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Il lavoro

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Re: Il lavoro

Messaggioda chango il 15/08/2010, 15:53

franz ha scritto:E ci mancherebbe altro che una Costituzione entrasse nel merito della licenziabilità di A e B.
La diversità a cui ti rifersici dovrebbe essere (eventualmente) qualitativa, non quantitativa.
A meno che qualcuno, voglia sostenere che sotto i 100'000 euro l'imposta è massima e sopra si è tutti esenti da imposte. Oppure proporre una proporzionalità o progressività nell'eservizio dei diritti.
Chi è sotto una certa soglia, nisba, chi è sopra è a posto.
In quasto caso propongo di riscrivere l'aert 1 della Cost in questo modo:
l'Italia è una Repubblica democratica, fondata sulla legge del menga.


la differenza è anche qualitativa, visto che i rapporti tra datore di lavoro e lavoratori sono molto diversi nella micro impresa da quelli della grande impresa.

le legge che obbliga l'assunzione di personale disabile prevede l'obbligo e quote diverse a seconda della dimensione aziendale. è incostituzionale anche questa legge?

non è che semplicemente lo statuto dei lavoratori e l'art.18 in particolare,pongono un obbligo diverso a seconda della dimensione dell'impresa, piuttosto che definire un diritto del lavoratore diverso da azienda ad azienda?

comunque una certa progressività nell'esercizio dei diritti esiste. per votare bisogna avere 18 anni (25 per il Senato). stessa cosa vale anche per il poter essere candidato.


franz ha scritto:Il problema è chi deve valutare se A è migliore di B.
Oggi l'impresa italiana deve dimostrarlo di fronte ad un giudice, cosa che non esiste in europa.
Se permetti io ritengo che debba essere solo l'impresa, che rischia il suo capitale e la sua credibilità, a decidere cosa fare. E ritengo che dovrebbero esistere ammortizzatori obbligatori per mettere al riparo il lavoratori licenziati dalla perdita di guadagno per almeno due anni. Se è veramente in gamba il lavoratore licenziato o trova un altro lavoro o si mette in proprio. Cosi' funziona in europa, dove appunto il lavoro c'è e ci sono anche per questo 70 milioni di immigrati.
Piu' della popolazione italiana.
Franz



davanti ad un giudice non giudichi se A è migliore di B ma se il licenziamento è legittimo.

Oggi in Europa se un lavoratore contesta la legittimità del licenziamento, l'impresa deve dimostrare la legittimità del suo atto davanti ad un giudice.

l'obbligo di reingro è previsto anche in Austria e Portogallo. In Germania, il datore di lavoro deve dimostrare che è impossibile reintegrare il lavoratore se vuole sottrarsi all'obbligo (deve comunque pagare un'indennita compensativa)
in altri paesi si paga ci si libera dell'obbligo di reintegrazione pagando un indennità risarcitoria (UK, Grecia).

non mi sebra che gli immigrati schifino questo paese, almeno a guardare gli ultimi vent'anni.
quindi di lavoro qua se ne deve produrre.
non sarà la quantità e la qualità richiesta, ma per questo è francamente difficile dare la colpa allo Statuto dei lavoratori e in particolare all'art.18.
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Re: Il lavoro

Messaggioda pierodm il 15/08/2010, 16:16

Forse queste discussioni non sono del tutto inutili: come minimo servono a far affiorare, post dopo post, la posizione vera, le parole chiare che spesso sono mascherate dai tecnicismi o dalle indignazioni generiche.

Il punto di vista di Franz - al netto delle ovvietà condivisibili sul corporativismo e sul sistema italiano clamorosamente bloccato - si basa su un'idea del lavoro che è sostanzialmente una gara.
Pippo che deve dimostrare di essere meglio di Giovanni, Peppiniello che lavora un'ora di più di Giovanni, e così via: una gara che ha lo scopo di permettere al manager aziendale di avere una gamma migliore di alternative, il che a sua volta ha lo scopo di un ipotetico "bene" dell'azienda, il quale a sua volta s'identifica col bene comune dell'intera società.
Ad occhio e croce si tratta dello stesso identico genere di argomentazioni fideistiche e ideologiche portate a sostegno di ogni regime e di ogni sistema, da quello schiavistico a quello feudale, a quello teocratico, aristocratico, vetero-capitalista, totalitario nazionalsocialista, stalinista, e ognuno ci aggiunga quello che preferisce: il Bene identificato con un'entità sempre superiore all'individuo, dalla Volontà di Dio alla salute del Re, fino alla Ragion di Stato dei regimi totalitari.

