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Il silenzio del forum

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Il silenzio del forum

Messaggioda soniadf il 26/08/2010, 12:03

C’è un silenzio assordante su queste pagine di forum intorno alla vicenda degli operai di Melfi.
Quasi una sorta di imbarazzo per il concretizzarsi di un’ ipotesi più volte evocata da qualcuno, la libertà di manovra di un impresa all’interno del proprio fortilizio aziendale.
Come se il diritto di proprietà comprendesse un sistema di regole unilateralmente imposte a chiunque entri ad operare nell’ambito della propria attività, una libertà decisionale fondata sul ricatto del licenziamento.
Il reintegro disposto da una sentenza è stato volutamente stravolto allo scopo di umiliare dei sottoposti, additandoli come parassiti. All’interno dell’azienda, neppure le leggi dello stato valgono, perché si rinuncia al lavoro pur di riaffermare la propria autorità, in una sorta di delirio padronale verso una controparte da addomesticare.
Il lusso dei diritti sindacali, delle norme di sicurezza, delle condizioni e degli orari di lavoro, dati per acquisiti da decenni, sono ora messi indiscussione dall’isteria indotta dalla globalizzazione, il cui portato principale è la nascita di lontane classi operaie senza diritti, che fanno gola a tutti gli imprenditori senza scrupoli sociali.
Parlare di lusso riferendosi a soggetti che lavorano per poco più di 1000 euro l’ora, che pagano fino all’ultimo euro tutte le tasse e i contributi previsti dallo stato, che avranno pensioni da fame, che producono beni che non si possono permettere, incolpevoli delle scelte sbagliate dei managers e degli incroci finanziari e speculativi che scuotono le borse, è oltremodo stomachevole a fronte degli sprechi colossali promossi dalla politica e dalla classe imprenditoriale.

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Re: Il silenzio del forum

Messaggioda franz il 26/08/2010, 14:04

Concretamente parlando qui l'unica libertà di manova inizialmente contestata è quella di quei lavoratori che nell'ambito di uno sciopero improvviso indetto fuori dai termini regolamentari (almeno a quanto riporto' la stampa allora) si permisero di bloccare la produzione, ponendo dei carrelli elevatori sui binari dei sistemi atomatici di produzione, impedendo il lavoro a chi voleva lavorare e realizzando quindi la fattispecie prevista dal nostro codice penale di "sabotaggio". Questo in presenza di testimoni (altri lavoratori).
Nessun "sistema di regole unilateralmente imposte" quindi ma semplicemente il nostro codice penale.

Chiaramente se la magistratura arriverà a stabilire in modo definitivo la sussitenza del reato, il problema non è tanto il rispetto della dignità di quei tre lavoratori, che va comunque tutelata, ma quella di tutti gli altri lavoratori di melfi, il cui lavoro è stato temporaneamente bloccato dal sabotaggio di alcuni loro colleghi.

A parte il tifo da stadio che si potrebbe fare pro e contro atti del genere, la decisione non è politica (a meno che non si riformi il codice) ma spetta alla magistratura, la quale in prima istanza ha dato ragione ai lavoratori. Il nostro sistema giuridico pero' prevede piu' livelli di contenzioso e prossimamante ci saranno altri pronunciamenti.

Altro discorso riguarda il fatto che il lavoratore reintegrato lo sia solo ai fini retributivi (organico) oppure pienamente, nella catena produttiva. Non so come stiano realmente le cose sul piano giuridico ma la FIAT sostiene che in attesa della definizione legale definitiva sia prassi la reintegrazione solo ai fini retributivi, contributivi e sindacali, ma non quella fisica, sul posto di lavoro. Prassi che comunque come dicevo in altro post è ampiamente seguita da stato e parastato, nei confronti di certi funzionari politicamente scomodi (o politicamente messi da parte per far spazio ai nuovi cavalli rampanti) che ricevono lo stipendio stando a casa, senza nemmeno avere l'obbligo di timbrare (prassi famosa in RAI) e che non ha mai, mi pare, scatenato gli strali dei sindacati. Quando ci sarà una sentenza definitiva vedremo come sarenno messe le cose.

