Parole sante e inconfutabili le tue, cara Annarosa, ma - per quanto risulta dalla mia esperienza diretta - del tutto inutili: ho provato a dire le stesse cose in una dozzina di modi diversi e alla fine mi sono dovuto rassegnare. Comunque non è escluso che la tua formulazione verbale riesca a penetrare più in profondità...
Però, dobbiamo anche dire che le tue, così come le mie, considerazioni in materia sono talmente basilari (elementari) che non è possibile che non siano alla portata di tutti quanti noi siamo qui riuniti in augusta assemblea: dunque chi non capisce è perché non vuole capire, e rimane da decidere a nostra volta la ragione per cui non vuole.
In realtà qui sembra che ci sia una specie di scontro, una gara tra il valore dei numeri e il valore dei "discorsi", ma proprio questo è l'imbroglio di partenza - va be', chiamiamolo "equivoco".
La verità - basilare, elementare, come dicevo prima - è che numeri e discorsi sono ugualmente validi, ma in ambiti, con procedure, per scopi diversi e su oggetti diversi: anche quando l'oggetto (la denominazione dell'oggetto) sembra la stessa, il fatto di trattarla attraverso i numeri o attraverso la logica dialettica ne cambia la natura, di poco e più spesso di tanto. Avevo fatto, paradossalmente ma nemmeno tanto, l'esempio di Riccardo Cuor di Leone al quale applicare una trattazione di tipo cardiologico, per il solo fatto che appare la dizione "cuore": questo è appunto un esempio estremo e chiaramente paradossale, la cui scempiaggine appare plateale, ma esistono, o meglio abbiamo visto manifestarsi altre situazioni in cui in modo meno plateale, ma ugualmente fuorviante, ci si è basati sulla pura dizione formale, per dirottare l'argomento su binari non "sbagliati" in senso assoluto, ma appartenenti ad una logica e ad un ambito estremamente ristretti e specifici, con la pretesa di voler significare qualcosa di valido universalmente e "oggettivamente".
Sto parlando - per essere chiari e per limitarci all'attualità - al tema del bisogno, del merito, del lavoro, della disuguaglianza: tu ricordi, giustamente, correttamente, che la politica ha una complessità e un'opinabilità che non tollerano di essere ristrette in formulazioni asfittiche e pretestuosamente "oggettive". Io aggiungo che, se questo è valido per la politica, ancora più valido è per argomenti, direi per fenomeni e per valori che hanno a che fare con l'esistenza stessa delle persone, al di là della stessa politica.
Rinchiudere questi fenomeni nel ristretto significato aziendale - numeri o non numeri, ma con i numeri evidentemente viene meglio - non è "sbagliato", ma semplicemente assurdo. Intellettualmente assurdo, soprattutto se non si ha l'accortezza, la sincerità, il buon senso di dichiarare apertamente che si sceglie consapevolmente di voler trattare la questione in quel modo specifico: sarebbe ugualmente contestabile e riduttivo, ma almeno si metterebbe da parte la pretesa della "verità" e della oggettività.
Quando invece si vede che non solo quelli citati, ma quasi tutti gli argomenti si pretende di vederli nella logica aziendalista ed efficientista - trattando qualunque altro punto di vista come una sorta di deficienza psichica - allora c'è qualcosa di più che il sospetto, diciamo pure la certezza, che si è deciso di considerare la logica aziendalistica ed efficientistica come la chiave interpretativa del mondo, o almeno della società umana e della vita.
Quindi, cara Annarosa, converrai con me che c'è ben altro in gioco che una diatriba sul valore dei numeretti, non solo qui nel forum e non solo nei confronti di uno o l'altro interlocutore, ma nel contesto politico-culturale più generale.