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Il lavoro

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Re: Il lavoro

Messaggioda chango il 21/08/2010, 11:03

franz ha scritto:Stiamo parlando, mi pare, di quello che è successo a partire dagli anni 80. Tu hai introdotto questo aspetto, indicando che le disugialianze sono aumentate. Mi pare che in Italia dagli anni 80 (ultimi 30 anni quindi) la crescita ci sia stata. Certo, non tumultuosa come quella cinese o americana. Ma c'è stata. E possiamo parlare di crescita anche per il debito pubblico, il lavoro nero, le spese dello stato, la pressione fiscale e contributiva, le leggi dello stato. È aumentata anche l'insicurezza dei cittadini ... insomma sono aumentare molte cose ed è vero che l'economia stenta ma in 30 anni la crescita, in media del 1 o 2% del PIL, c'è stata.


questo l'hai detto tu:
E con la ricchezza nazionale cresce anche la ridistribuzione. Puoi benissimo vedere quale è la % di poveri in USA, in Italia, in Russia, in Cina, in Croazia, in Afghanistan, In Zambia, in Argentina. Oppure esaminare l'indice di Gini in tutti i paesi.


sono andato a controllare e, per i paesi OCSE, a fronte di una crescita della ricchezza la redistribuzione non è cresciuta.
a meno che non si voglia sostenere che la redistribuzione è crecitua solo perchè i redditi bassi sono aumentati di qualche migliaio di euro.

per quanto riguarda la disuguaglianza connessa alla crescita, ci sono due obbiezioni da fare:
a) la disuguaglianza tende a crescere anche nei periodi di crisi
b) la disuguaglianza (se troppo marcata) può essere un fattore di ostacolo alla crescita.



franz ha scritto:Comunque riprendendo il discorso "disugualianza", che è già stato ampiamente trattato in passato in altri threads, il dato in se, preso da solo, significa poco. Come dicevo vanno viste altre cose, soprattutto la crescita. In caso di decrescita e di aumento dell'ugualianza significa che stiamo diventando tutti poveri. Inoltre ormai da anni anche la sinistra ha iniziato a dismettere il totem dell'ugualianza come obbiettivo a tutti i costi in favore di un sistema di pari opportunità. Lo si ripete nei convegni, negli studi, negli articoli. Noi siamo tutti diversi, per fortuna, e non è nemmeno auspicabile che una società che cresce ci veda tutti uguali quanto a reddito e risparmi. Chi è piu' bravo (ed anche fortunato, sotto certi aspetti, visto che nell'impresa puo' capitare di tutto, compreso l'evento che manda a monte notevoli investimenti per cause naturali) cresce di piu' di chi è meno bravo o è stato sfortunato. Sulla casualità c'è poco da fare, tranne difendersi con sistemi assicurativi, sulla bravura dobbiamo puntare sull'educazione, la formazione, le pari opportunità.

Franz


ho fatto riferimenti all'uguaglianza come obbiettivo a tutti costi?
ho detto che non deve esserci disuguaglianza (diversità) di reddito?

mi sembra di essermi limitato a verificare una tua affermazione, guardando l'indice di Gini.
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Re: Il lavoro

Messaggioda franz il 21/08/2010, 12:26

chango ha scritto:questo l'hai detto tu:
E con la ricchezza nazionale cresce anche la ridistribuzione. Puoi benissimo vedere quale è la % di poveri in USA, in Italia, in Russia, in Cina, in Croazia, in Afghanistan, In Zambia, in Argentina. Oppure esaminare l'indice di Gini in tutti i paesi.