Ora puo' darsi che a nessuno interessi che la FIAT continui a produrre in Italia (investendo 20 miliardi) ma dovrebbe essere chiaro che in ogni paese d'Europa (occidentale e dell'ex-est) un comportamento in fabbrica come quello del boicottaggio, se accertato, sarebbe sanzionato penalmente e civilmente.

Ora noi divremmo partire dal dato di fatto che nel 2004 la FIAT era sull'orlo del baratro e che tutto sommato è stato Marchione che l'ha riportata in sella, salvando centinaia di posti di lavoro nel mondo (non solo quelli in Italia).

Marchione nel suo discorso ha fatto capire che la nuova strada necessita di una rottura nei confronti dei comportamenti del passato e che certe cose, da sempre inammissibili all'estero, ora non sono piu' ammissibili anche in Italia. Ritengo che la maggioranza delle organizzazioni sindacali ed anche dei lavoratori (vedendo l'esito del referendum a Pomiliano) abbia capito. Prima o poi (spero prima) lo capiranno anche gli altri.

Franz
PS: per mille euro l'ora, mollo tutto e vengo anche io a lavorare alla FIAT.
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Re: Il silenzio del forum

Messaggioda Gab il 26/08/2010, 14:47

Una breve cronaca dei fatti,

da ilpost.it

Perché la FIAT non fa lavorare i tre operai di Melfi
La storia dei tre lavoratori sospesi, licenziati, reintegrati e ora impossibilitati a svolgere il loro lavoro
23 agosto 2010 | Italia

Oggi tre operai della FIAT – Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli – sono entrati nel loro stabilimento di Melfi, in provincia di Potenza, e sono stati invitati a entrare in una saletta, di fatto non potendo lavorare. I tre operai erano stati licenziati un mese fa, quando – secondo la FIAT – avevano bloccato l’intera catena di montaggio nel corso di una manifestazione interna, impedendo così a circa 1.750 operai di lavorare, anche a chi al corteo non aveva aderito. I tre avevano poi ottenuto il reintegro da parte del giudice del lavoro.

Il licenziamento
I fatti risalgono allo scorso luglio. La FIAT accusa i tre operai di aver bloccato un carrello robotizzato nello stabilimento, nel corso di una manifestazione sindacale nei primi giorni di luglio, rendendo così impossibile il lavoro alla catena di montaggio per chi aveva deciso di non partecipare al corteo. Dopo un periodo di sospensione, tra il 13 e il 14 luglio gli operai vengono licenziati dalla società e la FIOM, il sindacato, decide di impugnare i tre licenziamenti. Due dei licenziati sono delegati sindacali. Tutti e tre dicono di non avere manomesso il carrello. La decisione della FIAT scatena numerose proteste e porta ad alcuni scioperi e manifestazioni.

Il reintegro
Il 10 agosto il giudice del lavoro decide che Barozzino, Lamorte e Pignatelli possono rientrare nello stabilimento e riprendere l’attività lavorativa. Secondo il magistrato, la FIAT ha assunto un atteggiamento “antisindacale” nei confronti dei propri dipendenti ed è dunque tenuta a reintegrarli in azienda. Per la FIOM si tratta di una vittoria, perché di fatto accoglie le richieste che aveva fatto il sindacato a difesa dei tre operai. Il giudice riconosce agli impiegati «l’assenza di volontà diretta» nel creare un danno alla società.

Il ricorso
L’11 agosto la FIAT annuncia un ricorso «nel più breve tempo possibile» per far valere le proprie ragioni. La società sostiene di aver prodotto «prove incontrovertibili» sulla dinamica dei fatti della manifestazione di luglio e ricorda di essere pronta a portare la vicenda anche in sede penale. Gli avvocati dei tre operai respingono le accuse della FIAT: non hanno impedito il transito dei carrelli, poiché gli stessi non sono ripartiti nemmeno quando i manifestanti si sono allontanati dal loro percorso in fabbrica.

I sindacati
Secondo Giorgio Cremaschi, segretario nazionale della FIOM, la FIAT agisce «in violazione delle leggi e dei contratti e a questo punto è chiaro che la linea deve cambiare visto che, per fortuna, l’ordinamento costituzionale italiano è ancora in vigore». Gli altri sindacati accolgono positivamente la scelta del giudice del lavoro e cercano di evitare lo scontro diretto con FIAT.

