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Il lavoro

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Re: Il lavoro

Messaggioda gabriele il 24/08/2010, 13:17

Francesco scrive di regole, com’è ovvio che sia, e scrive che un sistema con molte regole soffoca l’economia.

In linea di principio un sistema con poche regole, chiare e condivise, è l’obiettivo da raggiungere. Ma ancor prima di definire quante regole devono esserci occorre capire quali regole creare (o tenere) e soprattutto come si creano le regole.

Le regole che si creano fra due soggetti, come potrebbe essere il caso posto da Annalu dell’idraulico e dell’usufruitore del servizio, sono tacite. “Il lavoro me lo fai, se so come lavori, cosa farai e quanto costerà”. Si forma un rapporto di forza che si regola autonomamente fra i soggetti.

Altra cosa sono le regole imposte. Nascono anch’esse da rapporti di forza ma investono molti soggetti. Il caso dell’ingegnere iscritto all’albo ne è un esempio. Per salvaguardare la vita umana, che è principio fondamentale non solo del liberalismo, occorrono delle regole che fissino dei paletti utili a svolgere un determinato servizio in maniera tale che tutto ciò che concerne il metterlo in atto e l’opera finale siano sicuri per la salute umana. In tal modo fra i soggetti si interpone un’entità al di sopra delle parti che regola il rapporto fra i soggetti attraverso le leggi.
Da un’esigenza collettiva che si crea nel mercato, lo Stato impone delle regole (leggi) affinché lo scambio di beni e servizi sia effettuate nel rispetto della vita umana e del mercato stesso.

Lo Stato ha diritto di sapere come viene svolto un lavoro e cosa succede all’interno di un’impresa?
Sì, solo se questa necessità è dettata da una bisogno collettivo interno al mercato.

Ad esempio, i controlli in tema ambientale sui rifiuti, dettati da disposizioni legislative, servono non solo alla salvaguardia dell’ambiente e quindi alla salvaguardia della vita umana, ma anche affinché le imprese che gestiscono rifiuti non influenzino e destabilizzino con prezzi ridotti, possibili proprio a causa della condotta illecita, il mercato stesso. Per una esigenza collettiva (salvaguardia dell’ambiente e rispetto dei prezzi di mercato), generata da un rapporto di forza fra il benessere dei cittadini e i guadagni dei gestori delle imprese rientranti nella filiera dei rifiuti e fra le imprese della filiera stessa, sono state create delle leggi (regole) che permettono agli enti di controllo che sono una propagine dello Stato (figura coercitiva) di effettuare tutti i controlli necessari affinché le regole stesse siano rispettate.
Se le regole, che possono essere modificate, vengono rispettate il mercato e la collettività tutta ne guadagna, altrimenti ne perdono tutti fuorché quelli che delinquono (i parassiti).

Tutto ciò che esce dall’esigenza collettiva ma che comunque viene imposta a forza dallo Stato per deviare l’incontro fra domanda e offerta, è una stortura, va a danno del mercato e crea povertà.
Forse sono queste le regole che Francesco vorrebbe eliminare.

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Re: Il lavoro

Messaggioda franz il 24/08/2010, 13:46

gabriele ha scritto:In linea di principio un sistema con poche regole, chiare e condivise, è l’obiettivo da raggiungere. Ma ancor prima di definire quante regole devono esserci occorre capire quali regole creare (o tenere) e soprattutto come si creano le regole.