Certo, vuoi sostenere che la percentuale di poveri nei pesi poveri è inferiore a quella dei paesi ricchi?
Nei paesi poveri la % di popolazione sotto la soglia di povertà è se va bene al 40%. Nei paesi occidentali è tra il 10 ed il 12%. Ed è ovviamente una soglia statistca, ineliminabile.
Prendiamo alcuni casi:
Lesotho: disoccupazione 35%, popolazione sotto la soglia di povertà 50%, indice di gini 63%, reddito medio PPP in $ 1'700

Brasile: disoccupazione 8%, popolazione sotto la soglia di povertà 26%, indice di gini 56.7%, reddito medio PPP in $ 10'200

Italia: disoccupazione 7.7%, popolazione sotto la soglia di povertà 11%, indice di gini 32%, reddito medio PPP in $ 30'300

UK: disoccupazione 7.6, popolazione sotto la soglia di povertà 14%, indice di gini 34%, reddito medio PPP in $ 35'200

Svizzera: disoccupazione 4%, popolazione sotto la soglia di povertà 7.4%, indice di gini 33%, reddito medio PPP in $ 41'700

Il trend è che dai paesi poveri (Lesotho) salendo via verso quelli in sviluppo (Brasile), gli industriali occientali piu' ingessati (Italia) e quelli piu' free (CH, UK) migliorano tutti gli aspetti (gini compreso) e che per quando riguarda l'indice di gini sono pochissimi i pasei che scendono sotto il 30% ( o 0.3, se preferisci). A parità di indice di gini, o anche con un dato leggermente piu' alto, penso che il quadro economico dei paesi free sia migliore (reddito, disoccupazione, povertà).

a) la disuguaglianza tende a crescere anche nei periodi di crisi
b) la disuguaglianza (se troppo marcata) può essere un fattore di ostacolo alla crescita.

sarà ma senza crescita non puoi risolvere il problema della disugualianza (a meno di non creare una miseria ben distribuita). Quindi alla crescita non c'è alternativa. Poi per me l'unico ostacolo alla crescita è dato da vincoli posti al mercato o dalla presenza locale di grandi industre in regime di monopolio, anzi ad essere piu' preciso: monopsonio.

Poi la crescita non è mai omogena. L'unica cosa che puo' essere omogenea è la povertà diffusa oppure una ricchezza da paese ricco da secoli che ha relativamente poca immigrazione (per esempio svezia e norvegia). È chiaro che l'elevato indice di gini in certi paesi (USA e UK) è costituito da un saldo attivo tra immigrazione ed emigrazione che è doppio e anche triplo rispetto a quello italiano o svedese. Un'immigrazione di poveri in cerca di lavoro (perché sanno che c'è) comporta ovviamente un incremento dei poveri ed un peggioramemento dell'indice di gini, a volte della disoccupazione.
Ma qui poveri vanno sicuramente a sare meglio di prima.

Rimane il fatto incontestabile che i paesi ricchi hanni indici di gini migliori (minori disparita) risopetto a quelli poveri ed in via di sviluppo. Quindi la crescita, anche nei paesi piu' free, copmporta minori disparità.
Chi non è convinto, vada nel Lesotho. ;)

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Re: Il lavoro

Messaggioda pierodm il 21/08/2010, 12:56

Comunque riprendendo il discorso "disugualianza", che è già stato ampiamente trattato in passato in altri threads, il dato in se, preso da solo, significa poco. Come dicevo vanno viste altre cose, soprattutto la crescita. In caso di decrescita e di aumento dell'ugualianza significa che stiamo diventando tutti poveri. Inoltre ormai da anni anche la sinistra ha iniziato a dismettere il totem dell'ugualianza come obbiettivo a tutti i costi in favore di un sistema di pari opportunità.

La disuguaglianza "presa da sola" significa poco, come anche la povertà: certamente, basta essere dalla parte giusta.
Per chi sta dalla parte sbagliata la disuguaglianza - e la povertà - non "significa", ma semplicemnte "è": tutti questi discorsi sulla crescita, la decrescita, gl'indici, i grafici sono una gigantesca presa per il culo, che serve solo ad alzare il polverone del moderno latinorum tecnocratico, che nel migliore dei casi ricorre al cambiamento delle parole che descrivono un fenomeno per risolvere il problema.
Come dice Chango, nessuno qui ha mai parlato dell'uguaglianza in senso assoluto, se non quella socio-politica: appunto, le pari opportunità.