Non presentatevi
Il 21 agosto la FIAT invia un telegramma ciascuno ai tre operai invitandoli a non presentarsi al lavoro. L’azienda dice di non fidarsi degli impiegati reintegrati e dunque di non volersi avvalere delle loro prestazioni lavorative. La società conferma comunque di voler rispettare gli obblighi contrattuali con i tre fino al 6 ottobre, quando inizierà la discussione del ricorso presentato dalla stessa FIAT.

La stanzetta
Oggi Barozzino, Lamorte e Pignatelli sarebbero dovuti tornare al loro posto di lavoro, ma le cose sono andate diversamente. I tre operai sono arrivati allo stabilimento di Melfi accompagnati da un ufficiale giudiziario, incaricato di notificare il reintegro dei tre lavoratori. Nel primo pomeriggio la FIAT comunica ai tre operai che non possono accedere alla catena di montaggio, ma che possono continuare a svolgere la loro attività sindacale nello stabilimento. Se lo vogliono, i tre possono utilizzare una “saletta sindacale” fino alla discussione del ricorso prevista per la prima settimana di ottobre. I tre operai si rifiutano e verso le 15 abbandonano lo stabilimento.

Lavoro o cautela
La FIAT sostiene di aver utilizzato una prassi legittima, adottata spesso nel caso dei contenziosi legali con i lavoratori per evitare altre liti tra le parti in causa. La società ha poi ricordato che la Procura della Repubblica (Tribunale di Melfi) ha avviato un’indagine penale sulla vicenda per quello che viene ritenuto un blocco illegittimo e prolungato della produzione, una cosa diversa dallo sciopero. I legali dei tre operai e la FIOM sono di avviso completamente diverso. Il giudice del lavoro ha stabilito il reintegro degli operai nelle stesse posizioni e con le stesse mansioni che ricoprivano prima del licenziamento e non in una “saletta sindacale”. Il sindacato ha richiesto un intervento del presidente Napolitano e ha proclamato un’ora di sciopero tra le 14 e le 15. Per l’azienda la partecipazione è stata del 5,2 per cento nella prima ora, mentre per la FIOM hanno partecipato buona parte dei lavoratori del secondo turno.
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Re: Il silenzio del forum

Messaggioda ranvit il 26/08/2010, 15:55

L' unica cosa messa in discussione è il disfattismo masochistico del sindacalismo italiano. Siamo l'unico Paese al mondo in cui anzichè difendere i lavoratori si difendono i sindacalisti, i loro redditi e la loro sfacciataggine di voler decidere le sorti delle aziende (al posto degli azionisti) senza metterci una lira!
Hanno costruito, con l'appoggio della sinistra "italiana" (e anche della Dc dei bei tempi), un sistema di totale ingestibilità dell'attività imprenditoriale facendo scappare dall'Italia chiunque abbia la benchè minima intenzione di investire qualcosa.

Restano sul campo solo i piccoli imprenditori "autorizzati " nei fatti dai sindacati a fare quello che vogliono; anche dei propri dipendenti ....tanto non sono iscritti al sindacato e quindi sono lavoratori di serie B!
Quindi si becchino pure il licenziamento senza alcun sostegno....i soldi servono a pagare la Cig e gli "scivoli" verso la pensione dei lavoratori di serie A.




dal corriere.it :


DALL'AD DI FIAT RINGRAZIAMENTI SOLO A CISL E UIL. «MA SONO PRONTO A INCONTRARE EPIFANI»
«In Italia non c'è voglia di cambiare»
Marchionne: «Basta scontri operai-padroni». «Non difendibili illeciti e sabotaggi, su Melfi noi corretti»


Sergio Marchionne durante l'intervento al meeting di Cl di Rimini

MILANO - «L'unica area del mondo in cui Fiat e in perdita è l'Italia».