Solo che la vita non è una gara, non è un gioco: o meglio, non lo è per chi ha da giocare e perdere tutto dalla sovrana decisione del manager.
Prendiamo pure, tuttavia, per buono il gioco del manager aziendale.
Giovanni sostituisce Pippo: e di Pippo che ne facciamo?
Verrà rifilato ad un'altra ditta? Lo assistiamo con i sussidi fino alla più tarda età? Ce ne liberiamo buttandolo in mare con una pietra al collo?
Nel primo caso si ritorna alla casella di partenza.
Nel secondo caso si crea un'insostenibile situazione assistenzialistica.
Nel terzo pretesterebbero gl'imprenditori del settore turistico-aberghiero, con tutti i corpi dei Pippo arenati sulle spiagge.

Se permetti io ritengo che debba essere solo l'impresa, che rischia il suo capitale e la sua credibilità, a decidere cosa fare. E ritengo che dovrebbero esistere ammortizzatori obbligatori per mettere al riparo il lavoratori licenziati dalla perdita di guadagno per almeno due anni. Se è veramente in gamba il lavoratore licenziato o trova un altro lavoro o si mette in proprio.
Aridaje co' sta storia che l'impresa sembra essere l'unica che rischia: ma chi lavora non rischia la propria vita, il proprio guadagno, la propria credibilità, il proprio interesse? Certo, non il capitale, che non ha, ma per il resto rischia più dell'impresa, perché la credibilità e la propria vita sono tutto quello che ha, mentre l'impresa può al massimo subire una disfunzione che difficilmente può ipotizzarsi decisiva in relazione alla minore bravura di un Pippo rispetto ad un Giovanni.
In via del tutto subordinata accetterei questa impostazione, sul piano pratico, a patto che nel momento in cui venisse fatto fuori Pippo contestualmente fosse tagliato anche il manager che a suo tempo lo aveva assunto: anche qui mi sembra che ci sia spazio per esercitarsi sulle disuguaglianze di trattamento e di responsabilità.

"Se è veramente in gamba" il lavoratore licenziato, perché è stato licenziato?
Per il resto, mi sembra che già l'Italia sia un paese dove tanta gente si mette in proprio: però lo può fare uno che ha capacità artigianali, un ex-operaio, o un professionista con competenze spendibili in un contesto autonomo, ma non lo possono fare i tanti lavoratori che hanno competenze impiegabili solo all'interno di un'organizzazione - dal giornalista al pilota d'aereo, dall'esperto in legislazione comunitaria al bancario, o all'ingegnere chimico o elettronico, al ricercatore scientifico, ma anche il semplice addetto alle pulizie.
"Trovare un altro lavoro": bell'idea. Ma proprio di questo si parlava.
Si è fatto in modo che un altro lavoro non solo è difficile da trovare senza particolari aiuti (ma va be', lasciamo stare questo aspetto), ma una volta trovato viene anche inquadrato in forma precaria, che non prevede alcun impegno e respnsabilità da parte dell'impresa, e con una remunerazione assai scadente, spesso vergognosa, laddove sarebbe più logico e più coerente con il famigerato "mercato" che la precarietà e la de-responsabilizzazione dell'azienda fossero compensate da una remunerazione superiore.

Devo dire, al di là di tutto, che a sentire e a leggere certi discorsi, oggi, è facile capire perché ci furono stagioni nelle quali gente incazzata ha forse esagerato in senso opposto, e perché le garanzie ottenute dai sindacati o imposte dalla politica possano sembrare troppo rigide.
Forse nei mitici paesi "laici e protestanti", più liberali, esiste un senso della comunità e della socialità che non richiede il ricorso alle baionette virtuali.
Purtroppo, è tragicamente vero che in Italia, come disse Leonardo Sciascia, "per essere riformisti bisogna essere bolscevichi".
Se è vero, come è vero, che in Italia lo spirito laico e liberale è carente o inesistente, bisognerebbe non solo limitarsi ad enunciare questa evidente verità, ma anche trane le debite conseguenze quando si va a ragionare di etica ed economia, di lavoro e di responsabilità.
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Re: Il lavoro

Messaggioda franz il 15/08/2010, 18:00

chango ha scritto:il 95% delle imprese non ha meno di 15 dipendenti a causa dello Statuto dei lavoratori.
la dimensione media delle imprese in Italia non supera i 4 addetti. imputare questo allo Statuto dei lavoraotri è veramente assurdo.

