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Il fumogeno non coprirà il coraggio dei riformisti

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Il fumogeno non coprirà il coraggio dei riformisti

Messaggioda franz il 11/09/2010, 9:38

flaviomob ha scritto:Si produce a certi ritmi e a certi costi: benissimo, è il liberismo. A questo punto perché mantenere le fabbriche in Italia, se in Serbia, a pari ritmo (e qualità) un operaio guadagna 400 euro al mese? O in Cina magari la metà?
Chiudiamo tutto, domani.

Vorrei aggiungere alcune considerazioni oltre alla risposta data ieri.
Io ritengo del tutto normale che molte attività economiche nascano in paesi che prima erano privi di sviluppo.
E trovo del tutto normale che sull'onda di una pura convenienza di mercato (costi di produzione inferiore, a parità di qualità ed anzi, se l'impianto è nuovo, a qualità superiore) molte aziende si spostino dal paese A al paese B.
L'opzione di spostare tutto pero' non funziona e per spiegarlo basta un modellino semplice semplice.
Prendiamo un pianeta fatto solo da due nazioni. A e B, per l'appunto.
Se tutte le produzioni, i beni (alimentari ed industriali) fossero prodotti nel paese A in quanto convenienti, questo paese potrebbe esportare nel paese B. Ma con quali soldi B compra quei prodotti se B non prodce nulla? B li puo' comprare se nel frattempo produce qualche cosa di interessante per A. Si chiama "scambio commerciale". Prevede una sostanziale parità di bilancio, pena alcuni effetti spiecevoli riguardanti l'apprezzamento o il deprezzamento della moneta (che tende a riequilibrare il valore delle partite commerciali). Quindi se siamo in un'ottica di scambio, perché A produce bene cose che servono a B (e B non sa fare oppure sa fare ad un costo elevato) per forza di cose B deve attrezzarsi per fare bene cose che servano ad A, perché A non le sa fare oppure perché se le fa le fa ad un prezzo superiore oppure ad un rapporto qualità prezzo peggiore rispetto all'altro paese. B quindi deve attrezzarsi anche lui a produrre bene ed in modo economico.

Ora possiamo complicare leggermente il modello, aggiungendo un terzo paese: C
In questo caso A ora non è obbligato a commerciare solo con B ma puo' scegliere se farlo piu' con B che con C.
In realtà non sceglie il paese (a meno che non sia una dittatura in cui l'economia è strettamente sotto controllo pubblico) ma scelgono i consumatori e gli uffici acquisti delle aziende. Il consumatore del paese A, insoddisfatto della qualità o del prezzo delle scarpe prodotte nel suio paese, puo' confrantoare qualità e prezzo delle scarpe prodotte da B e da C. Anche B e C possono trovare convenienza a commerciare tra loro. Il concetto (aggiungendo paesi fino ad arrivare alle centinaia della nostra realtà) è che ogni nazione deve avere alcune ottimalità, appetibili per qualità e/o prezzo, da scambiare con le ottimalità altrui. Questo non è un'operazione a somma zero ma produce valore agggiunto. La germania esporta merci per un ammontare pari al 35% del PIL. Sono quindi il 35% piu' ricchi di quanto sarebbero se non esportassero; lavorano il 35% di operai in piu'. Se possono comprare una panda a 8000 euro fatta in polonia invece di 12'000 fatta in Italia, possono usare i 4'000 risparmiati per altre cose. Anche gli operai polacchi, con lo stipendio preso, possono spendere soldi per merce italiana, tedesca o polacca. Il nostro compito è quindi produrre qualche cosa di appetibile per noi e per gli altri. Insomma ci tocca lavorare duramente. Se non abbiamo idee di qualità (che ci permettono di produrre pochi beni di grande valore) allora dobbiamo puntare sulla quantità ed il basso prezzo, ma qui non credo che possiamo competere con la Cina e con gli altri emergenti.
La strada maestra è quindi quella già seguita da paesi con un alto costo del lavoro: produzioni di alto valore aggiunto.
Il nostro problema è che la struttura formativa e professionale della nostra manodopera è inadeguata a questo obiettivo e che per ricuperare il terreno perso ci vognono come minimo 20 anni, durante i quali gli altri paesi non statanno fermi.

Ecco perché ora servono riforme importanti e cruciali.