....l'articolo continua....
http://www.corriere.it/economia/10_agos ... primopiano
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Il silenzio del forum

Messaggioda franz il 26/08/2010, 17:06

Da http://it.notizie.yahoo.com/7/20100811/ ... abaed.html

Roma, 11 ago. (Labitalia) - Il carrello robotizzato non si bloccò per un atto di sabotaggio ma perché il "bumper" incontrò un ostacolo. Non ci fu dunque "nessun dolo" da parte degli operai chiamati in causa ed il licenziamento acquista un carattere di antisindacalità dovuto alla "sproporzione discilpinare" e considerando che i fatti alla base della espulsione "sono maturati nel corso di un'astensione dal lavoro per ragioni economiche-produttive e che il licenziamento ha interessato attivisti e militanti della Fiom, organizzazione notoriamente protagonista di una serrata critica sindacale al gruppo medesimo".

E' questo il cuore della sentenza con cui ieri, il giudice del lavoro di Potenza, Emilio Minio ha ordinato il reintegro dei tre lavoratori licenziati alla Sata di Melfi, stabilimento lucano della Fiat accusati di sabotaggio mentre era in corso uno sciopero nel sito.

"Quando gli scioperanti si sono riuniti in assemblea nei pressi del carrello, questo ultimo era gia' fermo ed i lavoratori erano ad una distanza superiore a quella necessaria per l'attivazione del radar", si legge nella sentenza che aggiunge: "di conseguenza gli scioperanti non ebbero il deliberato intento di arrestare la produzione". Il licenziamento, dunque, concludono le motivazioni, "è obiettivamente idoneo a conculcare il futuro esercizio del diritto, costituzionalmente tutelato, di sciopero e a limitare l'esercizio dell'attività sindacale, attraverso l'illegittimo allontanamento dall'azienda di militanti dell'organizzazione che è, notoriamente, fra le più attive nel particolarmente momento storico".

Mer 11 Ago - 18.01

Ok il carrello robotizzato non si è bloccato per un sabotaggio (nessuno ha aperto qualche suo sportello per staccare di fili) ma si è bloccato perché il paraurti (penso che questa sia la traduzione corretta di "bumper") ha incontrato un ostacolo, non precisato. Eppure andrebbe precisato quale ostacolo ha fermato il carrello, perché i carrelli automatici sono programmati per fermarsi da soli, quando ne incontrano uno. Il risultato è il sabotaggio non del carrello ma della linea di produzione. Un giudice avrebbe quindi dovuto sentire i testimoni (e pare che ci siano) per vedere se l'ostacolo in questione era umano (visto che Fiat sostiene che a fermi tre operai licenziati abbiano fatto apposta a fermarlo). Il fatto che poi l'assemblea fosse fuori portata dal radar del carrello non significa molto, visto ch FIAT non imputa l'operazione a tutti i lavoratori riuniti in assemblea, poco distante, ma solo a quei tre, sulla base di testimonianze.
Noi non possiamo sapere come si sono svolti i fatti e quindi non so come si posa dare un giudizio a priori pro o contro la fiat o i tre operai. Il fatto che pero' il carrello si sia fermato per un ostacolo intanto non viene messo in discussione. Il fatto che succeda durante una manifestazione sindacale interna pone seri problemi al sindacato, anche perché leggo alcune cose interessanti qui, a proposito della sentenza del giudice(vedere qui) http://archiviostorico.corriere.it/2010 ... 1067.shtml