Paragonando pari valori con la germania ed altri paesi con cui siamo confrontati, scopriamo che da loro la polverizzazione è nettamente inferiore. Se non è lo statuto dei lavoratori, sarà lo spirito santo (a cui è d'obbligo imputare qualsiasi mistero).
Io che ho difficoltà a credere nei misteri della fede sono piu' portato a pensare alla prima causa, che alla seconda.
chango ha scritto:che poi vorrei consocerla un'impresa che in fase di espansione decide alla fine di non ingrandirsi a causa dello Statuto dei lavoratori.
vorrei proprio consocerlo un imprenditore così pirla

Non so chi è pirla ma molto probalbilmente chi teme gli effetti giuridici della crescita crea due aziende. O anche tre.
O magari si trasferisce altrove.
In Italia è quasi costretto a farlo, se non ha amici tra i furbetti del quartierino.

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Re: Il lavoro

Messaggioda franz il 15/08/2010, 18:26

pierodm ha scritto:Forse queste discussioni non sono del tutto inutili: come minimo servono a far affiorare, post dopo post, la posizione vera, le parole chiare che spesso sono mascherate dai tecnicismi o dalle indignazioni generiche.

Il punto di vista di Franz - al netto delle ovvietà condivisibili sul corporativismo e sul sistema italiano clamorosamente bloccato - si basa su un'idea del lavoro che è sostanzialmente una gara.

Devi ammettere, ed attendo una tua precisa conferma, che io dico- almeno ultimamente - le cose pane al pane, vino al vino, senza vaselina.
Per chi la carota la preferisce con la vaselina, si accomodi presso gli abituali politici.
Che raccontano le palle di sempre. Quelle che molti amano ascoltare, per consolarsi.
Io esprimo la mia posizione senza veli. È' il mio valore aggiunto.
Chi non lo accetta cambi pagina. Chi è abituato, coraggioso o corazzato, prosegua pure.

Si, il lavoro, come tutta la vita, è una gara. Una gara per la sopravvivenza (da milioni di anni) ed una gara per ottimizzare le proprie prestazioni. Non diversa da quella di un atleta o dal famoso leone con la sua gazzella. Una gara che vede qualcuno piu' bravo di altri. Chi inventa la lampadina, chi il fuoco, chi la ruota, chi la forza vapore, chi E=MC2, chi l'algebra analitica, il calcolo binario, il computer. Non tutte sono ovviamente la stessa persone. Altri "inventano" la gioconda, la pipa di magritte, il canale di panama, l'esplorazione lunare, i trapianti cardiaci. Altri inventano le CPU, i Forum, Youtube. Altri ancora "inventano" truffe, malversazioni, rapine, ... insomma ognuno se la cava con quello che sa fare meglio. Giovanni sarà meglio di Pippo nel lavoro A e Pippo sarà meglio di Giovanni nel lavoro B.
Cosa ne facciamo di Pippo, si chiede Pierodm?
Francamente solo alcuni secoli fa chiunque non sapesse fare bene il suo lavoro (vedi: saper vincere la sua gara) sarebbe morto di fame e di stenti. Chi lo sa fare bene sopravvive. Chi lo sa fare ancora meglio riesce non solo a sopravvivere ma a far progredire gli altri. Oggi se tutti fanno bene e liberamente il loro lavoro, si creano abbastanza risorse da poter dedicare a chi rimane indietro. Per farlo uscire dalla sua condizione arretrata.Solo le società che crescono riescono contemporaneamente ad arricchirsi e a dare sostengno a tutti. E si crea cosi tanto lavoro che a milioni si spostano in quei paesi. Il resto, caro piero, sono solo piagnistei di chi ha cosi' scarsa fiducia in se stesso da preferire l'elemosina statale ola protezione della gilda/casta/corporazione alla competizione, alla gara. E chi la gara la accetta, sulla base del merito, in Italia si trova male. Ecco perché sempre piu' spesso emigra. Persone ed aziende.