Che cosa sia la povertà e la disuguaglianza, l'abbiamo anche accennato, e non è il caso di tornarci sopra: oltre tutto è un concetto talmente noto, ovvio e risaputo, oltre che una realtà assai facile da riscontrare, che sarebbe davvero offensivo insistere a spiegarla.
Inoltre, credo che sarebbe il caso di piantarla di insinuare che chiunque non sia in linea con te, Franz, sia un coglione che si abbevera ai giornaletti antiglobalisti, o alle lezioni (?) delle sezioni del PCI, o ha studiato la storia sul bignami.
Se vogliamo scendere sul personale e sulle illazioni offensive non c'è problema, e non credo che a me o ad altri mancherebbe il materiale necessario: ne vale la pena?
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Re: Il lavoro

Messaggioda franz il 21/08/2010, 13:38

pierodm ha scritto:Inoltre, credo che sarebbe il caso di piantarla di insinuare che chiunque non sia in linea con te, Franz, sia un coglione che si abbevera ai giornaletti antiglobalisti, o alle lezioni (?) delle sezioni del PCI, o ha studiato la storia sul bignami.
Se vogliamo scendere sul personale e sulle illazioni offensive non c'è problema, e non credo che a me o ad altri mancherebbe il materiale necessario: ne vale la pena?

Tralasciando le cose, come dici, risapute, non dico certe cose a "chiunque non sia d'accordo con me", dato che credo che nel paese e nell'occidente la maggioranza certe cose che dico io le sappia e le condivida. Diciamo che mi permetto di dire certe cose a chi "non è d'accordo con me", che è cosa diversa. Ritengo, per fare un esempio numerico, che 40 milioni siano d'accordo ma che 5 (singoli, non milioni) non lo siano e mi abbiano già detto o fatto capire in passato di essere stati (e di essere tutt'ora) schierati prima col il PCI, poi con rinfondazione e compagnia cantante e di non essere, per capirci, per nulla in sintonia con la politiche - economiche e non - del PD oggi e dell'Ulivo prima. Non sono quindi illazioni ma se le ritieni offensive, se ritieni offensive che certe idee siano un portato preistorico di idee comuniste, chiedo scusa. Farebbe comunque il pari con i soliti ritriti luoghi comuni sul liberalismo, sul mercato e dintorni che vengono un po' ovunque spacciate per verità rivelata. Rivelata appunto da una storiografia di regime che sopravvive per inerzia al suo fallimento.

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Re: Il lavoro

Messaggioda chango il 21/08/2010, 13:48

franz ha scritto:Certo, vuoi sostenere che la percentuale di poveri nei pesi poveri è inferiore a quella dei paesi ricchi?
Nei paesi poveri la % di popolazione sotto la soglia di povertà è se va bene al 40%. Nei paesi occidentali è tra il 10 ed il 12%. Ed è ovviamente una soglia statistca, ineliminabile.
Prendiamo alcuni casi:
Lesotho: disoccupazione 35%, popolazione sotto la soglia di povertà 50%, indice di gini 63%, reddito medio PPP in $ 1'700

Brasile: disoccupazione 8%, popolazione sotto la soglia di povertà 26%, indice di gini 56.7%, reddito medio PPP in $ 10'200

Italia: disoccupazione 7.7%, popolazione sotto la soglia di povertà 11%, indice di gini 32%, reddito medio PPP in $ 30'300

UK: disoccupazione 7.6, popolazione sotto la soglia di povertà 14%, indice di gini 34%, reddito medio PPP in $ 35'200

Svizzera: disoccupazione 4%, popolazione sotto la soglia di povertà 7.4%, indice di gini 33%, reddito medio PPP in $ 41'700

Il trend è che dai paesi poveri (Lesotho) salendo via verso quelli in sviluppo (Brasile), gli industriali occientali piu' ingessati (Italia) e quelli piu' free (CH, UK) migliorano tutti gli aspetti (gini compreso) e che per quando riguarda l'indice di gini sono pochissimi i pasei che scendono sotto il 30% ( o 0.3, se preferisci). A parità di indice di gini, o anche con un dato leggermente piu' alto, penso che il quadro economico dei paesi free sia migliore (reddito, disoccupazione, povertà).


quindi mi stai dicendo che essere ricchi è meglio che essere poveri?
grande scoperta.
come dire che come forma di saluto si preferisce una stretta di mano che un calcio nella palle.