MILANO - L' aveva preannunciato. L' ha presentato ieri. Sono contenute in 53 pagine, le argomentazioni del «ricorso in opposizione» che la Fiat ha depositato al Tribunale di Melfi. E ovviamente ribadiscono, a proposito dei tre operai licenziati nella fabbrica lucana a metà luglio, la posizione già sostenuta dal Lingotto. Quei tre dipendenti - due delegati e un iscritto Fiom - secondo l' azienda avevano «deliberatamente» bloccato l' ormai famoso carrello-robot. Un «volontario sabotaggio alla produzione» di cui esistono, per Torino, «prove incontrovertibili». Le stesse che però, nel round d' avvio della vertenza, non avevano convinto il magistrato che se ne era occupato in prima battuta. Emilio Minio aveva in parte «censurato», sì, anche i tre dipendenti, ma aveva ritenuto «sporporzionata» la reazione della Fiat-Sata. Non aveva ravvisato la «sistematica volontà di ledere i diritti sindacali» contro cui punta il dito la sigla di Maurizio Landini. Ma la conclusione (9 agosto) era stata comunque netta: condanna dell' azienda per il suo comportamento e disposizione di reintegro immediato per Antonio Lamorte, Giovanni Barozzino, Marco Pignatelli. In condizioni normali, sarebbe una delle tante cause di lavoro che ogni giorno vanno in scena in Italia. E normale sarebbe il ricorso. Qui, però, ci si muove sullo sfondo della dura contrapposizione Fiom-Fiat sulla «rivoluzione Pomigliano», l' accordo firmato da Fim, Fismic, Uil e Ugl ma non dai metalmeccanici Cgil. «Le fabbriche saranno ingovernabili», aveva subito «avvisato» Landini. E il «caso Melfi» si è immediatamente inserito (non da solo) in questo scenario di microconflittualità. Che Sergio Marchionne non è disposto «a tollerare, o non gestisco più niente». Nella vicenda lucana, poi, la Fiat è convinta di avere non solo «prove incontrovertibili»: nel ricorso parla tra l' altro di «palese ed errata interpretazione», da parte del giudice, del quadro «emerso già in fase istruttoria». Tesi opposta, ovviamente, dalla Fiom (accusata di nuovo dal leader Cisl Raffaele Bonanni: «È isolata e minoritaria, il Lingotto non la rincorra»). Landini, questa volta, non spara però ad alzo zero: «Il decreto di reintegro è esecutivo e la notizia è solo una: che lunedì i tre operai tornino a lavorare. È un diritto Fiat fare ricorso, ma siamo fiduciosi che quanto già deciso dal Tribunale venga confermato». Primo appuntamento in aula mercoledì 6 ottobre.
Raffaella Polato


Ora se il giudice ha in parte «censurato», anche i tre dipendenti, qualche cosa deve essere emerso sul fronte delle prove e quindi è evidente che la FIAT fa ricorso. Qualche cosa quindi è realmente successo attorno a quel carrello e non viene messa in dubbio. in dubbio è la sproporzione della reazione FIAT. Se capisco bene l'assoluzione dei tre non è per "non aver commesso il fatto" ma per la "mancanza di una precisa volontà di danneggiare l'azienda". Insomma lo hanno fatto ma senza capire bene quello che stavano facendo e le conseguenze. In Italia questo si traduce in un atto di clemenza verso i lavoratori, altrove l'irresponsabilità, in impianti produttivi che costano centinaia di milioni, porterebbe alla fine del rapporto di lavoro. Ed il fatto di essere sindacalisti non sarebbe un salvacondotto.

Franz
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Re: Il silenzio del forum

Messaggioda pierodm il 26/08/2010, 17:20

Non siamo più negli anni Sessanta non c'è una lotta fra capitale e lavoro, fra padroni e operi. Se l'Italia non riesca ad abbandonare questo modello di pensiero non raggiungeremo mai niente. Ora c'è bisogno di uno sforzo collettivo, un patto sociale per condividere impegni, sacrifici e consentire al Paese di andare avanti. Una occasione per costruire il paese che lasceremo alle nuove generazioni - Marchionne.

E' vero, la lotta non c'è più: da tempo, ormai, ha vinto il capitale.
Marchionne - giustamente dal suo punto di vista - non capisce perché non si prende atto di questa vittoria, costruendoci sopra il "patto sociale".
Un patto del genere avrebbe senso se venissero rimessi in discussione molti parametri sociali, e non solo il livello di libertà delle aziende nei rapporti con i dipendenti (oops, ...con i "collaboratori").
Come caso minimo, un barlume di senso avrebbe anche il solo adeguamento dei salari italiani agli standard europei: non sanerebbe la piaga del precariato e del lavoro in affitto ormai fatti sistema, ma sul piano pratico costituirebbe un passetto in avanti.
In ogni caso fa veramente ridere questo atteggiamento così "verginale" della Fiat, che chiede benevolenza per gl'investimenti che fa benevolmente in Italia, dimenticando i fiumi di finanziamenti ricevuti per decenni, le Cig a carico dello stato e la legislazione di favore che ha consentito alla Fiat per un lungo periodo di avere in mano il 60% e più del mercato nazionale. Ecco, questo sì che è un "piagnisteo".