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Re: Il fumogeno non coprirà il coraggio dei riformisti

Messaggioda pierodm il 11/09/2010, 12:31

Io rimango sempre, o quasi sempre, affascinato dagli apologhi di Franz, anche se generalmente mi sembrano un grande spreco di energia per dimostrare qualcosa che nessuno mette in dubbio. Con conclusioni scontate, come in questo caso.
Bastavano le ultime tre righe: La strada maestra è quindi quella già seguita da paesi con un alto costo del lavoro: produzioni di alto valore aggiunto.Il nostro problema è che la struttura formativa e professionale della nostra manodopera è inadeguata a questo obiettivo e che per ricuperare il terreno perso ci vognono come minimo 20 anni, durante i quali gli altri paesi non statanno fermi.
Ecco perché ora servono riforme importanti e cruciali.


Ma il diavolo si nasconde nei dettagli.
I "paesi con un alto costo del lavoro" non hanno "seguito" un bel niente, dato che la loro condizione non deriva da un piano preordinato, ma deriva da una lunga storia socio-politica ed economica.
Parlare di "starad seguita" serve solo a dare per implicito che un certo risultato si può raggiungere con scelte artificiose, prescindendo dalla complessità dei problemi e da una visione realistica - o meglio, a dare per implicito che il "realismo" riguardi solo il funzionamento degli apparati, le cifre statistiche dello "sviluppo", ma non i rapporti sociali e le persone in carne ed ossa.
Infatti, nelle tre righe che seguono, emerge l'elemento umano e sociale - emerge sempre questo elemento, se appena si tratta di sottolineare le deficienze, le colpe e i difetti delle persone, quando queste sono lavoratori, ma lasciamo stare.

Quello che mi colpisce - anche se non sono tanto ottuso da prendere le parole alla lettera - è la visione che scaturisce dall'aziendalismo ed economicismo di cui Franz si fa spesso portavoce.
Quando accenna al "terreno da recuperare", per esempio, mi sembra come se lo scopo, l'essenza della vita di una società e delle persone che ne fanno parte sia quella di servire un ordine superiore delle cose, una sorta di ragion di stato nella quale al posto della "nazione" o del "partito" ci sia "l'economia" e un'idea angosciosa dello "sviluppo".
In conseguenza della quale ragion di stato poco importa se nei venti, trenta o quarant'anni intere generazioni di persone devono devolvere la loro (unica) vita a questa "missione", sopportando con animo lieto, o almeno con pazienza, una condizione di servitù economica, o un ridimensionamento arbitrario delle proprie condizioni di vita, o comunque qualcosa di spiacevole.
Tra parentesi, l'articolo che riguardava Berselli esattamente di questo parlava, se si aveva voglia di intenderlo: la necessità di adeguarsi alle nuove condizioni globali e locali in modo da salvaguardare le regole e la sostanza della democrazia, e non in base a calcoli esclusivamente economistici e finanziari che piovono dall'alto e ai quali sottomettersi come ad un destino ineluttabile.
Ma so bene che non c'è ragione che tenga, per la religione aziendalista e liberista, che - come tutte le religioni monoteiste e totalitarie - riesce ad avere una risposta per tutto, piegando alla medesima conclusione ogni dubbio e ogni ragionamento.
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Messaggioda franz il 11/09/2010, 13:45

pierodm,
deciditi una volta per tutte. Che non è mai troppo tardi.
O la realtà in cui si vive non ci piace e vogliamo cambiarla (che è l'essenza della politica) ed in questo senso abbiamo libertà di scelte tra varie strade, sia pure a piccoli ma significativi passi, oppure se il dirigismo di seguire strade non ti piace, lasciamo le cose come stanno, "alla via così". Scogli o secche, tempeste o bonaccia, chi se ne frega. È il nostro destino.

A me pare che sulle strade che conducono per via "naturale" al progresso italiano siano stati posti ostacoli che possono essere rimossi. Possiamo farlo.
Anche i cinesi avevano messo ostacoli immensi. Se ne sono accorti in tempo. E li hanno rimossi. Anche i russi. I polacchi, tedeschi dell'est, i cechi e gli slovacchi, i rumeni e gli ungheresi. Slavi ed albanesi. Hanno cambiato strada. Magari domani anche i cubani. Cambiare si puo'. Yes we can. Non vale solo per Obama.
Da noi qualche fumogeno (piu' che altro mentale) impedisce a qualcuno di fare altrettanto.
Ma il cambiamento, anche se fa paura, soprattutto ad una certa età, è possibile.