Chiaro e limpido ed aggiungo che in questa atttività (capire quali regole creare o tenere) non partiamo da zero ma abbiamo a disposizione tutta una serie di casi concreti, di maggiore o minore successo, nel contesto internazionale.
gabriele ha scritto:Le regole che si creano fra due soggetti, come potrebbe essere il caso posto da Annalu dell’idraulico e dell’usufruitore del servizio, sono tacite. “Il lavoro me lo fai, se so come lavori, cosa farai e quanto costerà”. Si forma un rapporto di forza che si regola autonomamente fra i soggetti.
Altra cosa sono le regole imposte. Nascono anch’esse da rapporti di forza ma investono molti soggetti. Il caso dell’ingegnere iscritto all’albo ne è un esempio. Per salvaguardare la vita umana, che è principio fondamentale non solo del liberalismo, occorrono delle regole che fissino dei paletti utili a svolgere un determinato servizio in maniera tale che tutto ciò che concerne il metterlo in atto e l’opera finale siano sicuri per la salute umana. In tal modo fra i soggetti si interpone un’entità al di sopra delle parti che regola il rapporto fra i soggetti attraverso le leggi.

Chiaro, ed infatti la presenza di un ordine degli ingeneri, dei geologi e degli architetti non ha impedito la catastrofe del Vajont ed altri eventi provocati dall'uomo. Diciamo che salvo forse il caso dei medici, ma è da approfondire, gli ordini professionali sarebbero da abolire, in quanto non sono per nulla un’entità al di sopra delle parti ma solo uno strumento di gestione corporativa del settore. O se non aboliti, l'affiliazioe dovrebbe essere facotativa e dovrebbero poterci essere piu' associazioni.

Lo Stato ha diritto di sapere come viene svolto un lavoro e cosa succede all’interno di un’impresa?
Sì, solo se questa necessità è dettata da una bisogno collettivo interno al mercato.

Sicuramente va verificata la legalità di quello che avviene ovunque (sia in casa che in azienda potrebbero avvenire reati) ma qui è la magistratura ad intervenire.
Tutto ciò che esce dall’esigenza collettiva ma che comunque viene imposta a forza dallo Stato per deviare l’incontro fra domanda e offerta, è una stortura, va a danno del mercato e crea povertà.
Forse sono queste le regole che Francesco vorrebbe eliminare.

Togliamo pure il forse. Ora pero' non è che lo stato imponga cosi' per sport, questa distorsione tra domanda ed offerta.
Lo fa su precisa chiamata di gruppi di potere (e lo faceva anche nel 1700, nel 1800 nei paesi non liberalizzati, nel 1900 in certi paesi oltre cortina) legati ad una ragnatela di interessi privati e amicizie politiche.
Danneggia molti per favorire pochi.
Chiaramente un contesto dittatoriale puo' permettersi di danneggiare il 95% della popolazione a favore di un 5% di casta/corte. In un contesto democratico le cose cambiano. Occorre cercare di favorire una mole abbastamza vicina alla maggioranza semplice ma non certo una larga maggioranza (costerebbe troppo). Con il maggioritario, se ben studiato, si puo' anche riuscire a vincere con il 45% dei voti e avere il 60% dei seggi. Cosa pericolosa ma che permette anche (questo il pregio) di fare certe riforme positive ed utili anche in presenza di una maggioranza conservatrice nel paese.
Chiaro che questa maggioranza conservatrice nel paese piu' facilmente esprime un governo teso a conservare privilegi e tutele a corporazioni. Tuttavia a lungo andare (visto che non esistono pasti gratis) anche questa maggioranza conservatrice deve fare i conti con la realtà, soprattutto quando le mucche da mungere cominciano a scappare nei prati vicini.

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Re: Il lavoro

Messaggioda pierodm il 24/08/2010, 15:54

Gab - Le regole che si creano fra due soggetti, come potrebbe essere il caso posto da Annalu dell’idraulico e dell’usufruitore del servizio, sono tacite...
Altra cosa sono le regole imposte. Nascono anch’esse da rapporti di forza ma investono molti soggetti.


Le "regole tacite" sono una curiosa novità.
Forse sarbbe meglio definirele un "accordo tacito", o magari regole indotte dalla tradizione, senza interventi coercitivi.
O, ancora, regole indotte da quella che in altri post ho tentato di evocare come "etica", in qusto caso etica del lavoro, o anche etica condivisa nei rapporti sociali, etc.