Stamattina, in ospedale dove faccio la mia fisioterapia, la terapista aveva un diavolo per capello: sventolava la sua busta paga, con 950 euro di trattenute. "Più di trattenute che di stipendio netto" si lamentava.
In corridoio una locandina chiamava a raccolta gl'infermieri, reclamando che le retribuzioni fossero portate ai livelli del resto d'Europa.
Parlando, poi, con la terapista, mi diceva che suo fratello di 38 anni era ricercatore, a Bologna, e che era precario da dieci anni e guadagnava meno di lei: suo fratello sapeva benissimo che andando all'estero avrebbe guadagnato molto di più, essendo molto qualificato e in possesso di un ottimo curriculum, ma aveva fatto la scelta di rimanere per "coerenza ideologica".
Questa terapista non appartiene certamente alla schiera dei lavativi o dei Pippi, e prova ne è il fatto stesso che ad agosto io abbia potuto fare fisioterapia in una struttura pubblica, con un preavviso di due giorni: in particolare, questa donna sta facendo reparto da sola, e ogni giorno si occupa di una notevole quantità di persone, senza un momento di sosta.

Chiaro che verrebbe subito da commentare circa il "merito" che andrebbe premiato, ma non è questo il punto.
Il punto è che questa terapista non ha un merito particolare: il reparto dovrebbe funzionare esattamente così, sempre e dappertutto.
Il problema è il livello degli stipendi: in Italia chi lavora guadagna troppo poco, sia quelli che lavorano in regola, sia quelli che lavorano in nero, mentre i prezzi sono uguali o perfino più alti che nel resto d'Europa.
Qualcuno dovrebbe, infatti, chiedersi come e perché ci siano aziende (non poche eccezioni, ma molte) che operano in nero e fanno pagare i loro prodotti e servizi a prezzo intero, e anzi spesso più lavorano in nero più hanno prezzi alti.

Tornando al merito, chi merita dovrebbe guadagnare di più, ma non un di più rispetto ad un livello infimo: questa è vita, non una gara scolastica a chi prende il voto più alto e una merendina in più del compagno.
Quando una persona guadagna mille euro, o milleduecento, al mese, e un pullover di media tacca ne costa cento, e i libri di scuola dei figli ne costano quattrocento, e il tratto d'autostrada per andare al lavoro costa 3,5 euro a botta, cioè 7 euro a/r al giorno, un affitto (se si trova) d'un appartemento medio-piccolo arriva a sette-ottocento euro, e una modestissima Panda in offerta speciale (cioè in tempi di crisi) costa 8-9000 euro nella versione più nuda, vorrei sapere che razza di "patto sociale" si fa su queste basi: e quali siano i "sacrifici" che Marchionne mette sul piatto da parte delle imprese.

PS
Franz si chiede perché la Fiat farebbe tanto baccano, se non avesse ottime ragioni.
la Fiat ha ottime ragioni, e l'ha spiegato bene la Marcegaglia: è ora di ridiscutere le relazioni industriali.
Si tratta di un movimento che sta avvenendo ormai da diversi anni, e che finora non ha toccato i diritti sindacali, ma che adesso si sta decidendo di portare fino in fondo: sindacato diviso, sinistra in confusione, crisi e disoccupazione che consentono il ricatto economico, rinforzato dalla minaccia della delocalizzazione.
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Re: Il silenzio del forum

Messaggioda Giorgio Graffieti il 26/08/2010, 17:53

franz ha scritto:Concretamente parlando qui l'unica libertà di manova inizialmente contestata è quella di quei lavoratori che nell'ambito di uno sciopero improvviso indetto fuori dai termini regolamentari (almeno a quanto riporto' la stampa allora) si permisero di bloccare la produzione, ponendo dei carrelli elevatori sui binari dei sistemi atomatici di produzione, impedendo il lavoro a chi voleva lavorare e realizzando quindi la fattispecie prevista dal nostro codice penale di "sabotaggio". Questo in presenza di testimoni (altri lavoratori).
Nessun "sistema di regole unilateralmente imposte" quindi ma semplicemente il nostro codice penale.
...


gli organi di informazione si prodigano a presentare la versione di Marchionne, ma non presentano quelle dei lavoratori.