Franz
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Re: Il fumogeno non coprirà il coraggio dei riformisti

Messaggioda pierodm il 11/09/2010, 13:52

Su che cosa , io, dovrei decidermi?
Francamente, mettendo a raffronto ciò che avevo detto con ciò che mi viene risposto, non lo capisco.
Poco male, c'è stato e c'è di peggio.
pierodm
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Re: Il fumogeno non coprirà il coraggio dei riformisti

Messaggioda franz il 11/09/2010, 13:55

pierodm ha scritto:Su che cosa , io, dovrei decidermi?
Francamente, mettendo a raffronto ciò che avevo detto con ciò che mi viene risposto, non lo capisco.
Poco male, c'è stato e c'è di peggio.

Se non capisci, non posso farci niente.
Anche perché non capisco io cosa mai tu non possa capire, visto che stimo la tua intelligenza.
Poco male, dici. Ok.
Franz
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Re: Il fumogeno non coprirà il coraggio dei riformisti

Messaggioda trilogy il 12/09/2010, 13:42

franz ha scritto:C'è poi da dire che la scelta non è "solo al ribasso". L'Italia non l'unico paese sottoposto alla concorrenza internazionale.
Anche la Svezia, la Germania, la Svizzera, la Francia, il Belgio (per citare paesi ad alto costo del lavoro lordo) lo sono.
Tuttavia quei paesi hanno una struttura industriale fortemente competitiva, tanto che esportano molto piu' dell'Italia; investono in ricerca e sviluppo, hanno mano d'opera qualificata e quindi ben pagata, che produce merci di ottima qualità.
Franz


E quelli sono anche i paesi occidentali che stanno uscendo dalla crisi con i più alti livelli di crescita, al primo posto nel primo semestre 2010 (se non ricordo male) c'è la Svizzera. Quindi è possibile costruire strategie alternative... Ma per produrre soluzioni adeguate bisogna ragionare anche su numeri "corretti".

a. Le frodi fiscali in Italia hanno raggiunto numeri tali da falsificare i dati macroeconomici. I costi sono gonfiati i ricavi sgonfiati, i particolare tramite le triangolazioni con l'estero. Credo che su rai3, questa sera ci sia un servizio sull'argomento.
Le associazioni degli imprenditori ne sanno nulla? l''ultimo intervento sull'argomento è dell'associazione costruttori, preoccupata della reintroduzione della tracciabilità dei pagamenti in contanti.

b. produttività e investimenti? Se prendo campioni "dimensionalmente omogenei d'imprese" nel medesimo settore produttivo, le imprese italiane escono tutt'altro che sconfitte dai confronti internazionali. Quello che affossa molti indicatori di confronto è la nostra struttura produttiva basata su imprese fino a 9 dipendenti, che hanno una produttività media inferiore a causa dei capitali ridotti, mancanza di economie di scala, struttura manageriale ecc.
c. Il divario nord-sud, pesa moltissimo sulle statistiche paese.
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Re: Il fumogeno non coprirà il coraggio dei riformisti

Messaggioda trilogy il 12/09/2010, 13:42

franz ha scritto:C'è poi da dire che la scelta non è "solo al ribasso". L'Italia non l'unico paese sottoposto alla concorrenza internazionale.
Anche la Svezia, la Germania, la Svizzera, la Francia, il Belgio (per citare paesi ad alto costo del lavoro lordo) lo sono.
Tuttavia quei paesi hanno una struttura industriale fortemente competitiva, tanto che esportano molto piu' dell'Italia; investono in ricerca e sviluppo, hanno mano d'opera qualificata e quindi ben pagata, che produce merci di ottima qualità.
Franz


E quelli sono anche i paesi occidentali che stanno uscendo dalla crisi con i più alti livelli di crescita, al primo posto nel primo semestre 2010 (se non ricordo male) c'è la Svizzera. Quindi è possibile costruire strategie alternative... Ma per produrre soluzioni adeguate bisogna ragionare anche su numeri "corretti".

a. Le frodi fiscali in Italia hanno raggiunto numeri tali da falsificare i dati macroeconomici. I costi sono gonfiati i ricavi sgonfiati, i particolare tramite le triangolazioni con l'estero. Credo che su rai3, questa sera ci sia un servizio sull'argomento.
Le associazioni degli imprenditori ne sanno nulla? l''ultimo intervento sull'argomento è dell'associazione costruttori, preoccupata della reintroduzione della tracciabilità dei pagamenti in contanti.

b. produttività e investimenti? Se prendo campioni "dimensionalmente omogenei d'imprese" nel medesimo settore produttivo, le imprese italiane escono tutt'altro che sconfitte dai confronti internazionali. Quello che affossa molti indicatori di confronto è la nostra struttura produttiva basata su imprese fino a 9 dipendenti, che hanno una produttività media inferiore a causa dei capitali ridotti, mancanza di economie di scala, struttura manageriale ecc.
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