Le regole imposte non "nascono" da rapporti di forza, ma da necessità o, anche qui, da principi etici o di opportunità.
La forza semmai serve non a elaborare ma ad imporre le regole stesse.

Tutto ciò, per essere precisi, perché in questa discussione troppo si è giocato sui fraintendimenti e sugli slittamenti di senso e di termini.
Per esempio, qui non si stava parlando di un eccesso di leggi, confuse e contradditorie: se così fosse stato, solo gl'idioti avrebbero contestato i post di Franz.
Qui si è parlato, da parte di Franz, del concetto che ha ripetuto al di là di ogni equivoco: in quello che fa l'azienda nessuno deve impicciarsi: quindi, né troppe leggi e confuse (ok), ma nemmeno poche leggi e chiarissime, dedicate al lavoro, perché per Franz in realtà leggi simili "sembrano" dedicate al lavoro ma in realtà sono solo dirette a danno dell'azienda.

Inutile poi mettere in mezzo il "mercato": questo vale - negli ampi ma non illimitati confini in cui vale - per il rapporto tra le aziende e vale per la produzione, diffusione e prezzi delle merci, ma non può valere per il lavoro. L'attività delle persone, la loro esistenza, non sono una merce.
Conisiderare il lavoro una merce è una gran comodità, per chi elabora modelli di produzione, e per chi discute sul lavoro stesso, ma è una falsificazione ideologica, o meglio una forzatura, una forma di estremismo inaccettabile.
Il lvoro così considerato sarebbe (anzi, è) molto più simile ad una macchina, ad un pezzo di ricambio, e preso soltanto nella sua funzione produttiva e utilitaria, laddove invece in esso esiste una serie di valori esistenziali: la fatica, il rischio, l'investimento di una scelta di vita, uno status sociale, un dato livello culturale, etc.

Molto più semplicemente, possiamo dire che la politica ha l'obbligo di fare in modo che i diritti costituzionali del cittadino non si fermino sulla soglia d'ingresso dell'azienda, ma siano rispettati anche al suo interno.
Questa è qualcosa che va al di là del solo "commettre reati": per altro, un reato è tale quando infrange una legge, e dunque le leggi - ancorché poche e chiarissime - sono necessarie anche per perseguire i soli reati.

Gab - Tutto ciò che esce dall’esigenza collettiva ma che comunque viene imposta a forza dallo Stato per deviare l’incontro fra domanda e offerta, è una stortura, va a danno del mercato e crea povertà.
Forse sono queste le regole che Francesco vorrebbe eliminare.

Franz - Togliamo pure il forse. Ora pero' non è che lo stato imponga cosi' per sport, questa distorsione tra domanda ed offerta. Lo fa su precisa chiamata di gruppi di potere ...

In un contesto liberale e costituzionale non esiste solo l'interesse collettivo, ma anche l'interesse e il bene individuale: mi meraviglio di dover sottolineare un dettaglio come questo.
Che, poi, si abbia tanta sensibilità verso la "forza" quando si tratta delle leggi dello stato, mi fa piacere (del resto appartengo a quella sinistra dedita all'illegalità, come è stato ricordato da qualcuno), ma sarebbe il caso di non trascurare le tante "forze" che hanno un potere forse ancora più coercitivo di quella dello stato.
Per esempio, mi meraviglio che Franz, quando parla di gruppi di potere, non prenda in considerazione i grandi gruppi economici e finanziari: per lui i gruppi che spingono alla distorsione sono solo i sindacati, e qualche corporazione.
Oligopoli, monopoli, rendite di posizione, speculazioni rovinose, compravendita di parlamentari, prevaricazione legale da parte dei soggetti forti, etc, di tutto questo non c'è traccia nel disegno estremisticamente liberista proposto da Franz ... ah, già, basta il codice civile.
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Re: Il lavoro