Cosi' la penso, cosi' la dico.
Se non vi piace e preferite la carota, fatti vostri.

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Re: Il lavoro

Messaggioda ranvit il 15/08/2010, 18:58

Franz ....non ci riuscirai! L'inprintig che hanno ricevuto al loro battesimo politico-adolescenziale è incancellabile!

La sinistra italiana, e ripeto "italiana", non ha ancora toccato il fondo : dovrà perdere ancora qualche altro milione di voti.
Poi ne riparliamo.

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Il lavoro

Messaggioda chango il 15/08/2010, 19:17

franz ha scritto:Paragonando pari valori con la germania ed altri paesi con cui siamo confrontati, scopriamo che da loro la polverizzazione è nettamente inferiore. Se non è lo statuto dei lavoratori, sarà lo spirito santo (a cui è d'obbligo imputare qualsiasi mistero).
Io che ho difficoltà a credere nei misteri della fede sono piu' portato a pensare alla prima causa, che alla seconda.


quindi la tua profonda analisi economica relativa alla ridotta dimensione delle imprese si riduce a scegliere i repsonsabili tra lo Statuto dei lavoratori e lo spirito santo.

il peso dei diversi settori economici, le imprese della manifattura hanno una dimensione maggiore che quelle di altri settori (costruzioni, commercio e servizi soprattutto), neache li prendi in considerazione.
non prendi in cosiderazione in qualiambiti si è specializzato il settore manifatturiero: produrre mobili o magliette è possibile farlo anche con meno di 10 addetti, produrre prodotti ad alta tecnologia (macchinari, computer) è un pochino più difficile.
in cosa è specializzata l'Italia?
in cosa la Germania?

la dimensione è poi legata anche alla natura del mercato in cui un'impresa opera. se il mercato è prevalentemente locale (es. edilizia) la polverizzazione è abbastanza inevitabile.


libero di credere ciò che vuoi, ma più che non portato a credere ai misteri della fede mi pari non portato a fare un analisi seria e articolata.
o se prefersci sei più portato a credere ai misteri di un altra fede.


franz ha scritto:Non so chi è pirla ma molto probalbilmente chi teme gli effetti giuridici della crescita crea due aziende. O anche tre.
O magari si trasferisce altrove.
In Italia è quasi costretto a farlo, se non ha amici tra i furbetti del quartierino.
Franz


chi teme gli effetti giuridici della legge oggi li può bypassare attraverso contratti di precariato.

ovviamente un imprenditore che teme gli effetti giuridici della crescita aziendale (a causa del il reintegro di un lavoratore licenziato senza giusta causa) e prefersice spezzettare l'impresa in due o tre deve fare molto bene i conti, visto la moltiplicazione dei costi (es. un impresa manifatturiera passa da 1 a 2 o 3 capannoni, una logistica più complicata, ecc.) incluso la rinuncia ad eventuali rendimenti di scala crescenti.
un imprenditore che rinuncia a dei vantaggi concreti o si assume dei costi concreti per evitare un costo eventuale ( non è detto che sia costretto a trovarsi nelle condizione di dover reintegrare un lavoratore licenziato) tanto normale non mi sembra.

per quanto riguarda la delocalizzazione, questa è un eventualità che può riguardare solo le imprese di certi settori.
un impresa di costruzioni, per es., fa fatica a delocalizzare.
chango
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Re: Il lavoro

Messaggioda pierodm il 15/08/2010, 19:48

Devi ammettere, ed attendo una tua precisa conferma, che io dico- almeno ultimamente - le cose pane al pane, vino al vino, senza vaselina.
Per chi la carota la preferisce con la vaselina, si accomodi presso gli abituali politici.
Che raccontano le palle di sempre. Quelle che molti amano ascoltare, per consolarsi.
Io esprimo la mia posizione senza veli. È' il mio valore aggiunto.
Chi non lo accetta cambi pagina. Chi è abituato, coraggioso o corazzato, prosegua pure.


Una moderata dose di amor proprio è umana e, spesso, ben riposta.
Ma senza esagerare, ché si rischia la pernacchia.