però la povertà e la disugualinaza non sono sinonimi e l'indice di Gini non dice quanto è povero un paese, ma come è concetrato,ossia redistribuito, il reddito all'interno di quel paese.

tu hai affermato che col crescere della ricchezza in un Paese cresce la redistribuzione al suo interno.
i dati OCSE sembrano non confermare quanto detto da te.


franz ha scritto:sarà ma senza crescita non puoi risolvere il problema della disugualianza (a meno di non creare una miseria ben distribuita). Quindi alla crescita non c'è alternativa. Poi per me l'unico ostacolo alla crescita è dato da vincoli posti al mercato o dalla presenza locale di grandi industre in regime di monopolio, anzi ad essere piu' preciso: monopsonio.


ho scritto da qualche parte che la disugaglianza non si risolve con la crescita?
se sì, mi potresti citare il testo preciso?

ti ho solo detto che non c'è quella connessione che vedi tu tra crescita e disuguaglianza, che la disuguaglianza aumenta anche con la recessione e che la disugualinza può essere un ostacolo alla crescita, se tale disugalinza è troppo marcata.

franz ha scritto:Ma qui poveri vanno sicuramente a sare meglio di prima.


che c'entra con l'indice di gini, la disuguaglianza e la redistribuzione?


franz ha scritto:Rimane il fatto incontestabile che i paesi ricchi hanni indici di gini migliori (minori disparita) risopetto a quelli poveri ed in via di sviluppo. Quindi la crescita, anche nei paesi piu' free, copmporta minori disparità.
Chi non è convinto, vada nel Lesotho. ;)

Franz


qualcuno ha messo in discussione che i paesi ricchi abbiano indici di gini migliori dei paesi poveri?
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Re: Il lavoro

Messaggioda annalu il 21/08/2010, 14:23

franz ha scritto:... Ritengo, per fare un esempio numerico, che 40 milioni siano d'accordo ma che 5 (singoli, non milioni) non lo siano e mi abbiano già detto o fatto capire in passato di essere stati (e di essere tutt'ora) schierati prima col il PCI ...
Franz

Franz, qui non è questione di ritenere o meno offensive le tue affermazioni, il problema è che si tratta di generalizzazioni gratuite.
Cominciamo dai numeri: 40milioni d'accordo con te e 5 non d'accordo? Su che base? Mi sembra che, su questo, tu non abbia dati statistici attendibili. Prima di tutto, che significa essere d'accordo o in disaccordo con te? Si può concordare con alcune affermazioni, essere critici su altre, e in disaccordo completo su altre ancora. Facendo un insieme di queste tre categorie, concluderei se mai che è probabilmente vero l'inverso.
Poi, queste cinque persone (delle quali sai o credi di sapere la storia pregressa) tu le accomuni in un unico insieme, per cui capita che se due forumisti esprimono le stesse opinioni (in disaccordo con le tue) tu attribuisci ad entrambi la stessa storia e la stessa "matrice" socio-politica e culturale.
Poi ti meravigli, quando una persona trova fuori luogo queste generalizzazioni.
Per esempio, un forumista può non trovare nulla di disdicevole nell'aver avuto un "passato" nel PCI o nella DC, ma può trovare veramente "sgradevole" che opinioni personali elaborate nel tempo vengano attribuite alla appartenenza cieca ad una "scuola": nella maggior parte (se non nella totalità) dei casi non è così, come è anche vero che un "passato", una "storia", influenze culturali li abbiamo tutti, te compreso, che credi di impersonare il pensiero di ben 40 milioni di persone (italiani o altro, a proposito?).
Se volessi essere offensiva senza usare frasi palesemente insultanti, potrei ipotizzare un tuo "percorso culturale" che ti ha condotto, passo passo, alle tue attuali convinzioni, compresa quella di essere certamente nel giusto.
Ma non lo faccio e non lo farei mai, perché penso che, stereotipi a parte, anche tu sia in grado di pensiero autonomo e che quindi abbia messo qualcosa di tuo personale in ciò che scrivi e pensi.
Sull'oggetto di questa duiscussione non intervengo: le opinioni di tutti sono chiarissime, e mi sembra che tutto sia stato illustrato con chiarezza: meglio lasciar perdere, e riprendere magari in un altro momento, quando si saranno aggiunti fatti nuovo.
Perché, malgrado tutto, so bene che anche a te capita di cambiare opinione ;) :?