Secondo questi... e le loro dichiarazioni sono avvalorate da diverse testimonianze... lo sciopero a cui partecipavano non era un'iniziativa della Fiom, ma di tutti sindacati... infatti sul luogo oggetto della "violazione" erano lavoratori di tutte le sigle sindacali... lo dica anche Bonanni, quando fa le sue dichiarazioni.

Dalla memoria dei legali Fiom risulta:
Non è stata la presenza degli scioperanti (circa cinquanta operai, tra i quali anche delegati di tutte le altre sigle sindacali, e non quindi solo i tre licenziati) a impedire il transito dei carrelli, in quanto “quando gli scioperanti si sono allontanati dalla banda magnetica” il carrellino non è ripartito, tanto da destare lo stupore dello stesso Gestore Operativo che aveva contestato gli addebiti ai (soli) tre lavoratori licenziati. Anzi, dalle deposizioni dei presenti è risultata anche la circostanza che quando gli scioperanti si sono fermati in quell’area per un’assemblea, il carrello era già fermo. A ciò si aggiunga che mai ai dipendenti quella notte è stato contestato di avere bloccato il carrello, essendosi limitato il Gestore Operativo ad intimare (con toni particolarmente aggressivi) agli scioperanti di allontanarsi. In sostanza la notte dello sciopero si è creato – a tutto concedere – un equivoco, come evidenzia il decreto del Tribunale, specificando che “l’assenza di volontà diretta a creare un danno alla società resistente sono ben evidenziati dalle dichiarazioni dei lavoratori presenti ai fatti”.


E il Giudice gli ha dato ragione.
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Re: Il silenzio del forum

Messaggioda franz il 26/08/2010, 18:52

pierodm ha scritto:Non siamo più negli anni Sessanta non c'è una lotta fra capitale e lavoro, fra padroni e operi. Se l'Italia non riesca ad abbandonare questo modello di pensiero non raggiungeremo mai niente. Ora c'è bisogno di uno sforzo collettivo, un patto sociale per condividere impegni, sacrifici e consentire al Paese di andare avanti. Una occasione per costruire il paese che lasceremo alle nuove generazioni - Marchionne.

E' vero, la lotta non c'è più: da tempo, ormai, ha vinto il capitale.
Marchionne - giustamente dal suo punto di vista - non capisce perché non si prende atto di questa vittoria, costruendoci sopra il "patto sociale".

Esattamente quello che è già successo in tanti altri paesi, nel dopoguerra e anche prima. Ed anche ad Est, dopo la caduta del muro. Giusto che Marchionnne si stupisca, soprattutto lui, disposto a metterci 20 miliardi sul piatto.
Appena hai l'occasione di verdere l'infermiera, quella che sbandiera la sua busta paga lamentandosi dei 950 euro di trattenute, dille che Zio Franz dalle Alpi le dà ragione (senza - per carità - arrivare alla papale carezza) e che per le trattenute deve rivolgersi allo stato, a chi ha gonfiato imposte e contributi (sindacati compresi).

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Re: Il silenzio del forum

Messaggioda franz il 26/08/2010, 18:56

Giorgio Graffieti ha scritto:E il Giudice gli ha dato ragione.

Vorrei leggere il dispositvo della decisione del giudice, cosi' vediamo se l'affermazione che il giudice ha in parte «censurato» i tre dipendenti, fa parte della propaganda degli organi di informazione pro-fiat oppure ha un fondo di verità (e quale).
Insomma, se è vero, qualche cosa è successo. Poi puo' essere vista in un modo o nell'altro ma non siamo nell'ottica tipo "il fatto non sussiste".
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Re: Il silenzio del forum

Messaggioda ranvit il 26/08/2010, 19:38

Ma per avere una trattenuta complessiva (immagino) di 950 euro, deve avere un lordo a occhio e croce di 3.000 Euro....non male per un'infermiera!
Comunque ne restano 2.000 netti....non male per un'infermiera!

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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