Messaggioda pierodm il 24/08/2010, 16:28

Loredana - Una curiosità : mi piacerebbe sapere che ne pensa Piero dell'Ordine dei Giornalisti, per entrare in merito a che possibilità hanno i più giovani di entrare in questa professione, anch'essa sempre più "informatizzata".
Il fatto che Franz difenda a spada tratta la necessità delle liberizzazioni in quest' Italia ingessata,


Penso che l'Ordine sia una puttanata, perché corporazione in un settore che è per definizione depositario della libertà di stampa e quindi di straordinaria importanza per la democrazia.
I più giovani, e anche i meno giovani quanto a questo, hanno una scarsissima possibilità di entare in questa professione, benché un certo movimento di basso livello esista grazie al numero abnorme di TV e radio commerciali.
Ma i problemi del'informazione e delle relative professionalità non sta tanto nell'Ordine, quanto in altri fenomeni che meritano ed esigono di essere trattati in altro contesto di discorso: l'Ordine è solo un aspetto marginale, che ha valore di testimonianza del modo in cui viene considerata la libertà di stampa in Italia, e dei limiti che mostra la Costituzione su alcuni argomenti.

Le liberalizzazioni vanno benissimo, e io sono assolutamente d'accordo: ben più di dieci anni fa - erano i primi tempi del PDS - promossi nel circolo/sezione di cui facevo parte una lettera a D'Alema nella quale si chiedeva esatatmente questo, cioè di infrangere questa "ingessatura", di liberare questa società bloccata, come priorità di programa politico.
Poi abbiamo visto in che cosa si siano risolte le liberalizzazioni: in privatizzazioni sul modello Telecom/Colaninno/Tronchetti, e poi altre fino all'Alitalia.
L'abolizione delle corporazioni professionali e altri tipi di liberalizzazioni - modello Bersani, diciamo - sono necessarie, a patto però di mettere mano alla soluzione del problema giustizia civile, oltre a quello dell'efficienza burocratica.
In un contesto dove non puoi, in pratica, far valere i tuoi diritti in tempi accettabili, sarebbe come saltare dalla brace nella padella.
Il tipo di "liberalizazione" che rischiamo di ottenere è quello che stiamo vedendo ad opera di questo centrodestra berlusconiano: liberalizzare gli affaristi e i profittatori, e tenere nella palude la massa dei peones.
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Re: Il lavoro

Messaggioda ranvit il 24/08/2010, 21:11

Questa discussione è un classico esempio delle seghe mentali tipiche della sinistra....italiana.

Ho lavorato 36 anni in aziende piccole e grandi, italiane e multinazionali, da impiegatuccio di ultimo livello, poi inpiegato, quadro, dirigente, infine Amministratore.

Unitamente a tanti meriti, soprattutto negli anni cinquanta e sessanta, i danni del sindacalismo all'amatriciana sono evidenti a chiunque abbia lavorato da "lavoratore dipendente"....certo non da chi pontifica dal salotto di casa (o di amici piu' o meno "radical-chic" o pseudointellettuali....tra le due categorie c'è una lotta serrata, per motivi diversi ma entrambi riprovevoli, alle piu' raffinate seghe mentali).

La mia lunga permanenza in fabbriche variegate e la conoscenza di un'infinità di situazioni personali mi permette di dire una cosa molto semplice : le aziende devono rispettare le regole dello Stato, ma una volta fatto cio' devono essere libere da burocrazie e da lacci sindacali che nulla hanno a che vedere con il bene del Paese!
Una azienda che fa il bene del Paese è quella che fa utili e offre lavoro.

L'azione degenerante del sindacato italiano ha portato al risultato per cui il lavoratore medio se puo' non fa un cazzo!
Vero all'80% nel lavoro statale e pubblico in generale, un po' meno nel privato.

Un esempio delle degenerazioni del sindacalismo : in una delle fabbriche in cui operavo, ho scoperto (dopo un po' di tempo che c'ero) che per riparare un motore elettrico dovevano andare due operai : il meccanico per svitare i bulloni del carter che racchiude la parte elettrica e l'elettricista per riparare il danno....
E' solo un esempio che fa il paio con la malattia finta, il permesso sindacale finto, lo sciopero di un singolo reparto e talvolta di un sottoreparto etc etc.