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Re: Il lavoro

Messaggioda franz il 21/08/2010, 15:56

chango ha scritto:quindi mi stai dicendo che essere ricchi è meglio che essere poveri?
grande scoperta.

però la povertà e la disugualinaza non sono sinonimi e l'indice di Gini non dice quanto è povero un paese, ma come è concetrato,ossia redistribuito, il reddito all'interno di quel paese.

tu hai affermato che col crescere della ricchezza in un Paese cresce la redistribuzione al suo interno.
i dati OCSE sembrano non confermare quanto detto da te.

Sto dicendo di piu', oltre alle ovvia banalità che sono costretto a dire per ribadire l'ABC.
Sto dicendo che è meglio essere persone normali in un paese occidentale che ricchi in Lesotho o nel medioevo.
Si' la redistribuzione cresce con la ricchezza, perché senza ricchezza e generazione di reddito non c'è nulla da ridistribuire.
Poi quando uno è già à cresciuto tanto fa sempre piu' fatica a crescere (non a caso in europa, crisi a parte, si cresce del 2 - 3%) ed inoltre importa anche povertà, cosa che fa rimanere stabile l'indice di gini e le soglie di povertà. Ma rimane il fatto che prendendo in considerazione i paesi (tutti, non solo i ricchi) ammetti anche ti che l'aumento di ricchezza (dovuto alle'stensione e all'apertura dei mercati) comporta una diminuzione delle disparità. Tra i cosiddetti ricchi, tra le economie mature, una eventuale flessione (dovuta forse alla massiccie immigrazioni delgi ultimi decenni) non inficia il ragionamento, secondo me.

chango ha scritto:qualcuno ha messo in discussione che i paesi ricchi abbiano indici di gini migliori dei paesi poveri?

Implicitamente si. Ho detto che con la crescita migliora l'indice di gini (riferendomi a tutti i paesi) e tu hai contestato portando ad esempio quello studio ocse, che si riferisce ai soli paesi ricchi. Ho quindi ribadito che i paesi ricchi hanno indici di ginimiglio di quelli poveri (e di quelli in via di sviluppo) e quindi lo sviluppo dei mercati comporta un miglioramento della distribuzione. Mi pare che almeno su questo siamo d'accordo.

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Re: Il lavoro

Messaggioda franz il 21/08/2010, 16:23

annalu ha scritto:Franz, qui non è questione di ritenere o meno offensive le tue affermazioni, il problema è che si tratta di generalizzazioni gratuite.
Cominciamo dai numeri: 40milioni d'accordo con te e 5 non d'accordo? Su che base? Mi sembra che, su questo, tu non abbia dati statistici attendibili. Prima di tutto, che significa essere d'accordo o in disaccordo con te? Si può concordare con alcune affermazioni, essere critici su altre, e in disaccordo completo su altre ancora. Facendo un insieme di queste tre categorie, concluderei se mai che è probabilmente vero l'inverso.

Chiaramente erano numeri per dare volumi simbolici ma il concetto è che oggi, nel 2010, in Italia come in tutto il mondo avanzato ed in sviluppo, Russia e Cina compresi, i nostalgici del comunismo economico sono pochissimi, millesimi, tracce. Nessuno infatti, nel contesto di lavoro e crescita dell'occidente, pur imperfetto come sappiamo, ritene intelligente adottare il comunismo o aspirare a società socialiste: sarebbe come darsi le mazzate sugli zebedei, in stile Tafazzi.
Eventualmente si perseguono modelli socialdemocratici, sempre piu' schierati per il mercato, sempre meno "rosa".
Capisco fino agli anni 70 ma oggi, ripeto, nel 2010, a 20 anni dalla caduta del muro, i rapporti volumetrici tra chi ha capito, magari anche in ritardo come me, e chi non ha ancora capito, sono quelli. In 40 anni il maggior partito comunista d'ccidente è sparito dal parlamento (come in ogni paese libero).
annalu ha scritto:Perché, malgrado tutto, so bene che anche a te capita di cambiare opinione ;) :?

