Da
http://it.notizie.yahoo.com/7/20100811/ ... abaed.htmlRoma, 11 ago. (Labitalia) -
Il carrello robotizzato non si bloccò per un atto di sabotaggio ma perché il "bumper" incontrò un ostacolo. Non ci fu dunque "nessun dolo" da parte degli operai chiamati in causa ed il licenziamento acquista un carattere di antisindacalità dovuto alla "sproporzione discilpinare" e considerando che i fatti alla base della espulsione "sono maturati nel corso di un'astensione dal lavoro per ragioni economiche-produttive e che il licenziamento ha interessato attivisti e militanti della Fiom, organizzazione notoriamente protagonista di una serrata critica sindacale al gruppo medesimo".
E' questo il cuore della sentenza con cui ieri, il giudice del lavoro di Potenza, Emilio Minio ha ordinato il reintegro dei tre lavoratori licenziati alla Sata di Melfi, stabilimento lucano della Fiat accusati di sabotaggio mentre era in corso uno sciopero nel sito.
"Quando gli scioperanti si sono riuniti in assemblea nei pressi del carrello, questo ultimo era gia' fermo ed i lavoratori erano ad una distanza superiore a quella necessaria per l'attivazione del radar", si legge nella sentenza che aggiunge: "di conseguenza gli scioperanti
non ebbero il deliberato intento di arrestare la produzione". Il licenziamento, dunque, concludono le motivazioni, "è obiettivamente idoneo a conculcare il futuro esercizio del diritto, costituzionalmente tutelato, di sciopero e a limitare l'esercizio dell'attività sindacale, attraverso l'illegittimo allontanamento dall'azienda di militanti dell'organizzazione che è, notoriamente, fra le più attive nel particolarmente momento storico".
Mer 11 Ago - 18.01
Ok il carrello robotizzato non si è bloccato per un sabotaggio (nessuno ha aperto qualche suo sportello per staccare di fili) ma si è bloccato perché il paraurti (penso che questa sia la traduzione corretta di "bumper") ha incontrato un ostacolo, non precisato. Eppure andrebbe precisato quale ostacolo ha fermato il carrello, perché i carrelli automatici sono programmati per fermarsi da soli, quando ne incontrano uno. Il risultato è il sabotaggio non del carrello ma della linea di produzione. Un giudice avrebbe quindi dovuto sentire i testimoni (e pare che ci siano) per vedere se l'ostacolo in questione era umano (visto che Fiat sostiene che a fermi tre operai licenziati abbiano fatto apposta a fermarlo). Il fatto che poi l'assemblea fosse fuori portata dal radar del carrello non significa molto, visto ch FIAT non imputa l'operazione a tutti i lavoratori riuniti in assemblea, poco distante, ma solo a quei tre, sulla base di testimonianze.
Noi non possiamo sapere come si sono svolti i fatti e quindi non so come si posa dare un giudizio a priori pro o contro la fiat o i tre operai. Il fatto che pero' il carrello si sia fermato per un ostacolo intanto non viene messo in discussione. Il fatto che succeda durante una manifestazione sindacale interna pone seri problemi al sindacato, anche perché leggo alcune cose interessanti qui, a proposito della sentenza del giudice(vedere qui)
http://archiviostorico.corriere.it/2010 ... 1067.shtml MILANO - L' aveva preannunciato. L' ha presentato ieri. Sono contenute in 53 pagine, le argomentazioni del «ricorso in opposizione» che la Fiat ha depositato al Tribunale di Melfi. E ovviamente ribadiscono, a proposito dei tre operai licenziati nella fabbrica lucana a metà luglio, la posizione già sostenuta dal Lingotto. Quei tre dipendenti - due delegati e un iscritto Fiom - secondo l' azienda avevano «deliberatamente» bloccato l' ormai famoso carrello-robot. Un «volontario sabotaggio alla produzione» di cui esistono, per Torino, «prove incontrovertibili». Le stesse che però, nel round d' avvio della vertenza, non avevano convinto il magistrato che se ne era occupato in prima battuta. Emilio Minio aveva in parte «censurato», sì, anche i tre dipendenti, ma aveva ritenuto «sporporzionata» la reazione della Fiat-Sata. Non aveva ravvisato la «sistematica volontà di ledere i diritti sindacali» contro cui punta il dito la sigla di Maurizio Landini. Ma la conclusione (9 agosto) era stata comunque netta: condanna dell' azienda per il suo comportamento e disposizione di reintegro immediato per Antonio Lamorte, Giovanni Barozzino, Marco Pignatelli. In condizioni normali, sarebbe una delle tante cause di lavoro che ogni giorno vanno in scena in Italia. E normale sarebbe il ricorso. Qui, però, ci si muove sullo sfondo della dura contrapposizione Fiom-Fiat sulla «rivoluzione Pomigliano», l' accordo firmato da Fim, Fismic, Uil e Ugl ma non dai metalmeccanici Cgil. «Le fabbriche saranno ingovernabili», aveva subito «avvisato» Landini. E il «caso Melfi» si è immediatamente inserito (non da solo) in questo scenario di microconflittualità. Che Sergio Marchionne non è disposto «a tollerare, o non gestisco più niente». Nella vicenda lucana, poi, la Fiat è convinta di avere non solo «prove incontrovertibili»: nel ricorso parla tra l' altro di «palese ed errata interpretazione», da parte del giudice, del quadro «emerso già in fase istruttoria». Tesi opposta, ovviamente, dalla Fiom (accusata di nuovo dal leader Cisl Raffaele Bonanni: «È isolata e minoritaria, il Lingotto non la rincorra»). Landini, questa volta, non spara però ad alzo zero: «Il decreto di reintegro è esecutivo e la notizia è solo una: che lunedì i tre operai tornino a lavorare. È un diritto Fiat fare ricorso, ma siamo fiduciosi che quanto già deciso dal Tribunale venga confermato». Primo appuntamento in aula mercoledì 6 ottobre.
Raffaella Polato
Ora se il giudice ha in parte «censurato», anche i tre dipendenti, qualche cosa deve essere emerso sul fronte delle prove e quindi è evidente che la FIAT fa ricorso. Qualche cosa quindi è realmente successo attorno a quel carrello e non viene messa in dubbio. in dubbio è la sproporzione della reazione FIAT. Se capisco bene l'assoluzione dei tre non è per "non aver commesso il fatto" ma per la "mancanza di una precisa volontà di danneggiare l'azienda". Insomma lo hanno fatto ma senza capire bene quello che stavano facendo e le conseguenze. In Italia questo si traduce in un atto di clemenza verso i lavoratori, altrove l'irresponsabilità, in impianti produttivi che costano centinaia di milioni, porterebbe alla fine del rapporto di lavoro. Ed il fatto di essere sindacalisti non sarebbe un salvacondotto.
Franz
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)