Questa è la cruda realtà. Lo sanno tutti. E' una delle ragioni per cui gli stranieri non investono piu' in Italia (unitamente al costo stratosferico dell'energia elettrica e soprattutto alla spaventosa burocrazia e per finire ai tempi biblici per risolvere eventuali questioni giudiziarie sia con dipendenti che con fornitori).

Ma alla sinistra "italiana" interessa baloccarsi con le seghe mentali preferibilmente stando all'opposizione....dà orgasmi piu' intensi...


Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Il lavoro

Messaggioda franz il 24/08/2010, 22:04

pierodm ha scritto:Per esempio, qui non si stava parlando di un eccesso di leggi, confuse e contradditorie: se così fosse stato, solo gl'idioti avrebbero contestato i post di Franz.
Qui si è parlato, da parte di Franz, del concetto che ha ripetuto al di là di ogni equivoco: in quello che fa l'azienda nessuno deve impicciarsi: quindi, né troppe leggi e confuse (ok), ma nemmeno poche leggi e chiarissime, dedicate al lavoro, perché per Franz in realtà leggi simili "sembrano" dedicate al lavoro ma in realtà sono solo dirette a danno dell'azienda.

Veramente sono io che parlavo (da una ventina di pagine) di eccessi di leggi. Adesso tu neghi che qui ne ne parlasse ma io so bene di cosa parlavo. Se me lo consenti ;)
Ok ammetto di non sapere cosa capivi (mistero) ed anche tu lo hai ammesso, quindi questo non è una argomentazione politica valida.

Solo in seguito, quando era ormai dato per assodato che il concetto delle leggi confuse e contradditorie era stato digerito, si è parlato di quale regola potesse essere alla base di una sorta di autolimitazione della politica, che evitasse di imporre ai cardichirurghi per legge come suturare le aorte alle aziende come gestore, assumere e licenziare.

pierodm ha scritto:In un contesto liberale e costituzionale non esiste solo l'interesse collettivo, ma anche l'interesse e il bene individuale: mi meraviglio di dover sottolineare un dettaglio come questo.

Potrai anche meravigliarti ma per l'interesse individuale (delle parti) basta ed avanza il codice civile (e se qualche norma fosse resa necessaria, andrebbe aggiunta li'). Le altre norme sono per gli interessi di gruppi e settori particolari: dal formaggio di altamura agli ex lavoratori alitalia; dai tassiti ai giornalisti, dai lavoratori diaziende con piu' di 50 dipendenti ai tapiri orfani del paranà.

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Re: Il lavoro

Messaggioda Myosotis il 24/08/2010, 22:39

Franz ha scritto:

Tutte palle, cara mysotis, che leggi da qualche parte ed a cui ami credere.
La riprova che sono palle è che proprio da 20 anni, da quando è caduto il muro e molte nazioni si sono aperte al libero mercato, partecipandovi, è cresciuta a dismissura la ricchezza proprio di quei paesi poveri come Cina, India, Brasile, messico, Russia, tutto l'est europeo e tanti altri. Piu' di delle ricchezza dell'europa e degli USA. I quali allora sarebbero dei coglioni immani ad imporre le loro regole ed i loro rapporti di forza per ottenere in cambio ... lo sviluppo economico di imponenti competitori come Cina, India etc.
Forse non hai tempo per leggrti tutto questo articolo, oltre alle letture antiglobaliste che ispirano intenventi come questo tuo, ma dai un'occhiata almeno alle immagini, soprattutto questa.



Caruccio, davvero un vero Signore a liquidarmi come una povera deficiente che abbocca a tutte le stronzate che legge.