Appunto! Io stesso, quando ero giovane studente ho frequentato quegli ambienti, anche con qualche piccolo grado di responsabilità nelle organizzazioni giovanili e quindi conosco (e riconosco) le teorie e generalizzazioni contro il mercato.
A ben vedere non è rimasto ormai nulla a favore di certe idee ma è rimasto il substrato ideologico contro il capitalismo, il mercato (il "mercatismo, ultimo nelogismo di Tremonti) e tutto quello che è stato per decenni il nemico mortale del corporativismo e del collettivismo. Ho comunque capito e cambiato idea ben prima che il muro cadesse e mi pare doveroso farlo notare anche in modo a chi mostra ancora residui di quelle idelogie. Residui che trovo a sinistra come anche nella destra berlusconiana, illiberale e piena zeppa di ex-socilisti, come anche in certe espressioni del cattolicesimo. Sono residui, luoghi comuni, pregiudizi. Vedi, se uno mi dice che ama i neri e gli indios ma disprezza gli zingari, io gli dico che è lo stesso un razzista, per fare un esempio. Uno puo' anche dire di non essere comunista (e chi mai lo dice oggi, a parte qualche millesimo?) ma se mi dice che (esemplifico estremizzando, per capirci) il mercato è la fonte di ogni male, che genera disugualianze insanabili e miseria, ecco io riconosco i semi del pregiudizio ideologico e lo dico.

Se a te o ad altri pare che sia meglio per me non dirlo, fatemelo sapere.
Ci pensero' e vedero' se accettare una forma di autocensura oppure no.

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Re: Il lavoro

Messaggioda chango il 21/08/2010, 16:55

franz ha scritto:Sto dicendo di piu', oltre alle ovvia banalità che sono costretto a dire per ribadire l'ABC.
Sto dicendo che è meglio essere persone normali in un paese occidentale che ricchi in Lesotho o nel medioevo.
Si' la redistribuzione cresce con la ricchezza, perché senza ricchezza e generazione di reddito non c'è nulla da ridistribuire.
Poi quando uno è già à cresciuto tanto fa sempre piu' fatica a crescere (non a caso in europa, crisi a parte, si cresce del 2 - 3%) ed inoltre importa anche povertà, cosa che fa rimanere stabile l'indice di gini e le soglie di povertà. Ma rimane il fatto che prendendo in considerazione i paesi (tutti, non solo i ricchi) ammetti anche ti che l'aumento di ricchezza (dovuto alle'stensione e all'apertura dei mercati) comporta una diminuzione delle disparità. Tra i cosiddetti ricchi, tra le economie mature, una eventuale flessione (dovuta forse alla massiccie immigrazioni delgi ultimi decenni) non inficia il ragionamento, secondo me.



forse se invece di ribadire il tuo personale ABC prestassi un pochino più di attenzione ti renderseti conto che nessuno sta dicendo che si sta meglio in Lesotho o nel Medioevo.
come nessun sta sostenendo un ritorno ad un economia pianificata.

è statato mostrato che la redistrbuzione non cresce con la ricchezza, meglio non cresce nella direzione che una qualsiasi persona che si riconosa in una sinistra riformista, occidentale, europea (non mi ricordo quali erano gli altri termine del mantra di ranvit) auspica.
non lo dico io. lo dice l'OCSE che a partire dagli anni Ottanta ad un aumento della crescita è corrisposto un aumento della disuguaglianza, più o meno marcata, all'interno dei paesi membri.

perchè per dire che la redistribuzione cresce non basta ottenre qualche euro in più di prima se poi la propria condizione non migliora. giusto?


franz ha scritto:Implicitamente si. Ho detto che con la crescita migliora l'indice di gini (riferendomi a tutti i paesi) e tu hai contestato portando ad esempio quello studio ocse, che si riferisce ai soli paesi ricchi. Ho quindi ribadito che i paesi ricchi hanno indici di ginimiglio di quelli poveri (e di quelli in via di sviluppo) e quindi lo sviluppo dei mercati comporta un miglioramento della distribuzione. Mi pare che almeno su questo siamo d'accordo.

