Discutendo di disuguaglianza e povertà in questi forum avevo già presentato i risultati di alcuni studi tesi universitari tesi a capirne le origini ed i meccanisimi. Mi riferisco a questa discussione, che tra l'altro vedeva presenti gli interlocutori di oggi:
viewtopic.php?p=4245#p4245Riassumendo è stato dimostrato (in modo scientifico, tramite modelli computerizzati) che anche partendo da condizioni di massima uguaglianza, stesse abilità e stesse condizioni di partenza, qualsiasi sistema economico che si sviluppi tramite il commercio tra soggetti che producono beni (sulla base della divisione del lavoro) accumulando le risorse che poi servono per nuovi investimenti, finisce per produrre disugualianze economiche. Tutti uguali all'inizio - metti un milione di euro ciascuno - tutti diversi dopo un “tot” di tempo. La considerazione emersa è che non esiste alcun sistema economico di sviluppo che non generi disugualienaze economiche. Questo per evitare la facile scorciatoia e la perdita di tempo della ricerca di un sistema economico che non generi disuguaglianze. Prendendo atto di questo occorre capire como lo stesso sistema puo' trovare soluzioni correttive al suo interno.
Deve per forza essere solo la Polis ad intervenire, tramite risorse fiscali, per correggere le disparità? Esiste solo la mitica “ridistribuzione dei redditi”?
La causa principale delle disparità è data dal rischio negli investimenti e nella vita quotidiana. Pur partendo da una teorica parità di abilità e ricchezza, uno puo' farsi male e perdere la capacità lavorativa oppure puo' perdere la nave con il carico di grano in una tempesta, puo' perdere il raccolto con una grandinata, la fabbrica in un incendiio. Le possibilità che un evento procuri danno al singolo (lavoratore o imprenditore) sono migliaia ma colpiranno statisticamente solo alcuni di tantoin tanto. Per questo motivo pur partendo da una omogenea distribuzione della ricchezza e della capacità di fare reddito dopo alcuni anni, decenni, secoli, otterremo una crescente disparita nella distribuzione di risorse economiche. Chi non viene colpito cresce, chi è colpito subisce il colpo e rimane indietro. Se viene copito all'inizio (quando perde una nave su due) subisce un colpo piu' grave rispetto allo statto fatto 10 anni dopo (perdere una nave su dieci). In un sistema in crescita è quindi importante vedere in quale momento il danno si manifesta.
A questo problema la società ha da tempo trovato la soluzione: le assicurazioni.
http://it.wikipedia.org/wiki/AssicurazioniTramite un contratto di assicurazione ci si garantisce contro il verificarsi di un evento futuro e incerto (rischio), generalmente dannoso per la propria salute o patrimonio. L'assicurazione ha lo scopo precipuo di "trasformare il rischio in una spesa". Infatti attraverso la stipula di un contratto, l'assicurando "quantifica" il danno patrimoniale che esso avrebbe se l'evento garantito (il rischio) si verificasse.
Dove questo funziona bene abbiamo gli indici di Gini piu' bassi del mondo (Svezia, Norvegia, Danimarca sono nazioni non solo a lunga tradizione socieldemocratica ma anche fortemente sovra-assicurate). In pratica nel mondo ci si assicura sia contro i rischi di furto ed incendio, il commercio marittimo, la perdita di guadagno, la vita, la salute, gli infortuni, la perdita di lavoro, la pensione (anche le pensioni sono assicurazioni).
