali. Allora ne potremo riparlare in maniera approfondita).


"cercare in questa rappresentazione la "verità" storica è inutile"

Cioè?
Sarebbe una difesa d'ufficio di una vulgata che si sa fasulla ma che è giusto rappresentare in maniera agiografica e priva di ombre?
Prima col ditino alzato si dice come non si possano azzardare "storicamente" certe affermazioni e si viene a dire "cercare in questa rappresentazione la "verità" storica è inutile"?
Meglio vivere di una verità - non verità ma funzionale ad una politica che ci piace?
Tanto per dire, è un legittimare, approvare le censure e le infamie dispensate in quantità nei confronti di Pansa?
Andava necessariamente zittito e censurato per difendere valori più alti?
Ne consegue che la ricerca storica e la sua divulgazione, in questo particolare campo, è inutile ed anzi non opportuna per difendere i fondamenti della nostra storia repubblicana?
Fondamenti che devono per forza di cose basarsi su una visione distorta dei fatti storici?
Non è che poi la storia dispensata in questo modo, retorico e fasullo, alla fin fine diventi un boomerang per tutti i "guardiani della memoria"?

"La domanda sorge spontanea" (Lubrano)

Contenti voi.
Chi vi capisce è bravo.
Poi non lamentatevi se e quando lo sputtanamento incombe potente (si vedano le recenti figure barbine di tanti ottusi ed ipocriti censori) e di conseguenza la destra italiana ne trae giovamento.


Lucameni, utente post-moderno.
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Re: La Russa e i Repubblichini

Messaggioda pierodm il 15/09/2008, 9:13

Il titolo di questo argomento dice: La Russa e i Repubblichini.
Che sarebbe a dire: fascisti e post-fascisti, i quali - sappiamo bene - sono stati caapci anche di negare l'esistenza dei lager e lo sterminio degli ebrei. Segno - insieme con altri, di vasta gamma - che hanno un punto di vista che gli consente, anzi li spinge, a dare una rappresentazione velenosa di tutto ciò che è stato anti-fascista, anche fosse l'intervento dell'arcangelo Gabriele circondato dai mutilatini di don Gnocchi.
Quindi, togliamo di mezzo la sciocchezza che farebbe derivare le loro lamentazioni, rivendicazioni e rimostranze dai difetti della retorica repubblicana o comunista.

Quello che Luca mostra di non "capire", con una stizza che meriterebbe altri obiettivi, reclama un chiarimento.
E' inutile, infatti, andare a cercare la verità storica nelle rappresentazioni retoriche, che hanno la propria ragione e il proprio scopo nel proporre un'icona simbolica dei momenti fondativi di uno stato, una nazione, una stagione politica di portata storica: portavo l'esempio dell'Indipendenza americana o dell'epopea gollista nel riscatto resistenziale francese, dopo Vichy.
La retorica americana, soprattutto, raggiunge dei vertici praticamente inarrivabili, ma nessuno si sogna di andare a ricercare la verità storica nei discorsi rituali dell'anniversario, e nemmeno in quelli dei due partiti alle convention.

Per ciò che riguarda la guerra nazista e la Resistenza, la cultura europea e americana non hanno certamente risparmiato opere cinematografiche, libri, romanzi, articoli che hanno esaminato e raccontato ogni fenomeno sotto ogni aspetto.
Come ho già accennato, a proposito di retorica, ho sempre giudicato insopportabile un celebrato film di Chaplin, Il Grande Dittatore, mentre trovo estremamente interessante un altro grande film quale Vincitori e Vinti, che combatte proprio la tendenza ad una visione manichea.
Non ho mai vissuto, insomma, tutta questa compatta omogeneità nella celebrazione ottusa del feticcio resistenziale.
Quello che ho riscontrato, invece, è una tendenza a rappresentare il nazismo e il fascismo - soprattutto il nazismo - in una chiave grottesca e spesso quasi caricaturale, con un approfondimento non sufficiente della "normalità" del regime e di quegli aspetti che sono stati capaci di affascinare o almeno convincere tante persone tutt'altro che ignoranti o stupide.

Detto tutto ciò, capisco che l'anti-comunismo possa essere l'obiettivo di una vita, spingendo persone rispettabili ad aggirarsi con le forbici in mano per tagliuzzare ogni ramoscello rossiccio dell'Ulivo.
Lo capisco, e sarebbe anche utile, se lo zelo fosse rivolto verso argomenti seri e validi, e non verso questo dei "ragazzi di Salò, che è larghissimamente pretestuoso e fasullo, e verso la Resistenza, forse ingigantita oltre le sue reali dimensioni, ma che era e che rimane uno dei pochi punti dignitosi sui quali fondare la legittimità della fondazione repubblicana.

Tra l'altro, mi sembra strano questo rinnovato e pungente zelo ad etichetta "liberale", quando di liberali - anti-comunisti o meno - nei passati decenni non ne ho praticamente conosciuti. Gli anti-comunisti d'ispirazione democristiana o saragattiana o lamalfiana, da parte loro, per gli stessi, lunghi anni non si sono evidentemente mai accorti che la stessa retorica resistenziale e anti-fascista era adottata anche dai partiti ai quali appartenevano, o almeno che votavano: non ho mai sentito vibrate lamentazioni in merito.

E con ciò, sia detto serenamente, penso che le posizioni siano chiare, e che possiamo metterci un punto.
pierodm
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