Franz


lo studio OCSE ha dimostrato che la crescita non necessariamente migliora l'indice di Gini.
ci può essere tanto aumento della ricchezza quanto della disuguaglianza.

i Paesi ricchi hanno tutti gli indici possibili migliori dei paesi poveri, non solo l'indice di Gini.
tutto ciò dimostra che lo sviluppo dei mercati migliori la redistribuzione?
dipende dal punto di partenza di ogni singolo Paese e che cosa si intende con sviluppo dei mercati.
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Re: Il lavoro

Messaggioda pierodm il 21/08/2010, 17:18

Franz - Uno puo' anche dire di non essere comunista (e chi mai lo dice oggi, a parte qualche millesimo?) ma se mi dice che (esemplifico estremizzando, per capirci) il mercato è la fonte di ogni male, che genera disugualianze insanabili e miseria, ecco io riconosco i semi del pregiudizio ideologico e lo dico.

Tu "esemplifichi estremizzando" col solo risultato di poter meglio ripetere quello che ti piace ripetere.
Cito di seguito quello che avevo scritto: tu devi spiegare dove riscontri il pregiudizio ideologico e perché, e soprattutto il legame ereditario con quello che ricordi del "tuo" comunismo italiano.

Questo Franz lo dice a Chango, ma credo che valga anche per me: sì, io penso che il mercato sia un elemento tendenzialmente pericoloso, tanto quanto può essere benefico se inquadrato in un contesto sociale solidamente democratico, e in un contesto politico-legislativo molto rigoroso. Oltre che, inutile dirlo, in un contesto culturale dove l'etica dei comportamenti abbia un peso reale e consistente nella pubblica opinione e nell'assunzione dei diversi ruoli sociali.
In assenza di questi requisiti
, il mercato non è affatto quella panacea che Franz descrive, stando al sicuro nel cuore di uno dei paesi europei che hanno maturato quei requisiti nel corso di secoli di civilizzazione.
In gran parte del resto del mondo il "mercato" non fa altro che ripercorrere con un secolo o due di ritardo ciò che in Europa fu la fase vetero-capitalista: quella fase che non solo fu combattuta con indignazione dai socialisti, ma fu rifiutata e superata anche dai progressisti liberali.


Certo, in quello che ho detto non si ritrova il fideismo cieco e assoluto che tu esprimi verso le virtù del Mercato: visto che citi in neretto l'oggi, 2010, ti chiedo chi oggi, nel 2010 ha un simile atteggiamento privo di dubbi e così fideistico verso il capitalismo e il Mercato.

Franz - Ho comunque capito e cambiato idea ben prima che il muro cadesse e mi pare doveroso farlo notare anche in modo a chi mostra ancora residui di quelle idelogie

Bene. Bravo. Ma perché credi di essere stato il solo? Probabilmente c'è chi - io, tanto per fare un esempio - non ha avuto bisogno di cambiare idea sul collettivismo, perché non ci ha mai creduto.
Tra parentesi, per quello che vale, ero sicuro che qualche incarico nel settore giovanile del Partito l'avessi coperto: sei tu quello che sposa sempre con entusiasmo profittevole l'ideologia del momento, a quanto pare, ma non tutti sono fatti così.

Quando tu poi ti riferisci alla socialdemocrazia, fai un passetto indietro nella storia, e implicitamente ammetti - bontà tua - che il socialismo abbia avuto un ruolo estremamente importante nell'evoluzione della moderna democrazia.
Un ruolo che gli deriva non solo dalle condizioni socio-politiche - nelle quali il Mercato e il Capitalismo avevano bisogno di essere fronteggiati e regolati - ma anche dalla corrispondenza tra i suoi principi e la piena, o migliore, realizzazione della democrazia: cosa, secondo me, valida ancora adesso, o forse più che mai adesso.
Le correnti di pensiero che negano questo in sostanza affermano che non c'è più posto, nelle moderne democrazie, per un pensiero critico verso il capitalismo e il mercato, e che l'uno e l'altro rappresentano l'apice della storia, oltre il quale non ci può essere niente.

Oltre che citarlo, Russell, varrebbe la pena anche di tenerne alcuni concetti in maggiore considerazione.
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