L'economia nazionale cinese - che non è certo liberista - cresce ad un tasso di oltre il 9,5% l'anno dalla fine degli anni '70. La Cina è quindi, cazzate a parte e da oltre trent'anni, una delle più forti economie mondiali e primo consumatore mondiale di Ferro, Rame, Zinco, Stagno, acciaio, Platino; secondo di Alluminio, di Idrocarburi di Piombo e di Soia; terzo di Nichel e quarto di Oro. E' difficile immaginare come la Cina, il cui governo stima di quadruplicare il Pil procapite nei prossimi quarant'anni, possa fare a meno di approvvigionarsi di risorse e materie prime provenienti da paesi terzi. Fermo restando che in Cina sussistono attualmente enormi differenze sia nel reddito che nella qualità della vita tanto a livello regionale che tra città e campagna.
E parliamo di un sud cinese che è grande più dell'Europa.

La Cina, inoltre, è il più importante partner degli Usa quanto ai prodotti d'importazione; e, con i paesi mediorientali, il principale creditore del debito statunitense. La Cina è, inoltre, con gli Usa, il principale partner commerciale dei paesi emergenti in America latina e il principale finanziatore dei crediti allo sviluppo erogati ai paesi "poveri" attraverso le banche all'imprenditoria locale: ciò vuol dire che una buona parte dei crediti all'imprenditoria locale in Africa, in America centrale e nella stessa Asia e America latina è finanziata dalla Cina. Da cui, in parte e solo grazie all'aumento del potere contrattuale dei paesi sottosviluppati o delle economie emergenti, per il sostanziale bipolarismo Usa-Cina (l'Europa - ovvero la Germania, la Francia e la Gran Bretagna - essendo regione "grigia", incapace di scelte politiche realmente proprie da sempre), c'è l'abbozzo di una revanche economica di alcuni paesi ricchissimi di risorse e di materie prime come il Brasile, il Messico e l'Argentina, ma tradizionalmente povere di diritti umani; ed oggi governate da regimi democratici tra i più espressivi di lotte di liberazione e di democrazia cui la nostra spenta e parzialmente opulenta società non è abituata da decenni.
Non per niente, al margine degli ultimi due decenni, mentre gli Usa si salassavano in Medio oriente e la Cina non liberista cresceva ai ritmi che sappiamo, scoppia una crisi finanziaria che travolge gli equilibri dell'economia reale negli Stati Uniti, in Europa, in Giappone e nelle loro economie satelliti ma che, a mala pena, scalfisce il Pil cinese.

Voglio rifarmi al concetto di "villaggio globale"; ovvero di Mondo quale comunità estesa storicamente ed economicamente equipollente nelle proprie dinamiche storiche a prescindere dalle dimensioni geografiche.
Prova a vedere la tua, non quella degli altri, come condizione marginale rispetto a quella della stragrande maggioranza delle persone che vivono su questa Terra; prova a ridurti, rispettando i tuoi dati, la dimensione globale della sperequazione della ricchezza e della sua distribuzione, ad un paese piccolo ed insignificante come la Svizzera: chè, senza le braccia e i fondi neri rubati non ultimo ai lavoratori italiani, avrebbe solo le sue montagne bellissime e forse non più nemmeno quelle.
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Re: Il lavoro

Messaggioda franz il 24/08/2010, 23:18

Myosotis ha scritto:Caruccio, davvero un vero Signore a liquidarmi come una povera deficiente che abbocca a tutte le stronzate che legge.

L'economia nazionale cinese - che non è certo liberista - cresce ad un tasso di oltre il 9,5% l'anno dalla fine degli anni '70. La Cina è quindi, cazzate a parte e da oltre trent'anni, una delle più forti economie mondiali e primo consumatore mondiale di Ferro, Rame, Zinco, Stagno, acciaio, Platino; secondo di Alluminio, di Idrocarburi di Piombo e di Soia; terzo di Nichel e quarto di Oro. E' difficile immaginare come la Cina, il cui governo stima di quadruplicare il Pil procapite nei prossimi quarant'anni, possa fare a meno di approvvigionarsi di risorse e materie prime provenienti da paesi terzi. Fermo restando che in Cina sussistono attualmente enormi differenze sia nel reddito che nella qualità della vita tanto a livello regionale che tra città e campagna.