La Polis in questo caso interviene dettando le regole contrattuali delle assicurazioni (esistono da un migliaio di anni, ben prima della nascita dello stato moderno) e fornendo un sistema giuridico di giustizia per le contestazioni e le frodi. In determinati casi la Polis interviene imponendo l'obbligatorietà di certe assicurazioni (auto, pensioni, disoccupazione, infortuni sul lavoro, casa, terremoti) dando facoltà di scelta della compagnia oppure imponendo un'unica compagnia di stato. In quel caso si parla di assicurazioni sociali. Anche il sistema sanitario tedesco e di buona parte dell'europa centrale è basato su assicurazioni sociali obbligatorie. In quasi tutto il mondo, salvo rare eccezioni, il rischio di rimanere disoccupato è coperto da una assicurazione obbligatoria pagata in parti uguali dal lavoratore e dal datore di lavoro. In molti casi gli stati stessi si assicurano, cosi' che il costo per la distruzione di un'opera civile a causa di danni della natura non incida fortemente sul budget.
Solitamente la Polis interviene con i suoi fondi (fiscalità generale diretta e indiretta) solo per l'assistenza sociale agli indigenti (chi è sottto la soglia di povertà). Con l'obiettivo pero' non di avere una classe di mantenuti a vita (a meno che non lo siano per problemi medici dalla nascita) ma di far uscire al piu' presto il cittadino dalla situazione di povertà. Sto facendo ovviamente un discorso generale, ... alcune di queste cose non ci sono in Italia ed infatti il nostro indice di disuguaglianza non è proprio “svedese”.
Diciamo che questo dovrebbe bastare a mantenere basse o accettabili le disparità economiche.
Il grosso del lavoro dello stato pero' a mio avviso è sul fronte delle condizioni iniziali di partenza. La formazione, l'educazione. Questi sono compiti che i privati svolgono nei confronti degli adulti (formazione continuam) ma a mio avviso solo lo stato puo' dare condizioni omogenee di partenza ai giovani, nella fase formativa iniziale.
Considerando che in Italia lo stato dell'educazione è quello che conosciamo (sia perché la DC ha usato il comparto come feudo clientelare ed elettorale, sfasciandolo, sia perché dalla scuola non è mai emerso uno straccio di proposta di riforma ma solo opposizioni alle rioforme proposte da qualsiasi governo) e che mancano tolalmente armortizzatri socliali degni di questo nome per chi perde il lavoro, non mi meraviglia affatto che da noi in tempo di crisi le famiglie facciano fatica ad arrivare alla fine del mese ed i lavoratori fatichino ad inventarsi nuovi scenari lavorativi.
Considerando tutto questo c'è da chiedersi come mai allora, visto che il nostro stato sociale non è “svedese” abbiamo spese statali pari al 52% ed un debito pubblico pari a 115% del PIL? Probabilmente la nostra Polis (clientelare e corrotta) ha deciso di spendere verso altri settori (pensioni di anzanità – mitiche quelle di 14 anni, sei mesi, un giorno -, opere incompiute, corruzione, malaffare). Eppure molte di queste decisioni della Polis sono state democratiche (volute da gilde di lavoratori come le pensioni di anzianità) o tollerate in attesa di poter usufruire, come il clientelismo, le finte pensioni di invalidità, l'assegnazione di appalti d'oro.
Ecco che allora arriviamo a dire che è vero: c'è un nesso tra crisi della politica (di una certa politica) e situazione sociale italiana. Ma è un fatto che i sindacati, per primi NON abbiamo mai voluto una tutela assicurativa ai disoccupati (e le industrie sono state ben liete di risparmiare la loro parte di onere assicurativo) e che abbiano difeso sempre le pensioni di anzianità, che appesantiscono di 1/3 tutto il sistema previdenziale italiano, distogliendo risorse dalla vera spesa sociale, quella che puo' abbattere le disparità economiche (fondi per l'abitazione primaria, fondi per la famiglia, assistenza, ...)
Insomma siamo quello che siamo per scelte (per me sbagliate) fatte anche sinistra, mica solo dai DC, dai socialisti, dai berlusconiani o dai biechi ed italici paperon de' paperoni. Questo Missoni non lo ha spiegato, eppure penso che sotto sotto lo sappia anche lui, non soltanto noi.
Saluti,
Franz
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)