Il tuo modo di pensare su questi argomenti da tempo l’abbiamo capito – anche dietro le contorsioni e le fumisterie tecnocratiche, i grafici, A fratto B moltiplicato C al quadrato.
Ma l’hai sempre presentato in modo che apparisse (faticosamente) compatibile con una visione politica di centro(sinistra). Anche perché l’identità di questo centro-sinistra è talmente vaga che sembra possa contenere tutto e il contrario di tutto.
Adesso, nella sostanza, non dici niente di nuovo, solo che finalmente viene fuori il background ideologico che sostiene i tuoi complicati castelli di carta: sono le palle di sempre che ci raccontano gli abituali politici e ideologi di destra. Da tempo immemorabile. Ci manca solo l’ennesima citazione di Menenio Agrippa, poi siamo al completo.
Ma di destra-destra, mica parlo della destra liberale e democratica che per l’appunto si è accorta che i tempi sono cambiati e che il mondo stesso è cambiato.
Chi non lo accetta non cambia pagina: semplicemente te lo dice e ti chiede conto di quello che affermi.
Di fronte a questo “valore aggiunto” io non sono né coraggioso, né corazzato: sono meravigliato, preoccupato ed estenuato, questo sì.

Per concepire la vita e la società come una gara continua, una lotta per la sopravvivenza, un’angoscia perenne per scavalcarsi e scacciarsi l’uno con l’altro, bisogna essere non semplicemente “liberisti”, ma fanatici estremisti del darwinismo economico e sociale.
Che vuoi che ti dica? Che l’alternativa al tuo estremismo ideologico non è l’assistenzialismo, o la prevalenza del cretino? Ma non perdiamo tempo con discorsi che erano già vecchi cinquant’anni fa.

Per inciso.
Non vorrei alimentare il tuo senso di onnipotenza, ma la tua citazione dei “piagnistei” dei deboli e degli sfiduciati ricorda – in trendaduesimo – il lato più delirante del superomismo di destra.
Tieniti lontano dalle birrerie.
pierodm
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Re: Il lavoro

Messaggioda ranvit il 15/08/2010, 20:02

Credo di aver parlato io di piagnistei.....ma non bevo birra.


Comunque si puo' notare, ancora una volta, secondo gli "ultimi mohicani" della sinistra....o quantomeno quelli che confondono la sinistra italiana con "la sinistra" europea, occidentale, liberale, democratica, riformista....oltre di loro c'è solo una vasta prateria chiamata "destra".
Insomma o la pensi come loro o sei di destra. La conferma, ancora una volta della visione infantile della politica di queste persone. O bianco o nero!
Io credo che il mondo sia grigio, dal piu' chiaro al più scuro. Se esiste il bianco si tratta degli angeli, se esiste il nero è il diavolo....(ma naturalmente non esistono).

Credo sia giunto il momento che il Pd faccia chiarezza al suo interno....con questi signori si perderà in eterno, anche dopo Berlusconi.

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Re: Il lavoro

Messaggioda franz il 15/08/2010, 20:28

ranvit ha scritto:Franz ....non ci riuscirai! L'inprintig che hanno ricevuto al loro battesimo politico-adolescenziale è incancellabile!

:o :D :lol:
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Re: Il lavoro

Messaggioda franz il 15/08/2010, 20:39

chango ha scritto:in cosa è specializzata l'Italia?
in cosa la Germania?

la germania è specializzata nell'industria manifatturiera.
per l'Italia trovare una vera specializzazione 8se non sopravvivere in qualche modo) è veramente difficile.
chango ha scritto:a dimensione è poi legata anche alla natura del mercato in cui un'impresa opera. se il mercato è prevalentemente locale (es. edilizia) la polverizzazione è abbastanza inevitabile.

Sarà il contrario, eventualmente. Se le normative in vigore non spingono alla polverizzazione, le imprese assumono la dimensione che permette loro di competere sul mercato internazionale.
la Germania ha 52'000 tra medie e grandi aziende e 1'779'000 tra piccole e micro.
L'Italia da 23'000 tra medie e grandi aziende e 3'920'000 tra piccole e micro.
La germania esporta il 35% del suo pil ed ha milioni di immigrati qualificati, per produrre tutti quei beni da esportare.
Noi esportiamo il 19%, i cervelli migliori ed importiamo solo i miserabili dall'africa che vengono a lavorare in nero.

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