Il che è quello che ho detto per contrastare la tua azzardata affermazione (riassumo) tendente ad accreditare un occidente capitalista teso ad imporre le sue regole sanguinarie per continuare a tenere sotto il tallone le masse proletarie mondiali.
Abbiamo invece la Cina, l'India, La Russia, Il Brasile ... ma abbiamo anche il Messico, l'Indonesia, insomma tanti altri.
Ora non se se definire l'economia cinese "liberista" ma credo che non sia comunista, come poteva essero prima della caduta del muro. Ovvio che quando si esporta, si deve anche importare: è un vincolo di bilancio simile a quello che a casa nostra impone un bianciamento tra entrate ed uscite.
PS: la crescita tumultuosa della Cina inizia agli inizi degli anni '90 (caduta del comunismo in economia), non '70 -vedi grafico:
Immagine
al motto, impensabile per un comunista nostrano "Arricchirsi è glorioso". Firmato Deng Xiaoping.
Lo stesso che massacro' gli studenti cinesi in piazza .... ma in fondo non possiamo certo pretendere la perfezione.
Disse anche "Non importa se un gatto è bianco o nero, finché cattura i topi."
Ed i topi li ha presi.

Franz
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Re: Il lavoro

Messaggioda Myosotis il 24/08/2010, 23:34

massacro per massacro, caro Franz, non si va da nessuna parte, Tu sei vecchio a fronte delle lotte sociali e delle relative reazioni che comporterà la politica di Melchionne qui, in Italia. Se riusciremo a resistere e a dare un senso a tutto questo abbiamo qualche possibilità. Altrimenti al macero i diritti costituzionalmente sanciti, al macero qualsiasi cosa, si va allo scontro sociale come in Grecia. Perchè, a prescindere dai massimi sistemi, le persone non hanno più niente da perdere.
A proposito di lavoro, fammi sapere cosa succede in Grecia, ok?

baci
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Re: Il lavoro

Messaggioda pierodm il 25/08/2010, 0:01

Franz - Veramente sono io che parlavo (da una ventina di pagine) di eccessi di leggi. Adesso tu neghi che qui ne ne parlasse ma io so bene di cosa parlavo. Se me lo consenti ;)

Quando uno parla di leggi, citando una volta sì e una no il concetto di "ececsso", e poi in più di un'occasione afferma che "in quello che fanno le aziende nessuno ci deve metetre il becco", tutto questo procedimento significa una sola cosa: che qualunque legge rappresenta un impedimento, ossia che qualunque quantità di leggi è da considerare un "eccesso".

Tu, fra l'altro, sai di cosa parli tanto quanto quelli che ti leggono.

Dell'eccesso di leggi e della loro confusione ne parliamo tutti e da anni: io stesso, per esempio, sono spesso arrivato - come sai bene - a convolgere perfino la Costituzione in un giudizio di ipertrofia, che ha come conseguenza di indebolire o vanificare il valore di alcuni articoli.
Solo che non basta affermare un concetto ormai arcinoto e ovvio come questo dell'eccesso e della confusione, non basta per definire la propria posizione: bisogna vedere dove si va a parare partendo da questa base unanimemente condivisibile.
Se la parabola del discorso va a planare su un liberismo estremistico come quello che ci hai illustrato qui e altrove, ebbene trovo il discorso inaccettabile.

Comunque, non ti preoccupare di me e di quelli che la pensano come me: hanno già messo mano, da tempo, alla "liberalizzazione" della società e delle aziende, seguendo principi molto simili ai tuoi.
C'è rimasto qualche muretto da sgretolare, qua e là, ma è questione di poco tempo: le magnifiche sorti e progressive sono alle porte.
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